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sabato 24 dicembre 2011

Mia Martini: Minuetti d’autore a Marechiaro e un disco con Roberto Murolo




Mia Martini a metà strada tra il jazz e la canzone napoletana. La cantautrice, in vacanza a Capri, sta ultimando il suo prossimo album. 'Presterà' la sua voce per alcuni brani scritti da Enzo Gragnaniello, Ivano Fossati, Mauro Pagani e i Beatles.


Mia Martini e il jazz. Ma anche Napoli ed il suo emblema musicale: Roberto Murolo. Due esperienze che la cantante di Bagnara sta vivendo con molto entusiasmo, consapevole di aggiungere un altro importante capitolo alla sua vita di cantautrice.

Era un po’ di tempo che volevo avvicinarmi al jazz, spiega la Martini mentre sorseggia una spremuta d’arancia. Ed invece, stranamente, è capitato che il jazz si sia avvicinato a me.

E’ appena giunta a Capri, dove sta trascorrendo una breve vacanza, ma gli impegni la vogliono a Roma per decidere del suo prossimo album.
Si aggiusta con eleganza il largo cappello di paglia circondato da un intreccio di foglie, ma lascia che i piccoli occhiali scuri risaltino su di un volto rilassato e sorridente.

Come è nata l’idea di cantare con il quintetto di Maurizio Giammarco?
Tutto è partito dalla Gala records che ha pensato di dedicare un’antologia jazz a Lucio Battisti. Si intitola Ci ritorni in mente… A me hanno proposto di cantare Pensieri e parole, insieme a Maurizio Giammarco. Da lì è nata la scintilla. Lui è bravissimo, ha riarrangiato in maniera davvero raffinata alcuni brani come Vola di Fossati, Va a Marechiaro di Enzo Gragnaniello, La mia razza di Mauro Pagani, un pezzo dei Beatles e siamo partiti in tournèe…

Dal punto di vista della tecnica vocale, come valuta questa esperienza?
Io continuo a cantare a modo mio. Mi fa ridere l’idea che una cantante si metta a fare giochini vocali, lo skate, cose strumentali. Non so, lo trovo ridicolo…La voce deve dire delle cose. L’aspetto che più mi piace di questa tournèe che sto facendo è senza dubbio l’accostamento tra il testo e la musica jazz. E’ un genere che amo molto, soprattutto quello strumentale. Mi piacciono Keith Jarrett, Thelonious Monk, Mingus. Lo confesso…il jazz cantato non l’ho mai seguito molto.

Come è nato questo amore improvviso per il grande maestro?
E’ nato da un incontro delizioso, piacevole, avvenuto a Roma l’anno scorso a casa di amici. Abbiamo cominciato ad improvvisare qualche canzone con lui e Renato Carosone. Poi, conversando ho scoperto la sua simpatia e quando il manager Peppe Ponti mi ha proposto di far qualcosa con lui ho accettato senza riserve.




 Veniamo alla canzone napoletana. Può raccontarci cosa sta preparando con Roberto Murolo?
Sto partecipando ad un suo disco ed è una cosa che faccio con piacere immenso, con una grande gioia. E’ un’esperienza bellissima. Non conoscevo bene Murolo, adesso sto leggendo la sua biografia, sono affascinata da una vita così avventurosa.

Quali brani canterete nel prossimo disco?
Un pezzo inedito, che potrebbe essere di Enzo Gragnaniello, il più bravo dei moderni a mio avviso, e poi un classico napoletano, che dobbiamo ancora scegliere. Il repertorio è vastissimo, ma ci siamo già indirizzati su due altre cose, come ‘Na sera ‘e maggio, ‘O marinariello ed un brano di Ernesto Murolo, il padre. Ma lui ha una voce solare, che mette serenità. E’ dolcissimo e ti mette a tuo agio, anche quando ti rimprovera, come è accaduto mentre cantavo il verso ‘amore è facile, tutto ‘o difficile’. Mi ha bloccato tre volte spiegandomi con il sorriso sulle labbra la dizione esatta.

Adesso Murolo, ma in passato lei ha suonato con Charles Aznavour, con Vinicius deMoraes, con Jorge Ben. Che importanza hanno avuto nella sua vita?
Ognuno di loro ha lasciato dentro di me una traccia profondissima. Più di tutti sicuramente De Moraes che mi ha insegnato la poesia. Ma io filtro tutte le esperienze. Anche Giammarco mi ha dato qualcosa dal punto di vista musicale. Così come Fossati mi ha portato nel mondo dei cantautori. Murolo è un amore recente, ma sento che è un rapporto intensissimo. Forte. Destinato a crescere e durare per sempre.

Nino Marchesano La Repubblica giovedì 27 giugno 1991


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martedì 11 ottobre 2011

Mia Martini ospite a Radio Montecarlo in "Radici" anno 1985 3a puntata






RADICI è un programma trasmesso da Radio Montecarlo e condotto da Mario Conti. Mimì è stata ospite per cinque puntate, nelle quali ha avuto la possibilità di parlare soprattutto dei suoi gusti musicali e delle sue colleghe - compagne di viaggio preferite.

Terza puntata - 31 Luglio 1985


I. Buongiorno, è timida la tua cagnolina, vero?
M.M. Movie timida? No, no, lei è comoda, è molto vecchia, ha dodici anni e si vuole riposare. Si domanda: perché c'è tutto questo inferno, sale, va in braccio, poi scende, si chiede: 'allora questi prati?
I. Buongiorno a Mia Martini - qui a Radici - Buongiorno da Mario Conti, che si sta beando di questa scaletta scelta da lei. Oggi vogliamo fare tutta una puntata dedicata alle donne.
M.M. Certo, viva le donne!

I. A questo punto, lo spieghi.
M.M. Viva le donne! Cosa c'è da spiegare? Non ti piacciono le donne?

I. Certo, molto.
M.M. Allora dovresti dirlo più tu che io.

I. Io faccio un discorso antifemminista e tu invece...
M.M. Guarda, io non sono femminista, non lo sono mai stata, io sono per quella donna che non ha i complessi creati nei secoli dagli uomini. io non auspico un ritorno alla società matriarcale, come era all'inizio dei secoli. Chiaramente però, ti dirò che leggendo, visto che io amo molto fare degli studi sui pianeti, ho scoperto che la luna era la deità nel periodo matriarcale. Dopo è arrivato l'uomo e ha detto: 'il dio sono io'. Eppure la luna è affascinante, la luna è la donna, la luna è la fragilità; anche se poi la donna non è la fragilità vera, è delicata ma nella realtà è fortissima.

I. Troppo!
M.M. Perché troppo? No, no questo tuo troppo significa solo una cosa, un 'troppo' in confronto a voi uomini che invece siete molto più deboli, se invece foste un 'filino' più forti...

I. Ma siamo deboli perché siamo più buoni, perché in fondo facciamo tenerezza.
M.M. Non trovare scuse ridicole, siete deboli perché non capite, non è per bontà, siete deboli per ignoranza...

I. Grazie, molto gentile.
M.M. Prego, quando vuoi ce n'è per tutti!!! Ce ne ho dei bauli...

I. Iniziamo con un brano di una donna...
M.M. ...Iniziamo con un grande mio amore: Gabriella Ferri

I. Gabriella Ferri, una donna di ferro - scusa la battuta scontata in effetti è così - , è una donna che ha sempre dato molto al mondo della canzone con i suoi testi un po' duretti a volte.
M.M. Non credo che Gabriella sia tanto forte, si impone di esserlo, ma nella realtà la ritengo una donna veramente fragile perché è molto sensibile.

I. Bene, hai scelto Gabriella per una questione di dialetto?
M.M. Più che di dialetto, diciamo di atmosfera, di suono popolare o 'popolano', se vogliamo, per ricollegarmi ad un mio brano Lucy che ho scritto per il retro di Spaccami il cuore e che ho dedicato ad una mia carissima amica che abita a Milano. Nella realtà Lucy per me qui significa la madre, la terra, la vita. Questo è un brano che mi è stato anche ispirato dal mio paese che è Bagnara Calabra , è dedicato un po' a tutti gli uomini e agli studi sulla luna. Lucy -luna d'occidente- la madre che rappresenta il Nord, Milano; nella seconda parte il sole d'oriente, il padre, il Sud, Bagnara... che ti brucia gli occhi e nel mezzo questa preghiera a non odiarsi, a non dividersi. Sarebbe ora di fare una vera unificazione dell'Italia e di considerare il Sud non una cosa alla quale ci si aggrappa nei momenti che sanno più di opportunismo. E' un discorso molto complicato, questo di Lucy, forse è meglio ascoltarlo.

I. Siamo qui in piena atmosfera femminista, oggi sono arrabbiato con Mia perchè ha detto che gli uomini sono ignoranti, ci ha trattato malissimo per cui sarò cattivissimo. Assolutamente no, anzi, visto che abbiamo parlato di donne, un'altra famosa cantante italiana è tua sorella...
M.M. Si...si, certo...

I. Chi stavi per dire?
M.M. Stavo per dire Mina, veramente...

I. Adesso se ti ascolta Loredana sono guai...
M.M. No, no, Loredana qui non c'entra niente, perché io non riesco a considerarla una cantante, per me è principalmente mia sorella, ma se parli di una famosa cantante italiana, io, dopo Gabriella Ferri mi ricollego a Mina, non è per fare uno sgarbo a mia sorella.

I. Senti, una domandina un po' curiosa: in questi ultimi anni, Loredana ha avuto molto più successo di te, a livello di pubblico e di vendita di dischi, cosa che invece dieci anni fa era al contrario. Tu non hai sofferto di questo cambio di rotta?
M.M. No, assolutamente, perché devo dire che tutto ciò che mi capita nella realtà non è casuale... sono io che faccio delle scelte precise. Da molto tempo non realizzo dei dischi che sembrano fatti apposta per essere venduti, su questo non c'è alcun dubbio, io faccio quello che amo, non per un mio egoismo personale ma proprio per il motivo di cui parlavamo in qualche trasmissione fa. Dare te stessa al pubblico o a una causa e bisogna farlo senza preoccuparsi dei rischi, io do delle cose che per me sono della pietre preziose, delle stelle. E' normale, quindi, che ci sia stato questo calo di vendite da parte mia di dischi, devo dire però che il pubblico mi da dimostrazione di grande amore in altri modi, ricordando nei concerti i miei brani, anche se al momento non si vendono molto. Scopro poi che ce li hanno tutti nella loro personale discoteca, perché li comprano attraverso gli anni, si vendono,ancora oggi, quelli dei '70, dopo ben 15 anni. E' una dimostrazione di grande amore ed è forse quella che preferisco.

