Benvenuti a questo blog dedicato a Mia Martini con articoli, curiosità, interviste e altro....







Cerca nel blog

Lettori fissi

Visualizzazioni totali

giovedì 25 aprile 2013

La “Mia” piccola italiana. Intervista a Mia Martini

 
La “Mia” piccola italiana preferisce cantare.
Ma anche al volante si
diverte. E sogna un’auto
ecologica. A batteria. 
 


Mia Martini, signora e cantautrice. È tornata a cantare, dopo un lungo silenzio volontario, durato dieci anni e interrotto soltanto qui e là. Motivi personali, vicini al cuore. Il silenzio dev’essere una condizione abbastanza naturale, per questa ragazza nata con un nome così domestico, familiare: Domenica. Detta Mimì. Ma non per via della fioraia (pucciniana, malata e parigina), ma per un vezzo di casa, molto meridionale. Mimì, un nome svelto e allegro, per chiamare una bimba un poco schiva, invece. Mimì, comunque, serviva bene, per la vita di casa. Ma, come nome d’arte, si dimostrò inadatto. Perché di cognome, poi, questa Mimì si chiamava Berté, accidenti agli accenti.   Era accaduto, dunque, che, agli inizi degli anni settanta, Alberico Crocetta, l’inventore del Piper a Roma, talentscout prodigio, capisse che la signorina Domenica aveva tanta voce in cuore da poter incantare anche le platee meno disposte ad ascoltare fino all’applauso.

Ma che ci scriviamo sopra i manifesti? “Mimì Berté” sapeva di caricatura, un nome esagerato; il pensiero correva a quel cafè-chantant che suggeriva immagini non pertinenti, anzi ingiuste, persino impertinenti.
Alberico Crocetta sapeva pensare, E gelò la situazione in questo concetto: il cognome da scegliere dev’essere familiare anche alle orecchie più straniere, Dev’essere italiano, ma non creare problemi per la retta pronuncia, Di parole così, in italiano ne abbiamo solo tre: pizza, spaghetti e martini (aperitivo principe, inventato da un ragazzo di genio, di cognome Martini, oriundo d’Arma di Taggia, assunto al bar dell'Hotel Knickerbocker di New York nel 1906; il primo a gradire il martini di Martini fu John D. Rockefeller, l’uomo più ricco del mondo: gli altri vennero dopo). Tra i tre nomi, non sembrò il caso di contrastare la scelta di Martini. E Mimì diventò Mia, perché le piaceva il nome di Mia Farrow e c’era anche il gusto di appropriarsi, ancora più intimamente, di sè.

Mia Martini, dunque, dapprima cantante di musiche altrui (Piccolo uomo, Minuetto, Donna sola) investe gli anni settanta con questa voce che soffre in maniera dura, evidente. Una voce che cerca le sue pene più alte proprio lassù, dove il pentagramma ha le sue nevi intatte. E’ il successo. A questo punto, ecco l’evento straordinario del ‘77: arriva la tournée con Charles Aznavour, girandola d’emozioni, fino al trionfo: all’Olympia di Parigi. Ma è qui, che arriverà il silenzio. Per dieci anni. Una storia d'amore, naturalmente. Perché una donna può soltanto tacere per amore, avendo quella voce.

E l’auto? Dice Mia Martini: Certo, mi diverte guidare. Un gioco, ecco cos’è. Di meccanica non so proprio nulla, La manutenzione, credo che si chiami così, non è materia per me.

L’altro giorno...». L’altro giorno ha rischiato. Per fortuna, alla fine è riuscita a fermarsi. La signora non vive in città. Frequenta la città, che poi è più spesso Roma, ma la sua casa è a Calvi dell’Umbria, in provincia di Terni. Giusto un niente d’arteria provinciale e c’è subito l’Autostrada del Sole. Dall’altro capo, Roma. In città, non guido, spiega Mia Martini.. E dice anche una cosa precisa: ora ha una Tipo Dgt, e quando la cambierà ne prenderà un’altra italiana.

