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domenica 30 gennaio 2011

Sanremo '94. Appello di Mia Martini alla Mori: Claudia ripensaci, non ne vale la pena


Mia Martini: Appello alla Mori che per il suo "no" al Festival rischia il tribunale.'Non canterei mai, afferma la cantante, il brano della moglie di Celentano: non ho feeling col suo autore, più ingiusta della mia esclusione quella di Cristiano De Andrè'.

MILANO. 

Mia Martini dice di essere ancora sconvolta, quasi incredula.
 'La solidarietà tra artisti nel mondo della canzone è rara. Il gesto di Claudia Mori mi ha commosso. L' ho chiamata per ringraziarla, le ho chiesto di ripensarci. Sta preparando un album e Sanremo è sempre una grande vetrina promozionale'.

E invece, la Mori non vuole cambiare idea: se Mia sta a casa, ha detto, ci resto anch' io.

Sembra facile, ma di mezzo c' è il regolamento del Festival: l'articolo 11 stabilisce che la casa discografica e l'interprete del brano scelto, una volta ricevuta la comunicazione dell' ammissione alla gara, non possono ritirarsi per nessun motivo. E che se invece questo avviene, l'organizzazione del Festival puo' chiedere il risarcimento dei danni. E diventa un po' "padrona" del brano: l' unica possibilità che resta alla casa discografica è quella di sostituire l'artista con un altro di pari importanza, ma soltanto se appartiene alla stessa etichetta.

La casa discografica, di mio marito, ha soltanto due artisti: io e Celentano, interviene Claudia Mori .. Dovrebbe andare lui al posto mio? Mi sarebbe tanto piaciuto offrire la canzone a Mia Martini, se lei naturalmente fosse stata d'accordo. Ma anche questo non è possibile, perchè Mia ha un contratto con la Polygram.

Siamo fermi al punto di partenza, allora.
Si' , è tutto molto complicato, il regolamento del Festival, francamente, mi sembra coercitivo, diciamo eccessivo. Mio marito mi incoraggia a proseguire su questa strada e anch'io sono sempre decisa, ma a questo punto è chiaro che potrebbero esserci conseguenze legali. Mi dispiacerebbe molto finire in tribunale". Potrebbe quindi essere costretta a tornare sui suoi passi? "E' soltanto l'ipotesi estrema. Ne sto parlando con il mio avvocato, tra qualche giorno tutta la vicenda sarà definita.

E Mia Martini? Bocciata perchè alla commissione giudicatrice non è piaciuta la sua canzone "La vita racconta", prenderebbe il posto di Claudia Mori?

 Un altro gesto gentile. Davvero è troppo, stupendo, ma non posso accettare . replica .. Anche perchè mi imbarazzerebbe molto. E poi non ho un grande feeling con Toto Cutugno. Per carità , lui è bravo ma io non so cantare le sue canzoni, non è il mio stile. Però ancora più della mia esclusione, è ingiusta quella di Cristiano De Andrè. Pazzesco: l' anno scorso si è piazzato al secondo posto, quest' anno il brano gliel'ha scritto nientemeno che il grande Fabrizio. Ma come si fa a bocciare una canzone di Fabrizio De Andrè ? Non si può fare nulla per riammetterlo in gara?.

Pare proprio di no, signora Martini, la commissione ha gia' designato la "riserva" e si fa il nome di Franco Simone.

Gli faccio tanti auguri. Quanto a me, sono tranquilla, mi dedicherò con calma al mio album: oltre a due inediti, "La vita racconta" e "Viva l'amore", canterò brani d' autore, di Dalla, De Andrè, Bennato, Vasco Rossi, Zucchero, De Gregori, Vecchioni'. Non sembra molto dispiaciuta per questa eliminazione. 'Infatti. Ci teneva di più la mia casa discografica. Io preferisco così , anche perchè quando c' è mia sorella Loredana Bertè, non dico che ci sono problemi... Insomma, è meglio restare separate. Loredana ha una bella canzone, in questo Festival "strano", per non dire di peggio, è la Annie Lennox della situazione. Le auguro un Sanremo tranquillo.

Archivio Corriere della Sera
Il video di "E la vita racconta"
http://www.youtube.com/watch?v=MFauV5ujmN4

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Baudo " obbligato ": a Sanremo Premio Critica intitolato a Mia Martini
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venerdì 28 gennaio 2011

Conferenza Stampa di Mia Martini al Festival di Sanremo 1989


Ecco la cronaca legata alla Conferenza stampa di Sanremo 1989, in occasione del clamoroso ritorno di Mia Martini con "Almeno tu nell'universo",corredata dalle domande poste dai giornalisti presenti accreditati al Festival.

Come mai, Mia Martini è ritornata dopo tanti anni? Cosa è sbocciato dentro di te?
MM. Dentro di me? Io adesso ho voglia di cantare di nuovo, prima non ne avevo tanta. Adesso ho una voglia pazza di musica, non soltanto di quella che mi faccio io in casa da sola che suono e che mi diverto, ma ho voglia del mio pubblico.

A proposito del tuo pubblico, tu pensi di avere lo stesso pubblico di allora, è diminuito o è cresciuto a dismisura?
MM. Cosa c’è che rimane lo stesso di allora nella vita? Non c’è nulla di statico, se no saremmo tutti morti!

Io volevo dire con questa frase se il pubblico, che ti ha lasciato allora, come ti ha accolto adesso?
MM. Mi sembra di vivere un film di fantascienza, in cui si ferma tutto, un black out del respiro, tutti fermi vent’anni e poi….
Si sussurra che dopo Fausto Leali e Anna Oxa potrebbe vincere Mia Martini…
MM. Bello, vincere dopo che uno ha già vinto, allora siamo in due.

 
Ritornare al festival per ritrovare emozioni e sensazioni nuove, cosa si prova dopo tanto tempo e quali sono le canzoni più belle che fino a ora hai sentito?
MM. I Ladri di Biciclette li trovo veramente divertenti musicalmente.

Sono vicina a una donna meravigliosa, che sprizza serenità da tutti i pori, come mai questo? Come ti senti in questo Festival, non c’è nervosismo in te?
MM. Di nervosismo assolutamente non se ne parla, io credo di superarlo sempre meglio, diciamo che l’emozione è presente, ma fortunatamente mi prende solo quando devo scendere quelle scale….Da lì in poi è come se svenissi, praticamente non esiste più, non mi ricordo le parole…A parte il momento che canto, poi so benissimo, mi diverto e sono curiosissima di tutto.

E’ forse questo che ti ha fatto tornare?
MM. E’ la voglia di cantare che mi ha spinto qui e adesso provo quasi uno stato di beatificazione.

Come stai vivendo questa avventura Sanremese?
MM. Da turista.

Cosa si prova a tornare in sala d’incisione?
MM Sì, ci sono ritornata dopo un po’ di anni, è stato molto bello e in questo momento mi ha riavvicinato a Giovanni Sanjust, un collaboratore di tanti anni fa, che mi ha veramente dato molto calore.

Cosa ha spinto Mia Martini a ritornare proprio a Sanremo e a partecipare a questa manifestazione così grande a livello internazionale?
MM. Intanto avevo la voglia di cantare, poi quando mi è venuta la voglia di cantare ho sentito questo pezzo che Maurizio Fabrizio ha scritto per me anni fa e aspettava che mi decidessi a ritornare.
Quindi era in cantiere?
MM. E io non sapevo nulla, quindi mi è arrivato, subito dopo, questo pezzo che ho sentito e, naturalmente, l’amore che ha messo Fabrizio nel brano mi ha subito sconvolta. Poi, analizzando questo pezzo ho pensato che fosse tagliato per Sanremo. E’ una canzone proprio giusta per questa manifestazione. Allora ho detto: perché no? Con Sanremo riesci a sintetizzare praticamente proprio tutto, è stupendo: Signori, ecco a voi Mia Martini che ritorna a cantare!

Cosa sarà il dopo Sanremo per Mia?
MM. Una meraviglia. Mi diverto come una pazza in giro per il mondo. Non vedo l’ora di partire. Penso che il Sanremo in the World di Aragozzini sia stato geniale.

Vorrei sapere qual’era la tua vita prima di ritornare a Sanremo e cosa è cambiato adesso?
MM. La mia vita, prima di Sanremo, rappresenta le fondamenta per il mio futuro, ci è voluto un po’ di tempo per cercare di capire, quindi non cambierà assolutamente nulla. Io sono una persona che crede di sapere chiè, cosa vuole è dove è che vuole andare, soprattutto se ha voglia veramente di andarci o no. Ho le idee molto chiare. Non può cambiare nulla.


