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domenica 21 settembre 2014

Mia Martini - Oltre La Collina - 1971. Un esordio con il botto



Decisamente non una cantante rock, Domenica Bertè cominciò la sua lunga attività musicale nel 1963 con i primi singoli sotto il nome di Mimì Bertè. Dopo aver cambiato nome in Mia Martini, suonò per un breve periodo all'inizio degli anni '70 con un gruppo chiamato La Macchina ed un suono più vicino al rock. Il nome originale del gruppo, I Posteri, era stato cambiato quando diventò la band di Mia. Nell'estate del 1971 venne contattata dalla RCA che le offrì un contratto, ma senza il suo gruppo di musicisti. Fu con quel gruppo che Mia suonò nel giugno 1971 al "Festival d’Avanguardia e Nuove Tendenze" di Viareggio, organizzato come concorso, e vinse il primo premio, insieme alla Premiata Forneria Marconi e agli Osanna, ma fu con un altro gruppo (comprendente alcuni componenti dei Free Love) che la Martini registrò il primo singolo per la RCA, Padre davvero (RCA PM3589 - 1971), anche se il disco è attribuito a "Mia Martini e La Macchina" in copertina.
Dopo una serie di singoli incisi con il suo vero nome, Mimì Bertè, nel 1970 Mia Martini trova un nome d'arte più convincente grazie ad Alberigo Crocetta, e incide il suo primo album per la RCA Italiana. Oltre la collina comprende molte cover (tra cui The lion sleeps tonight), e altrettanti brani scritti da un giovane e sconosciuto Claudio Baglioni: in Gesù è mio fratello viene affrontato con grande intensità, il tema della fede.
L'album subì varie censure da parte della RAI: La vergine e il mare tratta di uno stupro; il testo di Padre davvero fu giudicato dissacrante, e venne modificato; anche di Amore... amore... un corno fu modificata una parte del testo
 