I. Ci ascoltiamo, allora, Mina e poi parliamo.
M.M. Un anno d'amore è uno dei tanti capolavori di Mina che è un'altra mia amatissima compagna di viaggio.

I. Questa grande voce ma anche grande personaggio...
M.M. Grande cuore, grande mamma, Mina è veramente una grande mamma.

I. Ho conosciuto il figlio di Mina e devo dire che l'ha tirato su bene, perché è un ragazzo molto serio e preparato.
M.M. Sì, Massimiliano è un pochino troppo serio, io lo trovo molto maturo per la sua età, scrive dei testi che non ti aspetteresti mai da un ragazzo.

I. Vuoi annunciare l'ultimo brano di questa terza puntata, che sarà?
M.M. Che sarà? Tanto per rimanere con le donne, visto che oggi la trasmissione è dedicata a loro, propongo un'altra personalità femminile, affascinante, sconvolgente e completamente diversa: Kate Bush...

I. ... Con le sue Cime Tempestose, ma che a un certo momento è scomparsa, non si è fatta troppo sentire...
M.M. ...Come? Ha fatto due anni fa un LP splendido.

I. Sì, però a livello di pubblico è esplosa con Cime Tempestose e poi si è un po' eclissata.
M.M. Io ho tutti i suoi dischi. Kate Bush, cosa aspetti a portarmi altro, che non ne posso più? Voglio sentire il nuovo disco! Lei è una grande artista, non fa dischi stagionali da vendere in determinati periodi dell'anno, lei li fa a completamento di un grande lavoro di ricerca, che può durare anche degli anni. Quando, però, arriva il disco hai qualcosa di veramente prezioso nelle mani.

I. Noi ci ritroviamo nuovamente domani per un'altra puntata...
M.M. Okay, sempre su questa Radio. Ciao.


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domenica 18 settembre 2011

Chez Mimì intervista Mia Martini (Forlì 1991)




Questa volta la chiacchierata con Mimì si svolge in un ambiente più comodo, in una hall di un albergo a Forlì che, senza ombra di dubbio, favorisce gli scambi comunicativi. La raggiungo da Rimini dove sono in vacanza., in un caldo pomeriggio di luglio. Non siamo soli, è presente Angelo Valsiglio, musicista napoletano di estrazione jazzistica.


Mimì appare in buona forma, completamente struccata e in versione pantofolaia che contrasta con la sua voglia, più che mai attuale, di sperimentare nuove possibilità:
In Italia mi annoio, non mi diverto, le uniche cose che mi hanno stimolato sono state le collaborazioni con Dee Dee Bridgewater e l’armonicista Toots Thielemans con i quali ho interpretato Imagine di John Lennon dal vivo e il duetto con Claudio Baglioni.

Considera una esperienza interessante la tournèe estiva con il quintetto jazz di Maurizio Giammarco, un sottile senso di sfida alle regole del mondo discografico:
Sono grata a Maurizio per aver capito da subito che non avevo alcuna intenzione di scimmiottare la cantante jazz o di costringere i musicisti a suonare come un gruppo pop. Non ho la presunzione di improvvisare uno ‘scat’, sarebbe come prendere in giro Sarah Vaughan e Ella Fitzgerald. Al contrario, ascolto con molta attenzione, perché voglio imparare ad amare sempre di più questo mondo di sensazioni per me completamente nuove, cerco piuttosto di usare la mia voce con una apertura mentale ancora maggiore che in passato. L’eccitante di questi concerti è continuare ad essere me stessa, però in un modo ed in un contesto musicale assolutamente diversi e lo stesso vale per loro. Voglio cercare di entrare in questo mondo che, per ora, non mi appartiene. Ma senza nessuna presunzione, voglio farlo con dolcezza, anche se il tempo è così poco. Ad esempio, qualche anno fa avevo inserito Come together nei miei concerti e ne era venuta fuori una versione ibrida, vagamente jazz ma con una buona dose di rock. Stavolta invece la suono insieme a jazzisti veri, che non devono marcare ciò che già appartiene a loro. Forse ero più a mio agio prima, ma le situazioni troppo comode, purtroppo, non mi danno pace, non è facile cantare jazz, i musicisti che mi accompagnano sono fondamentalmente dei solisti. Possono suonare con tutti, quello che conta è il loro ‘solo’. Così all’inizio pensavo che potessi fare la stessa cosa con la voce. Non è possibile. Ho bisogno di sentire una comunione con tutti e non posso trasformarmi in…un sax. Non credo, però, che il suo quintetto sia divenuto pop…

E’ elettrizzata e affascinata, mentre continua a parlare:
I miei fans sono un po’ disorientati, come pure il classico pubblico jazz, che è sempre stato un po’ distante dalla canzone, ma mi interessava l’incontro fra due mondi musicali. Ho intenzione di realizzare un album live, abbiamo già registrato in qualche tappa con uno studio mobile. Il disco, che si può considerare da archivio, dovrebbe vedere la luce ad Ottobre. Un modo per riproporre alcuni miei brani, come Vola, o La mia razza con una formula nuova e per cantare canzoni di autori che amo come Pino Daniele, Ivano Fossati, Lucio Battisti, Enzo Gragnaniello e Maurizio Giammarco o standard jazz come Estate di Bruno Martino o Love for sale di Cole Porter . Ho avuto modo di riascoltare alcuni brani, sono rimasta meravigliata, mi sono abbastanza coinvolta, ma non credo che continuerò a cantare jazz..
Non mi sono mai piaciute le rigide divisioni di generi, mi piace rischiare, sperimentare, emozionarmi quando canto, perché solo così posso emozionare chi ha voglia di ascoltarmi. Rock, jazz, canzone d’autore, musica leggera… sono solo definizioni di comodo, la gente ama qualcosa che colpisce al cuore, non una stupida definizione.
I miei discografici mi chiedono un disco di inediti, addirittura mi hanno proposto di realizzare un disco di inediti con
Pasquale Panella, il paroliere degli ultimi lavori di Lucio Battisti. Ho detto a Panella di farmi leggere alcuni testi. Me li ha portati, non ho capito molto, mi sembravano delle macchie. Io posso cantare solo brani che sento emotivamente, gli ho suggerito di concentrarsi maggiormente sull’esaltazione dell’irrilevante, se ne è andato contento.

Si passa, naturalmente, ad altre anteprime:
Ho trovato anche il tempo di registrare con Roberto Murolo un brano nuovo splendido scritto da Enzo Gragnaniello, Cu’mme che verrà inserito in un album che alcuni cantautori dedicheranno a questo grande artista insieme a un classico che dovrebbe essere O marenariello. Questo amore artistico è nato da un incontro delizioso, piacevole, avvenuto a Roma l’anno scorso a casa di amici. Abbiamo cominciato ad improvvisare qualche canzone con lui e Renato Carosone. Poi, conversando ho scoperto la sua simpatia e quando il manager Peppe Ponti mi ha proposto di fare qualcosa con lui ho accettato senza riserve. E’ stato emozionante entrare la prima volta a casa sua, dove ha vissuto anche il padre Ernesto e che ha quasi un secolo di storia. Mi ha portato nello studio di registrazione, tenendomi per mano come una bambina, aspettavo che iniziasse lui con la sua chitarra e invece mi ha detto ‘piccerè canta’: sono rimasta sorpresa. E’ stato difficile imparare la pronuncia esatta delle parole, Roberto è estremamente pignolo, ma dolcissimo, anche quando ti rimprovera, come è accaduto mentre cantavo il verso ‘ amore è facile, tutto ‘o difficile ‘. Mi ha bloccata tre volte con la sua voce solare che trasmette serenità, spiegandomi con il sorriso sulle labbra la dizione esatta.

Mia si illumina nel raccontare questo aneddoto, nel frattempo Angelo Valsiglio propone l’ascolto di una cassetta e prende le redini della conversazione:
Anni fa ho scritto Oramai per Fiordaliso e alcune cose con Claudio Cecchetto. Poi mi è venuta la nausea e ho cercato all’estero altre forme di collaborazione più valide. Adesso mi piacerebbe tornare alla grande con alcuni pezzi magari cantati da Mia che, a mio avviso, rimane il punto d’arrivo per la musica italiana. Ho intenzione di contattare Pino Daniele che è un mio grande amico e con il quale ho collaborato alla realizzazione della colonna sonora di un film di Massimo Troisi perché voglio scrivere con lui un brano per Mia, che dovrà essere bello, di livello qualitativo senz’altro superiore a In questa città, confezionato appositamente per Loredana Bertè.

Propone l’ascolto di una cassetta contenente un provino.
Questo pezzo è stato scritto in collaborazione con Giancarlo Bigazzi, si intitola Fammi sentire bella, ed è stato tenuto nel cassetto perché desidero che sia interpretato solo ed esclusivamente dalla tua voce. Bigazzi, che non è potuto venire, mi ha chiesto di riferirti che il suo sogno è quello di vincere Sanremo con Mia Martini.

Immaginiamo già il pezzo interpretato da lei in maniera struggente: Stasera quando tornerai fammi sentire bella, bella come il mare, come era fino a ieri il nostro amore…stasera quando tornerai fammi sentire stella al centro del tuo cielo e della tua malinconia ed allegria...

Vedremo, quindi, Mia Martini sul palcoscenico del Festival dei fiori?
Ci andrò solamente se avrò almeno una decina di pezzi buoni per la realizzazione di un album.