Il rapporto tra te e tua sorella: esiste qualche momento in cui tua sorella chiede qualche consiglio di quello che è la sua vita a te, non so, qualche dritta, visto che tra sorelle si ha un rapporto a volte un po’ in conflitto, a volte invece è un bel rapporto. In questo caso com’è?
MM. In fatto di dritte penso che Loredana possegga il manuale più completo, ha l’enciclopedia internazionale, quindi Loredana non ha bisogno di consigli.
Vorrei chiederti come è nato il tuo disco e quali collaborazioni hai avuto con i musicisti.
MM. Intanto, una collaborazione stupenda con i musicisti che sono già stati il mio gruppo nell’82, ho fatto la tournèe di “Quante volte ho contato le stelle: Maurizio De Lazzaretti, Maurizio Galli, Massimo Fumanti, che poi ho visto in questi anni suonare con Francesco De Gregori. Quindi dei musicisti che amo molto con i quali è stato piacevole lavorare, penso che rifaremo di nuovo questo gruppo per la tournèe di questa estate. Gli arrangiamenti li abbiamo affidati Renato Serio, un altro mio grande amore con cui ho lavorato insieme per “Spaccami il cuore”, il brano di Paolo Conte che ho inciso nell’83. La cosa più importante, soprattutto, è stata la riunione che c’è stata con Giovanni Sanjust e Gabriele Varano con i quali avevo lavorato per tutto il periodo della Ricordi dal ’71 fino al ’75.
La tua decisione di ritornare a cantare, di ributtarti nella mischia è stata dovuta a una pressione della tua casa discografica o realmente è una tua scelta decisa in un momento, diciamo, così strano?

MM. Io non ho contratti con case discografiche dall’ultimo disco che ho fatto con la DDD dall’83, quindi il contratto con la mia casa discografica è nato dopo, non c’è stata nessuna pressione. Ho deciso che avevo voglia di cantare e così, inaspettatamente ho ricevuto una telefonata proprio da Giovanni Sanjust che mi ha chiesto se potevamo riprovare insieme, siccome mi ha chiamato nel momento in cui io stavo accarezzando questa idea, da lì poi è nato un po’ tutto…

E’ difficile, secondo te, rientrare nel giro oppure tu pensi di non incontrare nessun genere di problema, anche a livello di acclimatazione? Perché io penso che sia cambiato qualcosa rispetto a un po’ di tempo fa con il rapporto della gente e con lo spettacolo….
MM. Certamente ci saranno dei problemi, perché non c’è nulla che possa rimanere identico per sempre, ma questo non costituisce un problema per me, anzi io mi sono già buttata in questa esperienza con lo spirito di scoprire di nuovo tutto.

La tua famiglia cosa ne pensa?
MM. La mia famiglia è variopinta e contiene elementi e personaggi di qualsiasi genere, quindi quello che pensano può variare infinitamente da un personaggio all’altro.

Mia Martini: una Signora della canzone italiana forse spesso un pochino dimenticata. Perché questo?
MM. Non lo so, lo chiedo a te perché mi hai dimenticato…
Tu non ti sei nascosta un pochino?
MM. Non mi sono nascosta, mi sono soltanto tolta dalla luce….

Perché?
MM. In quel momento mi dava fastidio la luce, sono miope….

Parlaci del tuo nuovo album, ho visto che nei titoli ci sono “Agapimu” e “Notturno”, sono due tue vecchie canzoni?
MM. No, “Notturno” è nuovissimo ed è un brano di Maurizio Fabrizio, “Agapimu”, sì, è una cosa che ho ripreso perché mi piace, non solo, ho intenzione, insieme a Giovanni, di ripescare qualche cosa contenuta nei nostri primissimi lavori in ogni album che faremo. Nel prossimo album, forse, stiamo pensando di mettere “Il viaggio”, una canzone che mi piace moltissimo.

Sei una grande interprete e sei una grande voce, quindi probabilmente hai una grossa chance qui a Sanremo, tu cosa ne pensi?
MM. Io penso che questo mio riavvicinamento con il pubblico ci sia e c’è anche un pubblico che mi aspetta, questo lo so, io mi aspetto che il pubblico mi dica soltanto benvenuta.

Indubbiamente, c’è stato nel tuo mondo una forte critica e un ostracismo che ti hanno fatto i discografici e i tuoi stessi colleghi, però il pubblico si è chiesto perché tu non sei stata presente in questi anni con un disco o con delle produzioni.
MM. Perché non ho resistito e poi perché mi sono innamorata.
Di chi?

MM. Di Ivano Fossati con il quale sono stata nove anni e dopo questi nove anni tumultuosi, ho avuto ancora bisogno un po’ di anni per riprendermi un attimino.

A proposito di Renato Zero, si era parlato i un duetto tra voi….
MM. Renato voleva cantare un brano insieme a me nell’album che ho appena terminato di incidere e che è intitolato “Martini Mia”, voleva cantare qualche cosa e poi abbiamo pensato che il pezzo adatto potesse essere di Trovajoli, che è una sigla di una serie di film per la Rai che si chiama “Amori” e che andrà in onda fra un po’. Per cui, Renato, da questo progetto ha pensato di dare un contributo scenico al mio pezzo di Sanremo, che poi non abbiamo chiarito, cantare non può, perché questo pezzo non è adatto a due voci, un balletto penso che distragga un po’ troppo l’attenzione…Comunque, questo problema poi non è stato più affrontato, perché lui è partito per Londra e da lì non ho più sentito nulla.

E’ vero che hai scritto una canzone per Mina?
MM. Sì, ma lei non l’ha voluta cantare.Ti ha mai dato una risposta?
MM. Mina è una mia grande ammiratrice ed io amo molto Mina, proprio perché amo Mina io ogni tanto quando la vedo ci litigo.

Una che ha bazzicato la musica leggera per molti anni come te, non può non avere un’idea chiara su come stanno andando le cose attualmente anche calcolando questa edizione del festival…

MM. No, io non ho una idea chiara e perdonami se ho mancato ad un dovere mio preciso, ma in questi anni non ho ascoltato nulla. Ho la radio sintonizzata su Radio Tre per tutta la vita, sono pazza della musica classica. Io ho la mia santissima trinità personale che sono: Bach, Einstein e Leonardo Da Vinci e guai e non se ne parla. Della televisione io guardo solo i telegiornali e di dischi io ascolto il jazz, musica classica e poi Randy Newman, Ricky Lee Jones, Paul Simon etc. Quindi, quando ho i miei dischi e i miei compact, io non ascolto nessun altro. Quindi mi devi perdonare. Però io sono qui e non posso tornare a casa mia, a Calvi Dell’Umbria, se non ho almeno dieci autografi di Jovanotti perché tutte le ragazzine me lo hanno proprio ordinato.


A Sanremo ci sarà anche Chico Buarque, sei contenta?
MM. Molto. È un carissimo mio amico, gli ho fatto i cori nel suo primo disco in Italia con Ennio Morricone “Per un pugno di samba” che è un capolavoro.

C’è un personaggio della musica italiana che ti è sfuggito e che ti piacerebbe accalappiare con cui collaborare, un autore oppure un interprete?
MM. Sì, ci sono senz’altro: Pino Daniele e Francesco De Gregori.

Ci spieghi la copertina del tuo ultimo disco?
MM. Dovrebbero spiegarla anche a me, perché nemmeno io l’ho capita. Anche perché è successo un pasticcio, questo disco è stato fatto in fretta e la copertina è stata stampata venti giorni prima che il disco venisse registrato, addirittura credo che ci saranno degli autori sbagliati.
La Conferenza è apparsa sul numero 23 della fanzine "Chez Mimì"


Il video di "Almeno tu nell'universo"
http://www.youtube.com/watch?v=doiwVoV4-hY

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domenica 23 gennaio 2011

Mia Martini, un'artista dalla straordinaria versatilità. Intervista a Fio Zanotti


Fio Zanotti è stato intervistato per Chez Mimì e si è dimostrato disponibile a parlare della sua esperienza professionale ed umana con Mia Martini. Ha lavorato come musicista e arrangiatore con moltissimi artisti.
 
Vuole parlarci della sua collaborazione con Mia Martini?
Ho prodotto e arrangiato per lei l’album La musica che mi gira intorno, ho diretto l’orchestra che l ‘accompagnava insieme alla sorella Loredana a Sanremo nel 1993, con Stiamo come stiamo e ho scritto, sempre per lei, La vita racconta, pubblicata postuma.

Qual'è la sua opinione su Mia Martini artista?
Come interprete, al di là dei mezzi vocali, della tecnica staordinaria, dell’intonazione perfetta, è la più grande, riuscendo a mettere in ogni interpretazione una partecipazione emotiva intensa. Non a caso è stata definita la Billie Holiday italiana. Possiede anche una straordinaria versatilità, essendo in grado di poter cantare ad alto livello qualsiasi genere musicale, toccando tutte le corde possibili, anche se i suoi più grandi successi hanno avuto un tono più o meno ‘struggente’.
Mi ha fortemente impressionato la sua personalità, che ho sentito molto vicina a quella mia . Si è rivelata una persona dotata di grande intelligenza e comunicativa, ma con idee molto ferme e decise, a tal punto da non scendere a compromessi, anche a costo di sbattere la testa e di pagare di tasca propria, come spesso è successo nella sua vita. Per questo motivo, la sua strada è sempre stata in salita, anche quando è arrivata alle stelle. Per aspera ad astra, proprio come ha dato il titolo a una serie di suoi concerti.


Come sono stati i vostri rapporti?
I nostri rapporti sono stati ottimi, di grande stima reciproca e con un particolare feeling musicale. Abbiamo spesso discusso, ma mai litigato. Una volta sola, su un’interpretazione, ci siamo andati vicini.

