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lunedì 24 febbraio 2014

Quell’abbraccio di Mia Martini con Loredana Bertè dopo l’odio-amore di sempre

 
Brutto destino il suo: fin da quando, negli anni Settanta, Mia Martini stava vivendo la sua estate più felice, una stagione di grandi successi, con Padre davvero, Minuetto e Piccolo uomo. Portava i capelli lunghi, indossava gonnellone leggere e fiorite. Piaceva alle donne, Mia, perché erano le donne i soggetti delle sue canzoni. Donne lunari, donne difficili, come lo sono quelle innamorate di uomini che sfuggono.
 Era una stella, Mia Martini, dai trascorsi maudit, dal presente più che luminoso. Finchè sulle scene non comparve Loredana: e per quel suo brutto destino, fu da allora che mentre la fama della sorella cresceva e dilagava, quella di Mimì si faceva sempre più fragile e nervosa.
Con Loredana Bertè, la più piccola di lei di tre anni, Mia Martini aveva mosso i primi passi nel mondo dello spettacolo: avevano lasciato insieme Bagnara Calabra, e insieme erano entrate nel giro di Renato Zero. Mia si esercitava col jazz, Loradana ballava nei musical. ‘Poi io ho cominciato a cantare – raccontava nel ’75 la Martini – e dopo un poco anche Loredana ha intrapreso la mia stessa carriera’.
 
Loredana era bellissima, più bella di Mia, più sexy. E per un periodo – il decennio che eseguì al suo esordio – Loredana fu anche molto più fortunata, e persino più brava: aveva grinta da rocker, e la voce aveva imparato ad usarla molto bene, a sincoparla sul reggae, a singhiozzarla sul blues. Sceglieva ottimi autori, Bertè, e nel frattempo di Mimì si erano perso le tracce.
Aveva 'danzato' (sul velluto, sui ricordi) per l’ultima volta in compagnia di Ivano Fossati nel ’78. Tornerà a danzare sul cuore del publico solo nell’89, con la seconda, trionfale, partecipazione a Sanremo e Almeno tu nell’universo: al Festival la Martini è sempre stata la favorita della critica, ma quell’anno Mia catturò anche i favori delle platee. Era così cambiata: ai vestitini hippies aveva sostituito abiti d’ottimo taglio, i capelli erano corti, i lineamenti gonfi.
Il festival di Sanremo segnò un’altra tappa importantissima, nella tormentata vita della cantante: la riconciliazione ‘ufficiale’ con la sorella, annunciata, nel ’92, da lunghe interviste catturate all’uscita dall’ospedale milanese dove Loredana era ricoverata in seguito a un suo ennesimo tentato suicidio.

mercoledì 19 febbraio 2014

Come nasce una canzone: “La costruzione di un amore” raccontata da Ivano Fossati e Mia Martini, la prima interprete


 
La costruzione di un amore è un brano composto da Ivano Fossati  e interpretato per la prima volta da Mia Martini, all’interno dell’album Danza del 1978, composto interamente dal cantautore nel periodo in cui era iniziata la loro tormentata storia d’amore.
Nel corso degli anni, è stato riproposto da vari artisti, tra cui: Ornella Vanoni, La Crus, Noemi, Stefano Sani, Alessandra Franco e in versione live da Morgan.
E’ considerata da molti una delle più belle canzoni della musica d'autore , una musica in poesia, nella quale si parla d’amore e di sentimenti in maniera struggente, passionale e profonda.

Lo stesso Fossati registra in studio il pezzo nel 1981 in Panama e dintorni e lo incide nuovamente con un arrangiamento diverso nel 1988 in La Pianta del tè.
 

Ho ripreso nel mio repertorio La costruzione di un amore, rivela Fossati,  perché, quando uscì, ebbe poco successo. Non sarebbe potuto essere altrimenti, viste le vendite mie di quegli anni. Ma era una canzone che mi seguiva ovunque andassi, come quando sei in barca e vedi in trasparenza che, due metri sott’acqua, c’è una scia di pesci che segue il tuo cammino. Rendersi conto che una canzone continuava a camminare con le sue gambe, indipendentemente da me, fu una rivelazione bellissima. Compresi quanta strada avesse fatto La costruzione di un amore nel 1986, quando tornai ad esibirmi dal vivo – ero rimasto infatti lontano dai palchi per diverso tempo.