Continuerà ad arrivare a Roma, la metterà diligente in garage e chiamerà il solito taxi. Guidare non l’affascina, anche se la diverte. Ora in Italia si fanno delle macchine belle, con la faccia simpatica. C’è gusto ad averne una. Specie adesso che si parla di vetture ecologiche, come la Panda, che va addirittura a batteria. Vivere in campagna spiega la signora, è una continua lezione. Una lezione d’amore per la Natura, e nella sua forma più chiara. Chi vive in città non ha un contatto serio con l’ambiente. Vorrei un’automobile capace di non inquinare, se esiste. Esiste? Ci farò un pensierino. Sarà una scelta meditata, E sorride. Ma le canzoni? E’ uscito, appena ieri, un nuovo disco pieno di passioni, di lancinanti assoli. Ora riprenderò, e proprio per la gioia di cantar bene cose scritte, sofferte da persone diverse da me. Interpretare è molto bello, penetrare i significati, segnare con la matita blu, ma il cuore degli altri…..
 
Intervista di Marco Mascardi  Chorus giugno 1990  
 
La foto è di Guido Harari


L’album "La musica che mi gira intorno" commentato da Mia Martini
http://questimieipensieri.blogspot.it/2011/01/lalbum-la-musica-che-mi-gira-intorno.html

La musica che gira attorno a Mia Martini. Intervista del 1994 apparsa su Chez Mimì
http://questimieipensieri.blogspot.com/2011/01/la-musica-che-gira-attorno-mia-martini.html

Mia Martini: 'Il canto? Una comunicazione col cielo'
http://questimieipensieri.blogspot.com/2011/01/mia-martini-il-canto-una-comunicazione.html

Mia Martini, un'artista dalla straordinaria versatilità. Intervista a Fio Zanotti
http://questimieipensieri.blogspot.com/2011/01/mia-martini-unartista-dalla.html

Mia Martini era innamorata della Sicilia e l'ha scelta per iniziare l'ultimo tour
http://questimieipensieri.blogspot.com/2010/06/era-innamorata-della-sicilia-e-lha.html

Per Mia Martini viva l'amore anche quando non c'è
http://questimieipensieri.blogspot.com/2010/02/viva-lamore-anche-quando-non-ce.html
 

venerdì 12 aprile 2013

Mia Martini. Grande "piccola donna", regina e cenerentola


Mia Martini con Enrico De Angelis
Esile e sfrontata, passionale, voce eccezionalmente estesa, quasi una nostra Edith Piaf
 
Chi poteva immaginare che ci fosse ancora da aggiungere qualcosa a canzoni assolute come La donna cannone,  Come together, Proud Mary dei Creedence Clearwater Revival o certi primi pezzi di Pino Daniele; o altri capolavori meno celebri ma già perfezionati dai loro autori, tipo It’s money that I love di Randy Newman  e  La costruzione di un amore di Ivano Fossati?

Mia Martini ci riesce. La sua  è  una grande voce internazionale che si riappropria di questa materia incandescente e la riplasma in fogge ulteriori, rimanendo elegantemente femminile anche nel pieno del rock.

Prende il pezzo lineare di Fossati e comincia a dondolarlo, ad altalenarlo in su e giù, ma sempre lungo un percorso netto, privo di sbavature, perché questa è una voce che anziché sulle ambiguità o sulle sfumature di contorno punta su un altissimo grado di densità: limpida o rauca che sia, va seccamente al sodo, concentra grandi emozioni in brevi attimi, senza fronzoli, senza annacquare il sugo.

Prende De Gregori, soppesa e valorizza ogni parola, ogni nota, al momento cruciale esce dalla melodia e, sempre con precisione millimetrica, vi rientra bel bella, come se niente fosse.

Prende Randy Newman e si fa blues, si fa soul, e schiaccia tutto in un agglomerato formidabile di potenza e humour.

Prende Pino Daniele o anche Paolo Conte (Spaccami il cuore, un brano anomalo nel repertorio di Mia, forse perché troppo stilizzato e astratto per 'l'anima' con cui le canta) e qui, come una negra smaliziata, dialoga disinvoltamente col sax altrettanto sciolto di Eric Daniel (uno dei sei bravi musicisti, chi più chi meno, di cui Mimì è bonaria regina.

