Era il 1978 quando Mia Martini incise il suo ultimo disco, che s’intitolava Danza. Fu un’uscita poco felice, perché Mia litigò con la sua casa discografica, che ritirò addirittura i dischi dal mercato. Le era già capitato altre due volte di rompere i rapporti con i discografici, tutte battaglie risolte a suon di centinaia di milioni ( un paio per l’esattezza). Tutte battaglie perse.
Oggi Mimì, come è affettuosamente chiamata dagli amici, torna sulle scene con un album di cui lei è anche autrice. Viene a galla la sua preparazione musicale (studia pianoforte, chitarra e armonica) e le antiche dottrine del bel canto che lei ha assimilato fin da quando aveva cinque anni. Così, mentre tutti hanno il mirino puntato sulla sua voce nel timore che il recente doppio intervento alle corde vocali la abbia minata, Mia Martini risponde nella sua nuova veste di cantautrice, con voce uguale a prima ma con nuove canzoni.
Nuova è anche la sua immagine: capelli cortissimi, abiti non più zingareschi.
Ho fatto il punto sulla mia vita, dice, e ho raggiunto il mio equilibrio. Mi sono auto psicanalizzata, ho allontanato da me tutte quelle remore che fin dall’infanzia mi portavo addosso, ho imparato a conoscere me stessa. In una parola sono cambiata dentro.
- Che cosa rinneghi del passato?
Sono stata troppo disponibile per il lavoro, ho sempre avuto attorno gente che mi lodava non per quello che sono, ma per quello che potevo rendere loro. Questo della canzone è un ambiente terrificante e ho voluto restarmene fuori, restandomene dietro le quinte per tre anni. Mi sono disincantata. So qual è il marciume che sta dietro a un’artista e non voglio più essere coinvolta. Continuerò a cantare, ma a piccole dosi. Nel mondo dello spettacolo tutti cercano di stritolarti, di infangare la tua dignità. E, alla fine, siamo noi che ne rispondiamo davanti al pubblico, con la nostra faccia.
- Fammi alcuni esempi.
Il più clamoroso è quello della mia operazione chirurgica. Impresari disonesti, per risparmiare, mi hanno costretta a cantare con impianti sonori di poco conto; mi hanno costretta a tappe forzate sotto la minaccia di una penale. E, così, sono finita due volte sotto i ferri. Dopo l’operazione per tre mesi non potevo neanche parlare. Mi hanno operata tenendomi la bocca aperta mediante un apparecchio d’acciaio che mi ha ferito tutto il palato. E’ stato un periodo dolorosissimo.
- Un altro esempio
Nel mondo dello spettacolo impera la superficialità e il malcostume. Per rovinarti basta pochissimo. Un nemico mette in giro una voce sul tuo conto e tutti gli altri ci credono. E tu ti ritrovi improvvisamente solo. Quando qualcuno mi nomina c’è gente che fa gli scongiuri, dicono che io porti iella. Ma perché tanta cattiveria? Basta così poco per distruggere un’artista?
- Perché dici distruggere?
Vuoi che continuiamo con gli esempi? Dopo l’uscita del mio disco dovevo partecipare a Saint Vincent, ma Gianni Ravera non mi ha voluto. Dovevo realizzare uno special televisivo che la Rai mi aveva assegnato, ma il funzionario addetto al programma alla fine me lo ha negato. Un programmatore radiofonico e televisivo, che sta curando la realizzazione di un programma estivo per la Rete, ha detto chiaramente ai miei discografici che è molto meglio che io stia alla larga dalla sua troupe, perché porto iella. Tante grazie per questo contributo alla intelligenza. Ma ti sembra giustizia? Ormai ho smesso anche di odiarli e di soffocare la mia rabbia e di disperarmi.
- Come è nata questa storia della iella?
Avevo rotto il contratto con un impresario disonesto che per le sue dimensioni corporee ho soprannominato il ‘ciccione’. Quella stessa sera dovevo cantare con un gruppo di ragazzi, i Free Love, e, finita la serata, due di loro, un po’ brilli e un po’ drogati, si sono schiantati con la loro macchina e sono morti. Il ‘ciccione’, che era anche il loro impresario, per vendetta ha cominciato a diffondere la voce che loro sono morti perché io sono una che porta male, una menagramo.
- E tu come hai reagito?
Te l’ho detto, sono soltanto degli imbecilli.
- Intendo dire con il ‘ciccione’.
Con lui ho un metodo particolare. Quando lo incontro, prima gli chiedo come sta sua madre, poi gli dico che lo trovo pallido e lui impallidisce sul serio.
- Saltiamo di palo in frasca. L’amore?
Il mio uomo è Ivano Fossati, ora viviamo insieme a Milano. E’ lui l’artefice della mia maturazione, la persona che è spietatamente critica con me. Insomma, è un’unione perfetta.
(Lorenzo Lo Vecchio – Eva Express 1981)
Alcuni estratti dell'articolo sono contenuti nel libro "Mia Martini - La voce dentro"
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