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giovedì 26 luglio 2012

Come Mia Martini crea una canzone



Mia Martini ha recentemente ottenuto larghissimi consensi nello spettacolo dal vivo che ha tenuto presso il Cinema Teatro Ciak di Milano. Nello spettacolo Miei compagni di viaggio ha presentato una rassegna di brani di autori diversi, passando da interpretazioni assolutamente convincenti di De Andrè, Lennon, De Gregori, Joni Mitchell, Randy Newman.
Siamo andati a trovare questa sempre acclamata artista e abbiamo scoperto… A casa sua ha installato un vero e proprio studio di registrazione. Come è composto e a cosa serve? Ecco le risposte (a queste e ad altre domande).

Sempre più spesso, parlando con cantanti, compositori, musicisti, sentiamo parlare di piccoli impianti di registrazione, realizzati a misura delle necessità dell'artista. Questi impianti sono più o meno complessi, a seconda delle precise esigenze. Molto spesso anche noi su queste pagine abbiamo parlato di piccoli impianti di registrazione realizzati per trasformare l'attività “passiva” del semplice ascoltatore-cultore di musica, in quella - per altro molto più interessante - di chi partecipa alla musica o ad un brano in modo veramente attivo e creativo facendo così di una semplice attività ricreativa qualcosa di più. Soprattutto un impianto di registrazione casalinga consente di registrare più parti da solo rifacendo le parti difettose. Non solo, è possibile fare incisioni e sovraincisioni, riascoltarsi, a scopo didattico o di studio. Gli artisti possono vantare ulteriori motivi ad esempio il continuo perfezionamento, o lo studio di una particolare sonorità, o la registrazione di un motivo che deve essere studiato e rimesso a posto armonicamente. Qualcuno di loro fa molto di più. Abbiamo scoperto che Mia Martini, sulla breccia da diverso tempo e alla ribalta dopo lo spettacolo dal vivo che ha tenuto mesi or sono a Milano, ne possiede uno in casa che usa professionalmente. Le abbiamo perciò rivolto alcune domande sull'uso che essa ne fa.


Che cosa ti ha indotto a riempire la tua casa con apparecchiature atte alla registrazione?
La necessità di provare e riprovare continuamente i pezzi per poterli mettere a posto e affinarli. Succede ad esempio che molte volte mi venga in mente un certo motivo. Questo mi ronza per la testa fino a quando non ne vedo uno svolgimento abbastanza completo o intero. Mi capita così di decidere di registrarne l'armonia fatta sul pianoforte e di risentirlo poi finché ho le idee ancora più chiare. A quel punto mi metto a studiarne l'accompagnamento si va per prove, perché molte volte quello che si ha in mente non è esattamente quello che va meglio che registro poi sul mio registratore. Il lavoro come si vede è lungo, non è semplice tirare fuori qualcosa di buono, e poi a me piace fare le cose per bene e finché un brano non mi soddisfa, non riesco cioè a dire quanto mi sono proposta, continuo a fare e rifare. In questo le apparecchiature mi sono di molto aiuto.

A scopo di studio, quindi!
Anche, ma non solo, le apparecchiature servono per studiare nuove sonorità: e per questo si vedono qui dentro le cose più strane. In realtà basterebbe un semplice registratore multitraccia e poche altre cose, se non si volessero fare particolari ricerche. Ma i motivi che mi hanno spinto a procurarmi queste apparecchiature sono anche di altra natura, motivi pratici ed economici ad esempio, e sotto questo aspetto la comodità di avere uno studio di registrazione personale non è indifferente.