Questo per dire dei ‘classici’. Ma Mia Martini  è  forse ancora più stupefacente quando, al contrario, maneggia autori  ‘medi’  o  poco più (tutti i Baldan Bembo, i Maurizio Fabrizio, i Califano, i Pintucci, i Maurizio Piccoli che ha usato nella prima parte della sua storia)  e  improvvisamente li rende credibili, ne innalza il livello. Se la canzone è melodrammatica, come Minuetto, lei la corregge con orgogliosa sobrietà; ma se è un'invettiva violenta come la sessantottesca Padre davvero, la giustifica proprio cantando sopra il rigo. Della mediocre Piccolo uomo fece e fa tuttora un hit che trascina chiunque. Agapimu è solo un divertissement, eppure anche cantando in greco trasmette la sensazione che stia puntualmente aderendo ad ogni vocabolo con intelligenza ed emotività.

Tra il primo gruppo di titoli e l'altro, c'è anche un suo repertorio originale di indiscutibile valore. Amanti, per esempio: una piccola gentile dichiarazione d'amore, di un amore discreto, non invadente, un po' malinconico, che poi cresce fino alla 'pazzia' dell'istante, fino al diritto di sbagliare, almeno una volta. Lei se la canta come se la cullasse nel letto, prima di addormentarsi; e quella musica è tanto connaturata ai versi che non la si nota nemmeno più (è la vera magia delle canzoni), restano le parole, soavemente 'conversate' come in una pièce teatrale.

Valsinha di Vinicius De Moraes e Chico Buarque De Hollanda (che Mimì incise in contemporanea con Patty Pravo) è l'attimo fuggente raccontato in terza persona, con sospesa delicatezza e finissima precisione di dettagli: e lei lo racconta con civile tenerezza, sorridendo e piangendo insieme, sommessamente commossa ed entusiasmata come stesse parlando di sé. Un gradino di poesia più in alto della media è anche Danza, che precorre il Fossati 'etnico' degli ultimi dischi. In Per amarti Mia dà i brividi perché sembra dover scoppiare, tanto grida (ma senza aggressività). Bella è anche Stelle, una canzone tutta scritta da lei, e così i pezzi recenti di Enzo Gragnaniello, Donna e Statte vicino a me. E pure la canzone dell'ultimo Sanremo, Almeno tu nell'universo (della ricorrente accoppiata Bruno Lauzi-Maurizio Fabrizio): un altro esempio di melodia lineare, pacata, saggia, appagata, che la voce di Mia sonda in profondità, aggiungendo quel pizzico di turbamento, quello slancio inquieto che accrescono la canzone ben al di là della sua struttura.

Queste ed altre sono le cose che abbiamo sentito giovedì sera al Corallo, dove Musicaviva ha portato Mia Martini senza purtroppo fare il 'pieno' che la serata meritava. Un grande recital, subito appassionato ed emozionato fin dal primo momento, senza alcun bisogno di 'scaldarsi' progressivamente.

Sul palco Mia Martini si presenta come una  ‘piccola donna’  in grigio, esile, colloquiale, affettuosa, apparentemente modesta e persino dimessa, in realtà padrona della scena, improvvisamente sfrontata come una bambina. Si muove danzando mani  e  braccia, un rosso sorriso spicca maliziosamente nel grigio, è principessa  e  cenerentola insieme. Canta spesso a occhi bassi, come cercando la concentrazione molto al di dentro di sé, magari poi aprendo il canto ma senza estroversione, passionale più che drammatica. Passa da note basse, roche, sporche, imbronciate, a vette estreme sottili e vibranti; da una voce stanca  e  lontana al tono prorompente  e  vitale di un inno d’amore, a un registro strozzato che comprende anche tutti gli altri.
 