Ha qualche episodio da raccontare?
Ho un aneddoto particolare da raccontare. Nel periodo in cui stavamo registrando l’album è accaduto che, al momento della sua entrata in studio, c’è stato un black out della luce. Lei ha esclamato: ‘Alè, cominciamo’, alludendo, con l’amara auto ironia che le era propria, alla diceria di iettatrice, che l’aveva ferocemente colpita. Io le ho prontamente ribattuto: ‘Se lo dici ancora, ti meno'.

So che ha scritto un brano per Mia Martini che è rimasto inedito...
Dopo aver terminato la registrazione del disco, essendo rimasto talmente colpito dalla sua personalità, mi sono messo, di getto, a comporre una canzone per lei col titolo Attimo per attimo. Credevo e credo molto in questa canzone, ma non sono riuscito neppure a fargliela ascoltare, a causa della sua prematura scomparsa.
L’ esperienza lavorativa che ho avuto con Mimì me la terrò nel cuore per tutta la vita. Una persona che non dimenticherò mai.


Il video de "La canzone popolare" interpretato da Mia Martini
http://www.youtube.com/watch?v=Qs6LCOCP-O8

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La foto è di Roberto Rocchi

Intervista realizzata da Alvaro Ancisi per Chez Mimì apparsa in "La regina senza trono" Ed. Guida

sabato 22 gennaio 2011

Come nasce una canzone. Mia Martini, Roberto Murolo, Enzo Gragnaniello raccontano "Cu'mmè"


Una lunga storia d’amore tra Mimì e Napoli, culminata con l'incisione di questo brano "Cu'mmè", un amore ricambiato da questa città che l’aveva già adottata in un momento difficile della sua carriera, in cui aveva trovato rifugio quando più nessuno credeva in lei.


MIA MARTINI

Ho trovato anche il tempo di registrare con Roberto Murolo un brano nuovo splendido scritto da Enzo Gragnaniello, ‘Cu’mme’ che verrà inserito in un album che alcuni cantautori dedicheranno a questo grande artista. Questo amore artistico è nato da un incontro delizioso, piacevole, avvenuto a Roma l’anno scorso a casa di amici. Abbiamo cominciato ad improvvisare qualche canzone con lui e Renato Carosone. Poi, conversando ho scoperto la sua simpatia e quando il manager Peppe Ponti mi ha proposto di fare qualcosa con lui ho accettato senza riserve. E’ stato emozionante entrare la prima volta a casa sua, dove ha vissuto anche il padre Ernesto e che ha quasi un secolo di storia. Mi ha portato nello studio di registrazione, tenendomi per mano come una bambina, aspettavo che iniziasse lui con la sua chitarra e invece mi ha detto ‘piccerè canta’.

ENZO GRAGNANIELLO
 
‘Il brano “Cu’mme” rientra in un mio quadro preciso : Mimì rappresenta la tempesta e Roberto il mare con una alchimia in cui non c’è niente fuori posto. Cantare la parte di Mimì non è facile, non tanto per l’estensione della voce quanto per l’espressione. Nella sua voce e nelle sue vibrazioni c’è qualcosa che va oltre la passione, c’è tutta la malinconia, il sole, il sentimento, la voglia di vivere. Se non si ha quindi questa forza e questa carica, è preferibile interpretare la prima parte. Mi ricordo che il produttore Nando Coppeto voleva inizialmente inserire Mimì nel progetto con Murolo facendole cantare in duetto soltanto “’O marenariello”. Secondo me, invece, c’era bisogno di una canzone inedita che potesse cambiare il vento della musica napoletana, visto il periodo artisticamente molto vuoto senza più un Pino Daniele o un Bennato ai livelli di un tempo. Mi sono ispirato e ho scritto un brano che potesse essere cantato non solo con passione ma anche come una preghiera : perciò ha funzionato l’accostamento della voce passionale e moderna di Mimì a quella saggia di Murolo.

 ROBERTO MUROLO

L’incontro con Mia Martini è stato bellissimo e ho capito subito il valore di questa donna – afferma lo stesso Roberto Murolo - , nel disco che abbiamo fatto insieme a lei è stata veramente brava, ci siamo incontrati in questa canzone splendida dal calore napoletano con la sua voce bella e personale, un’interpretazione sentita. Ogni tanto mi chiede di spiegarle Napoli, dice che le mie canzoni, come quelle di Pino Daniele, le servono come chiave per entrare in un mondo emozionante. Eppure è stata lei, con la sua voce sanguigna, a condurre per mano tanta gente in questo mondo. Il successo di ‘Cu’mme’ ha riportato il dialetto napoletano in classifica, cosa che riusciva solo a Daniele, ma con suoni più moderni e contemporanei. Lei ha creduto in quella scommessa, dicendomi: Se osi tu, Roberto, io non ci penso su nemmeno un momento. Abbiamo osato, abbiamo vinto e con noi la canzone napoletana.

NANDO COPPETO

Si è recata in sala con Enzo Gragnaniello per ascoltare la parte cantata da Murolo. Ma non volle registrare subito. Era molto stanca, arrivava da Bologna. Dopo cena, Murolo chiese di andare a dormire, mentre lei volle tornare allo studio di via Toledo. Era quasi l’una, si rilassò, poi cominciò a cantare. Ma cantò un’ottava sotto. Non accadde nulla. Si arrabbiò perché pensava che quella non fosse la tonalità giusta. Fu un attimo. Diede un urlo che resterà immortale. Rimanemmo impietriti, tutti con la pelle d’oca, la sua voce aveva fatto venire un brivido da antologia. E quella fu e quella è rimasta. Ricordo che lei commentò: non toccate niente, non la farò mai più così. Era nato un capolavoro.

Il video di "Cu'mmè"

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venerdì 21 gennaio 2011

Mia Martini, il ritorno di una regina



MESSINA-Distinta, raffinata e brava come sempre, Mia Martini, calabrese di Bagnara, è senz’altro una delle voci più attese di questo “Nuovo Cantagiro”. A Messina è stata acclamata dalla folla e soprattutto dai ‘fans’ di un club recentemente formatosi a Messina in onore della illustre conterranea. Da lei ci siamo fatti dire quale impressione abbia provato e provi ad esibirsi in queste zone.


E’ sempre una grande emozione. Un’emozione che va al di là delle sensazioni, pur grandi, che mi regala il pubblico delle altre città.

E allora non è retorica dire che gli artisti che raggiungono le vette del successo restano sempre visceralmente legati alle proprie origini?
Ma quale retorica. Assolutamente; qui ci sono le mie radici e non le rinnegherei per nessun tipo di successo.

Le avranno chiesto svariate volte di spiegare un po’ il motivo che l’ha vista lontana dalle scene per molti anni, ma è in effetti una curiosità che tanti appassionati nutrono. Vuole dirci qualcosa?
Mi hanno messo nell’impossibilità di continuare. Quando tutti si accaniscono contro te e ti additano, viene facile anche agli altri accodarsi. Io debbo ammettere che sono molto fragile di carattere e non ce l’ho fatta più.

Adesso l’incubo è passato. Mia Martini è ancora in grande forma e il pubblico non ha lesinato il proprio plauso. Questo ritorno in grande stile è dovuto alla necessità di dovere seguire la propria indole?
Esattamente. Non ce l’ho fatta a restare lontano più di tanto. Non posso fare a meno del pubblico. Sento la necessità di continuare a cantare.

Massimo Piparo per Gazzetta del Sud - Luglio 1990

Mia Martini interpreta "Donna" al "Nuovo Cantagiro '90
http://www.youtube.com/watch?v=0Z7TcuqDvDQ&feature=related

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mercoledì 19 gennaio 2011

Come nasce una canzone: “Lucy” commentata da Mia Martini


“Lucy” è una mia canzone l’ho scritta io. L’ispirazione è nata da una mia carissima amica di Milano che si chiama Lucy alla quale io parlo spesso di Bagnara, mi mancava tanto il mio paese e così mi è venuta questa idea ho scritto questo pezzo e poi la musica rivolgendomi a Lucy nella quale ho trasferito il simbolo del nord e del sud la luna d’occidente e il sole d’oriente.

