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giovedì 26 marzo 2009

Mia Martini: Semplicemente donna. Innamorata della musica



“Di questo libro sono semplicemente il curatore, ho solo organizzato i materiali accumulati da un lavoro di gruppo”. Così si chiude la conversazione (telefonica) con Pippo Augliera, 48 anni, di Messina, presidente del fan club ‘Chez Mimì’ sul libro ‘Mia Martini. La regina senza trono’, che è l’ultimo omaggio alla cantante scomparsa dell’associazione autorizzata ufficialmente dall’artista.
“Chiarimmo da subito –continua Augliera- quale sarebbe stato il registro della nostra associazione, poiché lei inizialmente era contraria. Ma dopo gli anni del black out aveva bisogno del contatto con il pubblico”.

Proprio nel 1989, anno del clamoroso ritorno a Sanremo con Almeno tu nell’universo, prende il via Chez Mimì, che la seguirà anche dopo la tragica scomparsa (12 maggio 1995) celebrandone il decennale della morte con il libro edito da Guida.

Augliera, come nasce il legame con Napoli?
Napoli, per la Martini, è stata una delle due città adottive. L’altra è Firenze, dove si unì artisticamente a Bigazzi, fautore del suo rilancio musicale. Ma Napoli la sostenne anche negli anni di buio discografico ed esistenziale, pensi che fu l’unico teatro di alcune sporadiche apparizioni. E poi c’è la collaborazione con Enzo Gragnaniello e Roberto Murolo, tanto significativa nella seconda parte della sua carriera. Non solo; era grande amica di Palummella, allora capo ultras del Napoli di cui era tanto tifosa da disertare una conferenza stampa per vederne una partita! Nel 2005, durante la presentazione dell’ archivio della canzone napoletana in cui ho portato alcuni materiali inediti in napoletano interpretati da Mimì, incontrai Peppe Ponti, manager di Gragnaniello e artefice dell’operazione Cu’mme con il grande Murolo, che mi ha messo in contatto con la casa editrice Guida, così coraggiosa da pubblicare un volume curato da un nome poco noto al mondo editoriale italiano.

Il libro non rassomiglia a una biografia…
E’ piuttosto un omaggio all’artista, ma inevitabilmente finisce per essere una delle poche opere a lei dedicate, vista la notevole lacuna bibliografica sul tema che si sta ridimensionando con la recente riscoperta di Mimì attraverso la ristampa di album, raccolte e la trasmissione di special tv che pur in tarda serata raccolgono ottima audience: il momento giusto per far uscire un libro in cui si senta la viva voce di Mimì. Perché è soprattutto basato sulle interviste che rilasciava a noi in esclusiva e che noi pubblicavamo su una fanzine (rivista ndr) periodica. Cinque anni intensi, in cui si intravedono anche flash back della vita passata e dei legami con i grandi nomi della musica leggera.

La Martini donna…
L’artista e la donna erano la stessa persona: quando parlava nelle interviste della sua carriera era se stessa, profondamente umana. Nel libro ho voluto sottolineare questo: il profilo di una donna intelligente, lontana dalle logiche spietate del mercato, sola, determinata a percorrere un’unica strada, quella della propria arte.
 
Di Giovanni Chianelli da Napoli Più

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http://www.youtube.com/watch?v=U3-ecz96HM0

domenica 22 marzo 2009

Mia Martini: piena di energia ma così triste e sola:




Vogliamo riproporre un articolo di anni fa scritto proprio da Mauro Coruzzi, quando ancora non era Platinette.


Povera Mimì, così triste e sola. Ci siamo conosciuti nel ‘75, vent’anni fa, in una balera della Bassa. Lei era una grande stella e ricordo indossava un pomposissimo abito bianco tempestato di perline: era il periodo della gran signora, dell’Olympia in Francia e delle serate di giro nella provincia italiana, mentre l’ultima volta che l’ho vista, qualche giorno fa, aveva come sempre in questi anni i morbidi pantaloni Armani con cui cercava di nascondere le gambe non proprio bellissime.

Stavamo preparando una trasmissione radiofonica che la sua casa discografica avrebbe poi distribuito alle emittenti, era presissima dall’idea di fare la conduttrice alla radio, di poter finalmente conversare con il pubblico, di intervistare altri personaggi famosi. Eppure, dietro tanto attivismo, tanta energia, Mimì era una donna davvero sola e profondamente infelice: poche storie d’amore e una, la più importante, lunghissima e finita con le botte, mentre lei andava a cantare a Sanremo.
Da allora, e sono passati più di dieci anni, Mimì ha avuto bassi profondissimi: aveva cercato rifugio in Umbria, dalla quale era fuggita poco tempo fa per andare a vivere a Milano in un residence, prima di fuggire anche da lì per tornare in campagna; ci sono stati periodi lunghi in cui nessuno ha potuto (molti nemmeno voluto) avvicinarla, e poi, straordinario, il ritorno al lavoro, alla fine degli anni ’80 con Almeno tu nell’universo, in cui forse per la prima volta senza vergogna, esibiva quella voce rauca, contaminata da una malattia che per lungo tempo le aveva come paralizzato le corde vocali e che era così diversa da quella argentina degli esordi.

