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domenica 28 luglio 2013

Mia Martini: Nella pace dei borghi antichi


 
La mia Umbria, la parte più morbida e semplice di questa regione, comincia per chi viene dal nord, quando lungo l’autostrada A1 si incontra Fabro, un gomitolo di case appollaiate su una collina. Di paesi così, nella terra dove ho scelto da quattro anni di abitare, ce ne sono moltissimi. Tutti simili nella loro storia orgogliosa di borghi medioevali e genti povere, ma fiere.

Mia Martini, da qualche tempo tornata al successo, deve forse ai luoghi dove si è trasferita la bellezza serena che traspare dal suo viso.

Vi porterò volentieri dentro questo viaggio verde: per me incontrare la campagna, il fiume, il lago, le colline di questo pezzo d’Italia è stato importante e mi piacerebbe che anche voi ne riportaste la pace e la tranquillità che ci ho trovato io.

Il nostro viaggio dunque parte da Fabro?
No: Fabro è una porta ‘mentale’ del nostro itinerario, nel senso che molti borghi dei quali parleremo gli rassomigliano, ma anziché trovarli di fianco all’autostrada, bisognerà andare a cercare. E sarà Baschi il primo nucleo amico nel quale fermarci. Situato sopra uno sperone, molto pittoresco, questo paese  conserva una magnifica Chiesa parrocchiale cinquecentesca, quella di San Nicolò. Qui si acquista e si beve del favoloso ‘Orvieto bianco’.

Per quale strada ci incamminiamo?
Propongo la statale n.205 che si snoda in un magnifico panorama con fondovalle lussureggianti e agglomerati molto caratteristici di case coloniche. Uno dei più graziosi, proseguendo presso sud, è quello di Tenaglie in mezzo a una selva di quercioli. Poi vale la pena di deviare a destra per Alviano: Situato dentro una cerchia di colli sgretolati dal tempo, un tempo fu un feudo della famiglia Liviani. La rocca quattrocentesca è davvero grandiosa con le sue torri e il cortile rinascimentale. Nella cappella della piccola Chiesa c’è un affresco del ‘600 dove si narra del miracolo delle rondini: San Francesco, mentre predicava in Alviano, fece tacere le rondini che lo disturbavano.

Com’è la campagna da queste parti?
Dire bellissima mi sembra poco. Si alternano prati a coltivazioni di ulivi, viti, grano. E poi ci sono cipressi, alberi da frutta, mille varietà di piante. E proprio ritornando sulla strada statale n.205, si giunge a Lugnano in Teverina in alto su un colle. La natura non è solo ricca di per sé, è come se gli abitanti volessero migliorarla. Tutti qui hanno il culto del verde, anche i bambini. I campi sono ben tenuti, le piante curate singolarmente.. C’è un’armonia speciale tra questa gente e la sua terra.

Cosa ci consiglia di mangiare nelle trattorie locali?
Certamente la carne. In umido o alla brace è sempre squisita. Le bestie sono allevate secondo gli usi antichi. A proposito, se voleste acquistare qualcosa da regalare a un amico, suggerirei non di comprare oggetti di artigianato, ma generi alimentari: l’olio, gli insaccati, i funghi, le creme di porcino e tartufi e inoltre un magnifico amaro, tipico di queste parti, che si chiama amaro Viparo.

martedì 23 luglio 2013

Concerto di Mia Martini : L’omaggio a Napoli di una magnifica Mimì


 
 
Così prometteva la pubblicità del concerto con cui si  è  conclusa sabato sera al Teatro Mediterraneo la festa dell’Amicizia. E omaggio a Napoli  è  stato con una straordinaria Mimì capace di cantare lo spirito della Napoli tradizionale come di quella contemporanea. Quella classica di  Reginella, eseguita in coppia con Mario Maglione; quella moderna di Enzo Gragnaniello con  Va a Marechiaro, la magnifica  Donna  e  la struggente  Rosè, storia di una Lilì Marlene dei Quartieri spagnoli intonata in duetto con l’autore, salito sul palco con Joe Amoroso alle tastiere, Michele Montefusco alla chitarra e Flavio Piscopo alle percussioni.

L’animale Martini e l’animale Gragnaniello, animali da palcoscenico naturalmente, insieme fanno scintille.

Una lunga storia d’amore tra Mimì  e  Napoli, un amore ricambiato da questa città che l’aveva già adottata in un momento difficile della sua carriera, in cui aveva trovato rifugio quando più nessuno credeva in lei.

Ma non solo Napoli canta Mimì, con la sua voce dalla grana grossa di chi conosce a fondo la vita ed  è  stato  tre volte nella polvere, tre volte sull’altare.

E’ tenera  e  rabbiosa, sensuale ed infantile, nostalgica e sbarazzina. Sa passare da capolavori della nostra migliore canzone d’autore – una suadente La donna cannone -  ai suoi successi di ieri e di oggi, nazional – popolari quanto si vuole, ma comunque capaci di rivolgersi alla gente al di là delle logiche di mercato”.

domenica 14 luglio 2013

Riflettori su Mia Martini: Spero che questo samba non finisca mai



 
Dopo la trionfale sua esibizione quest’estate al Teatro Romano per la Rassegna Canzone d’autrice e dopo la fugace apparizione al Festivalbar in Arena, torna a Verona – stasera al Teatro Corallo, per l’organizzazione di Musica viva – Mia Martini, rediviva star della canzone, grande interprete dalla generosa vitalità, riabbracciata con calore ed entusiasmo da critica e pubblico dopo l’ultimo Sanremo.

Al prossimo Festival della Canzone l’interprete calabrese parteciperà con la canzone La nevicata del 56 scritta per lei da Carla Vistarini e Franco Califano. Ma altri impegni importanti l’attendono: il nuovo Lp da incidere a gennaio, lo show televisivo Europa Europa da condurre su Raiuno a marzo.
 
L'INTERVISTA

Intanto c’è questo tour invernale che la riporta stasera a Verona. E la musica c’è, insieme alla ritrovata gioia di vivere e di cantare.

E’ ancora immenso, profondo il piacere che mi ha fatto tornare tra i vivi – ci dice Mia Martini - , un piacere talmente grande da diventare una parte di me, qualcosa di sottile, delicato e tenero, che vive continuamente insieme a me. E’ stata una gioia immensa essere tornata al mio pubblico, una gioia pari per intensità ad un grande dolore: uno di quei dolori che sembrano opprimerti e distruggerti, e che senti poi dentro di te, parte di te, tanto da abituarti a quel peso, a farlo diventare un compagno di viaggio.

Cosa ti accadde ieri?

Tante cose, tutte terribili. Mi sentivo molto debole, non riuscivo a capire quale fosse la mia identità, tutto si stava confondendo, ciò che io volevo essere e ciò che gli altri volevano io fossi… Le infiltrazioni che mi arrivavano dall’esterno erano tante e troppo continue. Le lotte che dovevo fare erano immense, i miei nemici mi sembravano dei giganti. Mi sembrava davvero di combattere contro i mulini a vento! E così mi sono arresa, mi sono lasciata sopraffare, proprio per non finire stritolata. L’unica soluzione fu quella di ritirarmi, l’unica via d’uscita possibile.