“Lucy” è principalmente nata come un omaggio alla mia terra, la Calabria. La parte cantata in dialetto riguarda una filastrocca che mio zio Rocco recitava sempre. Le parole di essa variano, anche se di poco, di paese in paese: io ho scelto ovviamente la versione conosciuta a Bagnara Calabra, visto che è il luogo dove sono nata. Come ho detto prima, la filastrocca solitamente veniva recitata, in "Lucy" ho preferito musicarla. Alle strofe in dialetto ho voluto inserire anche un testo in italiano scritto da me e che fa riferimento ai tarocchi dove ci sono le torri, questa torre nera che è sempre scura e questo canto è diventato una specie di preghiera per la pace, per unire finalmente nord e sud per far nascere l’amore al posto della violenza al posto delle armi e infatti io chiedo alla luna d’occidente di buttare via il ferro nello stagno che è la palude delle acque torbide dell’anima dei cattivi sentimenti e di buttare e al sole d’oriente di buttare il piombo nelle fiamme, di scioglierlo, sciogliere i cuori di neve, i cuori freddi e chiedere finalmente un po’ d’amore..
Questa storia ha delle similitudini con quella descritta in “Scenne l’argiento” di Gragnaniello. In questa canzone, infatti, la luna di fronte ai canti e ai balli dei ragazzi poveri, si commuove ed inizia a lacrimare argento per farli diventare ricchi.
Tornando a “Lucy”, Ho preso in considerazione due carte degli Arcani Maggiori, quelle della luna e del sole. La storia narra che il sole si innamorò della luna e si trasformò in oro per conquistarla. Da questa loro unione sono nati i due gemelli Castore e Polluce. Il sole e la luna esprimono nei tarocchi significati opposti. C’è la luna che rappresenta l’inganno, il dolore, l’oscurità e le tenebre, in contrasto con il sole cha rappresenta la luce, la chiarezza, la felicità. In "Lucy" troviamo insieme queste contrapposizioni: il sole e la luna, la vita e la morte, la gioia e il dolore, soprattutto il mio dolore, dato che in quel periodo avevo già deciso di smettere di cantare.
C’è anche la contrapposizione tra il Nord e il Sud. Intendo questi due termini in senso generale, cioè il Nord e il Sud del mondo. Con "Lucy" voglio invitare il Sud a reagire, a non farsi distruggere dai mali che lo tormentano. In tale senso, il brano presenta delle similitudini con la storia descritta in “Scenne l’argiento” di Gragnaniello. Questa mia canzone, comunque, non è stata per niente capita, neanche al mio paese l’hanno apprezzata.
Commento di Mia Martini riportato nel libro "La regina senza trono" Ed. Guida

Mia Martini commenta e interpreta "Lucy" a Bagnara Calabra
http://www.youtube.com/watch?v=bwU-sdg3rm0

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sabato 15 gennaio 2011

Shel Shapiro nel suo libro “Io sono immortale” racconta la fragilità di Mia Martini e il suo essere grande artista


Shel Shapiro nel suo libro “Io sono immortale” ed. Mondadori dedica a Mia Martini un capitolo, emozionante ed intenso

‘Mia Martini è arrivata dopo, anche lei negli anni ’80: una specie di regalo artistico straordinari come conseguenza dei buoni risultati da m ottenuti con Patty, Mina, Ornella, la Carrà e Cocciante, e soprattutto grazie a Roberto Galanti, che aveva una grande stima professionale ( anche se si lamentava sempre che gli facevo spendere troppi soldi). Le rare volte che rivedo Roberto – oggi è come rinnovare un piacere. Mimì la conoscevo soprattutto per “Minuetto”, un brano scritto da Dario Baldan Bembo, con testo del Califfo, che secondo me è una delle più belle canzoni italiane degli anni ’70.

Ci siamo incontrati quando avevo appena finito “Cervo a primavera”, che era uscito nel dicembre 1980 e in due settimane il singolo aveva scalato le classifiche per installarsi in cima alle classifiche. Mimì aveva una casettina a Milano Due, un piccolo pianoforte appoggiato contro il muro, e io non l’avevo mai conosciuta di persona. Aveva qualche abbozzo di canzone e ha cominciato a provarle davanti a me. Quando cantava era divina. Ogni volta che apriva la bocca e modulava la voce mi procurava la pelle d’oca alta un metro. Mimì veniva veramente da un altro pianeta. Ogni tanto anche Cocciante mi faceva questo effetto, perché anche la sua voce a volte prende tonalità da brivido. Ci sono cantanti che hanno una marcia in più, qualcosa di speciale, qualcosa di prezioso, d’irripetibile, e te lo fanno capire subito. E Mimì aveva tutto questo: era irripetibile. Il grado d’intensità emotiva che raggiungevo ascoltando Mimì era capace di farmelo provare solo lei. Quindi lavorare con lei per me ha rappresentato qualcosa di davvero speciale. Dopo un po’ che eravamo seduti uno di fianco all’altra, mi ha detto: ‘Shel, stai scrivendo un sacco di canzoni per un sacco di gente, possibile che tu non abbia niente per me?’. Le ho risposto: ‘Mimì, adesso come adesso ho solo una canzone a cui manca il testo’. E lei: ‘T’andrebbe di farmela sentire? Avevamo scandagliato brani di vari autori, e io m’ero quasi dimenticato di questo mio pezzo ancora privo di testo, e mi sono limitato a eseguirlo con qualche parola approssimativa, e anche piuttosto male, perché ero emozionato di suonarlo davanti a lei, più che se fossi stato davanti ad una platea di diecimila persone. ‘Shel questa canzone è bellissima. Il testo voglio scriverlo io. Posso?’ M’ha detto, appena finito di farglielo ascoltare. ‘Certo che puoi’. E’ venuta fuori “Quante volte”, una canzone che l’ha sicuramente rilanciata, aiutandola a incrementare le vendite.
Dopo molto tempo era tornata in classifica, magari non nei primi posti, però quel pezzo sarebbe diventato un classico del suo repertorio: ancora adesso, ogni volta che la canto in un concerto, la gente si commuove. Faccio un esempio: “Buonasera, dottore” la riconoscono tutti appena pronuncio il titolo, mentre se parlo di “Quante volte” alla gente non viene in mente subito di cosa si tratta. Però, come comincio a cantarla, tutti la identificano e tutti ne ricordano immediatamente la bellezza, e di conseguenza anche la grandezza di Mimì. “Quante volte” è una canzone che m’ha sempre dato enormi soddisfazioni, e quando la canto oggi, se non rimango più che concentrato sul comunicare la canzone, rischio di commuovermi anch’io. Tra Mimì, mia moglie Mariolina e mia figlia Malindi è presto nato un grande e affettuoso rapporto. Lei si è innamorata affettivamente di Mariolina e adorava anche Malindi, che in un certo senso era la figlia che avrebbe sognato di avere.

All’epoca Mimì viveva una tormentata storia d’amore con un cantautore, ed era molto in crisi con lui, quindi ci aveva un po’ adottati come surrogato di famiglia, e in qualche modo noi avevamo fatto la stessa cosa con lei. Mimì mi aveva dato completamente in mano la sua vita artistica: qualunque cosa le avessi deto di fare, l’avrebbe fatta. Motivo in più per me per vigilare che questa fiducia fosse ben riposta e desse buoni frutti. Quando l’ho incontrata era disco graficamente messa male; arrivava a vendere poco più di diecimila copie. L’album che avevamo fatto insieme era bellissimo. Da diecimila eravamo arrivati a cinquantamila. Non che fosse completamente decollata, però era già un buon risultato. Con lei ho fatto un lavoro delicato: mi sono impegnato a proteggere la persona fragile che era. Il produttore ha il dovere di difendere l’artista, di metterlo nelle condizioni migliori, di cercare di fargli raggiungere i migliori risultati, con gli arrangiamenti migliori e i suoni migliori. Certi artisti sceglievano di fare dischi con me proprio per questo. Anche per Mimì avevo quindi scelto il meglio: il batterista Chris Whitten, uno che in carriera vantava – e avrebbe vantato – collaborazioni prestigiose, tra cui Ede Brickell, Tom Jones, Johnny Cash, The Pretenders, Julian Cope, The Waterboys e Paul McCartney, oltre a prepararsi a essere futuro membro della band britannica dei Dire Straits dal 1991 al 1995. Con Cris avevamo usato per la prima volta in Italia la batteria elettronica Simmons, quella che produceva il particolare suono che si può ascoltare in “Private dancer” di Tina Turner. Con noi avevamo anche il tastierista degli Waterboys; insomma tutta gente di grandissimo spessore artistico. Un giorno, mentre registravamo, nello studio a fianco al nostro c’era Richie Havens (quello che quando cantava Freedom batteva il piede così bene che se chiudevi gli occhi sembrava una batteria). Richie stava finendo di fare un disco con Pino Daniele. Probabilmente avevamo lasciato la porta aperta, e a un certo punto lui entrò e disse: ‘Ehi, ma questa è una delle migliori cantanti che abbia mai sentito!. Richie Havens s’era insomma innamorato del suono, e soprattutto della voce di Mimì. Richie Havens: parliamo di mitologia della musica. Dopo quella volta veniva tutte le sere a sedersi in studio con noi.
Tutti sappiamo cosa c’è stato alla base della tragedia di Mimì: il diffondersi della voce che portava sfiga. Già dieci o quindici anni prima lo dicevano. Ed è anche per questo assurdo motivo che le vendite dei suoi dischi erano calate così tanto. Certe voci possono creare un indotto negativo di portata incalcolabile, apocalittica, ma mai e poi mai avrei immaginato che potessero diventare così diffuse e dilanianti. La gente fu d’una perfidia atomica con lei. Alcuni avevano perfino cominciato a dire che portavo sfiga anch’io, visto che lavoravo con lei. Sembra impossibile, ma Luca Barbarossa un giorno m’aveva riferito questa idiozia per mettermi in guardia…Inutile dire che Luca non ci credeva, visto che il primo disco che avevamo fatto insieme (Roma spogliata) era andato sparato al numero uno in classifica. Comunque, in relazione a quella calunnia, all’epoca dovetti addirittura minacciare di querelare per diffamazione un artista allora piuttosto conosciuto (oggi un po’ meno). Mi è toccato discutere oiù di una volta con diversi giornali, per cercare di smantellare quella maldicenza così infamante, così distruttiva e nello stesso tempo così stupida e così radicata. Con il solo risultato che le mie facoltà di comprendere l’inteligenza altrui – davanti a una simile prova d’idiozia – vacillavano sempre più.
….Mi ricordo che un giorno Mimì mi disse: ‘Shel, non puoi avere assolutamente idea di cosa provi io quando entro in una stanza e con la coda nell’occhio vedo che la gente si tocca’. Però quello era e quello rimaneva. Io e lei abbiamo affrontato l’argomento due o tre volte. Le dicevo che secondo me non doveva avere aver paura di parlarne, che doveva tirare fuori la cosa pubblicamente, mettere la gente davanti alle proprie responsabilità. Ma lei non se la sentiva. Allora ho cercato di farlo io al posto suo, ogni tanto. Per Mimì ha combattuto, ma ho combattuto davvero, assieme a Roberto Galanti, lui sicuramente ancor più di me: non potevamo credere che avessero messo in giro una voce così stupida e così tremenda; per di più lei era già in difficoltà per conto suo perché la sua storia d’amore stava andando a puttane. Era insomma in un momento drammatico e stava colando a picco. Sembrava una donna forte, Mimì, ma era d’una fragilità inaudita; era specialmente indifesa rispetto alle questioni familiari: il padre, la madre ecc. Mentre lavoravo con lei fui contattato dall’RCA Messico per produrre un cantante locale, uno che aveva ascoltato le cose che avevo fatto per Cocciante e mi voleva laggiù a tutti i costi per produrre il suo disco. Partii con Mariolina e Malindi, per andare a stabilirmi là alcuni mesi. Quel soggiorno però stava durando più del previsto e Mimì si sentiva un po’ trascurata e abbandonata, anche se avevo detto a Pierre e Gianna, due amici, di starle vicino. Lei si spostò a Roma mentre eravamo ancora in Messico e da allora non c’è capitato più di incontrarci.