E’, lo possiamo dire?, una nostra Edith Piaf di fine secolo. Lo  è  nella voce, nella statura, nei gesti, nelle mani tremanti portate ai capelli, nell’ergersi sulla punta dei piedi, nell’abbigliamento scuro, nell’ardore e nell’assolutezza, e anche in tutta quella sequela di grandi autori che canta, quei  ‘compagni di viaggio’  che cita lungo il cammino: tanti, troppi uomini  e  autentici talenti per quella gonna lunga  e  chiusa in fondo: per quella figura monastica interrotta dall’unica civetteria del rossetto, intorno a cui persino i vapori della pop music diventano incenso: per quella piccola solitudine che nemmeno tutti quei musicisti sembrano poter lenire.



Enrico De Angelis per L’Arena di Verona
 
 
Articolo inserito nel libro Mia Martini La regina senza trono
 
 


Post correlati:

Incanta la voce di Mia Martini. A Taormina la cantante calabrese che meriterebbe ben altra carriera
http://questimieipensieri.blogspot.it/2011/02/incontro-con-mia-martini-la-voce-che.html

domenica 7 aprile 2013

Roberto Murolo e Mia Martini: la corrispondenza d’amorosi sensi tra il rabdomante e la sua piccerella


 
Ecco due lettere scritte da Roberto Murolo e Mia Martini nelle quali esprimono la loro corrispondenza d’amorosi sensi. Un documento prezioso.
L’incontro con Mia Martini è stato bellissimo e ho capito subito il valore di questa donna – afferma   Roberto Murolo  - , nel disco che abbiamo fatto insieme a lei è stata veramente brava, ci siamo incontrati in questa canzone splendida dal calore napoletano con la sua voce bella e personale, un’interpretazione sentita. L’altro pezzo lo ha scelto lei, perché ama il testo ottimista che parla del mare e dei pescatori, ed io sono stato d’accordo perché è un classico che ancora oggi a Napoli cantano tutti. Avremmo voluto tanto fare insieme “Reginella”, ma il produttore non ci ha dato la possibilità di inserirla nel disco.
Lei era una persona simpaticissima, tranquilla, in tournèe ci divertivamo molto, soprattutto quando andavamo a cena tutti insieme. Ogni volta che ci incontravamo era una festa, potevo essere suo padre, anzi suo nonno, ma lei scherzava con me come un vecchio compagno di sempre. E giocavamo a farci i complimenti a vicenda: lei diceva che io ero l’ultimo rabdomante della canzone napoletana, sempre alla ricerca dell’eterna melodia: io mi incantavo a vederla ‘vestire’ una canzone. Mia Martini non cantava le canzoni, le indossava, anzi le viveva.
 
E quando canta Napoli, vive Napoli, la sua voce è quella di Napoli, forse perché  è una donna del sud, forse perché ha sofferto tanto, forse perché cantare non è soltanto una professione per lei, ma soprattutto è un modo di trasmettere ogni sentimento, dal più dolce a quello più disperato… Perciò poteva passare come pochi da un classico dell’800 a un pezzo di Gragnaniello. Dalla Napoli di ieri alla Napoli di oggi.
E perciò Napoli l’ha ripagata con entusiasmo, spesso mi ha mostrato, commossa, un foto scattata ad un suo concerto al Teatro Mediterraneo dove c’è un ragazzo con uno striscione e lo slogan: ‘Mia, Napoli ti adotta come Maradona’. E lei a ripetere: ‘Sono troppo buoni, eppure mi entusiasma tutto questo affetto e mi elettrizza vedere di chi mi ascolta in faccia l’effetto della mia voce’.
Ogni tanto mi chiedeva di spiegarle Napoli, dice che le mie canzoni, come quelle di Pino Daniele, le servono come chiave per entrare in un mondo emozionante. Eppure  è  stata lei, con la sua voce sanguigna, a condurre per mano tanta gente in questo mondo. Il successo di ‘Cu’mme’  ha riportato il dialetto napoletano in classifica, cosa che riusciva solo a Daniele, ma con suoni più moderni e contemporanei. Lei ha creduto in quella scommessa, dicendomi: ‘Se osi tu, Roberto, io non ci penso su nemmeno un momento’. Abbiamo osato, abbiamo vinto  e  con noi la canzone napoletana. 
La mia piccerella non c’è più. La vita è strana, lei si preoccupava sempre della mia salute, si informava, non dimenticava mai di farmi gli auguri di compleanno. E oggi tocca a me salutarla, anche a nome di tanti amici che hanno vissuto come me la magia della sua voce. Alcuni di quegli amici mi hanno raccontato che domenica scorsa era andata al San Paolo, si era avvelenata per la sconfitta del Napoli, aveva tifato, aveva urlato…. Vorrei ricordarla così, a tirare pugni verso il cielo, capace di non rassegnarsi mai. Ma forse no, c’è un altro ricordo che mi riempie: un paio di anni fa, era estate, eravamo su una terrazza con una vista splendida, davanti a noi c’era tutto il Golfo. Mimì, quasi di nascosto, uscì dal balcone e, nel buio, si mise a cantare con un filo di voce. La raggiunsi, e restai a guardarla e ad ascoltarla, senza farmi notare, senza rompere quell’incantesimo.. Addio mia piccerella. Ricordo ancora che una volta mi scrisse una lettera e si firmò ‘la tua piccerella. Canta ancora per noi, mia piccerella. Non ci lasciare in questo silenzio assordante.
 
