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domenica 9 gennaio 2011

Mia Martini: 'Il canto? Una comunicazione col cielo'


Una delle ultime interviste a Mia Martini realizzata dal giornalista Maurizio Gregorini nell'aprile del 1995.


- Dopo anni spesi alla passione della canzone e al di là dei molti dischi realizzati, come vorrebbe essere apprezzata dalla critica quanto dal pubblico?
Per quella che sono: un artista strana, perché canto e sono una interprete. La gente crede, in modo superficiale, che tutto ciò sia dovuto alla mia voce. Spesso sono portata a crederli dei folli, tant’è che si tratta di una situazione che mi fa pensare ad un mito possibile, mito che mi riguarda e che è soggetto ad un fanatismo che rasenta il razzismo. Qui mi desiderano tutti, ognuno mi vuole, sia i discografici sia i musicisti, che debbo dire mi amano molto. E mi vogliono anche coloro che per me – in qualità di artista – nutrono una stima immensa. Quel che mi offende e umilia è il fatto che parecchi dei miei fan non acquistano i dischi che produco e, anzi, trovano irrispettoso che non sia io a fargliene dono. Quando mi incontrano in strada serbano rancore, sembrano incazzati. Credo di essere l’unica a vivere in Italia questo privilegio (ride, divertita, ndi), sì il privilegio amaro di avere un tipo di fanatismo simile. E ciò vale anche per gli autori: ognuno pensa di scrivere per me secondo il loro metro di misura, la loro maniera di vivere le situazioni. La versatilità che mi fa essere unica nel mondo della musica, e l’amare il tipo di espressione, è stata molte volte oggetto di liti immense coi discografici, colpevoli di volermi in un certo modo, imponendomi tipi di canzonette che chiunque si rifiuterebbe di interpretare. Inoltre, quando mi dicono che un certo tipo di struttura musicale la posso interpretare solo io, avverto come una fitta al cuore, un infarto possibile: non solo mi prende un colpo, la considero una violenza sulla mia maniera, del tutto intima, di essere un’artista. Pezzi fatti con passaggi inutili o scritti con dei virtuosismi cretini e assurdi, puramente estetici, tanto da dimostrare a chissà chi che io sono una grande cantante. Oppure canzoni colme di sentimenti stolti, di passioni lacrimose, tanto da farmi rimpiangere la scelta di aver preso la strada della mia vocazione per intero. Mi domando come mai a nessuno è venuto in mente di scrivermi una cosa tipo ‘Attenti al lupo’ di Lucio Dalla, che mi piace tanto e canterei con grande piacere. Dunque, caro Maurizio Gregorini, tornando alla sua richiesta, cosa mi renderebbe appagata? Che molta gente mi riconoscesse in ‘Tutto sbagliato’, la canzone di Edoardo Bennato inclusa nel mio ultimo lavoro, appena uscito, una canzone colma di cose e situazioni che ho provato sulla mia pelle, macerie sulle quali mi sono riflessa. In me è ora nata un nuovo tipo di donna: è dalla morte che la vita prende origine, a tal punto da credere che la canzone di Edoardo sia una tra le più significative di questi ultimi anni; la trovo la più grande canzone d’amore di tutti i tempi, un testo dove si ammette che non v’è nulla di umiliante nel dichiararsi vinti. Allora nutrirei il bisogno che da questo uscisse ciò: che la gente come gli addetti ai lavori, e vi aggiungo anche quelli che dicono di amarmi, non mi usino come fossi già morta. Non lo sono ancora. Non voglio alcun tipo di pubblicità; mi basta solo sapere che gli altri abbiano capito e accettato che io sono fatta così e che mi possono amare con tutte le mie debolezze e le mie forze, che mi possano amare per quello che sono nella intimità. Proprio non so cosa mi potrà accadere in futuro. So solo che l’amore continua ad essere un equivoco, l’equivoco della mia vita. Certo può assumere connotati bellissimi, può addirittura sconvolgere, conservare tratti di pateticità come di tristezza o di gioia, ma resta sempre un equivoco. L’amore non esiste finché un essere umano si innamora di un altro solo per la motivazione che necessita di impossessarsi di qualcosa; l’amore si può rintracciare là dove si è compagni di viaggio, di un viaggio che vede gli esseri individui, ognuno coi bagagli propri, senza approfittarsi dell’altro per farsi portare il peso dei propri indumenti. Poi ci si può riposare insieme; ecco, questo per me è l’amore, tanto da voler nascere ancora una volta da ‘Tutto sbagliato’: è lì, in quella interpretazione particolare che ho messo le mie radici. E spero di esservi riuscita.