A Roma, Mimì aveva fatto un disco live con Carlo Siliotto. Nominalmente il produttore ero io, ma in realtà ero intervenuto ben poco perché non condividevo la scelta di fare un disco live. Secondo me avrebbe avuto bisogno d’un altro disco di studio ‘forte’. Dopo il mio ritorno ci siamo parlati solo qualche volta per telefono, ma non mi sfiorava certo l’idea che non ci saremmo visti letteralmente mai più. Tra l’altro il suo ultimo impresario è stato Nando Sepe. Credo che sia stato lui a trovare Mimì quel giorno. (Tempo dopo mi sarei affezionato anch’io a Sepe – un uomo disperante che amava follemente l’arte di Mimì – e che avrebbe aiutato molto anche me). Quando Mimì è morta io ero in Francia con Cristina, la mia nuova compagna e i bambini. Se avessero voluto, i suoi parenti, m’avrebbero cercato per comunicarmi la notizia. Non ero irrintracciabile. Invece ho saputo della sua scomparsa solo diversi giorni dopo che era avvenuta’.
Estratto dal libro di Shel Shapiro "Io sono immortale" ed. Mondadori
Mia Martini interpreta "Quante volte" a Riva del Garda 1982:
http://www.youtube.com/watch?v=EpjwtF5SNto

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venerdì 14 gennaio 2011

L’album "La musica che mi gira intorno" commentato da Mia Martini



Ho seguito il criterio del cuore, ho scelto i brani che sono stati scritti non in nome del grosso impegno sociale, ma piuttosto in nome della fragilità umana e delle debolezze di questi artisti, li ho cantati più come uomini.

Originariamente, con Ivano Fossati avevamo pensato di chiamare questo album Per niente facili, ispirandoci ai versi di La musica che gira intorno. Successivamente, ho abbandonato questa idea perché non volevo che qualcuno pensasse, equivocando, che la difficoltà consistesse nella interpretazione di questi brani.

Con questo titolo volevo proprio seguire il senso di quello che Ivano esprime in La musica che gira intorno : per niente facili, questi artisti, questi uomini così poco allineati, così tortuosi come l’autostrada di Serravalle, come mi piace dire, personaggi assolutamente contorti, ma forse per questo credo che siano grandi. Ho deciso, quindi, di cambiare il titolo, anche se l’idea di base resta per me bellissima.

Ho solo un piccolo dolore che in questo album non abbia potuto inserire Pino Daniele perché è un artista che amo in toto e su di lui vorrei fare una quasi opera omnia, per cui ho pensato che, piuttosto metterci un solo pezzo, era meglio non inserire niente, ho intenzione di dedicargli molto più tempo in un’altra occasione : sono pazza di Pino.

Il brano di apertura, l’unico inedito, è Viva l’amore di Mimmo Cavallo, dice delle cose molto amare, vere, pesantissime, ma lo fa con ironia. L’amore rappresenta il nostro continuo sprono a vivere, ad andare avanti, ad essere dinamici, è il nostro ozono, non ce lo buchiamo, dobbiamo farlo rimanere intatto, altrimenti non abbiamo più ossigeno, bisogna sempre salvarlo.

I treni a vapore è una canzone che io amo moltissimo, naturalmente sorvoliamo sull’amore che ho per il suo autore, mi commuove tutte le volte che la sento. Mi ha colpito soprattutto l’interpretazione di Ivano nel suo live Buontempo e da qui è scaturita la scelta.
 
Zucchero mi ha ispirato Diamante in cui si parla della sua infanzia, c’è questa voce della nonna, l’ho un po’ scimmiottata nel suo dialetto divertendomi, poi ho voluto fare uno scherzo a Zucchero : lui ama molto il blues, canta un po’ come i negri, nella sua versione ‘fai piano Delmo, i bambini grandi non piangono’, io l’ho cambiata in ‘piano Delmo, i bambini bianchi non piangono’, l’ho voluto prendere in giro. E’ un atto d’amore nei confronti di Zucchero che in questo testo, in cui è stato aiutato egregiamente da Francesco De Gregori, descrive un momento felice della sua infanzia.

Fiume Sand Creek parla di questa strage terribile, quando donne e bambini indiani furono massacrati nel sonno, che ha colpito la fantasia di Fabrizio De Andrè: io, in questo splendido testo, ci trovo un grande amore.

Stella di mare è delicatissima, molto tenera e pervasa da un grande amore. Lucio Dalla ha scritto delle cose meravigliose e moltissime saranno migliori, ma è proprio questa canzone che nel contesto di questo disco mi ha colpito di più. Lucio è pazzo per il mare, tantissimi anni fa eravamo al Cantagiro (del 1971, n.d.r.), quando era ancora itinerante, una notte non riuscivo a dormire, mi sono affacciata alla finestra dell’albergo per fumare una sigaretta e giù in giardino c’era Lucio che stava sdraiato su una vasca a parlare con i pesci. Qualche anno dopo, quando ho sentito Com’è profondo il mare, ho avuto la conferma che il mare e i pesci li nomina spesso, nel senso che sono temi ricorrenti nei suoi testi.

In Tutto sbagliato baby, incontro come autori i fratelli Bennato: Eugenio ed Edoardo, artisti diversissimi tra di loro che io adoro e stimo in maniera pazzesca. Secondo me, anche questa è una canzone d’amore, mi ricorda quello splendido monologo che faceva in teatro Giorgio Gaber Ero comunista, in cui parla del partito con un amante deluso, tradito dalla sua stessa donna, considerandolo quasi una donna. Nel testi di Eugenio ed Edoardo io trovo lo stesso dolore che può provare un amante deluso, anche in questo caso si tratta di una canzone d’amore, come se il partito fosse una donna. Tra l’altro per questo brano, avendo seguito molto Eugenio nei suoi splendidi spettacoli teatrali e conosciuto questa sua grande passione per la musica etnica, ho voluto coinvolgere i Musicisti del Nilo con i loro strumenti particolari.

E a proposito di musica etnica, Fio Zanotti in La canzone popolare ha messo una cornamusa non vera ma elettronica, campionata. Nell’ idea di Ivano il pezzo nasce proprio con questa frase ‘alzati che si sta alzando la canzone popolare’, quasi a significare che in qualche manier proveniamo tutti da questa musica.

Hotel Supramonte è una canzone che mi commuove tutte le volte che l’ascolto, naturalmente nella versione di Fabrizio. Mi ricorda questa tristissima storia della quale sono stati protagonisti tanti anni fa Dori e Fabrizio, quando sono stati rapiti e legati per nove mesi ad un albero. Per me, ogni parola di questo testo è come vedere in un film le immagini di questi momenti terribili; oltretutto penso che questa storia abbia rafforzato il loro rapporto in maniera pazzesca, perché sono diventati una coppia meravigliosa. La loro unione è una di quelle indissolubili, che non finirà mai.

In La musica che gira intorno mi sono avvalsa di una grande solista, di una grande cantante Aida Cooper che io adoro e che ha fatto un ‘solo’ assolutamente splendido nel finale di questo brano. Originariamente lo avevamo registrato a due voci, dopo ho preferito togliere il mio intervento e lasciare quello suo.