A questo punto, Mimì, dopo aver ascoltato con attenzione il brano, si alza e si congeda da noi in maniera affettuosa, come al suo solito. Deve andare a prepararsi per il concerto.
Lo spettacolo inizia con l’intro del quintetto ‘jazz project’ e Maurizio Giammarco che presenta Mia Martini che esegue La mia razza.
Mimì saluta il pubblico e racconta del loro incontro avvenuto in sala d’incisione, in occasione del disco Ci ritorni in mente dedicato a Lucio Battisti. Viene introdotta così la bellissima Pensieri e parole con una interpretazione da brivido che infiamma gli spettatori.
Sul finale, alla richiesta del bis, visto che la scaletta è rigorosa, regala la splendida “Donna” cantata sulla base.

Intervista realizzata da Pippo Augliera per Chez Mimì

Il video di Imagine con Dee Dee Bridgewater
http://www.youtube.com/watch?v=GiGuP7JgP_s

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mercoledì 3 agosto 2011

Mia Martini/Loredana Bertè Sensualità&Sessualità



L’uscita in contemporanea di due stupendi album
permette, per la prima volta di fare il punto su un binomio
al femminile della nostrana musica leggera.

Il mondo dello spettacolo è pieno di figli d’arte, di fratelli e sorelle le cui carriere procedono tra confronti e paragoni (specie se lavorano nello stesso campo) fino a quando l’affermazione di uno segna, in qualche modo, la perdita di terreno da parte dell’altro. Spesso seguono litigate clamorose e riappacificazioni per il bene della famiglia e così chi è in vantaggio cerca di lavorare anche per il bene comune ma sempre con le debite distanze e non perdendo occasione per sottolineare, in caso di successo anche per chi era rimasto al palo, come il proprio apporto sia risultato determinante. Inutile fare nomi al proposito: queste sono cose che succedono da quando il mondo è mondo e nessuno se ne meraviglia più di tanto... dopo tutto di Caino e Abele si parla della notte dei tempi. Forse proprio per questo motivo le carriere artistiche di Loredana Bertè e Mia Martini, sorelle con qualche anno di differenza, sono sempre state tenute debitamente separate: obiettivo comune di successo ma strade diverse per raggiungerlo prima di diventare tutt’e due di casa. Mimì con un piccolo anticipo, nell’ olimpo della musica leggera giovane del nostro paese.Ma qual è il mondo delle sorelle Bertè (Martini è un nome d’arte)? Innanzitutto va detto che il loro legame è solidissimo e così si deduce di quello con la famiglia (ricordate ‘Padre davvero’, la canzone di Mia che attaccava violentemente il rapporto padre-figlia esprimendo grossi rancori generazionali? Poi il tempo ha mitigato tutto, tanto è vero che l’ultimo disco della Martini è dedicato proprio a suo padre): le sorelle Bertè comunque non sono signore. Loredana l’ha cantato e Mimì lo sottolinea aggrottando le ciglia soprattutto quando l’accostano a Mina e alla Vanoni.
Le signore – precisa – sono loro ed è giusto così, io non ci tengo affatto ad esserlo. Il mio mondo è fatto di pochi affetti, qualche amico, qualche pianta, musica e cucinare.. sono una golosa e poi mi piace proprio, starei ore a cucinare.. il guaio è che poi mangerei tutto e non si può fare. Poche persone quindi.. me ne sono successe tante e allora meglio andare con i piedi di piombo ed evitare altre delusioni, altri dolori. Non è un discorso triste, assolutamente: è una questione di scelte. Io ho fatto le mie e mi va bene così, sto bene, lavoro bene insieme a persone che mi stimano, mi diverto. Non è poco.

Ma non è tutto oro quello che luccica: Mimì, per esempio, è tornata alla ribalta solo lo scorso anno dopo un periodo di quasi tre anni passato a ricucire le ferite aperte da incomprensioni artistiche e personali. Incontrarla oggi e soprattutto ascoltarla cantare fa nascere immediatamente questa domanda: ‘Come mai Mia Martini, cantante oggettivamente brava ( a questo proposito nessuno discute, la critica specializzata presente all’ ultimo festival di Sanremo ha premiato la sua ‘E non finisce mica il cielo’ ) non è uno di quei personaggi che hanno un successo clamoroso? Come mai tanti sbandamenti dopo il clamore degli esordi? Mancanza di preparazione, di attitudine mentale al successo oppure... sfortuna?’.
Girate questa domanda a Mimì e la vedrete, come è successo a noi, quasi punta sul vivo.

Ti riferisci al fatto che dicono che porto sfortuna? – dice con foga, travisando il senso della domanda . Bene, è ora che affrontiamo anche questo argomento che nasce soltanto dalla stupidità di persone che consideravo amiche, che mi stavano vicine quando questa fesseria è venuta fuori. In un primo momento non ci ho fatto caso perché ero convinta che le persone intelligenti non avrebbero dato il minimo credito a queste dicerie. E invece... probabilmente c’è molta gente stupida o quanto meno condizionabile da chi è in malafede... fatto sta che mi hanno appiccicato questa spiacevolissima etichetta e io per lungo tempo ho evitato l’argomento anche perché nessuno faceva domande precise. Ma adesso basta: ne ho parlato con Shel (Shapiro, produttore del suo ultimo album, ‘Quante volte.. ho contato le stelle’) e lui mi ha consigliato di affrontare l’argomento. E non è facile credimi.. cioè dipende dalla persona che hai davanti..

Mimì ( il nomignolo le sembra cucito addosso ed è stato il titolo del penultimo album, quello dello scorso anno, che ha dato il via al rilancio della Martini) ‘affronta l’argomento’, di per sé molto spiacevole, con graduale serenità che, una volta esaurito questo sfogo (comprensibilissimo), le consente di rispondere anche agli altri interrogativi della domanda iniziale.

• ANNI ’70: PRONTE ? VIA

In effetti – continua - il successo di ‘Minuetto’, ‘Piccolo uomo’, ‘Padre davvero’ è stato qualcosa che ha scombussolato quella che era la mia vita. Da un punto di vista artistico si trattava di un periodo pieno di fermenti, i primi anni ’70, e io nascevo in una situazione da festival pop, abbastanza lontana dai meccanismi del mercato. Poi entri in classifica, diventi personaggio tuo malgrado e alla fine ti accorgi che non è quello che volevi, che i ritmi ti travolgono e tu non sei preparata, vorresti fare altre cose... per questi motivi mi sono fermata dopo l’uscita di ‘Danza’, un album che io amo molto anche se non è stato promosso quasi per niente e il grande pubblico quindi non lo conosce’.

Anche gli esordi di Loredana meritano alcune considerazioni. Evitando qualsiasi paragone con la sorella che godeva già di un discreto successo, Loredana saltò alla ribalta più che per i suoi albums (‘Streaking’, ‘ Normale o super’, ‘Tir’), che presentavano comunque una manciata di canzoni discrete, per il suo personaggio iniziale……..

STELLE DA CANTARE E LUNA IN ALTO MARE

 
Anche nella carriera di Mia c’è una sterzata netta, quello dell’album ‘Danza’ la cui mancata promozione ha innescato una serie di problemi tra l’artista e la casa discografica che ha portato alla rottura del contratto da parte di Mia con i conseguenti problemi economici in parte risolti dai nuovi discografici della Martini.

Con ‘Danza’ è successo che io volevo un altro indirizzo artistico perché mi ero stancata di un personaggio da cantante tradizionale che non era mio anche se mi ha dato soddisfazioni come cantare all’ Olympia di Parigi con Aznavour, cose che in Italia pochi sanno proprio perché la promozione che ricevevo io non era minimamente caratterizzata dalla mia vita artistica ma solo dai dischi. Solo quelli contavano e alla loro maniera naturalmente: così, quando ho deciso la copertina di ‘Danza’, la coppa di champagne presa a calci che significava visualizzare le mie interpretazioni, loro hanno detto di non essere d’accordo ed è cominciato un periodo di scazzi.

E il lavoro di Mia consiste nel cantare (e anche scrivere ma l’aspetto è secondario ‘Perché l’importante è sentire le cose che si cantano’) le cose che sente con la sua splendida voce che nonostante qualche problema (Un intervento alle corde vocali mi ha fatto perdere un qualcosina di quelle famose tre ottave che facevano di me un fenomeno da baraccone – dice a proposito Mimì – e adesso sono più tranquilla anche perché non devo sempre essere al limite per dimostrare qualcosa a qualcuno), resta sempre l’aspetto più bello della sua produzione senza nulla togliere ai meriti dei suoi collaboratori, musicisti e autori che siano. Quando scrive per sé o quando fa sue le canzoni che le vengono proposte, quando esprime cioè compiutamente la sua anima artistica e creativa, Mimì dimostra subito di non essere un personaggio tradizionale (qualcuno l’accosta a Mina e alla Vanoni) ma un’artista al passo con i tempi sia per quanto riguarda le tematiche che per la musica, sempre al servizio della formula canzone ma attenta ai gusti del pubblico aperto a grandi fenomeni della musica giovane. “Quante volte.. ho contato le stelle” è, da questo punto di vista, un prodotto ben confezionato, grazie anche al gusto e alla sensibilità di Shapiro, il cui apporto Mia ritiene ‘determinante’, e all’equilibrio tra suoni acustici ed elettrici tutti magistralmente legati dalla voce di Mimì e dalle sue interpretazioni sempre più belle.

STRETTAMENTE PERSONALE

Si era fatto, qualche riga fa, un accenno al legame sentimentale tra Mimì e Ivano Fossati. Non è questa la sede per parlarne (tra l’altro i soliti, saputo della collaborazione tra Loredana e Ivano, hanno subito malignato rischiando la querela – Loredana era fuori di sé dalla rabbia- senza minimamente incrinare il rapporto tra le due sorelle che si vogliono un bene dell’anima – facilmente constatabile dalla luce degli occhi quando una delle due, senza nessuna differenza, parla dell’ altra – che non può essere messo in discussione da tali idiozie) ma ecco come Mimì spiega il fatto che Ivano lavori con Loredana piuttosto che con lei.

