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mercoledì 30 maggio 2012

L’album ‘Mimì’ raccontato da Mia Martini





Sono rimasta lontana da tutto e da tutti per tre anni: prima di tutto dovevo capire che cos’ero io come donna e come artista. Ero combattuta:ilfatto che ci fossero tutti quei debiti da pagare era il mio alibi per non smettere. Quando Ivano Fossati si è opposto violentemente alla collaborazione con Pino Daniele, alla quale tenevo moltissimo, per un album che dovevo fare, questa lotta tra me e Mia Martini è diventata una cosa feroce. E, infatti, quando sono andata in sala di registrazione per incidere il disco, senza Pino Daniele, mi è andata via la voce, mi sono ritrovata con le corde vocali imprigionate in una spessa membrana di noduli.

E’ stato un periodo particolarmente triste quello che ho appena passato. Aggravato, tra l’altro, da una doppia, dolorosissima operazione alle corde vocali che per mesi mi ha addirittura impedito di aprire bocca. Un silenzio durante il quale ho potuto riflettere, mettere a nudo la mia anima, la mia vita, considerare gli errori del passato, e guardare al futuro come una donna nuova. Mi sono chiesta: perché tanto correre, perché tanto affanno per tenere il successo? Un aereo e una canzone, una corsa in macchina e un’intervista: tutto di fretta, con l’angoscia di non arrivare in tempo, bruciando ore al sonno, a me stessa, alla mia vita. E ho riscoperto il gusto di un sacco di cose: dei bei libri da leggere, ho assaporato il gusto di lasciare il televisore acceso senza degnarlo di un’occhiata, se non ogni tanto. Ma soprattutto ho ritrovato il piacere della musica, ho cominciato a studiare seriamente, prendendo lezioni di pianoforte e chitarra classica, di dettato musicale, di armonia e composizione. Mentre studi, fai gli esercizi, suoni…e suonando ho scoperto che avevo un miliardo di idee dentro da tirare fuori, praticamente un pozzo senza fondo.



Ero sempre stata convinta di non essere in grado di comporre canzoni, sebbene da qualche tempo ne sentivo l’esigenza. Così, sola nella mia casa, senza vedere e parlare con nessuno, ho cominciato timidamente a mettere assieme qualche strofa, a esprimermi scrivendo e il passo per arrivare alle canzoni è stato breve. Queste composizioni potevano restare per sempre solo mie, oppure avrei potuto darle ad altri da cantare. Poi, l’incontro con i dirigenti della D.D.D. mi ha convinto di tornare ad incidere un disco. Con loro i patti sono stati chiari fin dall’inizio e li hanno accettati: niente compromessi, nessuna ‘furberia’ e nessun condizionamento per la ricerca del successo. Devo dire che mi trovo bene con alle spalle una piccola casa discografica e persone che sembrano molto adatte a lavorare con me ed hanno tanto entusiasmo.

Questo disco non è come tutti gli altri. Prima di tutto ho lavorato con degli splendidi professionisti, dei ‘mostri sacri’ che, invece di dare consigli a me, stavano ad ascoltarmi con molta voglia di capire e con molta umiltà. Una grossa lezione, un bagno di professionismo che augurerei a molti miei colleghi. E poi il rapporto con la musica e le parole di ogni canzone è stato vissuto e sofferto con una intensità che prima non avevo mai provato: dar vita e forma giorno dopo giorno a una propria idea è una sensazione sublime, angosciante e dolce al tempo stesso.


I miei testi non sono niente di intellettuale, sono molto semplici, con parole abbastanza musicali. Penso che ci siano talmente tanti problemi in giro che è inutile appesantire la gente quando ascolta musica. L’ importante è non dire cose stupide, avere il limite del buon gusto. Mi rendo conto di rischiare molto: questa volta non ho solo dato lo ‘strumento voce’ ma tutta me stessa, cioè non ho solo arredato una cosa ma l’ho costruita partendo da niente, ma il rischio non mi ha fatto paura, anzi mi ha sempre stimolato. Ora tocca al pubblico decidere e il pubblico è un giudice che non sbaglia mai. Io non posso fare altro che aspettare, cosciente di avere fatto quello che volevo: un disco che sa di giornate a parlarsi senza bugie, ma sa anche di pasta fatta in casa e di basilico.

Finora tutti hanno considerato la mia voce e basta, ero un’interprete delle cose che altri scrivevano, c’era partecipazione vocale, ma non di testa, di cuore, di sangue. Posso finalmente dire che oggi sono consapevole di ciò che faccio e di ciò che voglio, e , affrontando appunto questa prova, ho capito che essere cantanti di se stessi è un’altra cosa, molto più interessante e completa. Io ho cantato ciò che in certi momenti ho vissuto oppure ho creduto di vivere. Un’esperienza che è solo l’inizio del mio lavoro futuro e che mi ha fatto finalmente trovare la mia giusta dimensione d’artista.*

Articolo pubblicato sul libro "Mia Martini-La voce dentro di Pippo Augliera. Ed.Zona

venerdì 11 maggio 2012

E’ questa la nuova Mia Martini



La cantante calabrese ha composto le musiche e scritto i testi del suo nuovo LP. Un intervento chirurgico e tanta rabbia.