L’ incontro con Vasco Rossi è stato molto eccitante. E’ difficile scegliere un brano di Vasco, io lo amo molto, ma secondo me la sua voce, come quella di Lucio Battisti, ha una magia particolare. Entrambi non sono dei grandi interpreti, sono però così personali e danno un fascino molto speciale alle loro canzoni, per cui, dopo aver ascoltato le loro versioni, diventa molto difficile ricantarle. Ho scelto Dillo alla luna perché non mi sentivo in grado di dare la stessa magia ad altri brani che sono troppo suoi, particolari; spero con questo brano di esserci riuscita. Un altro motivo è legato al testo che mi coinvolge moltissimo, io odio tutto ciò che è statico, fotografico, io amo tutte le situazioni vere, reali e il linguaggio che Vasco usa in questo suo rapporto d’amore, quando scrive e canta ‘guardami in faccia…quando mi parli…’, così reale e crudo, mi fa impazzire. In questo brano mi sono fatta accompagnare anche dallo splendido Dodi Battaglia, che è uno dei più grandi chitarristi che abbiamo in Italia. Gli ho chiesto di farmi questo ‘solo’ e lo ha fatto con grande gioia e spirito rock.
 
Mimì sarà è un grande capolavoro di Francesco De Gregori, un pezzo bello e importante come La donna cannone, però stranamente lo conosce pochissima gente, me ne sono innamorata tanti anni fa, quando l’ho sentita nell’album bellissimo, ma poco conosciuto, Terra di nessuno, non l’ho mai sentito da nessuna parte, tranne che a casa mia. Prima o poi dovevo cantarlo, anche questa è una grande canzone d’amore.


Piccolo uomo è un gesto d’amore verso i miei fans, volevo fare una cosa mia, e questo è l’inizio di una lunga serie e nei dischi futuri riprenderò, uno per volta, i miei pezzi vecchi che per me sono sempre bellissimi come Minuetto, Donna sola, Inno, Amanti e tanti altri. Sono stati incisi molti anni fa, per cui la maggior parte dei giovani non li conosce. Amo particolarmente Piccolo uomo, il mio primo grande successo. In questa nuova versione non c’è stato un grande stravolgimento, è abbastanza simile all’originale, anche perché non volevo fare un lifting, odio già i lifting umani: li considero stupidi, figuriamoci nella musica. Piccolo uomo ormai è un nonnetto; però io lo trovo splendido e mi diverto ancora a cantarlo tutte le sere nei miei concerti.
 
Commento pubblicato sulla fanzine Chez Mimì n° 17
e sul libro La regina senza trono ed. Guida
 

Mia Martini interpreta "Hotel Supramonte"
http://www.youtube.com/watch?v=QTITQrT65p8

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martedì 11 gennaio 2011

La musica che gira attorno a Mia Martini. Intervista del 1994 apparsa su Chez Mimì


In una calda giornata di giugno abbiamo avuto modo di incontrare Mimì a Firenze, dove è stata a lungo per mixare il suo prossimo album “La musica che mi gira intorno”. Durante una pausa, ‘Nostra Signora’ ci ha gentilmente concesso un po’ del suo tempo per parlare sia del nuovo album, che di alcune tappe
importanti della sua carriera.


° Questo tuo passaggio alla RTI-Music ci ha decisamente colto di sorpresa, infatti ti credevamo alla Polygram…
M.M. Eh sì, credo di essere l’unica cantante al mondo ad avere iniziato un disco con una casa discografica e a farlo uscire con un’altra etichetta (ride). Però, che dovevo fare? Mica potevo abbandonare il lavoro di un anno, sarebbe stato come abbandonare un figlio. Sotto questo punto di vista è stato un anno infernale. Infatti, già per andare via dalla Fonit avevo l’obbligo di interrompere ogni rapporto con la mia agenzia che allora era ‘Cose di musica’. Abbiamo dovuto pagare svariati milioni alla agenzia per evitare una causa, ma alla fine sono riuscita ad andarmene. Per quanto riguarda la Polygram, oltre alla mancata partecipazione sanremese, c’è stata un’imposizione della casa discografica a fare un disco con i miei vecchi brani. Io mi sono rifiutata e me ne sono andata! Spero adesso di trovare un po’ di tranquillità alla RTI, visto che tutta questa serie di passaggi nuoce soltanto alla mia immagine. Comunque mi sembra che alla RTI siano molto ben disposti nei miei confronti.

° In che senso?
MM E’ in programma, dopo l’uscita del disco, una tournèe teatrale nella quale sarò accompagnata da una grande orchestra. Questo spettacolo avrà come protagonista nella prima parte Fio Zanotti, mentre nella seconda ci sarò io. Purtroppo il budget dello spettacolo è molto speriamo che la RTI sia disposta a finanziare questo progetto.

°Questa tournèe potrebbe anche avere qualche tappa estera, in passato hai avuto successo fuori dall’Italia. La tua collaborazione con Charles Aznavour, culminata con una serie di memorabili concerti all’Olympia di Parigi, ne è un valido esempio.
MM Sì, l’esperienza artistica con Aznavour è durata alcuni anni e mi ha insegnato molto. Ho vinto, comunque, anche il Festival a Tokyo nel ’77 con ‘Ritratto di donna’ e il Premio della Critica Europea a palma di Majorca…

°…per non dimenticare il brillante 4° posto all’Eurofestival del ‘92 in Svezia
MM Sono arrivata quarta solo per motivi di budget…avrei dovuto, infatti, vincere io quella edizione ma, dato che la nazione che vince è obbligata ad organizzare la manifestazione l’anno successivo, mi sono dovuta accontentare di un buon piazzamento. Già due anni prima volevano denunciare Toto Cutugno per aver vinto (ride). In Svezia, comunque, ho riscosso un buon successo, soprattutto per i miei abiti. Giorgio Armani, infatti, lì è più caro che da noi e poi gli svedesi si aspettavano un’altra Loredana…ho persino fatto il promo per la loro televisione, poverini, sono stati più di tre ore a insegnarmi quello che dovevo dire!

° Torniamo a quest’anno, in particolare alla tua mancata partecipazione a Sanremo…
MM Ho letto le vostre proteste sull’ultimo numero della fanzine . Non dovevate prendervela tanto, visto che “La vita racconta” non era allo stesso livello dei brani che ho presentato nelle edizioni passate. Personalmente non ci sono rimasta poi tanto male. Ho presentato il brano su volontà della Polygram, in fondo avevo firmato il contratto da poco e non potevo di certo rifiutarmi. Lo sapete benissimo che io partecipo al Festival di Sanremo solo quando l’uscita di un mio album coincide con esso. Sanremo resta sempre la più grande vetrina che il nostro mercato discografico ci offre.
°E quell’episodio con Claudia Mori? Non è che ti ha usato per farsi pubblicità, visto che questa faccenda è andata avanti per diversi mesi?
MM Macchè, una come Claudia Mori non ha certo bisogno di farsi pubblicità in questo modo. Decisamente la faccenda è stata molto gonfiata dai giornali, ma il suo è stato un gesto sincero e nobile che mi ha molto colpita. Il regolamento del festival non prevede la sostituzione della canzone nel caso del ritiro di uno dei partecipanti ma, al massimo, quella dell’interprete. Avrei potuto cantare soltanto il brano presentato dalla Mori. Vi confesso che la Polygram un pensierino ce lo aveva fatto, ma mi ci vedete voi a cantare una canzone scritta da Cutugno?

°Un’ultima domanda. E il tanto sospirato ‘Home Video’ “Per Aspera ad astra”?
MM Spero di farlo uscire con la RTI. In questo momento tutto il materiale è della Polygram, mi auguro che sia disposto a cederlo, visto che, avendo rotto il contratto, può farci ben poco. ‘Per Aspera ad Astra’ è stato l’unico spettacolo teatrale nel quale ho ripercorso tutta la mia carriera, è stato un omaggio a tutte quelle persone che mi seguono dal 1971 e vorrei tanto che il viaggio che abbiamo fatto insieme nell’arco di quelle due ore possa essere rivissuto grazie all’Home Video.
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domenica 9 gennaio 2011

Mia Martini: 'Il canto? Una comunicazione col cielo'


Una delle ultime interviste a Mia Martini realizzata dal giornalista Maurizio Gregorini nell'aprile del 1995.