All’inizio, seguendo un consiglio che ci hanno dato in molti, abbiamo lavorato insieme ma non è stato facile.. si finiva per trasportare anche nel lavoro le tensioni del rapporto, tensioni normalissime come quelle di tutti, creandone altre ancora e così dopo ‘E non finisce mica il cielo’ ci siamo detti di comune accordo che era meglio non lavorare insieme. Ivano mi ha consigliato Shel e devo dire che non sbagliava: Shel è bravissimo come musicista ma è soprattutto una persona che mi aiuta a stare bene, a vincere i miei timori, le mie paure.. un amico. Abbiamo lavorato con amore, in perfetta serenità, divertendoci: e questo è un aspetto importante per la buona riuscita delle cose che fai. Io poi ho caldeggiato (sorride..) la collaborazione tra Loredana e Ivano perché secondo me Fossati poteva veramente mettere Loredana in condizione di lavorare bene. Non credo di essermi sbagliata: ‘Traslocando’ è un ottimo disco, la canzone del titolo poi è stupenda..

Si tratta di una canzone di Ivano ma il giudizio di Mimì, che ha dedicato a Fossati ( “e alla sua gelosia”) ‘Io appartango a te’ (proprio così con la A), un tangaccio nuova maniera tra le cose più belle dell’ultimo album, è abbastanza disinteressato.

Un’altra canzone bella – aggiunge tra il serio e il faceto – del disco di Loredana è la mia, ‘Notte che verrà’ ma ci sono molte cose belle.. non mi piace, ad esempio, come ha fatto ‘J’adore venice’ (altra canzone di Ivano).. ma è sempre così quando fai una cover da un brano che un altro artista ha già personalizzato.. e non mi convince la canzone scritta da Renato Zero ma.. sai, sono amici.. è una cosa loro.

Talmente amici che sono stati, poche settimane fa, a lavorare insieme in America ma, senza entrare nel merito della questione affettiva, chi scrive concorda nel considerare ‘Una’ un brano abbastanza distaccato dal resto del disco, quasi una storia tra amici anche se il risultato non è dei più felici. Tra l’altro anche per quanto riguarda l’immagine Loredana è in debito (si fa per dire) Verso Renato di un qualcosa che non sempre le si è rivelato utile.

Ma io – precisa Loredana – sono fatta così. Non mi va di badare troppo a quello che si dice anche perché se no starei fresca: mi posso mettere una parrucca rossa, vestirmi da suora (come sulla copertina, sensualissima, di ‘Traslocando’) o da pirata, da sergente dell’esercito, senza doverne rendere conto a nessuno. La mia fortuna è essere testarda: se non lo fossi stata, se non fossi stata quasi pignola, se non avessi fatto di tutto per riuscire poi a fare quello che voglio io, se mi fossi fermata alle critiche di qualche superficiale che non sa niente ma giudica lo stesso, se non avessi fatto tutto questo sarei rimasta indietro, come è successo a molte altre, e sarei sempre alle prese con la paura di sbagliare finendo per non fare niente. Poi non mi va che sia messo in discussione un modo di essere, il mio, che è l’espressione del mio mondo, un mondo uguale a quello di tutti che io cerco di rendermi meno grigio e più divertente. Solo così si può lavorare bene: io non sono come Mimì che è una grande cantante, io cerco solo di fare bene le cose che faccio, di progredire.. e infatti ho anche studiato canto dopo che già tutti mi conoscevano.. di lavorare sodo perché bisogna andare sempre avanti e non ci si può accontentare di un successo ogni tanto. E naturalmente di divertirmi sia lavorando, e da questo punto di vista con Ivano non ci sono stati problemi perché tutto è filato liscio, che nella mia vita privata. Ma quest’ ultima, paparazzi e cretini permettendo, riguarda solo me e il mio mondo.
 
Loredana invece ha scelto una vita più dinamica, più on the road, com’è del resto giusto per gli obiettivi che si è prefissa di realizzare.
Ma non vorrei fare la figura di quella tutta lavoro e solo lavoro. Ho i miei amici, le mie storie, le mie vacanze in giro per il mondo.. certo mi scoccia un po’ essere sempre nel mirino di qualcuno ma mica posso segregarmi in casa e fare la suora per davvero. Non sarò una signora ma ho diritto anche io ai fatti miei senza dovere essere costretta a nascondermi se sono vestita in modo strano o se sono in compagnia di qualcuno. O no?
di Francesco De Vitis Music -  novembre 1982

Il video di Stiamo come stiamo.Mia Martini e Loredana Bertè presentate da Benedetta Mazzini http://www.youtube.com/watch?v=BAp0hw2Xr0o

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sabato 11 giugno 2011

Le confessioni pubbliche di Mia Martini




Riportiamo due dichiarazioni fatte di Mia Martini in due partecipazioni televisive. La prima riguarda "La più bella sei tu" condotta da Luciano Rispoli su T.M.C. nel 1991, dove commenta commossa guardando mentre canta “E non finisce mica il cielo” a Sanremo 1982. L'altra a "Cuori d'oro" nel 1995, condotta da Enrica Bonaccorti su Rete4, nella quale parla della sua Bagnara, dei pescatori e della figura suggestiva del guardiano del faro.

LA PIU' BELLA SEI TU
Come ci preferiamo.... mi sembra, nonostante sembrassi una via di mezzo tra Mago Zurlì e un portacipria. Era un periodo della mia vita terribile, infatti decisi poi di smettere di cantare nemmeno un anno dopo, però c’è una cosa che mi fa preferire ad allora, che allora ero innamorata. Ho notato e ho pensato che veramente mi manca molto, ero meglio allora, non è così facile.
Sì ero molto innamorata, mi sono guardata con una grande tenerezza, perché sapevo tutto quello che c’era dietro, la fatica che stavo facendo, il dolore perché non era nemmeno vicino a me questa persona, per cui è stato tutto una grande lotta interiore molto dolorosa, molto dolorosa. E' più bello amare, perché credo sia la cosa più difficile, anziché essere amata.

CUORI D’ORO
Io nasco dal mare come una sirena, perché nasco a Bagnara Calabra che è un paese di pescatori, si pesca il tonno, il pesce spada. Io ho letto la storia di Rinaldo, la trovo affascinante, mi ci ritrovo proprio dentro, ci sono diverse analogie tra l’altro tra i miei amici pescatori. Io ho avuto bisogno di cercare me stessa e ho cominciato dalle mie origini, cercando mio padre ecc… Quindi sono stata a Bagnara e andavo spessissimo con questi pescatori a pescare il pesce spada e il tonno. Ci sono addirittura pescatori che pescano ancora con la fiocina in maniera proprio romantica e come il nostro super guardiano del faro, anche il mio pescatore mi ha aiutato a ritrovare dentro di me la strada esattamente come avrebbe fatto il guardiano del faro. Anche lui scrutava, ed era importantissimo, per ore ed ore il mare, sono persone che parlano poco, mi avrà detto cinque parole in due settimane, però mi ha insegnato veramente tantissime cose.

Trascrizione testo di Mila Giordani

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giovedì 2 giugno 2011

Mia Martini. L’amore non è come il morbillo. Intervista 1976




Mia Martini quest’anno sta compiendo una lunga tournèe attraverso i più noti locali italiani, cantando, oltre i suoi successi, le nuove canzoni del suo recente ellepì “Che vuoi che sia…se t’ho aspettato tanto”.

Niente vacanze estive quest’anno per Mia Martini. Reduce dal Festival della “Rosa d’oro” a Cap D’Antibes, ha subito iniziato una serratissima tournée che la terrà impegnata fino ai primi di settembre.
Ci sarà, poi, il tradizionale appuntamento con la finale del Festivalbar, la manifestazione che è un po’ il mio portafortuna’, dice Mia, ‘e non bisogna dimenticare le presenze alla radio, qualche passaggio televisivo, i soliti premi e premiolini da ritirare qua e là….Insomma non avrò un momento libero, lavorerò come una matta mentre tutti, o quasi, si godranno le meritate ferie.

Lo scorso anno s’era concessa al pubblico col contagocce, durante l’estate. Poche serate, quelle nei locali di maggiore prestigio. Adesso, invece, s’è gettata nella mischia, ed è forse la più impegnata tra tutte le cantanti sulla “piazza” estiva.
Come mai hai cambiato tattica? L’anno scorso facevi la preziosa, quest’anno ti butti allo sbaraglio…
Non si tratta di una tattica. L’estate scorsa ho dovuto forzatamente rinunciare a fare molte serate perché avevo degli impegni televisivi. Dovevo registrare “La compagnia stabile della canzone” con Christian De Sica, Gino Paoli, Cocciante, Nazzaro e la Cinquetti. E ho fatto bene a preferire la televisione alle serate, visto che quello spettacolo ha riscosso un notevole successo.

Alle tue serate partecipa anche Dario Baldan Bembo, il cantautore che ha firmato i tuoi primi successi. Si tratta di una “riconciliazione”, visto che negli ultimi anni lo avevi “tradito” o no?
E’ vero, da tre anni non cantavo delle canzoni scritte da Dario. Ma tra noi non c’era stata una “rottura”, eravamo rimasti amici. Se lo “tradivo”, come autore, era solo perché lui non aveva i pezzi giusti da affidarmi, o magari per particolari esigenze della mia casa discografica. A Dario devo molto, è lui l’autore di “Piccolo uomo”, “Donna sola”, “Inno”, e quindi ha fatto da trampolino al mio successo. Sono felice di riaverlo con me, questa volta anche in veste di cantante, di collega insomma.

Tu canti da parecchi anni: ti sembra che il pubblico di oggi sia diverso da quello del tuo esordio?
Nei miei confronti sì, senza dubbio, dal momento che alle mie prime apparizioni non mi ha preso in considerazione, mentre adesso mi tratta con i guanti. Ma forse il pubblico è cambiato anche in senso generale, è maturato. Anni fa era più di bocca buona, si lasciava “plagiare” dal “personaggio”, senza badare troppo alla sostanza. Ora, invece, i “personaggi” non attaccano più, se non hai talento non vai avanti.