Ma Mimì era fatta così, somatizzava il dolore fino a ferire il proprio corpo, e da quella fine di un amore non si era più ripresa. Aveva la percezione che, per quanto potesse fare, la vita non le avrebbe offerto un’altra possibilità come quella e si comportava come se per lei non ci fosse futuro su cui investire, terra dove andare.
Non aveva un carattere facile e lavorare con lei richiedeva nervi d’acciaio, perché era instabile d’umore e come tutte le primedonne autentiche tendeva ad avere sempre ragione; eppure dietro quella diffidenza verso il mondo, nascondeva un’improvvisa fragilità, come quando poche settimane fa, svegliandomi nella notte, perché lei non dormiva e quando dormiva dormiva male, mi chiese il numero di telefono di una presentatrice della tv perché voleva ringraziarla di una cosa bella detta su di lei. Mimì era così sola: da non poterne più di cantare La costruzione di un amore, che ogni volta le strappava l’anima, o ma non finisce mica il cielo, diceva che il pubblico era stanco (assolutamente falso) di queste sue scelte artistiche.

Mina, la grande Mina, le aveva proposto di cantare insieme e Mimì non vedeva l’ora di cominciare, perché nel lavoro trovava pace, mentre dentro, qualcosa, ogni giorno, piano moriva, fino a ieri, quando non ce l’ha fatta più.

sabato 14 marzo 2009

Mia Martini: Canto per comunicare col cielo e qualche volta sento di riuscirci


Ci sembra stimolante uno studio sulla figura dell’immensa artista di Bagnara, sulla sua arte, sulla sua storia di donna segnata da grandi successi, ma anche da contraddizioni e sofferenze. Uno spettacolo che racconti la storia di una donna di Calabria, capace di emergere dall’anonimato grazie alla sue straordinarie capacità e alla sua rabbiosa sensibilità interpretativa. Una donna, che nel momento in cui il suo mondo, il mondo della musica, stupidamente assecondando superstizioni e maldicenze, l’abbandona, la rifiuta, la scaccia via, riesce, proprio ritornando alle sue radici di “bagnarota”, di donna di Calabria, a risalire la china, lentamente, ma sempre con viscerale determinazione , e a ritornare ad essere, prima del suo tragico epilogo, una delle più intense interpreti, dell’universo “musica leggera”, del novecento.

Battiti e fiati sospesi in emozione di sempre prima volta di morbide labbra
Battiti e fiati sospesi su palcoscenico d’incontri
Voce di graffio Voce di ferita
Vita in melodia Vita di dolcezza infinita dipinta
Risate di canto segnate Risate Singhiozzi urlati
Grandi occhi neri che chiamano vita
Grandi occhi neri che negano pudore
Mano alla mano ti regalo il segreto del mare
Mano alla mano semplicemente mano alla mano
Neve di lamiere
Neve d’ascolto
Viaggio di tempo scolpito
Viaggio di fragile arte che incontra
Viaggio cicacitrice su ossa di cuore