- Dopo anni spesi alla passione della canzone e al di là dei molti dischi realizzati, come vorrebbe essere apprezzata dalla critica quanto dal pubblico?
Per quella che sono: un artista strana, perché canto e sono una interprete. La gente crede, in modo superficiale, che tutto ciò sia dovuto alla mia voce. Spesso sono portata a crederli dei folli, tant’è che si tratta di una situazione che mi fa pensare ad un mito possibile, mito che mi riguarda e che è soggetto ad un fanatismo che rasenta il razzismo. Qui mi desiderano tutti, ognuno mi vuole, sia i discografici sia i musicisti, che debbo dire mi amano molto. E mi vogliono anche coloro che per me – in qualità di artista – nutrono una stima immensa. Quel che mi offende e umilia è il fatto che parecchi dei miei fan non acquistano i dischi che produco e, anzi, trovano irrispettoso che non sia io a fargliene dono. Quando mi incontrano in strada serbano rancore, sembrano incazzati. Credo di essere l’unica a vivere in Italia questo privilegio (ride, divertita, ndi), sì il privilegio amaro di avere un tipo di fanatismo simile. E ciò vale anche per gli autori: ognuno pensa di scrivere per me secondo il loro metro di misura, la loro maniera di vivere le situazioni. La versatilità che mi fa essere unica nel mondo della musica, e l’amare il tipo di espressione, è stata molte volte oggetto di liti immense coi discografici, colpevoli di volermi in un certo modo, imponendomi tipi di canzonette che chiunque si rifiuterebbe di interpretare. Inoltre, quando mi dicono che un certo tipo di struttura musicale la posso interpretare solo io, avverto come una fitta al cuore, un infarto possibile: non solo mi prende un colpo, la considero una violenza sulla mia maniera, del tutto intima, di essere un’artista. Pezzi fatti con passaggi inutili o scritti con dei virtuosismi cretini e assurdi, puramente estetici, tanto da dimostrare a chissà chi che io sono una grande cantante. Oppure canzoni colme di sentimenti stolti, di passioni lacrimose, tanto da farmi rimpiangere la scelta di aver preso la strada della mia vocazione per intero. Mi domando come mai a nessuno è venuto in mente di scrivermi una cosa tipo ‘Attenti al lupo’ di Lucio Dalla, che mi piace tanto e canterei con grande piacere. Dunque, caro Maurizio Gregorini, tornando alla sua richiesta, cosa mi renderebbe appagata? Che molta gente mi riconoscesse in ‘Tutto sbagliato’, la canzone di Edoardo Bennato inclusa nel mio ultimo lavoro, appena uscito, una canzone colma di cose e situazioni che ho provato sulla mia pelle, macerie sulle quali mi sono riflessa. In me è ora nata un nuovo tipo di donna: è dalla morte che la vita prende origine, a tal punto da credere che la canzone di Edoardo sia una tra le più significative di questi ultimi anni; la trovo la più grande canzone d’amore di tutti i tempi, un testo dove si ammette che non v’è nulla di umiliante nel dichiararsi vinti. Allora nutrirei il bisogno che da questo uscisse ciò: che la gente come gli addetti ai lavori, e vi aggiungo anche quelli che dicono di amarmi, non mi usino come fossi già morta. Non lo sono ancora. Non voglio alcun tipo di pubblicità; mi basta solo sapere che gli altri abbiano capito e accettato che io sono fatta così e che mi possono amare con tutte le mie debolezze e le mie forze, che mi possano amare per quello che sono nella intimità. Proprio non so cosa mi potrà accadere in futuro. So solo che l’amore continua ad essere un equivoco, l’equivoco della mia vita. Certo può assumere connotati bellissimi, può addirittura sconvolgere, conservare tratti di pateticità come di tristezza o di gioia, ma resta sempre un equivoco. L’amore non esiste finché un essere umano si innamora di un altro solo per la motivazione che necessita di impossessarsi di qualcosa; l’amore si può rintracciare là dove si è compagni di viaggio, di un viaggio che vede gli esseri individui, ognuno coi bagagli propri, senza approfittarsi dell’altro per farsi portare il peso dei propri indumenti. Poi ci si può riposare insieme; ecco, questo per me è l’amore, tanto da voler nascere ancora una volta da ‘Tutto sbagliato’: è lì, in quella interpretazione particolare che ho messo le mie radici. E spero di esservi riuscita.


- Il suo rapporto con Ivano Fossati…
Oh Ivano… gli voglio bene così com’è. L’adoro. E poi è parte di me stessa. Io non gli voglio nemmeno più bene come uomo; è una entità che oramai mi ritrovo dentro. Purtroppo non siamo riusciti a rimuovere questo muro orribile che ci divideva. Quel che rimpiango di più è che noi non abbiamo giustificazioni. Quella degli artisti, perlomeno di alcuni, è una vita dura, che ci costa sangue. Parlo come donna e, come può ben notare, ho dovuto rinunciare ad un amore per me grande. L’ho pagato mio malgrado, perché tra un uomo e una donna non ci possono essere due star, non si può fare lo stesso lavoro. Non è una situazione presa a malincuore dalla donna, affatto. E’ l’uomo che non scende a patti col suo egoismo, incapace di costruirsi una strada con le proprie mani. Noi artisti non abbiamo bisogno di orgoglio, abbiamo bisogno di dignità, necessitiamo di contegno. E una donna questo lo sa, tanto è vero che da sola si può permettere il tipo di mestiere intrapreso, mentre un uomo ha sempre bisogno di una spalla su cui poggiarsi.

- Il suo ultimo disco mi sembra sia ottimo. Non trova?
Si, ma non è quello che amo in modo particolare. ‘Danza’, ‘Mimì’ e ‘I miei compagni di viaggio’ sono i solchi che ho amato di più e in cui continuo a riconoscermi, anche se si tratta di lavori che mi sono costati molto cari. C’è ben poco nella discografia che m’è stato concesso senza patimenti, a dispetto di tutto quello che mi hanno preso, di tutto ciò di cui mi hanno privata. Quello da lei suggerito, l’ultimo disco appunto, al contrario di quel che ho affermato poco fa, lo amo tutto, anche se l’amore di cui lo permeo è una passione semplice, naturale. E’ sempre il tentativo della ricerca, che mi fa innamorare della musica ogni giorno che mi tocca di vivere. Dunque sono costretta ad inventare di nuovo un amore che è sempre più difficile avere, dato che vi sono degli obblighi e le responsabilità… Così, per innamorarmi della musica debbo studiarla, capirla più a fondo. E’ in questo modo che ho provato interesse per la musica africana ed etnica. Sono costretta ad usare la musica nello stesso modo in cui sono stata usata io dal mondo discografico italiano: come una puttana, una che è un’esca. Non si scandalizzi. E’ proprio così: sono stata trattata e sono trattata come una puttana. Tant’è che per eccitarmi, debbo andare a pescare le emozioni in un tipo di origine ritmiche lontane dalla nostra melodia. Un tipo di eccitazione e di soddisfazione che mi porta a realizzare altri dischi, dischi che alla fine mutano e danno origine a delle metamorfosi curiose, a tal punto che divengono una cosa che non è di pari passo con ciò che amo nel momento specifico, ossia nel momento in cui mi sto occupando della realizzazione del prodotto. Forse si tratta di una fascino dai contorni erotici, non v’è dubbio. Tanto da farmi eccitare -e lo ripeto senza difficoltà- con una musica altra, per poi svendermi in una maniera decisamente dissimile. E’ questo il mio dolore continuo, senza fine, il conflitto eterno che è dentro di me. Vale a dire utilizzare la musica in una immagine sempre più colma di squallore, l’immagine pubblica, quella in cui noi artisti siamo relegati per forza di cose. Con questo non vorrei drammatizzare: la musica resta la dinamica della vita mia, il suo movimento e respirazione, tutto quel che non appartiene alla staticità. Mi affascina, mi sconvolge, mi offre scintille. Per questo credo che la musica non sia classificabile. Essa resta una idea e cantare è solo un modo di raccontare una storia, una emozione o una sensazione di ritmo che stai vivendo. Cosa chiedo ad una canzone? Che sia e resti qualcosa in cui si possa credere con innocenza, altrimenti non avrebbe senso alcuno ed io non potrei raccontarla.

- Oltre a quelli già citati non v’è altro solco a cui è legata in modo diverso? Non ve ne è nessuno che rappresenta al meglio il suo stato di animo di allora e di oggi?
Forse oltre a quelli a cui accennavo poco sopra non posso non menzionare ‘Quante volte ho contato le stelle’, un prodotto a cui resto legata in modo strano poiché mi rammenta, del tutto chiaramente e in maniera decisamente drammatica, il mio rapporto con Ivano. Lui stava incidendo ‘Città di frontiera’ e in mezzo c’era pure Loredana, un momento pietoso della mia vita.

- Il suo rapporto con Loredana è solido. Del resto è stato espresso con la partecipazione sanremese di “Stiamo come stiamo”.
Loredana quel Sanremo l’ha preteso. Con la forza. Forse avrei potuto vincere, ma con lei non è accaduto. Io le sono molto legata, ma Loredana deve imparare a portare le sue valigie da sola, come io faccio con le mie. Sono colma di ferite, stramazzo da ogni cellula del corpo, non posso prendere sulle mie spalle anche il suo peso. Del resto l’ho sempre aiutata, anche con Ivano e sappiamo tutti come sono andate le cose… Loredana mi ama e mi odia: mi ama perché sono sua sorella, mi odia perché sono una grande artista, una cosa che non digerisce. Ma lei è una cosa, io sono un’altra, proprio non riesce a capirlo. E di ciò soffro, è quello che causa avvicinamenti ed allontanamenti continui. Le valigie? Oh, si, le porto ancora; non è semplice liberarsi dei drammi. Ma sono state talmente tante le valigie che la vita mi ha assegnato che oramai giro col minimo indispensabile e se riuscissi a liberarmi anche del solo documento della carta di identità, sarebbe il massimo. Mi sento di vivere come un cane, in piena solitudine, allontanata da tutti. Sa, per farne un anno della vita di un cane noi umani dobbiamo consumarne sette. Non lo trova affascinante?.