Con la tua ultima canzone, “Che vuoi che sia”, sei tra le favorite per la vittoria al “Festivalbar”. Ma tu credi al Festival, alle gare canore?
Mi è piuttosto difficile non crederci, perché io sono arrivata al successo proprio vincendo una di queste gare. Nel ’72 ho vinto il “Festivalbar” con “Piccolo uomo”, e l’anno dopo ho fatto il bis con “Minuetto”. Senza quelle affermazioni, probabilmente non sarei riuscita a emergere. Certo, in teoria i Festival sono sorpassati, il pubblico non si lascia più condizionare da questo tipo di manifestazioni. Però, in pratica, servono ancora. O, per lo meno, a me sono servite.

Tu hai dovuto lottare molto, per affermarti……..., hai fatto una “gavettaccia”. Pensi che il successo debba essere “sofferto”, per essere valido e per durare?
Forse sì. Se raggiungi il successo con troppa felicità, ti convinci che tutto ti è dovuto, ti monti la testa, è inevitabile. Lottare, soffrire, invece, ti insegnano a essere umile e ad apprezzare quello che hai conquistato con tanta fatica. Credo che anche il pubblico tenga conto di questo, nel valutare un artista. Se vede che ha tenuto duro, nonostante il successo sia tardato a venire, si convince che non si tratta di un bluff, e lo rispetta.

Dici che i “personaggi” non attaccano più. Tu, però, quando ti sei affermata facevi leva anche sul “personaggio”: quello di una ragazza un po’ hippy, un po’ “maledetta”, che aveva avuto delle noie per una “fumatina”…
Sembravo un “personaggio” costruito ad arte, forse, ma in realtà ero proprio così, in quel periodo. Le grane per aver “fumato” le ho avute sul serio, non me le sono inventate, e i miei atteggiamenti da hippy erano spontanei. Penso che il pubblico lo abbia intuito, abbia capito che ero “autentica”. Altrimenti non sarebbe stato al gioco, puoi giurarci.

Adesso, però, non sei più una hippy: sei diventata una donna elegante, raffinata, ti trucchi sapientemente, ti piacciono i gioielli e le pellicce….
Be’, da bambina giocavo con le bambole, e crescendo ho smesso. Per la stessa ragione, dieci anni fa ero una hippy e ora sono una persona normalissima. Si cresce, si matura, non lo sapevi? Ogni età, ogni periodo della nostra vita, ha i suoi atteggiamenti, la sua “coreografia”.
Molti critici ti considerano, in Italia, “seconda” a Mina. Sei d’accordo?
No. E non perché pretenda di essere al primo posto, ma semplicemente perché secondo me non ha senso stilare delle classifiche del genere. I cantanti si dividono solo in due categorie: quelli di talento, e i cani. Poi, naturalmente, ci sono quelli più o meno bravi, o più o meno cani, ma il giudizio è soggettivo e dato che l’unico giudice valido è il pubblico finiamo per avere milioni di giudizi diversi.
Tua sorella Loredana Bertè sta consolidando il suo successo, è ormai diventata molto popolare. Avete sempre detto che non esisteva rivalità, tra di voi: ma lo dicevate quando tu eri già celebre mentre Loredana era ancora agli inizi della carriera…
Non è cambiato niente, e non cambierà neppure se Loredana dovesse avere più successo di me. Il fatto che sia mia sorella non c’entra, però. La verità è che io non ho mai considerato le altre cantanti come delle “rivali”. Il mio è un rapporto diretto con il pubblico, e canto per dare il meglio di me tessa, non per dimostrarmi più in gamba di Mina o di Loredana Bertè.

Tua sorella ha già preso parte a un paio di film. Tu non hai avuto delle offerte per debuttare sullo schermo?
Sì, ma non si trattava di cose interessanti. Mi piacerebbe combinare qualcosa nel cinema, naturalmente, ma lo farei solo se avessi l’opportunità di partire col piede giusto. Dieci anni fa avrei ragionato diversamente, ma allora non avevo niente da perder. Adesso sì.

Sembri tenere parecchio all’eleganza. Segui la moda?
No, in genere preferisco “farla”, inventarla, determinarla. Cambio spesso gusti, e mi vesto di conseguenza, senza tener troppo conto se sono in regola con la moda corrente o meno.

Se vedi una giovane cantante che ti imita chiaramente, cosa provi?
Della pena….Non si può far carriera imitando gli altri, a meno di scegliera la professione di Alighiero Noschese, e se una cantante cerca di sfondare facendo il verso a me o a qualche illustre collega, è destinata in partenza a bruciarsi.

In tutta sincerità, ti sembra più “riuscita” l’artista Mia Martini o la donna Domenica Bertè, detta Mimì?
L’artista, indubbiamente. Anche se, a pensarci bene, è difficile valutare il “successo” di una donna, nell’ambito di un’esistenza normale. Quand’è che una donna è “riuscita”? Quando realizza la propria felicità coniugale? Quando mette al mondo dei figli belli e sani? O quando si rende indipendente, si afferma, raggiunge il successo professionale?

A settembre compirai ventinove anni. La trentina incalza…Ti crea qualche problema, questo?
No, non direi. Mi piace maturare, sentirmi una donna fatta. Non mi è mai piaciuto essere una ragazzina, mi faceva sentire insicura. A trent’anni, invece, si è nel pieno della vita. Penso che sia l’età più bella, per una donna.

La maggior parte delle donne, a trent’anni si sono già fatte una famiglia, però….
Ma l’amore, il matrimonio non sono come il morbillo, o il servizio militare. Non può avere una scadenza fissa, andiamo! Non ci si “deve” sposare, non bisogna sentirlo come un obbligo sociale. Ci si sposa quando si incontra la persona giusta. In caso contrario, è molto più dignitoso restar zitelle, credimi.

Barbra Streisand dice che “la musica è tutto”, per lei, e che condiziona tutta la sua esistenza. Tu come la pensi?
La musica, per me, è molto, moltissimo, ma non può essere tutto. Mi ha aiutato a maturare, mi ha dato il successo, la sicurezza economica e tantissime soddisfazioni, ma se fosse “tutto” per me diventerebbe una palla al piede, una prigione più o meno dorata. No, io riesco anche a vivere la mia vita, non mi annullo completamente nella mia professione.

Intervista apparsa su "Il monello" 1976

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sabato 21 maggio 2011

Mimì Mia Martini, la dedizione fatta persona. Intervista a Ivano Fossati



Un incontro con Ivano Fossati è sempre un evento ricco di emozioni e sorprese.
Pubblichiamo un’intervista, raccolta dal Prof. Menico Caroli nel 1998, in cui il volatore Fossati si concede con straordinaria disponibilità al racconto di una delle pagine più intense del suo diario di uomo e di artista. “Quello tra me e Ivano - dichiarò una volta la Martini - è stato l’incontro tra la freccia del sud e la freccia del nord. E Dio solo sa se si sono viste le scintille!”. A rileggerlo oggi, questo incontro ci sembra soprattutto una simbiosi d’amore tra due artisti della parola cantata: “parole mie che divenivano più sue - spiega Fossati - perché rivestite di uno spessore umano tale da arricchire o completare il significato di quello che io, come autore, avevo voluto esprimere in quel momento”.

Domanda di rito: il suo primo incontro con Mia Martini.
L’anno dovrebbe essere il 1977. Eravamo alla RCA, a Roma, dove collaboravo con Antonio Coggio, grande amico di Mimì, che stava producendo il mio quarto album, “La casa del serpente”. Ci conoscemmo a casa sua. Un incontro assolutamente casuale. Probabilmente fu lui a farle ascoltare dei brani che avevo scritto in quel periodo. Il nostro primo incontro, in sala d’incisione, fu il duetto di Anna di primavera, che faceva parte de “La casa del serpente”. Io ero felicissimo: ospitarla in un mio disco equivaleva a un primo, importante riconoscimento. Vedevo questa grande artista che cantava per me e quasi non ci credevo. Certo, oggi sappiamo bene cos’è stata Mia Martini, ma devo dire che già allora lei godeva di una grande stima da parte degli addetti ai lavori e, in particolare, dei musicisti.

La prima impressione che ebbe di lei?
Fu esattamente uguale all’ultima. Rimasi conquistato dal suo entusiasmo, dalla sua forza dirompente. Colpito dalla sua semplicità e soprattutto (ma questo l’avrei capito meglio col tempo) dal fatto che Mimì era una monomaniaca della musica. Posso dire che, di tutti i musicisti e gli artisti che ho incontrato nel corso della mia vita, lei è stata una delle persone più autenticamente interessate alla musica.

La musica come unica ragione della sua vita?
Magari è riduttivo. Sarebbe come dire che non aveva altri interessi, mentre Mimì era una donna curiosa, che amava leggere, informarsi, approfondire. Direi piuttosto che aveva per la musica la stessa dedizione di un grande musicista. Sì, dedizione… Penso che sia la parola più giusta. Mi colpiva la forza e l’entusiasmo con cui entrava nelle cose. Pregi inusuali, oggi come allora. Un’impressione mai alterata dal trascorrere del tempo.

E del “prima”? Della cantante da hit parade, quella di Piccolo uomo e Minuetto, che idea s’era fatto?
Quel successo, il fatto di essere così amata dal pubblico e dalle masse, non l’aveva privata del grande merito di essere anzitutto un’artista adorata dai musicisti. Una cosa che mi ha sempre colpito di lei, già prima di conoscerla. A quei tempi credo che fosse una delle pochissime cantanti italiane di cui i musicisti comperavano i dischi. E io ero tra quelli. Mi piaceva molto. Mi ricordo che, prima ancora del ’77, ci eravamo incrociati già una volta, mi pare in radio…

Sì, per uno dei Concerti di Supersonic…
Sì, bravo. Era uno di quei concerti dal vivo, trasmessi dalla radio, senza la protezione del playback. Un disastro (ride). È vero, fu quella la prima occasione in cui ci sfiorammo.