- Il suo rapporto con Ivano Fossati…
Oh Ivano… gli voglio bene così com’è. L’adoro. E poi è parte di me stessa. Io non gli voglio nemmeno più bene come uomo; è una entità che oramai mi ritrovo dentro. Purtroppo non siamo riusciti a rimuovere questo muro orribile che ci divideva. Quel che rimpiango di più è che noi non abbiamo giustificazioni. Quella degli artisti, perlomeno di alcuni, è una vita dura, che ci costa sangue. Parlo come donna e, come può ben notare, ho dovuto rinunciare ad un amore per me grande. L’ho pagato mio malgrado, perché tra un uomo e una donna non ci possono essere due star, non si può fare lo stesso lavoro. Non è una situazione presa a malincuore dalla donna, affatto. E’ l’uomo che non scende a patti col suo egoismo, incapace di costruirsi una strada con le proprie mani. Noi artisti non abbiamo bisogno di orgoglio, abbiamo bisogno di dignità, necessitiamo di contegno. E una donna questo lo sa, tanto è vero che da sola si può permettere il tipo di mestiere intrapreso, mentre un uomo ha sempre bisogno di una spalla su cui poggiarsi.

- Il suo ultimo disco mi sembra sia ottimo. Non trova?
Si, ma non è quello che amo in modo particolare. ‘Danza’, ‘Mimì’ e ‘I miei compagni di viaggio’ sono i solchi che ho amato di più e in cui continuo a riconoscermi, anche se si tratta di lavori che mi sono costati molto cari. C’è ben poco nella discografia che m’è stato concesso senza patimenti, a dispetto di tutto quello che mi hanno preso, di tutto ciò di cui mi hanno privata. Quello da lei suggerito, l’ultimo disco appunto, al contrario di quel che ho affermato poco fa, lo amo tutto, anche se l’amore di cui lo permeo è una passione semplice, naturale. E’ sempre il tentativo della ricerca, che mi fa innamorare della musica ogni giorno che mi tocca di vivere. Dunque sono costretta ad inventare di nuovo un amore che è sempre più difficile avere, dato che vi sono degli obblighi e le responsabilità… Così, per innamorarmi della musica debbo studiarla, capirla più a fondo. E’ in questo modo che ho provato interesse per la musica africana ed etnica. Sono costretta ad usare la musica nello stesso modo in cui sono stata usata io dal mondo discografico italiano: come una puttana, una che è un’esca. Non si scandalizzi. E’ proprio così: sono stata trattata e sono trattata come una puttana. Tant’è che per eccitarmi, debbo andare a pescare le emozioni in un tipo di origine ritmiche lontane dalla nostra melodia. Un tipo di eccitazione e di soddisfazione che mi porta a realizzare altri dischi, dischi che alla fine mutano e danno origine a delle metamorfosi curiose, a tal punto che divengono una cosa che non è di pari passo con ciò che amo nel momento specifico, ossia nel momento in cui mi sto occupando della realizzazione del prodotto. Forse si tratta di una fascino dai contorni erotici, non v’è dubbio. Tanto da farmi eccitare -e lo ripeto senza difficoltà- con una musica altra, per poi svendermi in una maniera decisamente dissimile. E’ questo il mio dolore continuo, senza fine, il conflitto eterno che è dentro di me. Vale a dire utilizzare la musica in una immagine sempre più colma di squallore, l’immagine pubblica, quella in cui noi artisti siamo relegati per forza di cose. Con questo non vorrei drammatizzare: la musica resta la dinamica della vita mia, il suo movimento e respirazione, tutto quel che non appartiene alla staticità. Mi affascina, mi sconvolge, mi offre scintille. Per questo credo che la musica non sia classificabile. Essa resta una idea e cantare è solo un modo di raccontare una storia, una emozione o una sensazione di ritmo che stai vivendo. Cosa chiedo ad una canzone? Che sia e resti qualcosa in cui si possa credere con innocenza, altrimenti non avrebbe senso alcuno ed io non potrei raccontarla.