Dichiara, inoltre, di averla ripresa, sull’onda degli stimoli ricevuti, dopo averla sentita nell’interpretazione live di Ornella Vanoni e sottolineando che è un brano universale.
Nella biografia Per niente facile  del 1994, a lui dedicata, si legge: contrariamente a ciò che si crede, La costruzione di un amore non parla di Mimì, non ha niente a che vedere con lei. Fossati ha scritto quella canzone un anno prima di conoscerla, nel 1977.


In forte contraddizione con quanto detto più volte da Mia Martini anche al suo club ufficiale Chez Mimì: Questo è un brano che mi è costato tanto dolore per un mio rapporto proprio così  travagliato e sofferto con il mio uomo Ivano Fossati, il suo autore. Ho letto in un libro che parla della sua vita che La costruzione di un amore, contrariamente a quello che pensano tutti, non sia stato scritto per me. Devo smentire: dovete sapere che il brano, era il 1977, fa parte dell’album Danza, ritirato dal mercato dalla mia casa discografica la Wea dopo pochi giorni dall’uscita, perché Fossati,  era talmente geloso  che non potevo neanche avere contatti con i discografici, per cui è stato impossibile fare la promozione. Era una settimana che stavamo insieme,  io ero in Sicilia in tournée lui mi ha telefonato dicendomi: ‘amore ho scritto la prima canzone che parla veramente di noi due,  si chiama La costruzione di un amore, non vedo l’ora che torni, così te la faccio ascoltare.
Ciò rappresenta, utilizzando le parole di Massimo Cotto, un ulteriore segnale che entrambi hanno vissuto un sodalizio grande ma anche distruttivo, dove i due si scambiano i ruoli di vittima e carnefice. Lui le insegna a vivere anche senza i successi, ma non a trovare qualcuno che le insegni a vivere senza di lui.

 
Ma non posso dimenticare, confessa Mimì anni dopo, che è anche l’autore di meravigliose canzoni che porto ancora nel mio cuore. Non è casuale, quindi, la scelta di concludere il suo video tour del 1992 Per aspera ad astra, in cui ripercorre le tappe più significative del suo percorso atistico ed umano, con una versione particolarmente sanguigna e viscerale de La costruzione di un amore, preceduta da un sagace ed ironico commento della stessa con sullo sfondo lo spartito originale del brano: sotto il titolo di La costruzione di un amore, Fossati mi ha scritto 'Per il condono edilizio presentare domanda”' Io non credo sia così complicato costruire un amore, basta eliminare la tangente. Voglio un amore senza pizzo….ma con tanti merletti….o no? (risata fragorosa)……..
Elaborazione testo di Pippo Augliera

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mercoledì 12 febbraio 2014

Come nasce una canzone : La nevicata del ’56 raccontata da Mia Martini Luigi Lopez e Franco Califano


 
La nevicata del ‘56, presentata da Mia Martini al Festival di Sanremo 1990, ottiene il Premio della Critica.  Ecco i commenti  e aneddoti su questo brano, diventato ormai un classico senza tempo, raccontati dalla stessa interprete e due tra gli autori: Luigi Lopez e Franco Califano.
 L’indimenticata artista, all’epoca, confessa i motivi della scelta legata alla sua decisione di tornare sul palco dell’Ariston, dopo il suo rientro clamoroso a Sanremo nel 1989 con Almeno tu nell’universo, e proporre non una storia struggente d’amore, come avrebbe potuto fare per bissare il successo dell’anno precedente, ma bensì un quadro poetico realizzato da Carla Vistarini su musica di Luigi Lopez e Fabio Massimo Cantini, con la collaborazione  di  Franco Califano.

E' un affresco sulla mia infanzia. Oggi la vedo alla luce di tante discese e salite e questa proiezione sul mio passato mi fa risaltare soltanto le cose belle, la figura di mio padre nella mia casa, che non mi ha mai portato allo stadio, era un uomo di cultura e fervente politico, ma mi faceva vedere il mondo dalle sue spalle. Questo brano me lo hanno fatto ascoltare due degli autori e mi è piaciuto subito. Ho fatto apportare qualche variazione nel testo, perché la storia parlava di una ragazza che allora aveva circa venti anni, mentre io all'epoca avevo appena otto anni. Allora con Franco Califano abbiamo cambiato il testo.
L’interpretazione data da Mia Martini risulta elegante, raffinata, intensa, in grado di accentuare un clima nostalgico e venato di malinconia, che da più vigore alla canzone, a tal punto da regalare dei brividi persino a Ray Charles, presente in quella edizione come artista straniero ad affiancare Toto Cutugno.