Peppe Ponti, manager che, negli anni '80, fu tra i primi ad accogliere la cantante a Napoli, nel pieno della crisi esistenziale e professionale, porta alla luce, come documento importante, una lettera di Mia Martini scritta a Roberto Murolo.
E’  un personaggio carismatico di altissimo valore artistico e professionale che è andato oltre i confini nazionali, è un pezzo sacro della storia della musica e cultura napoletana: il suono della sua voce, che nei registri gravi evoca profondità marine diventa solare e cristallina nei registri medi creando un insieme avvincente e straordinario di variazioni tonali. Murolo non si è mai arroccato nella tradizione, ha saputo sempre essere antico e moderno. Il suo accostamento ad Enzo Gragnaniello, originale talento rappresentativo della Napoli di oggi,  ha dato alla canzone napoletana nuovo vigore, grinta e valenza. Murolo come rabdomante è rimasto costantemente votato alla ricerca di una nuova linfa poetica che sapesse dare alla canzone della sua Napoli il motivo di esprimere la dolcezza e l’amarezza della realtà di oggi. Quando canta le sue labbra accompagnano dolcemente le parole che sono l’espressione di una partecipazione vissuta, sofferta, fatta sua nell’animo, così che la canzone, come per incanto, diventa poesia cantata. E’ un grandissimo maestro per chi come me ha la fortuna di stargli vicino e godere della sua persona e della sua arte. Grazie Roberto, la tua piccerella.
 
Documenti apparsi nei libri “Mia Martini. La voce dentro” e “Mia Martini. La regina senza trono”.
 
 
 
Post correlati:

Mina e Mia Martini: la loro reciproca ammirazione
http://questimieipensieri.blogspot.it/2012/06/mina-e-mia-martini-la-loro-reciproca.html

Mia Martini e Ivano Fossati: La Regina e il Volatore
http://questimieipensieri.blogspot.it/2007/12/la-regina-e-il-volatore.html

'Buonasera, gente di questo Paradiso'. Bacoli ricorda così Mia Martini
http://questimieipensieri.blogspot.com/2011/02/buonasera-gente-di-questo-paradiso.html

Come nasce una canzone. Mia Martini, Roberto Murolo, Enzo Gragnaniello raccontano "Cu'mmè" http://questimieipensieri.blogspot.com/2011/01/come-nasce-una-canzone-mia-martini_22.html

lunedì 1 aprile 2013

Franco Califano ricorda: Mia Martini? Un talento nell’indifferenza


Non riesce a nascondere il suo dolore. La voce è più roca del solito, mastica parole affidando a poche parentesi silenziose le vere, forti immagini di lei che ha ancora impresse nell'anima. Franco Califano ricorda Mia Martini, amica e cantante, senza la retorica e l'enfasi delle tristi occasioni.