Con Mia Martini. Una donna. Una storia., Teatro Rossosimona continua la sua ricerca teatrale occupandosi, ancora una volta, di figure femminili e, soprattutto, di donne calabresi. Ricerca è qui da intendersi come lunga operazione di scavo, meticoloso lavoro d’approfondimento e d’attento studio rivolto verso vite spesso dimenticate o, in questo caso, troppo facilmente ridotte a leggenda metropolitana, a storiella di quartiere, a chiacchiera nazionale. Ed è toccata proprio a Mia Martini, in realtà Domenica Bertè, la sorte d’essere una di quelle figure “popolari” ricordate, quasi esclusivamente, per aneddoti e ingiurie che esulano da ogni tipo di verità, fondamento e giustificazione, e che hanno la sciocca pretesa, inoltre, di sintetizzare sbrigativamente la stessa con giudizi banali e frasi tanto superficiali quanto lapidarie. Muovendo da queste motivazioni, oltre che dal fascino per questa cantante calabrese di rara sensibilità e perfezione tecnica, si è voluto affrontare un percorso che tenesse conto, per quanto possibile, dell’intera vicenda personale, consci del fatto che un’artista, in special modo un’interprete eccezionale come la Martini, non può essere isolata dal suo contesto formativo, dall’ambiente familiare, dagli affetti, dai suoi amori e dalle sue sofferenze. Si è deciso di sondare la terra d’origine, d’ascoltare le radici, così da poter meglio rintracciare le fratture, i salti, le cadute e le risalite, per avere un quadro decisamente più completo e adatto a descrivere, in un iter drammaturgico che va dall’infanzia alla morte, un’ esperienza umana straordinaria sia in positivo che, purtroppo, in negativo. Un’infanzia, quella di Mimì, avvolta dal mare viola di Bagnara Calabra coi suoi gabbiani, dai cori delle bagnarote al mercato, dai primi suoni e canti che la madre Maria Salvina le instillò nelle orecchie e nel cuore. Ma anche dalla rigidità del padre, dal clima di tensione interna alla famiglia che Mia, assieme alle sorelle Leda, Loredana e Olivia, fu costretta a subire e che inevitabilmente portò alla rottura matrimoniale e familiare, causando ferite mai superate e sanate. Quindi la voglia e la determinazione di Mia ad intraprendere la carriera di cantante - sicura com’era di avere una voce fuori dal normale, potente, solare e piena di sfumature uniche - la portano ad affrontare, ancora ragazzina, il provino a Milano, e da lì i primi successi e le prime difficoltà, come la carcerazione in Sardegna, evento che le permise, nonostante tutto, una forte presa di coscienza, favorendo il riavvicinamento con il padre, oltre che con Dio. Così da incontrare il vero successo con canzoni come Piccolo uomo e Minuetto, i vari festival e concerti in tutta Italia, successi che le due zie bagnarote, zia Sarina e zia Melina, interpretano come rivincite personali della nipote, nei confronti d’un periodo non troppo felice e d’un ambiente già colmo d’invidie e risentimenti. Poi l’incontro con Ivano Fossati, il sodalizio artistico e il loro amore dirompente, pieno di passione rovente, relazione che coincide con il periodo più scuro e doloroso che Mia dovette affrontare, ossia quello dell’accusa infamante di jettatrice, di “porta sfiga”, insinuazione che ben presto, partita da ambienti artistici, si propaga per addivenire refrain assiduo e cantilena acida ripetuta un po’ ovunque, provocando incredibili effetti, tanto nocivi per la sua carriera e, soprattutto, per la sua vita. Vita, questa, messa sul rogo della cattiveria gratuita e della superstizione retrograda, dove Mia, inerte e pubblicamente condannata, novella Giovanna d’Arco, risulta essere il capro espiatorio d’una società bigotta e insulsa, sempre intenta alla ricerca esterna delle “streghe”, pur di non vedere quanto essa stessa sia mostruosamente malefica. Per arrivare, infine, alla rottura violenta e feroce con Ivano Fossati e l’avvento della depressione come nuova compagna di vita, l’amicizia sincera col musicista Toto Torquati, il rapporto burrascoso con Loredana Bertè, gli altri successi quali Almeno tu nell’universo e Gli uomini non cambiano, altri insuccessi, nuove voci e nuove accuse, che porteranno, anche dopo la sua morte prematura - fu trovata sul letto ancora con le cuffie, nata e morta tra le note - a prolungare la grottesca serie di favole e dicerie infamanti che condizionarono e caratterizzarono l’intera esistenza di Mia Martini. Una storia tutt’altro che monotona, banale, superficiale, una vita profonda, piena sia di baratri che di luci, d’una donna sempre alla ricerca dell’amore, non importa se felice o infelice, “basta solo che sia un amore”.

lunedì 9 marzo 2009

Grande successo di Mia Martini a Firenze


Un appassionato recital, tutte le canzoni della vita. Felice, radiosa, emozionata come una ragazzina Mia Martini si lascia coccolare dall’applauso del pubblico. Lunedì sera ha cantato con slancio per oltre due ore di fila, ed ha riempito il teatro Verdi di Firenze con il recital per “Musica d’autore” (la rassegna sponsorizzata da “La Nazione”) e con i suoi vent’anni di canzoni cantate con quella voce forte e roca che graffia il cuore.

Un grande concerto per una grande artista che si offre e si abbandona ai suoi fans, ripercorre con loro le stagioni felici e anche i momenti bui, ripropone tutte le sue più belle canzoni, da quelle degli inizi ai primi successi, dalle ballate tristi che hanno segnato quegli otto anni di lontananza dai riflettori alle canzoni che dal 1989 l’hanno riportata ad essere una delle prime donne della musica italiana.