Spiegaci meglio cosa intendi per motivi economici e pratici, perché poi in definitiva tutto questo costa e non poco.
Uno studio di registrazione costa in media dalle 50 a 180 mila all'ora. Quando parlo di 180.000/h parlo dei grandi studi di registrazione. A questa spesa di base bisogna aggiungere gli strumentisti, che inevitabilmente dovremo chiamare se vogliamo fare delle prove, i tecnici, il produttore. Dovendo quindi studiare o proporre un pezzo, pensare di fare delle prove utilizzando una vera e propria sala di incisione comporterebbe dei costi rilevanti. Non solo, ma fare delle prove con molte persone intorno non è da poco! Ecco quindi un motivo di economicità della cosa. Io ormai faccio i miei provini da sottoporre alla Casa e al produttore in casa mia. Certo non sono delle esecuzioni perfette, non possiamo cioè pensare di portare il master che ho ottenuto direttamente sul vinile, ma il pezzo è costruito già nella sua forma migliore; si tratterà di discuterlo, linearlo, eseguirlo diversamente, ma la base è completa e 1'idea del brano stesso è compiuta.

domenica 22 luglio 2012

Io, la musica e i miei compagni di viaggio. Intervista a Mia Martini

  
Un lungo silenzio dopo un album peraltro splendido, dedicato ai compagni di viaggio, e comprendente interpretazioni di brani di Francesco De Gregori, Luigi Tenco, Randy Newman, Joan Manuel Serrat, Una sorta di clamoroso testamento prima di un triste buio provocato dall’imbecillità e dalle feroci regole di un mondo – quello della canzone – meno luccicante di quanto possa apparire. Poi uno splendido rilancio, complice anche il Festival di Sanremo e una canzone Almeno tu nell’universo, che giaceva in qualche cassetto almeno da una decina d’anni, probabilmente ad aspettare proprio lei, Domenica Bertè, in arte Mia Martini, una delle più straordinarie interpreti della nostra canzone, una vera signora, emozionante ed emozionale.

Questa intervista, nella quale Mimì si offre quasi senza pudore, vuole essere solo il racconto di una carriera difficile, splendida, sofferta e straordinaria come poche.

GDG: Iniziamo dal tuo primo periodo; quello con Crocetta, del Festival d’Avanguardia e Nuove Tendenze, della collaborazione con Claudio Baglioni.
MM: Sì, Claudio ha scritto delle cose bellissime per il mio primo album: da Gesù è mio fratello alla stessa Oltre la collina. Cose, allora, molto di rottura. Una collaborazione nata dallo stesso produttore artistico, Antonio Coggio.

GDG: E’ durata lo spazio di un solo album, visto che poi sei ‘migrata’ alla Ricordi.
MM: Sì, perché ci sono stati dei grossi contrasti tra Crocetta e Melis, l’allora capo della RCA. Ho interrotto quindi il mio lavoro con Coggio, iniziando a lavorare con Giovanni Sanjust e da lì sono arrivate le collaborazioni con i fratelli La Bionda, con Maurizio Fabrizio, Maurizio Piccoli, Dario Baldan Bembo.

GDG: E venne il successo di Piccolo Uomo e Minuetto.
MM: Sì, per quanto concerne il boom commerciale. Ma il primo album resta forse una delle cose più belle ed emozionanti.

GDG: Ad un certo punto arrivò Ivano Fossati.
MM: Sì, dicendomi subito che ero una stupida, che ero solo una voce senza cervello e che se gli altri non avessero scritto delle cose per me, non sarei stata nessuno. Questo mi toccò profondamente nell’orgoglio, tanto che dentro provai una sorta di ribellione. Ero molto innamorata di Ivano, e volevo che lui pensassi fossi alla sua altezza, non tanto in fatto di bravura, quanto nel non essere quella cosa così vergognosa che lui reputava fossi. La verità era che lui, nel confronto con i miei autori, era gelosissimo. Ricordo che quando Pino Daniele mi telefonò per dirmi che aveva scritto delle canzoni per me e che mi voleva produrre, lui non trovò altro di meglio da fare che scaraventarmi addosso il vassoio della colazione, caffè bollente compreso. Allora diciamo che ho iniziato a scrivere canzoni con continuità soprattutto per amore, poi, invece, ho scoperto nuovi orizzonti, tanto da dimenticare ben presto il fine per il quale avevo iniziato. Così sono entrata in un nuovo, affascinante mondo, rendendomi conto di tante cose: soprattutto ad interpretare meglio le canzoni le canzoni degli altri. E’ come ascoltare un’opera sinfonica non solo con l’emozione, ma con la consapevolezza di saper interpretare ciò che i musicisti propongono. E’ tutta un’altra cosa. Scopri un mondo di nuovi colori.