Non ci legava una frequentazione assidua, anzi sono poche le occasioni nelle quali io e Mia ci siamo ritrovati vicini a parlare di musica, di quella musica che per lei era in qualche modo uno strumento di liberazione, un modo per dimenticare.

Il nostro incontro risale al ’73. Avevo appena finito di comporre Minuetto e sentii subito che si trattava di un pezzo del quale Mia Martini avrebbe colto perfettamente tutte le sfumature, la sua malinconia, la sua storia di amore disperato. Glielo affidai e Mia vinse il Festival d’ Europa e il Festivalbar. In qualche modo Minuetto segnò il suo grande successo, la nascita di un’interprete impareggiabile, che osservava il mondo e gli uomini e gli uomini con una straordinaria sensibilità.

Sono contento di aver rifatto Minuetto nel mio cd Luci della notte, come omaggio a Mimì, alla grandissima artista che è stata. Mi ricordo che all'epoca cominciò in altre mani. Tutti gli altri, oltre a Baldan Bembo che aveva scritto la musica, ci misero del testo sbagliandolo tutti. Io ero a Milano e fui chiamato per ultimo, come sempre. Mi sono fatto dare i testi sbagliati, ho visto dove hanno sbagliato ed è lì che ho azzeccato il testo, facendomi raccontare da Mimì un po’ della sua vita in quel momento. E gliel’ho scritta addosso, insomma. Ho fatto un po’ il sarto e un po’ l’artista. La parte che assomiglia di più a Mimì di questa canzone è quella centrale, dove tutti quanti avevano sbagliato ripetendo sempre la stessa parola. Io invece lì ci ho fatto il discorsivo (canta la canzone). L’attesa drammatica di una donna che aspetta il suo uomo, che arriva quando vuole. E ce ne sono di ‘machi’ che arrivano quando vogliono e se ne vanno quando vogliono.


 
Sinceramente non so da cosa fuggisse, non si confidava con me, anche se le rare che ci siamo visti lei non era mai serena. Abbiamo vissuto sempre in due mondi ben distinti ma legati comunque da una comune sensazione di emarginazione, di solitudine. Probabilmente per Mia ogni torto che subiva era una ferita vera. Diversamente da lei, la mia è stata una solitudine scelta, voluta. Mi chiedo perché in Italia i migliori talenti di qualsiasi settore ad un certo punto siano destinati a morire, a finire nell’indifferenza.
 
 
 
 
 
Poi, dopo, troppo tardi, arriva il dovuto riconoscimento. Non capisco questa frenesia di inventare sempre qualcosa di nuovo, di sfornare in continuazione giovani scoperte che magari si rivelano delle meteore. In Francia avviene esattamente l’opposto: più un artista invecchia, più lo si apprezza. Forse è vero, per me come per Mia e per altri artisti, che l’anagrafe ci ha incasellati in un’epoca sbagliata.
Nel ’90 scrissi La nevicata del ‘56 e Mia se ne innamorò subito. Lo presentò al Festival di Sanremo ottenendo il premio della critica. La sua fu un’interpretazione perfetta, dolce e nostalgica. A pensarci ora, Minuetto e La nevicata del ‘56 scandiscono la vera nascita e la più matura rinascita di Mia Martini. La sua voce? Grandissima, viscerale, sempre capace di trasformare la quiete in rabbia per ridiventare, infine, nostalgicamente arrendevole.

Autore: Leonardo Jattarelli e Vincenzo Mollica

Post Correlati:

La lettera di Adriano Celentano a Mia Martini
http://questimieipensieri.blogspot.it/2013/01/mia-martini-quell-abbraccio.html

Malcostume italiano. L’ostracismo a Mia Martini. Articolo di Nantas Salvalaggio
http://questimieipensieri.blogspot.it/2013/01/nantas-salvalaggio-e-il-suo-omaggio-mia.html

La Telefonata di Adriano Aragozzini a Mia Martini
http://questimieipensieri.blogspot.it/2012/12/la-telefonata-mia-martini-di-adriano.html