Mia comincia subito con Gli uomini non cambiano, la “poesia” che ha entusiasmato tutti a Sanremo, e con questo motivo concluderà lo spettacolo dopo tre bis. Ed è proprio vero che questa signora che ha voluto rinascere dopo i quarant’anni e che ha abbandonato gli abiti da hippy per gli smoking bianchi e neri di Giorgio Armani, quando è in concerto non canta e basta ma interpreta con la voce, col viso, col corpo la commedia della sua vita. Ecco Padre davvero, il tema amaro della ricerca dell’affetto paterno e della tenerezza negata, ecco Piccolo uomo e la storia di un incontro d’amore che precipita nell’abbandono. Canzoni che sono come tappe di un viaggio dell’anima, una ricerca infinita di un uomo oppure, in fondo in fondo, solo di un pezzo d’amore. E le paure, le angosce, la solitudine di Mia sono quelle di tutte le donne del mondo.

Poi cominciano i ricordi degli amici. L’incontro con Maurizio Fabrizio è stato molto importante, racconta Mia e non smetterà mai, tra una canzone e l’altra, di parlare col pubblico e di ricordare insieme a tutti le stagioni della vita, dall’infanzia a Bagnara (e da qui la bellissima canzone in dialetto calabrese, l’adolescenza più scontrosa, dalla giovinezza fino a questa felicissima maturità. E proprio Fabrizio ha scritto per lei Dove il cielo va a finire e poi Inno che Mia ha eseguito accompagnata dalla musica dei sei musicisti dalla sua band con Mark Harris al piano, Massimo Fumanti alla chitarra, Maurizio Galli al basso,Giancarlo Parisi, agli strumenti a fiato e lo scatenato Walter Calloni alla batteria.

Brividi e ancora brividi per Canto alla luna, per Di tanto amore e poi per Del mio amore, la canzone che Mia Martini ha scritto da sola per l’album che forse le è più caro, Mimì.
Tutti urlano “brava” quando attacca con E non finisce mica il cielo, la canzone del riscatto, il motivo che nell’82 le ha fatto vincere il premio della critica al festival di Sanremo. Sul palcoscenico del teatro Verdi Mia si muove sicura e delicata, sullo sfondo di un grande sole infuocato e di mille magnifici fasci di luce che tagliano e disegnano la scena come un quadro astratto. E quella che canta oltre ad una artista è soprattutto una donna, e una donna forte: lo provano le interpretazioni di Vecchio sole di pietra e Stelle, il motivo dedicato alle star nell’ombra, a quelle stelle dello spettacolo dimenticate che la Martini ha incontrato troppe volte.

Ho fatto tutte le mie scelte dopo l’incontro con Paolo Conte, racconta ancora la cantante, un altro uomo per continuare il viaggio. Poi tutto un crescendo da  Almeno tu nell’universo alla  Africana, composta da Mimmo Cavallo, e infine il grande feeling con l’ultimo compagno di viaggio , Enzo Gragnaniello, il compositore e chitarrista napoletano; “un uomo molto solare”che le ha dedicato Donna e che ha scritto per Mia e per Roberto Murolo Cu’mmè. Lunedì sera anche Enzo ha cantato al Verdi ed è stato come un grande abbraccio quando ha intonato una fantasia di vecchi motivi napoletani.

I più commossi sono Giancarlo Bigazzi che ha scritto con Dati l’ultimo motivo di Sanremo e Riccardo Del Turco, editore dell’LP Lacrime, seduti, entusiasti tra la gente. Mia è la più brava di tutte – dice Bigazzi – e forse è ancora un po’ sottovalutata dal punto di vista commerciale. Un’artista vera anche un po’ pazza, ma così deve essere. E il pubblico lo ha capito e applaude alla grande e alla fine è tutto seduto per terra sotto il palcoscenico per ascoltare La costruzione di un amoreLacrime  e ancora inevitabilmente  Gli uomini non cambiano.
 
Servizio di Eva Desiderio per La Nazione 1992

Mia Martini canta Per amarti Canto alla luna Del mio amore E non finisce mica il cielo:

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°Allo Smeraldo l'atteso concerto di Mia Martini a favore dell'Anfass
http://questimieipensieri.blogspot.com/2009/03/allo-smeraldo-l-atteso-concerto-di-mia.html

giovedì 5 marzo 2009

Canta Mia Martini: voce, cuore e passione.


Un’ottima band, una bella regia e Enzo Gragnaniello ospite in un recital in cui, come sempre, la Martini non si è risparmiata. E’ stata brava, bravissima, più brava che mai, e ha chiuso in bellezza, con uno spettacolo saporito ed elegante il suo tour “Per aspera ad astra”.