GDG: Hai anche realizzato un’emozionante versione dal vivo di Vedrai Vedrai, forse una delle più belle mai incise. Vale il discorso fatto sopra?
MM: Certamente. Pensa comunque che l’ho cantata in maniera stranissima, con Fossati che m’accompagnava al pianoforte senza che mai l’avessimo provata prima. Sono stata io a spingerlo a suonare il pianoforte; lui è nato come chitarrista/flautista, e mentalmente è un batterista. Qualsiasi cosa lui scriva o suoni, lo fa come se stesse dietro ad una batteria, anche i testi. Suona il pianoforte, ma in realtà sta suonando cassa, rullante e charleston. Tornando al pezzo, non ho voluto provarlo proprio per far entrare Ivano in questo modo strano che ho io di cantare e penetrare le cose fatte solo con piano e voce. Uso un sistema (ma non so se è giusto chiamarlo così) molto particolare, dove gli arrangiamenti non possono essere scritti, ma ognuno di noi, cioè io e chi sta al pianoforte, prende stimolo dall’altro. Per cui è come dipingere una tela e farlo in due. E non può esistere l’arrangiamento scritto perché è una cosa che ogni sera può essere diversa, a seconda del feeling e del modo nel quale stiamo entrando.

GDG: E’ anche un modo di porsi diverso, rispetto alle rigide regole dello spettacolo.
MM: Un modo che a me piace molto perché ogni volta è un evento. Può cambiare un’infinità di volte, prendendo solo accordi sulla tonalità, ad Ivano ho chiesto solo di fare un’introduzione che poi sarei arrivata là, dove le sue note m’avrebbero trasportata.


GDG: Come è nato il disco live?
MM: Dalla mia esigenza di dover fare una scelta definitiva, di dovere lasciare questo lavoro. La mia vita era diventata impossibile, qualsiasi cosa ormai facessi era destinata a non aver alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che, per esempio, rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io. Mi ricordo che Salvetti mi scongiurò di non partecipare al Festivalbar perché, con me, nessuna casa discografica avrebbe mandato i propri artisti. Eravamo ormai arrivati all’assurdo. Per cui decisi di ritirarmi dignitosamente con un addio bello e importante. Un album curato, fatto con amore per il mio pubblico. Così ho pensato di registrare questi concerti dal vivo, cosa che non avevo mai fatto prima, per lasciare una parte veramente di me a chi ancora mi seguiva. Solo che non sono assolutamente una persona seria e dopo otto anni eccomi ancora sulla scena. Avevo scherzato. La zanzara è tornata.

GDG: E qual è stata, invece, la molla che t’ha spinta a rigettarti nella mischia?
MM: La voglia di non continuare a prendere in giro il mio pubblico. Continuavo a cantare ugualmente, perché in qualche modo dovevo vivere e cantare è l’unica cosa che so fare, ma alla fine mi sono resa conto che così non poteva continuare: tra impresari senza scrupoli, gente che speculava, gruppi da farti accapponare la pelle ed impianti infami, mi sono resa conto che così si prendeva solo in giro la gente. Gente che poi si affeziona ad un personaggio e, come minimo, gli chiede della credibilità. Mi sembrava ormai di essere una mignotta, una che vende delle cose false. Era meglio smettere. Nel ricominciare, s’è trattato del percorso inverso. Sentivo che il mio pubblico mi aspettava ancora, perché non accontentarlo? E l’unica per uscire da tanto schifo era quello di incidere un nuovo disco, anche se con tantissima paura, perché l’idea di tornare nell’ambiente, fra gli addetti ai lavori, fra quelli che m’avevano sempre perseguitato, fatto delle guerre folli, non è che mi lasciasse molto tranquilla. Invece è successo che ho reincontrato Sanjust che ha saputo infondermi nuova grinta ed eccomi qua.

GDG: Cosa si prova, improvvisamente, ad uscire dal tunnel?
MM: Ah! E’ come se fossi stata per un po’ di tempo col naso chiuso e non avessi potuto respirare. Poi, finalmente, vedi la luce, finalmente respiri e puoi sentirti libera di vivere e camminare a testa alta.