Il primo brano, "Tesoro, ma è vero", è proprio uno dei due che non fanno parte di questa storia (l'altro è "The lion sleeps tonight") e narra la vicenda di una donna cieca che vede il mondo con gli occhi del suo uomo... straziante il ritornello, nel quale la donna rivolge una disperata protesta a Dio per la sua condizione... angosciante il finale: la donna viene abbandonata dal suo uomo, per il quale, nonostante tutto invoca il perdono del Signore...
"Padre davvero", brano vincitore del Festival di Musica d'Avanguardia e Nuove Tendenze di Viareggio, ci introduce nella storia dell'album. Nel brano, da molti ritenuto autobiografico (circostanza, questa, smentita con decisione dalla stessa Martini), una donna si scaglia con violenza contro suo padre, rinfacciandogli tutte le colpe della sua vita, prima fra tutte quella di aver tradito sua madre, incinta di lei... il passaggio “e con mia madre dormivi nel fieno, anche in aprile e di me era piena” destò scalpore in tutti i salotti benpensanti dell'epoca... conclusione epica: la donna chiede a suo padre se è proprio sicuro che lei sia sua figlia... ovvio che una cosa simile non passasse in radio, il testo venne modificato in molti passaggi...
E arriviamo al primo brano firmato da Baglioni, "Gesù è mio fratello" (titolo originale, poi modificato in "Gesù caro fratello" nella versione cd)... nonostante il testo delicato che è un vero e proprio inno alla fede, il brano non passò in radio perchè si riteneva peccato nominare il nome di Dio invano...
Ed ecco la prima cover, "Prigioniero", tratta da "Stop, I don't wanna hear it anymore" di Melanine Safka... qua pare che si tratti effettivamente di un brano autobiografico nella quale la cantante ricorda la sua detenzione nel carcere di Tempio Pausania... Seconda cover tratta da "Into white" di Cat Stevens... brano in controtendenza con il resto dell'album, nel quale una donna parla della sua vita tranquilla nella sua casa costruita con pareti di orzo, cristalli di sole, dove tutto sembra soffuso di rosa e di benessere... ma nemmeno tanto in controtendenza, a dire il vero... è come se la donna tormentata ed infelice della quale si racconta aneli ad un po' di pace e tranquillità... e il brano serve quasi a prendere fiato per affrontare meglio ciò che verrà dopo...
E difatti, ecco irrompere un brano molto violento, cover di "Taking off" di Nina Hart, fin troppo esplicito a cominciare dal titolo, "Ossessioni"... urla di donna, cori incalzanti che spesso coprono la voce della stessa Martini... una ridda di parole che si rincorrono velocissimamente che ci rimandano l'immagine di una donna schiava del marito, della casa e dei figli, una donna disperata che ha dato tanto ma che in cambio non riceverà nulla, visto che il marito sta per mollarla...
"The lion sleeps tonight"... c'è poco da dire... a mio parere nell'album non ci azzecca nulla... forse l'unica funzione è quella di una pausa distensiva che precede il tema della violenza carnale che verrà affrontato dopo...
Ed ecco, difatti, la canzone dedicata allo stupro, "La vergine e il mare"... gli acuti a vele spiegate di Mia Martini narrano con parole fin troppo esplicite per l'epoca, un episodio di violenza carnale, nel quale tuttavia la vittima affonda quasi con un senso di masochistico piacere nel gorgo della violenza e della passione... un vero e proprio pugno allo stomaco... Non poteva mancare la canzone dedicata al suicidio... eccola, firmata da Claudio Baglioni, "Lacrime di marzo"... su una musica struggente, la voce disperata di una donna invoca amore dal suo uomo, ma l'uomo ride della disperazione della sua donna, ride anche quando lei si suicida... la voce di lei, postuma, annuncia il suo suicidio avvenuto il giorno prima e conclude dissacrante: le lacrime di giugno almeno non le piango più...
Dopo la morte per suicidio, non può mancare il "Testamento"... nella cover di "Au voleur", ritroviamo lo zampino di Baglioni... quasi un'ideale continuazione di Padre davvero... con la differenza che ora la donna non si scaglia solo addosso al padre, ma anche addosso alla madre, alla sorella, alla zia e all'uomo crudele della canzone di prima... con la scusa di lasciti ereditari a dir poco particolari, la donna lava in piazza i panni sporchi di tutta la sua famiglia...
Penultimo brano "Amore, amore un corno", firmato dalla premiata ditta Baglioni-Coggio, nel quale l'artista romano si presta a fare da seconda voce, brano con il quale Mia Martini partecipò al Cantagiro 1971 (da ricordare che il Cantagiro quell'anno non aveva classifica)... titolo particolare e dissacrante che annuncia la classica storia della donna che ama alla follia un uomo che non la ricambia di uguale amore... da antologia la coda strumentale del brano...
E arriviamo al capolavoro assoluto di tutto l'album, firmato da Claudio Baglioni, canzone che dà il titolo all'album... il brano nel quale le vicende dei protagonisti arrivano alla loro ideale conclusione non è una canzone... è un testo recitato introdotto dallo stesso Baglioni e da Loredana Bertè al quale si pospone la voce di Mia Martini... sulle note struggenti di Tesoro ma è vero, scorrono le parole tristissime che , come in un flash back, ripercorrono la storia narrata nell'album, storia di una famiglia sfasciata, di un amore infelice, di una violenza carnale e alla fine il suicidio, suicidio che interrompe la vita terrena di questa donna, il cui spirito continuerà incessantemente a cercare l'amore “un amore magari felice, oppure infelice, ma sì, tanto è lo stesso... mi basta solo che sia un amore".




NOTE: Ci sono due prime edizioni con lo stesso numero di catalogo, la prima realizzata nel 1971 e la seconda nel 1972. La prima contiene una serie di fotografie ed una selezione dei testi. La seconda, invece, contiene tutti i testi. E' stato ristampato nel 1974 (RCA PSL 10516 F375) e su CD nel 1991 (RCA ND 74550) Nella ristampa del 1991 la canzone 'Gesù è mio fratello' viene indicata come 'Gesù, caro fratello'. La prima edizione in formato musicassetta e stereotto ha una copertina diversa rispetto al long playing. La foto di copertina si ispira a quella scelta dai Nirvana per il loro 33 giri 'Local Anaesthetic. Ristampato su CD nel 2002 dalla BMG Ricordi - serie "Gli Indimenticabili" - etichetta RCA - catalogo 74321952272. Su questa ultima edizione il testo di "Oltre la collina" è pubblicato anche sull'ultima pagina di copertina.
Fonte: Il parere del GROG