Il brano non ottiene il favore delle giurie, e verrà inserito nell’album La mia razza che non bissa, pur essendo di qualità, le vendite del precedente Martini Mia che riesce ad ottenere il disco d’oro, consegnato all’epoca per 100 mila copie vendute. Il cruccio eventuale di essere considerata da un pubblico elitario viene superato in parte dalla conquista soprattutto dell'applauso degli addetti ai lavori e nell’aggiudicarsi per la terza volta il Premio della Critica, che dal 1996, dopo la prematura scomparsa, porta il suo nome.
 
Lei stessa dichiarerà: Sono profondamente onorata, e anche un po’ commossa, di fronte a questi riconoscimenti. Sono ritornata di nuovo a Sanremo per presentare una canzone in cui credevo e che mi ha dato tanta soddisfazione. Tante persone mi hanno dimostrato stima e affetto. Avrei voluto come compagno, in occasione del festival, Charles Aznavour. La nevicata del ‘56 avrebbe acquistato un altro tono ma … non è dato agli artisti scegliere il loro partner straniero. In ogni caso, dopo anni difficili,  ho riscoperto la gioia di vivere e di cantare.

Franco Califano, in una intervista realizzata, dopo la scomparsa di Mia Martini, parla della loro collaborazione, sin dai tempi di Minuetto e aggiunge: 
 Nel ’90 scrissi  La nevicata del ‘56 e Mia se ne innamorò subito. Lo presentò al Festival di Sanremo ottenendo il premio della critica. La sua fu un’interpretazione perfetta, dolce e nostalgica. A pensarci ora, Minuetto e La nevicata del ‘56 scandiscono la vera nascita e la più matura rinascita di Mia Martini. La sua voce? Grandissima, viscerale, sempre capace di trasformare la quiete in rabbia per ridiventare, infine, nostalgicamente arrendevole.
 
Luigi Lopez commenta su Facebook, in tempi recenti, la genesi di questa canzone, composta nel lontano 1975.

Ci sono alcune cose che, dopo anni ed anni di equivoci ed inesattezze, vorrei precisare. Cose che incuriosiranno tutti gli ammiratori e …gli esegeti di Mia Martini, indimenticabile ed insuperata artista con cui ho avuto il privilegio di condividere un lungo percorso musicale, denso di emozioni ed irripetibili soddisfazioni!

La nevicata del ‘56 fu scritta non meno di 35 anni fa: Carla Vistarini ed io eravamo in un periodo florido di invenzioni musicali. Le nostre canzoni erano molto apprezzate….quasi tutte con destini fortunati ed esiti di gradimento e vendite di dischi, davvero considerevoli. Scrissi la musica de La nevicata del ‘56 con la collaborazione di Fabio Massimo Cantini. Non potevo immaginare che Carla ponesse su quelle nostre semplici note, una vera e propria ‘poesia’, con versi di rara bellezza, un affresco di Roma, evocativo di un evento indimenticabile che la canzone ha contribuito a fissare per sempre nell’immaginario e nei ricordi di tanti italiani: una nevicata che con i suoi ‘incantevoli fiocchi, non sarà mai uguale a nessun’altra.

Fu Gabriella Ferri, a quei tempi (1975 o giù di lì…),  ad ascoltare per prima il nostro piccolo capolavoro! Con la mia chitarra ed una indicibile emozione, eseguii la nostra canzone, seduto al centro di una stanza del Cenacolo, il piccolo ‘Ateneo Musicale’ voluto dalla RCA, per incentivare gli incontri e gli scambi di idee fra gli ‘Emegenti’ della cosiddetta ‘Scuola Romana’.