GDG: Te lo aspettavi questo ritorno alla grande?
MM: Sinceramente, no. Non ci ho mai creduto. Quando decisi di smettere ero altrettanto convinta che non ce l’avrei più fatta a riprendere. E quando questo è successo, l’ho fatto - come t’ho detto – convinta di rincamminarmi su una strada molto difficile. Nella mia ingenuità non pensavo certamente a Sanremo. A un disco, sì, magari ad un po’ di promozione, ma finiva lì. Non potevo certo prevedere tutto il baillame che s’è scatenato dopo. Invece è stato tutto così semplice, così facile e naturale. Ma non è dipeso solo da me; il merito non è stato certamente tutto mio. E’ stato soprattutto il pubblico a venirmi incontro con un affetto pazzesco.

GDG: Ma come possono accadere certe cose?
MM: Non lo so. Non so quale sia il meccanismo che ad un certo punto scatta. E’ tutto illogico ed irrazionale…

GDG: Sanremo è forse servito a molti per togliersi un mattone dalla coscienza….
MM: Sì, lo penso anch’io. Anche perché, in fondo, Sanremo non è stato poi questo grande successo. Secondo me è scattato qualcosa. Forse la voglia di togliersi, appunto, un peso. Forse il fatto che erano passati tanti anni e qualcuno ha deciso che la mia espiazione poteva bastare.

GDG: Ritorniamo ad Ivano Fossati. Forse il vostro è stato il primo vero e proprio connubio tra un autore e un’interprete. Un’unione molto turbolenta sia a livello professionale che emotivo…
MM: Sì. E’ stato uno scontro tra la Feccia del Sud e la Freccia del Nord. E, Dio, sa, se si son viste le scintille! Sono passati tanti anni e sono ancora tutta ammaccata. La botta è stata veramente traumatica.

GDG: Di quasi vent’anni di attività, quali compagni di viaggio vorresti ancora portarti indietro?
MM: Ce ne sono tanti. Vorrei portarmi dietro Claudio Baglioni, per esempio. Francesco De Gregori, da cui sto ancora aspettando una canzone scritta apposta per me, Randy Newman. Vorreo portarmi dietro John Lennon, che è quello che amo di più. Sono tanti quelli che vorrei ancora nel mio viaggio.

GDG: E lasciare?
MM: No, non credo sia giusto mollare nessuno perché chi è stato mio compagno di viaggio – nel bene e nel male – fa comunque parte della mia storia e della mia vita. Quindi non c’è nessuno da lasciare indietro.

GDG: Altri imperdibili compagni?
MM: Maurizio Fabrizio, per esempio. Con la sua classe e meravigliosa raffinatezza musicale ha scritto per me delle cose bellissime. Da Amanti ad Almeno tu nell’universo.

GDG: Quando hai scoperto che attorno a te non esisteva più quell’alone malvagio e che il pubblico stava ancora dalla tua parte, qual è stata la tua prima sensazione?
MM: E’ stata una sensazione di sicurezza, di serenità e di gioia pazzesca nel vedere che finalmente potevo lasciarmi andare e dare tutto quello che mi sentivo di dare. Prima mi frenavo perché non sapevo se c’era ancora qualcuno disposto a ricevere ciò che avevo dentro. Invece ho scoperto che non solo erano disposti a riceverlo, ma addirittura lo volevano, lo aspettavano e lo esigevano. Il mio nuovo matrimonio con il pubblico è stato bellissimo e vorrei ripagarlo in maniera migliore, con cose molto più belle. Sinceramente non sono molto soddisfatta dei miei ultimi album. Forse sono un caso clinico, ma vorrei fare dischi grandi e belli, che restino. Non amo molto le mie ultime cose.

GDG: Come mai?
MM: Non sono come le vorrei. Non so se è questione di budget o altro… però il prodotto finale non riesce ad entusiasmarmi. Vorrei che grandi autori scrivessero per me…

GDG: Quali?
MM: Lucio Dalla, per esempio. Lo stesso De Gregori, ancora Baglioni. Ce ne sono tanti. A volte mi sento una sorta di Cenerentola della canzone. Lo so che non è bello dire questo, ma mi sento veramente insoddisfatta.