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venerdì 19 settembre 2014

Mia Martini parla del look: dagli esordi a Giorgio Armani


 
 

Negli anni passati ho anche lanciato delle mode….quello della zingara, la bombetta, ma mio malgrado, perché queste sono cose che io indosso e che, magari, se poi piacciono, vengono imitati, non mi sono domandata il perché.. Sarebbe interessante che quelli del mio fans club parlassero del mio look, e non solo della mia musica….trovo che sia bellissimo.
Io, lavorando con Giorgio Armani per il Festival di Sanremo ( ’92 n.d.r.), ho avuto un’esperienza pazzesca, perché mi sono resa conto di una cosa che non avevo capito in quarant’anni dedicati alla musica, pensavo che essa si limitasse a vibrazione e suono ed emozione, invece no, va oltre. Ci sono altre maniere di interpretarle….c’è l’immagine, il potere tramutare anche questi piccoli giochi ironici, molto femminili, tra l’uomo e la donna, attraverso chiaramente la grande arte di uno come può essere Giorgio Armani e trasformarli in tanti particolari splendidi. Per esempio, quelle cravattine che avevo al collo, gli orecchini, sono dei giochi che sono sempre la continuazione della musica.
L’immagine è  bellissima, è importantissima, io sono disposta a sperimentare, fino a un certo punto, la prima cosa, infatti, che ho detto ad Armani, due tre mesi fa, quando sono andata a proporgli di curare questo aspetto, lasciandole naturalmente la cassetta con il provino de Gli uomini non cambiano, il testo, accenni sull’album Lacrime, gli ho detto: io voglio solo te, voglio soltanto i tuoi abiti, però ricordati che ho delle esigenze precise, cioè io devo cantare e per me vuol dire il massimo della concentrazione e assolutamente non posso distrarmi per nessuna cosa.
Io sono una musicista, prima di essere una cantante, per cui ho bisogno, se sono in teatro, devo fare attenzione ai cavi, alle chitarre, alla batteria, agli strumenti, e quindi ho bisogno di un abbigliamento che, sempre conservando questa femminilità, ed è importante, visto che sono una femminuccia (ride), alla fine ritengo sia utile non ricordarmi di avere qualcosa addosso. Se c’è la penza che mi tira o un tacco che mi da fastidio, cose che possono sembrare dei particolari stupidi, ma, in un concerto che dura più di due ore, a lungo andare possono diventare dei grossi problemi. Devi pertanto vestirmi come se io non avessi addosso nulla.
Questa è l’unica esigenza che ho avuto e Armani, che è un grande artista, mi ha risolto questo problema, perché gli abiti che mi ha preparato era come se non ce li avessi addosso, di una comodità incredibile, come avere una tuta.
Mi piacciono tutti gli abiti di Giorgio Armani. Amo la sua eleganza, il fascino sottile delle linee, la ricerca nei tessuti e nei colori, la creatività negli abiti da sera. Con i suoi vestiti, mi sento a mio agio, perfettamente a posto in qualsiasi momento della giornata, e molto femminile alla sera..
Elaborazione del testo: Pippo Augliera
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sabato 6 settembre 2014

Mia Martini racconta il suo legame con Bagnara basato sui ricordi e sull’amore


 
Sono nata a Bagnara e vi sono rimasta soltanto 18 giorni, però non ho mai pensato di appartenere ad altre regioni. Sono tornata spesso a Bagnara, città di mia madre, e a Villa San Giovanni, città di mio padre, per le vacanze. Sono una calabrese purosangue. Tutti i miei parenti più stretti abitano appunto a Bagnara, Scilla, Villa e Reggio. La Calabria è quindi la mia regione.