Era il 1978 quando Mia Martini incise il suo ultimo disco, che s’intitolava Danza. Fu un’uscita poco felice, perché Mia litigò con la sua casa discografica, che ritirò addirittura i dischi dal mercato. Le era già capitato altre due volte di rompere i rapporti con i discografici, tutte battaglie risolte a suon di centinaia di milioni ( un paio per l’esattezza). Tutte battaglie perse.
Oggi Mimì, come è affettuosamente chiamata dagli amici, torna sulle scene con un album di cui lei è anche autrice. Viene a galla la sua preparazione musicale (studia pianoforte, chitarra e armonica) e le antiche dottrine del bel canto che lei ha assimilato fin da quando aveva cinque anni. Così, mentre tutti hanno il mirino puntato sulla sua voce nel timore che il recente doppio intervento alle corde vocali la abbia minata, Mia Martini risponde nella sua nuova veste di cantautrice, con voce uguale a prima ma con nuove canzoni.
Nuova è anche la sua immagine: capelli cortissimi, abiti non più zingareschi.
Ho fatto il punto sulla mia vita, dice, e ho raggiunto il mio equilibrio. Mi sono auto psicanalizzata, ho allontanato da me tutte quelle remore che fin dall’infanzia mi portavo addosso, ho imparato a conoscere me stessa. In una parola sono cambiata dentro.
-         Che cosa rinneghi del passato?
Sono stata troppo disponibile per il lavoro, ho sempre avuto attorno gente che mi lodava non per quello che sono, ma per quello che potevo rendere loro. Questo della canzone è un ambiente terrificante e ho voluto restarmene fuori, restandomene dietro le quinte per tre anni. Mi sono disincantata. So qual è il marciume che sta dietro a un’artista e non voglio più essere coinvolta. Continuerò a cantare, ma a piccole dosi. Nel mondo dello spettacolo tutti cercano di stritolarti, di infangare la tua dignità. E, alla fine, siamo noi che ne rispondiamo davanti al pubblico, con la nostra faccia.
-         Fammi alcuni esempi.
Il più clamoroso è quello della mia operazione chirurgica. Impresari disonesti, per risparmiare, mi hanno costretta a cantare con impianti sonori di poco conto; mi hanno costretta a tappe forzate sotto la minaccia di una penale. E, così, sono finita due volte sotto i ferri. Dopo l’operazione per tre mesi non potevo neanche parlare. Mi hanno operata tenendomi la bocca aperta mediante un apparecchio d’acciaio che mi ha ferito tutto il palato. E’ stato un periodo dolorosissimo.
-         Un altro esempio
 Nel mondo dello spettacolo impera la superficialità e il malcostume. Per rovinarti basta pochissimo. Un nemico mette in giro una voce sul tuo conto e tutti gli altri ci credono. E tu ti ritrovi improvvisamente solo. Quando qualcuno mi nomina c’è gente che fa gli scongiuri, dicono che io porti iella. Ma perché tanta cattiveria? Basta così poco per distruggere un’artista?
-         Perché dici distruggere?
 Vuoi che continuiamo con gli esempi? Dopo l’uscita del mio disco dovevo partecipare a Saint Vincent, ma Gianni Ravera non mi ha voluto. Dovevo realizzare uno special televisivo che la Rai mi aveva assegnato, ma il funzionario addetto al programma alla fine me lo ha negato. Un programmatore radiofonico e televisivo, che sta curando la realizzazione di un programma estivo per la Rete, ha detto chiaramente ai miei discografici che è molto meglio che io stia alla larga dalla sua troupe, perché porto iella. Tante grazie per questo contributo alla intelligenza. Ma ti sembra giustizia? Ormai ho smesso anche di odiarli e di soffocare la mia rabbia e di disperarmi.  
   -    Come è nata questa storia della iella?
Avevo rotto il contratto con un impresario disonesto che per le sue dimensioni corporee ho soprannominato il  ‘ciccione’. Quella stessa sera dovevo cantare con un gruppo di ragazzi, i Free Love, e, finita la serata, due di loro, un po’ brilli e un po’ drogati, si sono schiantati con la loro macchina e sono morti. Il ‘ciccione’, che era anche il loro impresario, per vendetta ha cominciato a diffondere la voce che loro sono morti perché io sono una che porta male, una menagramo.

-         E tu come hai reagito?
Te l’ho detto, sono soltanto degli imbecilli.

-         Intendo dire con il ‘ciccione’.
 Con lui ho un metodo particolare. Quando lo incontro, prima gli chiedo come sta sua madre, poi gli dico che lo trovo pallido e lui impallidisce sul serio.

-         Saltiamo di palo in frasca. L’amore?
Il mio uomo è Ivano Fossati, ora viviamo insieme a Milano. E’ lui l’artefice della mia maturazione, la persona che è spietatamente critica con me. Insomma, è un’unione perfetta.

(Lorenzo Lo Vecchio – Eva Express 1981)

Alcuni estratti dell'articolo sono contenuti nel libro "Mia Martini - La voce dentro"