GDG: Ma la collaborazione con Gragnaniello mi sembra abbia dato ottimi risultati.
MM: Sì, Enzo è un altro grande artista e sono felice di questo incontro. Le cose che mi hanno dato più soddisfazioni nella vita sono queste mie ricerche, durante le quali ho avuto degli incontri meravigliosi ed importantissimi. Uno degli ultimi è stato proprio Enzo, un grande artista che ha cose più importanti da dire e sta velocemente maturando, facendo dischi sempre più belli. Credo che abbia veramente un grande avvenire.

GDG: Quanto è contata, e conta, la speranza in Mia Martini?
MM: Moltissimo. Però la speranza è legata all’entusiasmo. Quando questo non esiste più, non c’è nemmeno lo stimolo per creare della speranza.

mercoledì 11 luglio 2012

Mimì in concerto e l'Italia campione del mondo. Intervista a Mia Martini. 11 Luglio 1982




Questa intervista è stata realizzata a Borgovercelli (TO) l'11 luglio 1982 dal primo fans club dedicato a Mia Martini, diretto da Giorgio Nobis, e pubblicata sulla fanzine n. 4 I sorrisi di Mimì nel 1982.

Ore 21,30: L’Italia è campione del mondo. Mentre anche noi stiamo inneggiando alla vittoria all’interno del locale, ecco arrivare la nostra cara Mimì che sta per entrare in camerino, ma non fa in tempo perché noi molto rapidamente la raggiungiamo prima. Saluti, baci, abbracci e ci invita nel camerino, anche lei è contenta per la vittoria dell’Italia, ma il massimo della felicità lo raggiungiamo noi quando ci fa ascoltare una cassetta con la registrazione di Stelle, una delle canzoni da lei scritta per il nuovo LP. Impossibile descrivere a parole la bellezza di questa canzone, lo dimostrano le lacrime che ci rigano il viso in quel momento!

Ore 22,30: Mimì sale sul palco sulle note di Nanneò, dopo di che saluta il pubblico ‘Buonasera a tutti, grazie di essere venuti lo stesso, nonostante la partita, abbiamo vinto e siamo tutti felicissimi, allora…’. Grida di brava le giungono dal pubblico, lei ringrazia e inizia il concerto! E ancora canto, Ti regalo un sorriso, Danza, Sono tornata, Stai con me, un revival di vecchi successi come Inno, Amanti, Valsinha, Minuetto. Gli applausi sono già fragorosi, ma aumentano alle prime note di E non finisce mica il cielo, segue un brano di Billy Joel  Just The way You Are. Dopo la presentazione dei musicisti, tocca a VolaLa costruzione di un amore e la chiusura con il bis di E non finisce mica il cielo.


L’INTERVISTA

D. Come riesci a superare i tuoi momenti neri?
R. Beh, ne ho tanti di sistemi, mi metto a leggere un libro che mi coinvolge molto, mi metto ad ascoltare la musica, non so, suono, comunque riesco a superarli molto facilmente.

D. Cosa pensi che ti direbbe Movie (la sua cagnolina, n.d.r.) se potesse parlare?
R. Oh mamma mia, la mia Movie mi da solo amore e non chiede niente, una pallina, stare vicino a me, un prato, ogni tanto, e la pappa.

D. Qual è la tua massima aspirazione di donna e di cantante?
R.Mah, non ho aspirazioni come cantante, ho aspirazioni come donna, quello sì e riuscire a piacermi sempre di più.

D. Il concerto che ti ha dato più soddisfazioni?
R. Beh, ce ne sono tanti…però forse l’ultimo che ho fatto l’altra sera vicino a Forlì è stato molto importante….cioè una soddisfazione non solo di pubblico ma anche di entourage, di gruppo, di tecnici, di ragazzi che dovevano girare con altri artisti e mi hanno fatto la sorpresa. Mi hanno detto: ‘No, noi non ti abbandoniamo’. Credo sia la cosa più bella che si possa avere.