Le mie radici sono a Bagnara,   le mie radici sono tutto per me, sono la mia sola sicurezza, l’unica cosa certa della mia vita. Io sono la Calabria!  Noi del sud siamo più sanguigni, sentiamo le cose più attraverso l'intestino, sono talmente forti che non ci nascondono mai la realtà, non le camuffano, non attenuano nulla nella loro violenza, sono talmente chiare, anche se sono crude e fanno male.
Da donna volitiva e anche abbastanza autoritaria, perché sono, appunto, di Bagnara Calabra  - lì le donne hanno inventato il commercio – io volevo fare esattamente quello che avevo in testa di fare. Sono stata sfortunatamente aiutata dal destino, perché mio padre si è tolto dalla competizione da solo, nel senso che è andato via dalla nostra vita, si è separato da mia madre, per cui io non dovevo imporre la mia volontà a nessuno, ero praticamente libera. E’ molto triste essere persone libere, credo che sia una delle cose più terribili che possa capitare ad una donna, specialmente quando è giovane.

Ho passato lunghi periodi a Bagnara, in Calabria, il mio paese d’origine con il mio cane che poi è morto. E’ stato un grande dolore, stava con me da 16 anni . Soprattutto  ci sono stata quando ho mollato,  nel 1983: si era spezzato l’equilibrio, e in tutta la mia fragilità sono crollata. Cioè è crollata Mia Martini, la parte esteriore di me, mentre è rimasta, anzi si è liberata la mia vera identità. In quel momento non avevo scelta, era la ricerca di me che dovevo affrontare. Ho rotto con Fossati e mi sono messa alla ricerca di me stessa. Mi sentivo un mostro, come Fossati diceva che ero. Credo, infatti, che non sia giusto per nessuno essere il punto di riferimento totale perché  è  una dipendenza terribile. Ciò dà all’altra persona una grande responsabilità, un bagaglio troppo pesante.    
Io nasco dal mare come una sirena, perché nasco a Bagnara Calabra che è un paese di pescatori, si pesca il tonno, il pesce spada. Come dicevo, io ho avuto bisogno di cercare me stessa e ho cominciato dalle mie origini, cercando mio padre. A Bagnara andavo spessissimo con i pescatori a pescare il pesce spada e il tonno. Ci sono addirittura pescatori che pescano ancora con la fiocina in maniera proprio romantica e il mio pescatore mi ha aiutato a ritrovare dentro di me la strada esattamente come avrebbe fatto il guardiano del faro. Anche lui scrutava, ed era importantissimo, per ore ed ore il mare, sono persone che parlano poco, mi avrà detto cinque parole in due settimane, però mi ha insegnato veramente tantissime cose.

Ho sempre nel cuore il rione Marinella di Bagnara, il sapore del mare, la visione meravigliosa dello Stretto, l’immagine della pesca notturna con le lampare, l’incredibile caccia al pescespada. Mi fermo spesso  a casa di zia Sarina per riscoprire assieme il calore del focolare domestico. Al contrario di molte mie colleghe, io in cucina sono brava. La mia specialità sono le lasagne con il pesto: il basilico lo coltivo sul terrazzo di casa mia, insieme con altri ortaggi. Mi piacciono i sapori della natura, le cose fresche e genuine. Se qualche volta ho dei dubbi telefono a mia zia a Bagnara e mi faccio dare spiegazioni, mia zia è una cuoca eccezionale, è la mia maestra.  Mi ritengo figlia di “Gazziano”, il torrente da cui trae origine la vicenda di Bagnara. Tornare in Calabria è come tornare da mia madre o da mio padre.
Ho dedicato alla mia terra la canzone “Lucy”, poco conosciuta, ma bella, cantata nel nostro tipico dialetto calabrese, anzi reggino, anche se tutte le mie canzoni hanno i colori del Mediterraneo. La parte cantata in dialetto riguarda una filastrocca che mio zio Rocco recitava sempre. Le parole di essa variano, anche se di poco, di paese in paese: io ho scelto ovviamente la versione conosciuta a Bagnara Calabra.
Non mi sento in grado di lasciare messaggi ai miei conterranei ma vorrei semplicemente dire loro di andare sempre avanti, con la forza di volontà che ci contraddistingue per superare i momenti di difficoltà che si presentano. E di avere sempre fiducia nel domani, in un domani migliore che premi le aspettative e i sacrifici compiuti.
Dichiarazioni tratte da diverse interviste. Elaborazione di Pippo Augliera

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