- Oltre a quelli già citati non v’è altro solco a cui è legata in modo diverso? Non ve ne è nessuno che rappresenta al meglio il suo stato di animo di allora e di oggi?
Forse oltre a quelli a cui accennavo poco sopra non posso non menzionare ‘Quante volte ho contato le stelle’, un prodotto a cui resto legata in modo strano poiché mi rammenta, del tutto chiaramente e in maniera decisamente drammatica, il mio rapporto con Ivano. Lui stava incidendo ‘Città di frontiera’ e in mezzo c’era pure Loredana, un momento pietoso della mia vita.

- Il suo rapporto con Loredana è solido. Del resto è stato espresso con la partecipazione sanremese di “Stiamo come stiamo”.
Loredana quel Sanremo l’ha preteso. Con la forza. Forse avrei potuto vincere, ma con lei non è accaduto. Io le sono molto legata, ma Loredana deve imparare a portare le sue valigie da sola, come io faccio con le mie. Sono colma di ferite, stramazzo da ogni cellula del corpo, non posso prendere sulle mie spalle anche il suo peso. Del resto l’ho sempre aiutata, anche con Ivano e sappiamo tutti come sono andate le cose… Loredana mi ama e mi odia: mi ama perché sono sua sorella, mi odia perché sono una grande artista, una cosa che non digerisce. Ma lei è una cosa, io sono un’altra, proprio non riesce a capirlo. E di ciò soffro, è quello che causa avvicinamenti ed allontanamenti continui. Le valigie? Oh, si, le porto ancora; non è semplice liberarsi dei drammi. Ma sono state talmente tante le valigie che la vita mi ha assegnato che oramai giro col minimo indispensabile e se riuscissi a liberarmi anche del solo documento della carta di identità, sarebbe il massimo. Mi sento di vivere come un cane, in piena solitudine, allontanata da tutti. Sa, per farne un anno della vita di un cane noi umani dobbiamo consumarne sette. Non lo trova affascinante?.

- Il pubblico, i suoi fan, chi le vuole bene… come crede abbiano reagito al fatto che ad un certo punto della sua carriera lei si sia presentata in qualità di cantautrice?
Che sia una cantautrice fanno finta di non saperlo in molti. Ogni tanto qualche giornalista serio, quale lei è ad esempio, se lo rammenta, strano. Per quel che concerne i miei fan, essi m’amano in una maniera che ho sempre contestato e non è un caso anomalo che tanti dei fan-club a mio nome mi abbiano fatto causa: essi mi usano come una reliquia, una specie di mostro, fanno una cosa assurda: mi vogliono utilizzare da collezionisti e, lo ripeto, io non sono morta, perlomeno non ancora. Siccome sanno che a volte mando al diavolo la discografia e che sono a rischi di sparizione continua, mi usano come rarità, come reperto storico. I dischi che ho inciso in qualità di cantautrice vanno a ruba, e coloro che li posseggono se li fanno pagare cifre spaventevoli. E se non mi vedono su ‘Raro’ prezzata ad ottocentomilalire in su, non mi considerano nemmeno. Così li mando a quel paese, perché io non sono un cadavere, sono viva, anzi vivissima, e non realizzo dischi per i collezionisti già da adesso. Mettetemi prima in una fossa, poi discuterete il problema.