Anche se, a voler essere pignoli, già a Viareggio, al Festival d’avanguardia e nuove tendenze del ’71, eravate entrambi iscritti alla gara: Mia Martini & La Macchina, Fossati coi Delirium.
È vero. Ma in quell’occasione i complessi si esibivano l’uno a distanza di molte ore dall’altro. E poi c’era un tale caos. Però mi ricordo bene di lei già da allora, anche perché era molto attesa dai giovani e, ripeto, dai musicisti. Come dire che, in una conversazione sui tuoi gusti musicali, potevi dire di amare i Led Zeppelin e Mia Martini e non correre il rischio di sfigurare. Era un’esponente italiana di quelle forti, amata almeno dall’80% dei giovani di allora.

Al 1977 risale anche la sua prima collaborazione in un album di Mimì, “Per amarti”, per un brano dei Supertramp, Give a little bit.
Sì, in effetti, fu quella la mia prima collaborazione in un suo disco. La canzone, comunque, l’aveva scelta lei. La variabile fu affidare a me la stesura del testo italiano. Non si trattava di una traduzione, ma di un adattamento, come usava in quegli anni. Quanto ai pezzi originali, scrissi per lei il testo e la musica di Sentimento, che fu incluso in quello stesso album.

Grazie a Leandro Leandri, ho potuto effettuare ricerche negli archivi della ex RCA, oggi Bmg-Ricordi, dove ho trovato due versioni inedite di questo brano: una con un testo alternativo, nota come Sotto i jeans, e una versione inglese, intitolata Listen me. Ricorda qualcosa di queste incisioni?
Non ne ho la più pallida idea, anzi lo apprendo ora. La versione inglese mi fa pensare a un probabile progetto per l’estero. La RCA era molto attenta a queste cose.

Poi, nel ’78, ci fu il passaggio di Mimì alla WEA. Che ruolo ebbe in quella decisione?
Nessun ruolo in fase contrattuale. Come autore, potei fare di più, tant’è vero che il suo primo 45 giri prodotto dalla WEA era incentrato su una mia canzone, Vola.

Si dice che fosse destinata a Patty Pravo…
No, la proposi subito a Mimì. Sennonché, a mia insaputa, la RCA la fece provinare a Nicoletta. Venne fuori una versione stranita, per giunta tagliata, che a me non piacque. Mi opposi e lì per lì non uscì. Sarebbe stata pubblicata molti anni dopo.

Anche se la Strambelli la propose una volta in Tv, a Stryx, proprio nel 1978…
Esatto (ride). Ma ribadisco che Vola era destinata a Mimì. Ricordo che ci eravamo incontrati a Genova, per puro caso. Lei cercava materiale per il nuovo disco e io le dissi che avevo composto questo pezzo quattro giorni prima. Lo ascoltò e lo incise. Ancora oggi penso a Vola come a una canzone istantanea, di quelle che ti piovono dal cielo.

Un periodo di grande ispirazione…
Sì, ma sono casi abbastanza rari. Cose che, in genere, accadono a compositori giovani. Comunque, rimane un pezzo a cui sono legatissimo. L’idea di avere un’artista del calibro e della forza di Mimì, per un brano nato così velocemente, mi affascinava. Penso che anche lei abbia amato molto questa canzone.

Infatti, è uno dei rari titoli del suo repertorio ripreso in altri dischi. Sì, ricordo la versione jazz dell’album live realizzato con Maurizio Giammarco. Io stesso l’ho ripresa in diverse occasioni.

 

Con “Danza”, Lei ha scritto il capitolo forse più importante della discografia di Mia Martini. Dalle foto di copertina emergeva l’idea del lavoro d’équipe…
Effettivamente, per la realizzazione di “Danza”, lavorammo in maniera inusuale. Ci chiudemmo in studio per due mesi, avendo a disposizione un gruppo di musicisti tutto nostro. Eliminammo i turnisti (cioè i musicisti che entrano in sala, suonano e se ne vanno) per creare una band che potesse seguire tutte le fasi della lavorazione. Le musiche e gli arrangiamenti venivano discussi insieme, perché predominava lo spirito di gruppo ed era importante che ognuno esprimesse il proprio punto di vista. Il nostro motto era “lavorare, provare e sperimentare insieme”, come se Mimì fosse la vocalist di un gruppo affiatato. E devo dire che era molto bello avere questa grande artista circondata da musicisti che suonavano per lei, che lavoravano per promuovere la sua realizzazione…

Come giudica oggi questo disco?
Ritengo che ci siano dei pezzi riusciti e altri che mi soddisfano meno. Ma, in definitiva, penso che lo spirito da cui nasceva è a tutt’oggi salvo, intatto. Le canzoni, al di là dei difetti o delle ingenuità che io, come autore, posso scorgervi, rendono bene quella che era la nostra idea di gruppo. Il sentirci tutti uniti come in una band; la voglia di ideare, inventare e dare il meglio per Mimì… Oltretutto ricordo quel periodo come uno dei più divertenti che abbia vissuto nella mia carriera. In genere, questo mi succede quando lavoro in maniera “alternativa”, inventandomi giorno per giorno qualcosa di nuovo. Ogni volta che ciò è accaduto, sono venuti fuori dischi che mi sono rimasti “dentro”, come “Ventilazione”, di cui “Danza” è per molti aspetti un prototipo. Insomma, è stato un album importante sia per me sia per Mimì. Rimanemmo molto legati a quella esperienza…

E i discografici?
Li ricordo preoccupatissimi. In verità, “Danza” non costò né una lira né una settimana di lavorazione in più rispetto a un disco tradizionale. Quanto ai risultati, ci procurò un grande star bene e anche un discreto risultato in fatto di vendite. Lo ritengo un disco destinato a lunga vita.

La scelta di Danza come brano di punta e come titolo dell’album fu contrastata?
Non direi. Non avevamo dubbi, forse sbagliavamo, ma ci pareva il pezzo più adatto a rappresentare il filo conduttore dell’album.

Dunque è consona la definizione di ”Danza” come concept-album?
Sì, direi che era un disco prossimo alla formula concept. Anche perché era costituito da canzoni scritte in uno stesso periodo: lavoravo solo su quelle. Per cui è naturale che i testi parlassero, in maniera diversa, quasi della stessa cosa.

Il pezzo che mi ha colpito di più è La luce sull’insegna della sera, che mi sono permesso di riproporre in una recente compilation realizzata per la WEA. Una straordinaria descrizione del “mal di vivere” o cos’altro?
Ho voluto rappresentare il senso di un disagio, più che di una depressione. Un tema che ho posto anche al centro di altre mie canzoni, come Panama. Esprimevo il senso della difficoltà di arrivare a qualche cosa, anche se devo ammettere che La luce sull’insegna della sera dà voce a questo tema in maniera più visionaria e complessa. Ho immaginato la luce come guida e speranza contro il giorno che volge alla sera, contro il buio che sta arrivando. Anche lessicalmente, mi piaceva molto la contrapposizione tra i due termini, “luce” e “sera”, già presenti nel titolo. Un pezzo totalmente metaforico è, invece, C’è un uomo nel mare. Il testo si fonda su immagini semplici, leggibilissime: oggi lo riscriverei con maggiore profondità.

Un altro classico è La costruzione di un amore…
Una canzone che ha navigato fino ad oggi, perché possedeva una forza straordinaria, che né io né Mimì immaginavamo allora.

Si dice che il testo di Canto alla luna rifletta quella situazione di disagio, che Mimì stava vivendo in quel periodo, per via delle solite, orrende dicerie: “io che tristezza o non tristezza ho cantato/ ancora non vedo dove ho sbagliato…”.
C’erano indubbiamente delle difficoltà… Nell’interpretazione di un testo, bisogna comunque tener conto che non esiste nulla di più “spugnoso” della scrittura di un lavoro musicale. Tutto quello che c’è all’esterno filtra all’interno: ma filtrano anche le interpretazioni. Dunque, non mi stupisce che Mimì abbia dato una lettura così personale di questa canzone. È come se, tra interprete e autore, si verifichi una profonda osmosi: parole mie che diventano più sue, che acquistano maggiore significato nell’essere ritrasmesse da lei. Questo succedeva spesso con Mimì e, in generale, con gli interpreti più profondi: quelli che hanno uno spessore umano tale da arricchire o completare il significato dato alle parole degli altri.

Chiarito il mistero di Vola, le sottoporrei il caso di E non finisce mica il cielo. È vero che era stata proposta anche a Mina?
Sì, forse all’inizio c’era stato un tentativo, seppur blando, di farla ascoltare a Mina, prima che Mimì se ne innamorasse. Il buon Galanti ci fece preparare un provino. Una cosa semplicissima, per piano e voce. Capimmo subito che era una canzone più adatta a Mimì. Mi ricordo che scomodai un bravissimo arrangiatore d’orchestra, Farinatti, che ormai non lavorava più per la discografia. Ricordo che inserì nelle partiture degli archi delle citazioni di carattere romantico, riconducibili al tardo Ottocento e ai primi del Novecento. Rimasi molto soddisfatto del risultato, perché la musica riusciva a caratterizzare bene l’atmosfera del brano, rendendo l’arrangiamento una sorta di unicum in una stagione musicale già dominata dalla musica elettronica.

Per quel pezzo nacque il Premio della critica, oggi Premio Mia Martini…
E non finisce mica il cielo era una canzone che non poteva vincere Sanremo. Nessuno di noi si aspettava un risultato simile. Tuttavia ci regalò grandi soddisfazioni, perché piacque sia agli intenditori sia al grande pubblico. Fu uno degli episodi più fortunati della nostra collaborazione.