Perfettamente a suo agio sia con le atmosfere raffinate dei nostri migliori cantautori sia con quelle del rock, del soul e del blues, Mia Martini si è riconfermata ancora una volta (madonna, quante volte) la voce italiana più bella, più generosa e più viva, e ha catturato il pubblico che gremiva il Sistina fin dalle prime note di Gli uomini non cambiano, il brano con cui ha rischiato di vincere l’ultimo Sanremo.

Forte delle sue splendide doti vocali, nonché di un’eccellente band (Mark Harris e Nico Gaeta alle tastiere, Giancarlo Parisi ai sassofoni, Massimo Fumanti alle chitarre, Maurizio Galli al basso e Walter Calloni alla batteria, tutti bravissimi e dal sound smagliante), degli arrangiamenti di Harris (più da club che da teatro, assai efficaci e variati, puntano all’accostamento voce-strumenti e lasciano ampio spazio ai solisti) e della bella regia di Pepi Morgia (che ha costruito, con luci e scenografie, un palco semplice ma di grande effetto e suggestione), Mia Martini ha creato subito quel magico clima che nasce solo quando a cantare è qualcuno che lo fa col cuore e con la passione, oltre che con una voce stupenda, ed è persino riuscita a sdrammatizzare la sua bravura e le atmosfere spesso drammatiche di diverse canzoni scherzando con rilassatezza fra un brano e l’altro.
Gli uomini non cambiano, Padre davvero, Piccolo uomo, Sola, Minuetto, Dove il cielo va a finire, Inno, Canto alla luna, Volesse il cielo (di Vinicius De Moraes), E non finisce mica il cielo di Fossati, Stelle , uno Spaccami il cuore di Paolo Conte (introdotto dalle prime battute del celebre gospel Nobody know the troubles I’ve seen) e ancora l’Almeno tu nell’universo che a Sanremo ’89 le ha fruttato un meritatissimo premio della critica, Africana (con Parisi alla zampogna), alcuni brani in coppia con Enzo Gragnaniello, cantautore di razza che ha firmato diversi pezzi degli ultimi album di Mia (Donna, l’intensa Cu’mme incisa a due voci con Roberto Murolo nell’ultimo album del maestro, Ottantavogliadicantare, un Luna rossa omaggio a Napoli, Scenne l’argiento), e poi La costruzione di un amore di Fossati, prologo al finale con Rapsodia, Lacrime e una bordata di bis invocati a gran voce dalla platea: questa la scaletta della serata, il cui incasso è andato all’Associazione per la cura del bambino cardiopatico.

E’ stato un bel concerto, che ha alternato con il giusto senso della misura e dello spettacolo i brani più intensi e intimi a quelli più spettacolari e trascinanti, e che non ha lesinato quelli affascinanti momenti in cui Mia canta accompagnata da un solo strumento (pianoforte, per esempio, o chitarra) e che, ci si perdoni per un paragone già usato e forse sacrilego, ricordano un po’ l’indimenticabile immagine della grande Billie Holiday.
Mia Martini, lasciatecelo dire, resta l’unica voce femminile italiana in grado di penetrare fra le pieghe del blues con la passione e la partecipazione che il blues esige, e di questi tempi non è davvero poco.
Di Fabrizio Zampa da “Il Messaggero” mercoledì 20 maggio 1992
Mia Martini in "Dove il cielo va a finire" da "Per aspera ad astra" live 1992
http://www.youtube.com/watch?v=V7MfepHc-O4

mercoledì 4 marzo 2009

Omaggio a.... Mia Martini...sarà che tutta la vita è una strada con molti tornanti


“Ma davvero per uscire di prigione bisogna conoscere il legno della porta, la lega delle sbarre, stabilire l'esatta gradazione del colore? A diventare così grandi esperti, si corre il rischio che poi ci si affezioni. Se vuoi uscire, davvero di prigione, esci subito, magari con la voce, diventa una canzone.”

(Patrizia Cavalli, Poesie)