- Ma non sono tutti così ingordi…
Certo che no. Esiste un pubblico che ti offre sensazioni sconosciute, a tal punto che salire sul palco, entrare in scena è una esperienza sconvolgente, come ci si fidanzasse, un legame che l’artista estende nei riguardi di tutto il pubblico accorso. Lo definirei un rapporto intenso, privato, colmo di tenerezza. Ma in ciò vi è anche il fastidio di dover essere per forza sempre quella brava, per forza essere sempre la migliore. Come mi considero? Né una cantante, tanto meno una brava: so di essere solo un essere umano che tramite la musica può incontrare l’altro, può comunicare delle cose ad altre persone che, con le note, entrano in sintonia. Forse alla fine è quel briciolo di sospensione, di paura, che c’è ogni qualvolta si entra in scena, un briciolo che forse alla fine serve per farti divenire brava, perlomeno per coloro che sono accorsi ad un tuo concerto.
- ‘La musica che gira intorno’, è anche un disco in cui lei si riappropria del passato. Infatti, vi si ritrova una nuova interpretazione di ‘Piccolo uomo’, suo successo dei primi anni Settanta.
Si, è vero, e nei prossimi, o meglio, in ognuno dei prossimi che farò includerò ‘Minuetto’, ‘Donna sola’ e così via, fino a riprendermi, un poco alla volta, quei successi che la discografia m’ha rubato e che tuttora pubblica in antologie varie. Non sa? Da anni sono torturata da case discografiche che mi dicono che debbo soldi a destra e soldi a sinistra… La gente crede che campi sui diritti di interpretazione e passaggi radiofonici… Ah!, ma le pare? Le uniche ad intascare soldi sono le case discografiche e continuo ad essere perseguitata per una inadempienza inesistente… Mi auguro che tutto ciò abbia una fine, come spero terminino gli orrori perpetrati con delle compilation assurde… Io, per intanto, incido di nuovo canzoni mie, che sento sulla pelle, che mi appartengono e che non voglio facciano la felicità degli altri…

- Il suo lavoro ultimo doveva essere licenziato dalla Polygram. Invece è stato pubblicato dalla RTI di Berlusconi…
La Polygram ha pensato bene di bloccarne l’uscita. Una cosa da me considerata schifosa se pensa che il disco l’ho realizzato io, coi miei soldi, in due anni e con una pre-produzione personale che mi ha dissanguata, e la Polygram osa dire che il lavoro era di sua proprietà. Oh sì, l’ignoranza è una brutta cosa, tant’è che il direttore artistico della Polygram, appena arrivato, vale a dire assunto, considerava un disco di canzoni già edite di cantautori italiani di loro proprietà. Una situazione così scioccante e disgustosa, nonché cafona e priva di gusto. Allora, questi signori mi hanno privato del mio DAT trattandomi come la cameriera che va a rubare nei cassetti. A me in questo modo oltraggioso non tratta nessuno; lo dico some artista, come persona e come donna. Io non ho più parlato colla Polygram. Poi Nando Sepe mi rammentò che la RTI, tempo prima, aveva avanzato delle proposte da me rifiutate, perché io non ho mai amato Craxi e dunque non trovavo giusto fare parte della RTI: non era in sintonia col mio pensiero. Invece, senza la mia volontà, ho scoperto d’essere approdata nella casa discografica giusta, quella che cercavo da anni. Sono stati loro che hanno salvato le basi pagandole alla Polygram, quelle basi su cui avevo lavorato tanto a tal punto che rinunciarci era un dolore troppo grande, troppo immenso. Sì, è a loro che va la mia stima attuale e gli sono grata, sono dei professionisti seri, veri.
di Maurizio Gregorini - Foto di Moris Dallini

Il video di "I treni a vapore"

L’album "La musica che mi gira intorno" commentato da Mia Martini
http://questimieipensieri.blogspot.com/2011/01/lalbum-la-musica-che-mi-gira-intorno.html
La musica che gira attorno a Mia Martini. Intervista del 1994 apparsa su Chez Mimì
http://questimieipensieri.blogspot.com/2011/01/la-musica-che-gira-attorno-mia-martini.html

Mia Martini, un'artista dalla straordinaria versatilità. Intervista a Fio Zanotti
http://questimieipensieri.blogspot.com/2011/01/mia-martini-unartista-dalla.html

Mia Martini era innamorata della Sicilia e l'ha scelta per iniziare l'ultimo tour http://questimieipensieri.blogspot.com/2010/06/era-innamorata-della-sicilia-e-lha.html

Per Mia Martini viva l'amore anche quando non c'è
http://questimieipensieri.blogspot.com/2010/02/viva-lamore-anche-quando-non-ce.html

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