- Il pubblico, i suoi fan, chi le vuole bene… come crede abbiano reagito al fatto che ad un certo punto della sua carriera lei si sia presentata in qualità di cantautrice?
Che sia una cantautrice fanno finta di non saperlo in molti. Ogni tanto qualche giornalista serio, quale lei è ad esempio, se lo rammenta, strano. Per quel che concerne i miei fan, essi m’amano in una maniera che ho sempre contestato e non è un caso anomalo che tanti dei fan-club a mio nome mi abbiano fatto causa: essi mi usano come una reliquia, una specie di mostro, fanno una cosa assurda: mi vogliono utilizzare da collezionisti e, lo ripeto, io non sono morta, perlomeno non ancora. Siccome sanno che a volte mando al diavolo la discografia e che sono a rischi di sparizione continua, mi usano come rarità, come reperto storico. I dischi che ho inciso in qualità di cantautrice vanno a ruba, e coloro che li posseggono se li fanno pagare cifre spaventevoli. E se non mi vedono su ‘Raro’ prezzata ad ottocentomilalire in su, non mi considerano nemmeno. Così li mando a quel paese, perché io non sono un cadavere, sono viva, anzi vivissima, e non realizzo dischi per i collezionisti già da adesso. Mettetemi prima in una fossa, poi discuterete il problema.

- Ma non sono tutti così ingordi…
Certo che no. Esiste un pubblico che ti offre sensazioni sconosciute, a tal punto che salire sul palco, entrare in scena è una esperienza sconvolgente, come ci si fidanzasse, un legame che l’artista estende nei riguardi di tutto il pubblico accorso. Lo definirei un rapporto intenso, privato, colmo di tenerezza. Ma in ciò vi è anche il fastidio di dover essere per forza sempre quella brava, per forza essere sempre la migliore. Come mi considero? Né una cantante, tanto meno una brava: so di essere solo un essere umano che tramite la musica può incontrare l’altro, può comunicare delle cose ad altre persone che, con le note, entrano in sintonia. Forse alla fine è quel briciolo di sospensione, di paura, che c’è ogni qualvolta si entra in scena, un briciolo che forse alla fine serve per farti divenire brava, perlomeno per coloro che sono accorsi ad un tuo concerto.
- ‘La musica che gira intorno’, è anche un disco in cui lei si riappropria del passato. Infatti, vi si ritrova una nuova interpretazione di ‘Piccolo uomo’, suo successo dei primi anni Settanta.
Si, è vero, e nei prossimi, o meglio, in ognuno dei prossimi che farò includerò ‘Minuetto’, ‘Donna sola’ e così via, fino a riprendermi, un poco alla volta, quei successi che la discografia m’ha rubato e che tuttora pubblica in antologie varie. Non sa? Da anni sono torturata da case discografiche che mi dicono che debbo soldi a destra e soldi a sinistra… La gente crede che campi sui diritti di interpretazione e passaggi radiofonici… Ah!, ma le pare? Le uniche ad intascare soldi sono le case discografiche e continuo ad essere perseguitata per una inadempienza inesistente… Mi auguro che tutto ciò abbia una fine, come spero terminino gli orrori perpetrati con delle compilation assurde… Io, per intanto, incido di nuovo canzoni mie, che sento sulla pelle, che mi appartengono e che non voglio facciano la felicità degli altri…

- Il suo lavoro ultimo doveva essere licenziato dalla Polygram. Invece è stato pubblicato dalla RTI di Berlusconi…
La Polygram ha pensato bene di bloccarne l’uscita. Una cosa da me considerata schifosa se pensa che il disco l’ho realizzato io, coi miei soldi, in due anni e con una pre-produzione personale che mi ha dissanguata, e la Polygram osa dire che il lavoro era di sua proprietà. Oh sì, l’ignoranza è una brutta cosa, tant’è che il direttore artistico della Polygram, appena arrivato, vale a dire assunto, considerava un disco di canzoni già edite di cantautori italiani di loro proprietà. Una situazione così scioccante e disgustosa, nonché cafona e priva di gusto. Allora, questi signori mi hanno privato del mio DAT trattandomi come la cameriera che va a rubare nei cassetti. A me in questo modo oltraggioso non tratta nessuno; lo dico some artista, come persona e come donna. Io non ho più parlato colla Polygram. Poi Nando Sepe mi rammentò che la RTI, tempo prima, aveva avanzato delle proposte da me rifiutate, perché io non ho mai amato Craxi e dunque non trovavo giusto fare parte della RTI: non era in sintonia col mio pensiero. Invece, senza la mia volontà, ho scoperto d’essere approdata nella casa discografica giusta, quella che cercavo da anni. Sono stati loro che hanno salvato le basi pagandole alla Polygram, quelle basi su cui avevo lavorato tanto a tal punto che rinunciarci era un dolore troppo grande, troppo immenso. Sì, è a loro che va la mia stima attuale e gli sono grata, sono dei professionisti seri, veri.
di Maurizio Gregorini - Foto di Moris Dallini

Il video di "I treni a vapore"

L’album "La musica che mi gira intorno" commentato da Mia Martini
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La musica che gira attorno a Mia Martini. Intervista del 1994 apparsa su Chez Mimì
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Mia Martini, un'artista dalla straordinaria versatilità. Intervista a Fio Zanotti
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Mia Martini era innamorata della Sicilia e l'ha scelta per iniziare l'ultimo tour http://questimieipensieri.blogspot.com/2010/06/era-innamorata-della-sicilia-e-lha.html

Per Mia Martini viva l'amore anche quando non c'è
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Mia Martini, una donna che dice di appartenere ad un'altra epoca

Là, nell'angolo, in quel buco di camerino sistemato un po’ alla meglio,per sembrare discreto, dove si mischiano caffè bollenti a lattine di coca, seduta, con la faccia verso il muro, sta Mia Martini. In una mano tiene lo specchio, nell'altra una sigaretta. Si mette a lavorare con rimmel e sottocipria, passa un velo di rossetto sulle labbra, sistema i lunghi capelli neri e dà una sistemata alle foltissime ciglia.

«Dieci minuti e sono da voi» dice ad un gruppo di giovani che le occhieggiano davanti, da un buco di finestra, allungando le mani per chiedere autografi. E' nervosa, si vede subito,arriva direttamente da Verona, dove ha partecipato al Festivalbar, domani, subito a Roma per le prove di un nuovo spettacolo, poi una serata a Modena, tra tre giorni ad Ancona e cosi via. Il suo sfogo non si fa attendere:

«Ho bisogno di riposo, non so cosa mi succede, ma sono stanca, stanca di correre da una parte e dall'altra; ho voglia di starmene in casa, di lavorare ad uncinetto, di andare al cinema e di guardare la tivù come fanno tutti».

Accende quasi con rabbia una sigaretta, vorrebbe sorridere ma un colpo di tosse aspro, secco e violento la scuote di colpo.

 «Va bene» - dice con un filo di voce - «è il prezzo del successo, quando mi chiamavo Mimi Bertè non andava certo cosi. Ecco, questo è uno di quei momenti bui che ogni tanto ti capitano: ti senti sola, non hai amici, la persona che ami è lontana e la routine ti porta in giro senza pietà.»

Fruga nella borsetta piena di mille cianfrusaglie e carezza il pincer, la cagnetta che le ha regalato la sorella e che si chiama con uno strano nome, moovie marjwuana.

«Chiariamo una volta per tutte i rapporti tra me e Loredana» - dice - «dopo le chiacchiere che sono state buttate in giro è meglio dire che non c'è ruggine o astio fra noi due. Siamo nate lo stesso giorno, lei tre anni dopo, ma siamo completamente diverse: lei è briosa, spumeggiante, socievole, io introversa, chiusa e severa, le stelle dicono che abbiamo ascendenti diversi...»

Crede all'oroscopo, ma non è superstiziosa, ama le cose del passato e dice di appartenere ad un'altra epoca

«Dovevo nascere per farla giusta, minimo nel 1920, infatti mi circondo sempre di cose antiche, di pizzi e di merletti della nonna, mi piace il liberty e tutto quello che deriva dal passato».

 Allunga una mano e mostra con orgoglio gli anelli che cingono le dita, ce n'è per tutti i gusti tanti sono, e la fila continua sul polso, dove i bracciali sono tre o forse più. S’interrompe per completare il trucco,e intanto parla dei suoi programmi:

«Tra pochi giorni inizio una tourneè con Aznavour, una "Convention" che mi porterà in Francia e comincerò a preparare un nuovo ellepi».

Adesso parla con più scioltezza, disposta persino alla battuta:

«Pensi, mi avevano proposto di fare del cinema, dovevo interpretare la Duse, l'immaginate Mia Martini nei panni della celebre diva? No, anche se il volto poteva andare bene, il resto era tutto da ridere; e io voglio evitare di ridere di me».

Arrivano quelli del complesso, «Che famo?», dice uno di loro, lei si volta, sistema il golf sulle spalle e risponde:

 «Facciamo "Donna con te", "Minuetto" e "Signora" come terza, poi quello che viene viene».

 Non c'è più tempo per parlare. Fuori sul pubblico passeggio una miriade di fans l'attende con ansia:

«Beh, forse è perchè è la prima volta che vengo a Piacenza».

Dice sorniona mentre si getta in mezzo alla calca. Poi sale sul palco e l'aria dimessa sparisce, la Mia Martini romantica, diventa aggressiva e scatenata, come la vuole e la conosce il pubblico. E gli applausi alla fine sono meritati.

Intervista di Giangiacomo Schiavi del 5/9/1975, rilasciata al quotidiano piacentino "La Libertà"


Mia Martini interpreta dal vivo "Donna con te" ed "Agapimu" Recital 1976

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