Questo omaggio è un omaggio alle canzoni e a una voce. Una voce coi graffi. Voce densa, piena di suoni densi. Una voce che ha modellato le canzoni e quelle non sono state più come prima. Chiunque le canterà non saranno più come prima. La sua voce roca e profonda è entrata in simbiosi con ogni canzone che ha interpretato. E adesso quelle canzoni sono sue. Domenica Bertè, futura Mia Martini, nasce il 20 settembre 1947 a Bagnara Calabra, e vive i suoi primi anni fra Porto Recanati e Ancona. Studia piano e danza classica e canta alle feste di piazza. A quindici anni incide il primo disco col nome di Mimì Bertè. Proprio per questo disco è notata dal settimanale Tuttomusica che la inserisce in un gruppo chiamato La Greffa. Viene invitata a partecipare come ospite giovane allo show televisivo Teatro 10 condotto da Lelio Luttazzi, dove interpreta un pezzo divertente, E adesso che abbiamo litigato. E dopo questo brillante esordio, sparisce per un pò. E' a Roma, studia lingue e si dedica anima e corpo alla musica, cantando a modo suo il repertorio di Ella Fitzgerald, di Julie Driscoll, Aretha Franklin. E quando riappare sulla scena discografica, nel 1971, nessuno più collega la ragazzina yè-yè a questo nuovo personaggio, che sfodera un repertorio d'avanguardia e un nuovo nome d'arte: Mia Martini. "Il nome l'ho voluto io, pensando alla Farrow, un mio idolo del momento. Il cognome fu scelto fra un tris di prodotti celebri italiani che potevano attirare anche il mercato internazionale. Spaghetti, pizza e Martini. Decidemmo per quest'ultimo". Ecco Mia Martini, che si presenta al primo Festival d'avanguardia e nuove tendenze di Viareggio e vince, battendo gruppi del nuovo rock come la PFM o il Banco, cantano Padre davvero. Il brano, dissacratorio, viene censurato dalla programmazione radiofonica. Il testo è ruvido, durissimo, è la storia di una ragazza in conflitto con il padre. Esplicito, senza smussature, tutto ad angoli acuti e veri. "E certo tuo padre ti diede di meno / solo due calci dietro la schiena / e con mia madre dormivi nel fieno / anche in aprile e di me era piena! / Padre, davvero sarebbe grande / sentire il parere della tua amante! / Poi sono venuta e non mi volevi / ero una bocca in più da sfamare / non sono cresciuta come speravi / e come avevo il dovere di fare! / Padre, davvero che cosa mi hai dato? / Ma continuare è fiato sprecato / che sono tua figlia, lo sanno tutti / domani i giornali con la mia foto / ti prenderanno in giro da matti / ah, non mi avessi mai generato! / Padre, davvero ma chi ti somiglia / ma sei sicuro che sia tua figlia!. Nell'aprile del 1972 incide Piccolo uomo. Il disco rimane per cinque mesi ai primi posti delle classifiche nazionali, vince l'edizione del Festivalbar (che bisserà l'anno dopo con Minuetto), diventa un successo anche in Francia, Spagna e America latina. Nell'autunno dello stesso anno partecipa alla Mostra internazionale di musica leggera di Venezia con Donna sola, strepitoso brano blues, e incide un nuovo album, Il giorno dopo. Per lei è un momento d'oro: la sua voce è un baleno di energia e novità. I testi, poco rassicuranti, sono un taglio netto rispetto alla tradizione, che vuole le voci delle interpreti femminili cantare d'amore da fiaba. Lei canta la vita sua e la vita sua è fatta anche così. E piace, vince e vende. Vince la Gondola d'oro di Venezia per le vendite del disco Donna sola, poi il referendum di Sorrisi e canzoni come miglior cantante dell'anno e il Premio della critica europea a Palma de Majorca. Ed è proprio in Spagna che la cantante inizia una stretta collaborazione con Charles Aznavour che dura tre anni e che la condurrà nel '77 ad un memorabile concerto all'Olympia. Varca le frontiere e trionfa sul mercato europeo, canadese e giapponese. Viene invitata al più prestigioso Festival di Tokyo come rappresentante italiana, e vince con Ritratto di donna. Poi di nuovo un periodo di silenzio. Il suo percorso sarà tutto così: fatto di salti improvvisi e poi silenzi. E nuove capriole di musica, ogni volta più belle. Qualche volta è lei a scrivere, più spesso sono altri, ma c'è un filo rosso che lega la scelte delle canzoni: dire la sua verità, magari