Erano presenti Ennio Melis, Mario Cantini, Riccardo Mischelini, Ettore Zeppegno; quasi tutti i dirigenti della RCA (almeno una trentina di persone…di quelle che ‘contano’), circondavano la sedia su cui ero seduto. Perché un tale spiegamento di forze? Ma perché c’era lei! Gabriella Ferri in persona, accompagnata dal suo produttore Piero Pintucci, invitata espressamente per ascoltare quella che le era stata annunciata come la canzone perfetta, per proseguire nella tradizione dei suoi successi legati al suo smisurato amore per Roma. Lo ricordo come se fosse ieri il silenzio che si creò durante l’ascolto…e alla fine, nel coro dei consensi, Gabriella mi abbracciò commossa: aveva gli ochhi bagnati di lacrime (!!!)
 
Sì, era davvero emozionata e questo mi fece pensare di avercela fatta! Il prossimo 45 iri di Gabriella Ferri sarebbe stato La nevicata del ’56…. Non fu così e, contrariamente alle attese, la nostra bella canzone non andò da nessuna parte! Rimase nel cassetto per più di quindici anni, fino ai giorni del 1989-90, che precedettero la partecipazione a Sanremo della mitica Mia Martini. E’ a quel punto che Franco Califano fece il suo ingresso nella storia di questa canzone, semplicemente perché il suo produttore Gianni Sanjust, volle provarla con lui, un altro artista fortemente legato a Roma. Franco naturalmente, riadattò il testo per una sua versione cantautorale al maschile. Ne venne fuori qualcosa che non piacque a nessuno di noi. Gianni Sanjust decise allora di proporla a Mia Martini nella versione originale al femminile, quella di Carla Vistarini!

….Il seguito ve lo lascio immaginare: ci furono consensi, entusiasmo, ottimismo, fino al Festival, dove poi sappiamo che Mia conquistò il meritatissimo Premio della Critica! Mia Martini a Sanremo, cantò la versione originale della canzone, quella che noi tutti conosciamo, con una piccola variazione proprio all’inizio: un unico rigo di Franco Califano, estrapolato dalla sua versione al maschile. Tutto qui.
Perché si continui ad attribuire la paternità de La nevicata del ‘56 al compianto, grande cantautore scomparso, è un mistero tutto italiano: in questo sconclusionato paese, così ricco di creatività, manca la cultura del riconoscimento e del rispetto del ruolo proprio dei creativi, degli autori.
Certo, Franco Califano ha eseguito centinaia di volte la sua versione cantautorale, come non riconoscergli la paternità di quella? Ma, lo ripeto, La nevicata del ‘56 cantata da Mia Martini al Festival di Sanremo del 1990, porta le firme di Carla Vistarini, Luigi Lopez, Fabio Massimo Cantini e Franco Califano, nel rispetto di una collaborazione che comunque c’è stata…ma la reale consistenza di tale collaborazione è la ragione di questo mio lungo post. Una chiarificazione dovuta soprattutto per evitare che si continui ad attribuire a Franco Califano una primogenitura della canzone che non gli appartiene. Franco è stato un mio grandissimo collaboratore in altre, numerose opere che abbiamo condiviso e firmato insieme e se fosse ancora qui, con un suo sorriso, sono sicuro approverebbe queste mie precisazioni che lui stesso avrebbe potuto fare, se qualcuno mai gliele avesse richieste ma che nessuno mai ha avuto ‘voglia’ di chiedergli.

Elaborazione del testo di Pippo Augliera
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venerdì 7 febbraio 2014

Quella fama crudele che perseguitava Mia Martini. Le opinioni di Caterina Caselli, Gino Paoli e Ornella Vanoni.


 
In attesa che venga finalmente pubblicato l’inedito di Mia Martini, Fammi sentire bella, firmato da Giancarlo Bigazzi, e di proprietà dell’etichetta Sugar, gestita da Caterina Caselli e dal figlio, pubblichiamo un articolo di Cesare G. Romana, scritto qualche giorno dopo la scomparsa della grande interprete, in cui viene la cantante/discografica viene intervistata, insieme a Gino Paoli e Ornella Vanoni, esprimendo il suo atto d’accusa nei confronti dell’atteggiamento crudele da parte del mondo dello spettacolo.
 
La verità è che tutti, ma proprio tutti noi della musica, siamo stati dei mascalzoni. Caterina Caselli non usa mezzi termini, il suo j’accuse arriva perentorio e spietato e non risparmia nessuno, neppure lei. Io lo sapevo – dice – quanto ha sofferto Mimì, lo sapevamo tutti, noi dell’ambiente. Si sarebbe dovuto aiutarla, difenderla dalla cattiveria che le montava intorno e la rendeva sola e inerme. E invece..
 