Pensaste mai di accarezzare l’idea di un duetto vero e proprio, ovvero qualcosa di più corposo delle partecipazioni vocali già note?
Pensavamo di avere chissà quanto tempo dinanzi a noi, invece… È pur vero che siamo stati frenati da alcuni aspetti inevitabili della nostra vicenda umana. Se fossimo stati solo amici, forse sarebbe stato possibile. Abbiamo sempre temuto che, per la natura del nostro rapporto, un esperimento di questo genere potesse risultare ambiguo. Un vero peccato. Sarebbe stato facilissimo…

Un brano Martini-Fossati ingiustamente sottovalutato è Vecchio sole di pietra, inciso nel 1982.
Una rarità. Una delle pochissime occasioni in cui mi sono prestato a scrivere non il testo ma la musica di una canzone. Tra l’altro, una sola parte, perché già esisteva un’idea musicale di Mimì che ho successivamente sviluppato.

La versione di Vedrai, vedrai di Tenco, incisa live nell’album “Miei compagni di viaggio”, con il suo accompagnamento al pianoforte, è annoverata dalla critica fra le migliori…
Condivido per quanto concerne la parte vocale. Per la parte musicale… (ride). Ricordo che la provammo una sola volta, a casa di Mimì, su un piccolo pianoforte verticale bianco, prima di uscire per andare in teatro, al Ciak di Milano, dove registrammo l’album. Una cosa tentata all’ultimo momento, con le borse in mano. Mi ricordo che ci guardammo dicendo: “Ma ci ricorderemo?”. Insomma, meno provata di così non si poteva. Ma devo dire che con Mimì il rischio di sbagliare non si poneva: non l’ho mai vista consumarsi in mesi di prove.

Mimì ha dichiarato di essere diventata cantautrice anzitutto in risposta alle sue sollecitazioni…
Sì, è probabile, anche se non penso di essere stato il solo responsabile di questa metamorfosi. Di certo, l’ho stimolata a scrivere. Lei era consapevole di essere una grande interprete e questo l’aveva, secondo me, distolta dall’idea di potersi scoprire un giorno come autrice. Me la ricordo quando, in un paio di occasioni, provò timidamente a costruire una canzone: iniziò con pezzettini di parole, piccoli frammenti che, a poco a poco, crescevano, dando voce alla melodia. Ma, ripeto, non lo ritengo un merito esclusivamente mio. È stata una fase della sua carriera alla quale penso che sarebbe arrivata anche da sola. Era una donna di un’intelligenza talmente viva che non vedo come avrebbe potuto trattenersi dal fare una cosa del genere. Era troppo curiosa.

L’ultimo album di Mimì parla di Fossati nel titolo ufficiale (“La musica che mi gira intorno”), nel titolo alternativo (Per niente facili) e nelle tre canzoni riprese dal suo repertorio (I treni a vapore, La musica che gira intorno, La canzone popolare). Che ricordo ha di quel suo ultimo disco?
Ah, un album stupendo! Realizzato e interpretato meravigliosamente. Mi ricordo che in quel periodo mi trovavo a Modena, in uno studio di registrazione, con Fabrizio De André e Dori Ghezzi. Mimì venne a trovarci portandoci un nastro con alcuni dei pezzi che aveva già registrato. Ricordo De André commosso dopo aver ascoltato Hotel Supramonte. Fabrizio è stato un ammiratore sincero di Mimì. Un ammiratore totale, innamorato della sua arte, ma soprattutto della sua umanità.

E della rivisitazione dei suoi tre brani in quel disco cosa pensa? Le dissi che per me lei non incideva più canzoni, ma dipingeva dei quadri…


Intervista del Prof. Menico Caroli pubblicata su "L'isola che non c'era" nel 2005


Il video di "Vedrai vedrai" live Mia Martini voce-Ivano Fossati piano
http://www.youtube.com/watch?v=sfU0QBzVVIA

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martedì 17 maggio 2011

Chez Mimì incontra Mia Martini al Teatro Sistina di Roma. Maggio 1992




La incontriamo al Teatro Sistina il 16 Maggio 1992, in occasione della ultima data della tournèe, una serata il cui incasso è devoluto in beneficenza per i bambini cardiopatici, come quello tenuto il 12 aprile al Teatro Smeraldo a favore dell’Anffas. Il pubblico è caloroso, un concerto nel quale Mimì, come al suo solito, non si risparmia, al punto che ritorna sul palco per ben due volte e regala come bis una emozionante versione di Rapsodia, Lacrime, Gli uomini non cambiano e Valsinha.

Alla fine dello spettacolo, la vediamo scendere dalle scale e venirci incontro, annunciando:

Sul mio ultimo CD Rapsodia-Il meglio di Mia Martini, una antologia che raccoglie brani classici del mio repertorio rimasterizzati e le versioni dal vivo di Stelle e La costruzione di un amore, ho voluto ringraziarvi per questa vostra capacità di resistermi eroicamente e anche perché voglio, a modo mio, chiedervi scusa per avervi maltrattato con il discorso dei fans da psicanalizzare. Questo disco l’ho dedicato a Vito di Cagliari.

Ecco Mimì degli eccessi:ipercritica e capace di forti slanci di tenerezza. Andiamo in camerino e, nonostante la stanchezza, continua a dare altre notizie sui suoi prossimi impegni:

E’ stata una splendida esperienza l'esibizione all’Eurofestival, quando sono stata invitata a partecipare, ho chiesto un brano su misura a Giancarlo Bigazzi, perché è ormai il mio salumiere, se ho bisogno dell’affettato vado da lui a commissionarlo ed è subito pronto. In Svezia, tra l’altro, c’era l’attenzione dei mass media su di me come cognata di Borg. Anche qui sono stata considerata la vincitrice morale.
Non dovevo effettuare la tournée, è da Sanremo che ho continuamente mal di gola e abbassamenti di voce, visto che rilasciavo interviste e parlavo per ore, poi non sono totalmente soddisfatta di alcuni musicisti che suonano con me e non mi alletta molto l’idea di proseguire il tour in estate con la stessa band. Vi prometto, comunque, che proporrò un repertorio più vivace rifacendo brani come C’è un uomo nel mare che in questo momento, visto il dramma degli albanesi, è di straordinaria attualità e aprirò tutte le sere i concerti con la bellissima Questi miei pensieri di Maurizio Fabrizio.. Sarò anche presente al Nuovo Cantagiro, ma ci vado con la clausola che la mia casa discografica mi permetta di coprire i costi realizzare il video di questo tour.
Voglio proseguire la mia collaborazione con Enzo Gragnaniello, sto andando a registrare un suo brano stupendo, si chiama Veneme (si gratta la testa) o Vieneme? Boh! (ride). Probabilmente parteciperò al Festival di Montreaux in cui dovrei esibirmi con un repertorio prevalentemente di canzoni napoletane accompagnata dalla Big Band di Renzo Arbore. 

L’incontro si chiude, suggellato da un abbraccio fortissimo con Mimì che sussurra: spero di essere ancora la tua cantante preferita.

Di questo tour ne parla Giancarlo Parisi, che è uno dei musicisti:

Con Mimì si è creato un buon feeling, a tal punto che nelle serate improvvisiamo:io suono la zampogna e lei si inserisce con una tarantella tratta dal folk calabrese e riusciamo a coinvolgere il pubblico presente. Lei è molto esigente nei confronti dei musicisti, soprattutto quando questi non la convincono, per cui spesso si creano delle tensioni che non si superano perché arriva mezz’ora prima del concerto, per cui non c’è molto tempo da stare insieme. Lei ha grande professionismo e presenza sul palco, è un personaggio di altissimo livello, non mi ricordo che abbia stonato o sbagliato qualche volta. Una stabilità artistica notevole, con questa sua capacità di cambiare in ogni suo brano i dettagli dell’interpretazione. Un’artista del suo livello, però, dovrebbe essere considerata come una Edith Piaf e un mito della musica italiana, senza essere costretta a frequentare continuamente i festival di Sanremo per confermare la sua bravura.

Viene pubblicata la raccolta Rapsodia con una copertina di Guido Harari, il grande fotografo che ha immortalato tanti artisti della musica contemporanea, e che realizza per l’occasione delle splendide foto di lei rifacendosi alla Audrey Hepburn del film ‘Sabrina’.

Per la copertina – dice – ho ricercato soprattutto alcuni primi piani su uno sfondo nero. Quello che mi interessava era dare colore e densità alla pelle.
Con
Mimì ci siamo conosciuti nel 1984, in un periodo per lei non particolarmente felice , quando ha avuto il coraggio di pubblicare un omaggio live ai suoi ‘ideali compagni di viaggio’ (Jimi Hendrix, Kate Bush, Randy Newman, John Lennon, Chico Buarque), leccandosi le ferite dell’ormai inevitabile rottura da Fossati. Da allora ci siamo persi e ritrovati più volte, ben sapendo che nulla, neppure la musica, può ricucire certe ferite, e solo silenzio e solitudine sanno accendere una luce nei momenti bui.
Con lei abbiamo ormai superato la fase prettamente personale. Quando possiamo andiamo a vedere i concerti dei nostri cantanti preferiti, proprio come fanno i buoni amici.
Gli anni novanta l’hanno colta in una travagliata maturità d’artista, divisa tra il ritrovato successo di scontate routines sanremesi e nuove voglie di sperimentazione poco assecondate dai suoi discografici. Eppure, unica in Italia insieme a Mina, ha dimostrato in ogni modo, dal vivo e in dischi sottovalutati come ‘In concerto’ con Maurizio Giammarco, di saper volare da Fossati a Cole Porter, dalla canzone popolare napoletana a Hendrix e a Tom Waits, al quale desiderava rendere omaggio con un album intero a lui dedicato.
Mimì ha stile, ma si sa, nell’Italietta pop usa-e-getta (o gratta-e-vinci, se volete), questa parola non ha mai contato nulla. Nell’anima e nella voce ha il blues, quello vero, di chi ha saputo giocarsi ogni cosa pur di vivere, e neppure questo ha mai goduto alcun credito”.

Dopo queste anteprime, date nonostante la stanchezza del concerto, Mimì ci saluta e ci da appuntamento al suo prossimo tour estivo.