D. E il pubblico di stasera, invece, come ti è sembrato?
R. Abbastanza distratto, giustamente, prchè dopo il Mundial era il minimo che potesse succedere…

D. Qual è la canzone che ti è più difficile cantare?
R. Le canzoni che non amo, le trovo molto difficili, non riesco a cantarle..

D. Il tipo di domanda che temi di più durante un’intervista?
R. Che temo? Mah, non ci sono domande che temo, non mi piacciono le domande stupide.

D. C’è qualcosa che rimproveri ai tuoi fans?
R. No!

D. Di farti tante domande…
R. (ridendo)….no….siete stupendi…

D. Cosa ha significato per te la partecipazione al Festival di Sanremo? Ne sei rimasta soddisfatta? Come è visto dietro le quinte?
R. Mah, dietro le quinte non sono riuscita a vedere molto io, i pezzi di Sanremo li ho scoperti dopo, alcuni, pian piano, magari ascoltando la radio….non li ho seguiti. E’ stata una esperienza molto interessante, che io non avevo mai fatto, e il Premio della critica poi è stata una cosa…..

D. Come nascono le tue canzoni, ed in quali occasioni?
R. Oh! Nascono sempre in maniera diversa, secondo l’ispirazione, da tante cose, che puoi leggere su un giornale, che vedi per strada, un’emozione che ti dà una certa musica…sono diversi i motivi che ti spingono a scrivere una canzone….

sabato 7 luglio 2012

Intervista esclusiva a Massimiliano Pani: Mia Martini la voce che spacca nell’anima



Disponibile e gentile, Massimiliano Pani ha accettato volentieri di esprimere la propria opinione su Mia Martini in esclusiva per il club Chez Mimì. Lo ringraziamo vivamente e diamo spazio all’interessante chiacchierata.


• Prima domanda d’obbligo: la sua opinione su Mia Martini come artista e come donna.
  Non posso esprimermi su Mia Martini come donna, non ho avuto il piacere di frequentarla abbastanza a lungo. Come cantante ha nella voce il dolore, la rabbia, il riso e le lacrime…è una grande cantante.

• Se ha avuto modo di conoscerla personalmente: che ricordo ha di lei, può raccontarci qualche aneddoto?
   L’ho incontrata tante volte negli anni, alcune per caso, altre no. La conobbi in occasione di un pezzo che avevo scritto e che le era piaciuto “Già visto” cantato da Mina in “Italiana” nel 1982. Voleva incontrarmi e capire come poteva un ragazzo di 19 anni scrivere un testo così “adulto”…conobbi quel giorno a casa di Mimì anche Ivano Fossati.

• Tra i brani del suo repertorio, quali sono le sue preferenze e quali di essi avrebbe voluto scrivere…..
   …sono un ammiratore di Maurizio Fabrizio e ritengo che i suoi pezzi scritti per Mimì abbiano avuto grazie a lei la migliore interpretazione possibile. Lei ha dato a quei brani di grande eleganza e intensità lo spessore e l’emozione che non sarebbe riuscito a dare nessun altro interprete.


• Quali sono le sue considerazioni in merito allo spinoso ostracismo che l’artista ha dovuto subire, legato alla triste nomea della iella.
   La cultura familiare che mi appartiene, e della quale non ringrazierò mai abbastanza i miei genitori, mi fa dividere le persone, che ho il piacere di frequentare, non tra potenti e no, ricche e no ma tra intelligenti e no, di valore umano e no, di talento e no…per me Mia Martini era una artista di valore assoluto, una donna con me affettuosa e amichevole…qualunque altra valutazione non ha nessun senso e non mi ha mai influenzato.

• Come compositore, ha scritto anche per altri interpreti come Anna Oxa. Ha pensato qualche volta sulla possibilità di affidare a Mia Martini un suo brano?

  Sì, ne sarei stato onorato, ma un autore sa quale dei pezzi che ha nel cassetto è veramente valido e quale…solo normale. Per lei ci voleva un genere di pezzo con le caratteristiche di emozione che poteva permettere a un vero grande cantante di esprimersi. Ma quando mi è venuto quel genere di pezzo, e penso a “Serpenti”, “Fosse vero” e altri, li ho fatti ascoltare prima a mia madre per avere un parere…e non li ha mai rifiutati…quindi proporre un brano meno intenso per Mia Martini non mi sono mai permesso di farlo…

• Sembra che ci fosse in cantiere un progetto discografico per una eventuale partecipazione di Mimì a Sanremo 1996 con la collaborazione degli Audio 2.
   Non ricordo bene, ma può darsi che Donzelli e Leomporro abbiano, come autori , proposto dei pezzi a Mimì per il San Remo di quell’anno.