piccola, magari imprecisa ma certamente aderente alla sua esperienza e al suo coraggio. Incontra Ivano Fossati e lì nasce un sodalizio (artistico e sentimentale) destinato a protrarsi per diversi anni e a produrre grandi canzoni. Nell'82 arriva la sua partecipazione al Festival di Sanremo. Non vince ma la giuria dei giornalisti, toccata dalla sua esecuzione di E non finisce mica il cielo, istituisce per lei il premio della critica. La sua presenza cambia le regole, apre strade. Obbliga a prendere atto che una canzone è un pezzo della vita di un paese, dice della sua cultura e della sua maturità d'arte. Nomina le contraddizioni e le mette in musica. Certo questo è atto faticoso. E in più il talento fa paura, la nitidezza dell'anima a ogni costo fa risultare ancora più grosse le meschinerie. Comincia un sotterraneo lavoro di ostruzione e cattiveria che lei soffre senza pari. Nello stesso anno esce Quante volte. In quell'album c'è una canzone che si chiama Stelle. Provate ad ascoltarla. Non si sa che stato d'animo vinca, se la tenerezza, il disincanto, o il candore. E' la voce sua a contenerli tutti: Ho visto gente che lottava per un soldo di fortuna / come tori caricati nell'arena / quanti feriti e quanti osannati / regine di plastica su troni di cera / stella stella che risplendi nello spazio di un sorriso / quando il buio tuo compagno ti nasconde dove vai / stelle spente vi ho incontrato qualche volta in tristi bar / e ognuno ha i suoi motivi che nessuno ascolterà. / C'è chi sopra un palcoscenico si muove con maestria / se provassi potrei farlo anch'io / ma quando è il momento mio Dio / mi sento goffa e ridicola io / la mia paura è una nota stonata / e lo sai perché non c'è niente di grande in me / io posso solo cantare per te. / Stella stella che risplendi / finché c'è la tua canzone / stella se ti senti sola / scendi giù vicino a me / stella persa e ritrovata qualche volta in tristi bar / io conosco la tua storia ma se vuoi ti ascolterò. Nell'83 Mia si diverte a regalare un 33 giri ai suoi "Compagni di viaggio", svariando fra Hendrix, Tenco, De Andrè e John Lennon. Nell'85 vorrebbe tornare a Sanremo con Spaccami il cuore, bellissimo pezzo scritto da Paolo Conte. Ma le giurie fanno una cosa assurda: bocciano la canzone in fase di preselezione. Meglio corbellerie che nessuno ricorderà piuttosto che la sua voce luccicante con la musica e le parole di uno dei più grandi autori di sempre. Sparisce dalle scene e ci vorrà molto tempo per convincerla al nuovo grande ritorno. Che arriva nell'89. Mia arriva a Sanremo con una canzone intitolata Almeno tu nell'universo : è uno shock generale, e lei rivince il premio della critica. lo stesso accade nel '90 con "La nevicata del '56. Due anni dopo canta Gli uomini non cambiano e manca per un soffio la vittoria. Poi partecipa a un disco di Roberto Murolo, altro grande della nostra musica. Provate ad ascoltare Cu'mme, provate a sentire che succede nella canzone quando entra la voce di Mia: si vola, si va in alto e quasi non importa capire cosa dica il testo perché il senso delle parole è tutto nel suo modo di cantare disperato eppure gioioso. Nel '94 incide un album di cover intitolato La musica che mi gira intorno. E' il suo ultimo capolavoro. Sono pezzi di De Andrè, di Bennato, di De Gregori e poi c'è la sua voce a restituirli nuovi. In una trasmissione tv, invitata per rendere omaggio alla sua bravura dopo troppo buio, il pubblico ascolta a bocca aperta La voce del silenzio, cavallo di battaglia di Dionne Warwick, che, affidato alle sue corde vocali, è un concentrato di meraviglia. Mia Martini muore nel maggio del 1995. Certo la meraviglia resta. Come resta il fatto che ad alcuni la strada per esprimere sé stessi riservi tanto dolore. Lei è una delle voci più intensamente belle della nostra tradizione musicale. Velluto e carta vetrata. Lei è stata bersaglio di stupidità, invidia e codardia. Il talento spesso abita dentro le anime fragili, anime che andrebbero protette, un cappotto sulle spalle quando fa freddo. Non messe ai margini. Perché quello che danno è, per tutti, un bene comune che fa migliori.Gianna Mazzini Buddismo e Società numero 117 luglio-agosto 2006