Intervista apparsa sul libro "Mia Martini La regina senza trono"


venerdì 13 maggio 2011

In Paradiso a Sanremo con Mia Martini. Recensione Concerto e Intervista 1994


Si dice a volte che la realtà supera la fantasia. Per uno come me che ascolta e studia la musica di Mimì da quando era ancora in fasce (tuttavia, non dubitate, sono rimasto giovane), l’incontro con lei, sublime interprete di capolavori infiniti (esagero forse?), ha sempre rappresentato un must, un obbiettivo talmente importante da pensare di non arrivare alla sua realizzazione. Forse mi bastava mantenere sempre vivo il sogno. Invece il 19 agosto scorso, ho avuto l’opportunità di conoscere Mimì in occasione di una esibizione al Roof Garden del Casinò di Sanremo, locale piuttosto chic.

PRIMA DEL CONCERTO: FASE TATTICA

Grazie ad alcuni ‘007’ da me sguinzagliati, sono riuscito a conoscere l’hotel in cui alloggiava la ‘Divina’. Così mi sono simpaticamente recato al ‘Grand Hotel Londra’, ostacolato nei movimenti da un mazzo di fiori un tantino ingombrante. Con noncuranza ho fatto chiamare Mimì in camera (in realtà dovevo apparire come un pinguino nella Foresta Amazzonica). Dopo circa cinque minuti lei ha risposto alla chiamata dicendomi, in tono tuttavia cordiale, che voleva riposare. Penso proprio che la gentilezza fosse dovuta all’assopimento del quasi- sonno. Passa un’ora quando mi reco al Casinò per lo spettacolo e lì vengo inspiegabilmente accolto come una personalità dello show-business da una avvenente ‘biondona’ che mi scorta fino al Salone dell feste. Mi fa accomodare, peraltro senza farmi pagare il biglietto d’ingresso. Va bé, sarà la mia serata. A questo punto arriva il road manager di Mimì al quale mi presento come rappresentante del Fan Club “Chez Mimì”; senza esitazioni mi ‘catapulta’ direttamente in camerino da lei che mi sussurra dolcemente: ‘ci vediamo dopo lo spettacolo’.

DURANTE LO SPETTACOLO : IN VISIBILIO

Nel corso del concerto ho fornito notizie ad un giornalista lì presente indubbiamente soddisfatto di avere accanto un informatore tanto solerte quanto ‘rompiballe’. Intanto Mimì eseguiva un gioiello dopo l’altro: “Danza pagana”, “Inno” riarrangiato in chiave swing, seguiti da tre omaggi musicali a Ivano Fossati con “Danza” e “E non finisce mica il cielo” (l’esistenza di questo brano e della sua interpretazione confermano che Dio c’è e ci premia), a Enzo Gragnaniello con “Donna”, “Cu’mme” e “Statte vicino a me” (‘fino a stanotte ‘e tre), a Francesco De Gregori e la sua “La donna cannone”. Con quest’ultima esecuzione si sfiora il pericolo d’infarto. Seguono tre pezzi sanremesi “Almeno tu nell’universo”, “La nevicata del ‘56” e “Gli uomini non cambiano”. A questo punto comunicano che il prefetto ha imposto di terminare il concerto per rispetto delle norme. Mimì allora se ne esce dicendo: ‘ se è vero che gli uomini non cambiano, allora sono i prefetti che cambiano di più’. Ancora “Minuetto” e poi stop all’idillio canoro. Da segnalare il fatto che il pubblico, tradizionalmente ‘surgelato’, si è sciolto alla prima sillaba uscita dalla bocca di Mimì. Per fortuna anche loro, ‘baccalà da freezer’, hanno capito chi avevano davanti.


L’INCONTRO IN CAMERINO

Grazie dei magnifici fiori’,mi dice lei baciandomi ed abbracciandomi, ‘ma la prossima volta mandami un mazzo di peperoncini o di basilico, io sono una donna di campagna e amo le cose semplici!’- Nel camerini si respira un’atmosfera molto cordiale e serena. Ho potuto trattenermi con Mimì e i suoi musicisti per quasi un’ora. Dopo una serie di domande utili per l’intervista, si è scherzato molto. Nonostante non conoscessi personalmente i presenti mi sentivo uno di loro, in perfetta sintonia. Anche perché l’Adorabile è una donna estremamente esilarante. E’ arrivata una ragazza a farle i complimenti che le ha detto: ‘Mi aspettavo “Piccolo uomo” e lei le ha risposto : ‘tesoro mio, siamo rimaste tutte incinte!’. Ma il momento migliore è stato quando è entrato un addetto del Casinò che ha affermato : ‘il prefetto era in sala ed è andato via tutto incazzato per la tua battuta. Sai, perché è un mese che qui a Sanremo fanno sciopero contro di lui’!. Si sente un grio di approvazione, seguito da una risata liberatoria, da parte di Mimì che sembra voler dire: ‘vedi che l’avevo detto io’. Mimì profetica è il massimo.


L’INTERVISTA

Ecco l’intervista concessa in esclusiva al Club Chez Mimì

*Qui a Sanremo lo scorso anno hai cantato in una rassegna di jazz. Cosa ti è rimasto di quella e delle altre esperienze in quel campo musicale?
MM Ogni tanto mi torna la voglia di esibirmi con Maurizio Giammarco, anzi, sto pensando di invitarlo nel mio spettacolo invernale con la Filarmonica di Parma. Poi chissà, magari fra un paio di anni farò un’altra tournèe jazz.


*Come è nata l’idea di questo nuovo tour e come sarà strutturato?
MM Mentre stavo registrando il nuovo disco a Modena, sono venuti a trovarmi in studio Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati e ne sono stata molto colpita perché con Fossati non ci vedevamo da dieci anni. Ho già sentito i provini frutto della loro collaborazione e l’album (“Anime salve”, n.d.r.) che ne risulterà sarà un capolavoro. Da parte mia, ho cominciato ad ascoltare con criterio i pezzi del loro intero repertorio e me ne sono talmente innamorata che avrei voluto dedicare tutto lo spettacolo a loro due soltanto. Alla fine, ho deciso di cantare i loro brani per me più significativi nella prima parte del concerto. Nella seconda parte, invece, voglio riappropriarmi delle mie canzoni appartenenti al periodo Ricordi dei primi anni ’70. Mi comporto in questo modo per un desiderio di rivalsa nei confronti di quella casa discografica che sta continuando a svendermi con inutili compilation sempre uguali. Registrerò tutte le tappe della tournèe raccogliendo così il materiale per un disco live che conterrà questi pezzi riarrangiati. La messa in opera di questo progetto è già cominciata perché nel nuovo disco (“La musica che mi gira intorno”, n.d.r.) ho reinterpretato “Piccolo uomo”.

*Ci sono degli autori che non hai ancora approfondito e che ti sei ripromessa di seguire con attenzione?
MM Ce ne sono tanti, ad esempio Vasco Rossi del quale ho appena inciso “Dillo alla luna”. Ogni artista è un pianeta a sé, è già difficile conoscerne uno a fondo. Io ho approfondito De Andrè e Fossati e penso che loro abbiano scritto cose talmente belle che è impossibile staccarsene: vorrei interpretare la loro opera omnia. Insomma, loro due mi rubano tutto il tempo!

*Cosa pensi della tua nuova casa discografica, la R.T.I.?
MM Ho avuto una buonissima impressione. Si tratta di grandissimi professionisti. E poi, per la realizzazione di questo mio progetto discografico si sono molto gasati.

*Come sono andati i concerti questa estate?
MM C’è stata una grande crisi per tutti, per cui abbiamo deciso di ponderare bene le cose.

*Come puoi definire il tuo rapporto con la Liguria?
MM Viscerale. Vedi, io sono stata innamorata solo di un uomo nella vita, Fossati, che è di Genova. E’ stato il mio amore e la mia croce. Lui diceva sempre che eravamo la freccia del nord e quella del sud che si erano incrociate. E poi, non è vero che dopo ‘non finisce mica il cielo’, anzi, ti crolla tutto in testa. Questo dal punto di vista personale. Parlando sotto il profilo lavorativo, Sanremo ha rappresentato la via di uscita da un tunnel senza luce e senza aria nel quale ero stata spinta e dal quale sembrava non potessi più riaffiorare alla luce. Nell’89 sono tornata e pensavo che la gente si fosse dimenticata di me ma non è stato così. Anzi sono loro che ora devono dire a me: ma sei ancora lì che canti?

*Tornerai a Sanremo?
MM A me piacerebbe sempre partecipare. Io non nego la sua importanza per la mia carriera. Ogni sera dedico venti minuti dello spettacolo ai miei brani del festival.

*A proposito di brani festivalieri, ”La vita racconta” a cosa ti fa pensare?
MM Quel brano era orrendo, quelli della commissione mi hanno fatto un favore a scartarlo. Nella musica io avevo aggiustato un po’ l’inciso, ma il testo era tutto raffazzonato. Mi dispiace per voi che non lo sentirete.


*Con la vecchia casa discografica come è andata?
MM Io ho abbattuto tutti i record perché ho cominciato il disco con la Polygram e l’ho finito con la R:T:I:. Loredana sta morendo d’invidia e vuole già copiarmi! Non capisco come queste grandi multinazionali non riescano a inventarsi una promozione che si discosti da Sanremo. Loro mi imponevano delle cose, per questo li ho salutati subito e me ne sono andata.

*Che ne pensi dell’evoluzione della musica italiana?
MM Secondo me, ha ragione Mogol quando dice che c’è una crisi di autori. Non c’è più nessuno capace di scrivere una canzone, esclusivamente le parole. L’unico vero genio della canzone italiana è Giancarlo Bigazzi, un autore puro che ama scrivere i testi ed è ripagato dal grande successo. Purtroppo, lui è come i ‘trulli’ di Alberobello’ , si è persa la tradizione. Insomma, è ora che qualcuno si metta a scrivere delle buone cose per mandare avanti la nostra musica leggera italiana. Datevi da fare!

Intervista di Luigi Perona per Chez Mimì apparsa sulla fanzine n°16
Video Mia Martini. Intervista a "In famiglia" e "I treni a vapore"
http://www.youtube.com/watch?v=Z0DX2HT7rAQ

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