Freme di sdegno, attraverso il filo del telefono, l’inconfondibile voce profonda della cantante famosa, divenuta discografico di successo. Ed è uno sdegno che odora di spietata autocritica. Non si può dire che con lei – aggiunge Caterina – ci siamo comportati bene. Che l’abbiamo aiutata a sostenere il peso di una famigli così sfortunata, di una bravura non sempre riconosciuta, ma soprattutto di quella fama crudele che la perseguitava, perché si sa, nel nostro ambiente certe voci uccidono, è meglio essere ritenuto un assassino che uno iettatore. E noi avremmo dovuto impedirlo, che Mimì venisse considerata così.
 
Eppure, come non rammentare quel festival di Sanremo in cui -  eravamo alla fine degli anni Ottanta – arrivò Eduardo De Crescenzo con una gamba ingessata, Dori Ghezzi aveva un polipo in gola, alcuni cantanti si trovarono a cantare rauchi e febbricitanti. Tra gli artisti in gara c’era Mimì, e i suoi detrattori ebbero buon gioco nell’attribuire alla sua presenza quella catena di indisposizioni che, pure si sarebbero potute legare ai rigori dell’inverno, o ai capricci del caso. Qualche giornale fece capire che una sorta di nemesi pareva essersi abbattuta su Festival. Nemesi con un none e un cognome, che nessuno osò scrivere ma che tutti intuivano. Anche se, a spiegare la catena di malanni, sarebbe bastato il clima insolitamente impietoso che, quell’anno avvolgeva Sanremo, la neve ammonticchiata ai margini delle strade.
E lei? Non reagì a quell’ondata di maldicenze. Come non aveva reagito quando si disse di un suo fonico folgorato al mixer, o di un produttore rimasto vittima – si mormorava – di malefici influssi. Era una donna, Mimì, che le sofferenze preferiva tenersele dentro. Solo dopo molti anni le sarebbe scappato di dire: Sarebbe molto meglio avere l’Aids che essere considerata una iettatrice, una malattia la puoi affrontare, curare’ E poi l’Aids le avrebbe procurato meno solitudine di quanto non abbia fatto quella fama sinistra, quella credenza demenziale – come diceva in questi giorni Adriano Aragozzini, l’impresario che nel 1989 “osò” richiamarla a Sanremo – che l’ha uccisa.
Si ritorna così al tema della solitudine, leit motiv di questa tragedia che pare scaturita da superstizioni arcaiche e invece si è consumata alle soglie del Duemila. Dice Mario Ragni, discografico: La conobbi anni fa, mi colpì il fatto che desse a tutti, anche a gente che non conosceva, il numero del suo telefonino che, di solito, i cantanti tengono rigorosamente segreto. Evidentemente aveva un bisogno disperato di comunicare, quel bisogno insoddisfatto che l’ha fatta morire di desolazione o di crepacuore.
 
Ieri, ai funerali di Mia Martini, non c’era Caterina Caselli. Ho troppa amarezza e troppa rabbia, dice, e non c’era Gino Paoli. Anni fa, certa stampa spacciò per vera una dubbia love story tra il cantautore ligure e la cantante calabrese, che stette al gioco, divertita. Oggi Gino ricorda la vecchia amica col pianto in gola. In questo mondo bisogna anche esser forti – mormora – non so se è stato il suo caso, ma capita di essere assassinati dall’incapacità di vivere, oltre che dal disinteresse degli altri. Ecco, se ora ripenso a Mimì, provo tristezza, ma anche rimorso.

Anche Ornella Vanoni, amica e collega, ritorna sul tema del delicato equilibrio psicologico della cantante e della sua vita sfortunata: Conoscevo bene Mimì – ha detto, chiamandola con l’affettuoso soprannome che aveva nell’ambiente musicale – l’ho vista nascere, mollare, tornare a nascere. Quando ci eravamo incontrate l’ultima volta, in autunno, mi aveva dato l’impressione di una donna disperata, che faceva ormai una gran fatica a vivere. Anch’io, in un periodo della mia vita ho fatto fatica ad andare avanti, e conosco certe facce, certe espressioni. Non so come sia morta, ma non dimenticherò quel viso, il suo senso straordinario, più da musicista che da interprete. Quando cantava, la sua intensità espressiva era enorme. Come se si aggrappasse alla canzone per sopravvivere.
Cesare G. Romana Maggio 1995
Mia Martini: una donna distrutta dalla cattiveria degli ‘amici’ di Diego Dalla Palma http://questimieipensieri.blogspot.it/2013/08/mia-martini-una-donna-distrutta-dalla_27.html
 