• Ha avuto l’opportunità di assistere ad un suo concerto?
  Purtroppo no, ma ho visto molti concerti su dvd di Mia Martini.

• Agli inizi degli anni ’80, Mia Martini si presenta al suo pubblico con una voce, come affermava anche lei stessa, modificata nel timbro, più roca e ‘sporca’, rispetto a quella più cristallina del decennio prima. Lei quale preferisce di più?
   Io per età anagrafica conosco meglio questa seconda voce di Mia Martini, ho riscoperto solo negli anni a seguire i suoi primi dischi. Io trovo formidabile l’emozione che quella voce dava lacerandosi e spaccandoti nell’anima…una vera meraviglia.

• Mia Martini cantautrice. Sono in pochi a parlare di questo aspetto. Ha avuto modo di scoprirla in questa veste?
Lei teneva giustamente molto a questo ruolo. Sicuramente un cantante deve “modellare” il suo repertorio se possibile contribuendo a crearlo a “sua immagine”…lei ha fatto questo lavoro assieme ad autori straordinari come Fossati o Fabrizio, ma anche da sola “tessendo” la sua trama musicale per adattarla alla voce straordinaria e cosi personale che andava sviluppando sempre diversa negli anni.

• Mia Martini spesso diceva di considerarsi la ‘Cenerentola’ della musica leggera. Eppure, ha avuto varie collaborazioni artistiche, come quella con Baglioni, Fossati, Aznavour, Murolo, Shapiro. Quale tra queste considera più proficua e incisiva?
Lo so che mi ripeto, ma io amo molto il periodo Mia Martini/Ivano Fossati e Mia Martini/Maurizio Fabrizio.

• Si è parlato di un duetto tra Mia Martini e Mina, che avrebbe dovuto realizzarsi nel ‘96, ma non c’è stato il tempo. C’era questa intenzione o si tratta di leggenda metropolitana?

  Mia madre e Mimì si stimavano molto reciprocamente. Entrambe sono grandissime cantanti anche se diverse nel modo di cantare, cosi personale per entrambe. Sono uguali però nel cercare l’emozione prima di ogni altra cosa nel loro canto…sarebbe stato bello un duetto e ne hanno parlato spesso. Purtroppo il pezzo giusto non era stato individuato in quel momento…

giovedì 5 luglio 2012

L'album "Quante volte ho contato le stelle" raccontato da Mia Martini



Ormai i miei tre anni di assenza dalla scena sono acqua passata. Dallo scorso Sanremo (con E non finisce mica il cielo ) in poi è nata un’altra Mia Martini. Quindi, oggi, non c’è nessun rientro, semmai una prosecuzione della nuova strada intrapresa.
Finora tutti consideravano la mia voce e basta. Ero un’interprete delle cose che altri scrivevano, c’era partecipazione vocale, ma non di testa, di cuore, di sangue. Essere solo una cantante non mi dava più niente, soprattutto perché non dava più niente agli altri e allora mi sono intestardita nella ricerca di un qualcosa che mi offrisse la possibilità di vivere veramente. Ho studiato, ho cercato in me stessa le ‘mie’ verità, sono migliorata e finalmente sono entrata veramente nella musica. Ho scoperto un mondo bellissimo, impalpabile, impercettibile e vastissimo. Adesso si che posso dire di essere viva. Oggi, affrontando appunto questa prova ho capito che essere cantanti di se stessi è un’altra cosa, molto più interessante e completa. Io ho cantato le cose che in certi momenti ho vissuto o ho creduto di vivere. Un’esperienza che è solo l’inizio del mio lavoro futuro e che mi ha fatto finalmente trovare la mia giusta dimensione d’artista.