martedì 3 marzo 2009

Allo Smeraldo l'atteso concerto di Mia Martini a favore dell'Anfass( Associazione Famiglie Fanciulli e Adulti Subnormali)




Con le parole di Gli uomini non cambiano si apre il viaggio introspettivo di Domenica Bertè , in arte Mia Martini, nel concerto "Per aspera ad aspra" che sta proponendo nei teatri italiani e che approderà stasera allo Smeraldo (ore 21, ingresso 30.40 mila). Il concerto, patrocinato da Comune e Regione, è a beneficio dell'Anffas (Associazione famiglie fanciulli e adulti subnormali).

Il percorso musicale a ritroso della vita artistica di Mia Martini crea l' opportunità di riascoltare le tappe di una carriera frastagliata, difficile, comunque fedele alla personalità di questa generosa interprete della canzone italiana. Si riascolteranno successi degli anni ' 70, da Piccolo uomo a Minuetto, fino al grande ritorno sulle scene (dopo il traumatico intervento alle corde vocali del 1980) con motivi quali E non finisce mica il cielo e Almeno tu nell' universo.
Lei confessa: Non potrei mai dividere la mia vita privata dalla musica perché  è quest' ultima che ha determinato ogni scelta .

Cosa si prova a ritrovare il successo, a ottenere la definitiva consacrazione a grande interprete...
Vivo tutto molto intensamente per cui ci sono anche momenti di grande stanchezza. Non sono certo razionale nella distribuzione delle mie energie e ogni volta che canto o comunque incontro il pubblico, mi emoziono fino alle lacrime mentre canto, come succede in questo spettacolo che mi riporta alle radici, a Bagnara Calabra e a mio padre che è tra le persone che amo di più.
 
. . E qual è invece il rapporto con l' altra cantante di famiglia, sua sorella Loredana Bertè ?
Ci sono stati sempre molti conflitti. E un rapporto tumultuoso. Loredana deve probabilmente risolvere suoi problemi personali. Da parte mia c'è molta disponibilità e voglia di incontrarla...
 
. . Torniamo alla musica. Lei in questo spettacolo, del quale sarà realizzato un home.video, ripercorre le tappe della sua vita osservando il passato. E il futuro?
Questo è  un concerto che non si ripeterà mai più  perché non amo troppo le lacrime della nostalgia. Io voglio essere solare, cantare in piena libertà e per l' estate realizzerò un tour con questo spirito, giocando con la mia fantasia per passare da un' atmosfera all' altra, dalla canzone al rock e al jazz. Oggi mi sento felice.

A questo proposito lei stessa scrive di questo concerto tenuto il 12 aprile al Teatro Smeraldo a favore dell’Anffas:
Non sempre siamo in grado di apprezzare la vita perché siamo troppo presi dagli stress quotidiani che spesso creano falsi problemi. Un vero problema è l’handicap e ci riguarda, anche se poche volte siamo disposti ad affrontarlo con la dovuta sensibilità: troppo spesso l’ipocrisia porta ad occuparcene solo per il breve tempo di una pubblica relazione da cui trarre vantaggi per poi, a luci spente, accantonarlo immediatamente. Ecco: associazioni come ANFFAS svolgono il compito di occuparsi di questo problema dal punto di vista umano e sociale chiedendoci soltanto un po’ della nostra attenzione.

 
Elia Perboni Corriere della sera Aprile 1992


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domenica 1 marzo 2009

Claudia Mori rinuncia al Festival per solidarieta' con l' esclusa Mia Martini






Non cambio idea. A Sanremo non ci vado.

Non era mai accaduto nella storia del Festival che un big rinunciasse al palcoscenico dell'Ariston per solidarieta' verso un collega, ma questo a Claudia Mori non interessa:

Sono contenta che la commissione mi abbia scelta tra i venti big che parteciperanno alla kermesse, ma non accetto che Mia Martini, bravissima, la migliore interprete dopo Mina, resti fuori". Tra tutte le esclusioni 'eccellenti', quella della Martini mi ha davvero colpito, continua la Mori, che assicura di tornare presto in video con un programma tutto suo su Raiuno .. Come si fa a bocciare una come lei? Mi sono sentita in imbarazzo: io a Sanremo e Mia a casa. Allora ho preso la decisione.
E suo marito Adriano Celentano che cosa ha detto?
 Che facevo bene.

Ma secondo lei, la commissione ha davvero fatto un errore?
Io non ho ascoltato la canzone della Martini, ma credo che Sanremo non possa permettersi di chiuderle le porte in faccia. Va bene che si sceglie il brano, ma non si puo' prescindere dall'interprete. Ingiusto sottoporre ogni volta ad esame un artista.
Non e' assolutamente d' accordo Baudo:  La Mori dice:
Un' interprete come Mia Martini, anche se canta l' elenco del telefono, non puo' essere esclusa". Non ho parole: e' una motivazione anti democratica. Vorrebbe forse che scegliessimo i big per licitazione privata? C'e' una commissione che deve giudicare non i cantanti ma le canzoni. E sceglie le piu' belle.
Iossa Mariolina (28 dicembre 1993) - Corriere della Sera

Successivamente, intervistata, il 4 maggio 2006 su Corsera Magazine, da Claudio Sabelli Fioretti che, tra le altre cose, le chiede:

Lei una volta ha litigato anche con Pippo Baudo,
Era per Sanremo. Ero stata ammessa e Mia Martini no. Me ne vergognavo.
Baudo disse: dobbiamo giudicare le canzoni non i cantanti.
La canzone di Mia Martini era bellissima. Ma soprattutto Mia era una grandissima interprete che rendeva meravigliosa ogni nota musicale.
Che cosa era successo?
Sanremo non è mai del tutto autonomo. Altrimenti non si giustificano certe presenze e certe esclusioni. E non rappresenta la musica italiana.

Il video di "E la vita racconta"
http://www.youtube.com/watch?v=0jvG4yunTjk

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