Malcostume italiano. L’ostracismo a Mia Martini. Articolo di Nantas Salvalaggio 

domenica 2 febbraio 2014

Mia Martini e Loredana Bertè: Uno spettacolo milionario con musiche di Renato Zero. Articolo del 1979


Le due più celebri sorelle della musica leggera italiana hanno deciso di mettere su ditta assieme, allestendo un ‘musical’ molto ambizioso che si avvarrà delle musiche del cantautore romano. Il debutto è previsto per la primavera.
Già una volta il regista Antonello Falqui ci ha messo insieme. L’esperimento andò a gonfie vele e così, su due piedi, decidemmo di allestire un musical. Ora il progetto sta diventando realtà. Se tutto andrà come previsto il debutto ci sarà in primavera….
Chi parla è Loredana Bertè, la ‘mattatrice’ di Bandabertè, che tanto successo ha riscosso l’estate scorsa ta il pubblico dei giovani.
Già da qualche mese Loredana e la sorella Mia stanno lavorando alla commedia musicale che avrà la durata di circa tre ore, le musiche di Renato Zero, e ‘tante cose da far invidia anche agli altri americani, maestri incontrastati in questo genere di spettacolo’.
Le sorelle di Bagnara Calabra sono sicure che il loro nuovo spettacolo sarà, oltre che una simpatica e proficua esperienza lavorativa, anche un successo assicurato.
Stiamo lavorando con impegno, con entusiasmo e con tanta voglia di fare centro: è stata una decisione che abbiamo vagliato molto bene ed ora non possiamo permetterci di sbagliare e deludere i nostri fans’, dicono in coro.
Ma sulla ‘scaletta’ dello spettacolo, nulla trapela: Mia e Loredana vogliono mantenere il più assoluto riserbo. ‘Sarà una grossa novità…un musical mai realizzato in Italia’, dicono. Ma non si lasciano sfuggire altro.
Di pari passo, comunque, sia Mia che Loredana continuano nella loro attività discografica. Dopo gli impegni di fine anno (entrambe hanno una ventina di serate in programma per dicembre) e tra una prova e l’altra della commedia musicale, troveranno anche il tempo (almeno questa è la loro intenzione) di preparare un LP che raggrupperà i loro maggiori successi canori.
E mentre per Mia Martini ci saranno diverse apparizioni in televisione – forse registrerà, in gennaio, anche uno special in due puntate – per Loredana ci sarà un periodo di pausa.
L’estate scorsa ho girato in lungo ed in largo l’Italia: non ho avuto un solo giorno di riposo e ora perciò voglio dedicare tutto il mio tempo al musical e non avere altri impegni’.

Loredana non ha esitato a rinunciare ad allettanti proposte cinematografiche.
Qualche mese fa – racconta – mi era stato proposto di girare ‘White pop Jesus’, diretto da Luigi Petrini, con musiche di Franco Bixio e coreografie di Don Lurio; ma l’offerta, sebbene mi interessasse molto, l’ho dovuta rifiutare proprio per via del tempo materiale. Non mi piace fare mille cose insieme e farle male. Il cinema lo farò, senz’altro lo farò entro il 1980, ma dopo la commedia musicale che ho in programma con Mia.
Nelle sue ultime esibizioni, Loredana è apparsa in un ‘clichè’ diverso da quello cui ci aveva abituati.
Ora non mi…spoglio più e non appaio più nuda sui giornali. Prima mi serviva per creare un certo personaggio, per essere un tipo: oggi credo di aver superato questo stadio e perciò non mi spoglio più. Ma credi, con questo non ho rinunciato a nulla. Anche con un paio di short posso essere molto sexy e….provocante.

Articolo di Silvio Rossi Anno 1979

Il video di Stiamo come stiamo. Mia Martini e Loredana Bertè presentate da Benedetta Mazzini
 
http://youtu.be/2EBWRnMP5mE

Mia Martini e Loredana Bertè in Te possino dà tante cortellate
http://youtu.be/uWo4WcBpnKs

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