Anche se non mi voglio più considerare una cantante solamente, è bello sapere di essere gratificata di stima in un ambiente che fa più facilmente trapelare la maldicenza della generosità. Il fatto è che mi ero resa conto di lavorare in un mondo che mi stava stretto. Venivo bombardata da pesanti richieste commerciali, legate al lancio di una ‘immagine’ che non era la mia. La mia voglia invece, è sempre stata quella di potere incidere canzoni scritte da me o da altri, e la libertà di scegliere testi e contenuto.
Artisticamente, con la svolta di scrivere i pezzi, credo di essere maturata molto, è la mia vera identità.
Ho scritto molto. Poesie, testi, parole in libertà. Ho anche ripreso i miei studi di musica classica, ho scoperto di amare il mio tempo libero, la mia casa, il mio uomo, le mie piantine di basilico. Una donna ogni tanto ha bisogno di ritirarsi in casa. Aggiungiamo che tre anni fa ero moralmente distrutta, non avevo più voglia di sopportare un ambiente che mi bistrattava. L’intervallo mi è servito per diventare più forte, più grande: ma soprattutto per scrivere. Poi ho scoperto di essere diventata più fiduciosa verso me stessa, meno fragile, meno vulnerabile: e allora sono tornata.Tutto quello che io provo oggi è dovuto alle esperienze passate. Soprattutto quelle negative. Se una persona non soffre, se non sbatte la testa contro un muro non può maturare né imparare niente, perché le cose che vanno bene si dimenticano troppo presto. Io, per esempio, ho avuto un sacco di batoste che ricorderò tutta la vita perché mi hanno lasciato il segno. Ma solo così sono state, sono e rimangono di insegnamento.

Già con Danza realizzato con Ivano Fossati è successo che io volevo un altro indirizzo artistico perché mi ero stancata di un personaggio da cantante tradizionale che non era mio anche se mi ha dato soddisfazioni come cantare all’ Olympia di Parigi con Aznavour, cose che in Italia pochi sanno proprio perché la promozione che ricevevo io non era minimamente caratterizzata dalla mia vita artistica ma solo dai dischi. Solo quelli contavano e alla loro maniera naturalmente: così, quando ho deciso la copertina di Danza, la coppa di champagne presa a calci che significava visualizzare le mie interpretazioni, loro hanno detto di non essere d’accordo ed è cominciato un periodo di scazzi.
All’inizio, io e Ivano, seguendo un consiglio che ci hanno dato in molti, abbiamo lavorato insieme ma non è stato facile, si finiva per trasportare anche nel lavoro le tensioni del rapporto, tensioni normalissime come quelle di tutti, creandone altre ancora e così dopo E non finisce mica il cielo ci siamo detti di comune accordo che era meglio non lavorare insieme. Ivano mi ha consigliato Shel e devo dire che non sbagliava: Shel è bravissimo come musicista ma è soprattutto una persona che mi aiuta a stare bene, a vincere i miei timori, le mie paure, un amico.

Nel realizzare questo disco, Quante volte.. ho contato le stelle, abbiamo scoperto di pensarla allo stesso modo su molti argomenti della vita, e tra noi si sono accese nuove scintille di fantasia. Abbiamo lavorato con amore, in perfetta serenità, divertendoci: e questo è un aspetto importante per la buona riuscita delle cose che fai. Questo disco rappresenta molto per me sia perché segna il mio ritorno nel mondo della musica leggera, sia perché è il frutto di un mio lungo lavoro di ricerca, oltre che sui testi, sugli arrangiamenti. Trovo fondamentale per un cantautore dare largo spazio alla ricerca musicale, attività che da noi in Italia, forse per il nostro senso d’inferiorità nei confronti degli stranieri, è molto frenata. Da questo momento in poi intendo perfezionarmi continuamente, anche cambiando spesso genere musicale, se necessario. La canzone che preferisco in assoluto è “Stelle” in cui si parla delle illusioni di un mondo, come quello dello spettacolo, in cui sempre più frequentemente in nome del successo si chiede alle persone di tradire se stesse.
Quello che invece è per me fondamentale è riuscire a mantenere questa ‘carica’ che mi porto dentro e che mi impedisce di adattarmi alle situazioni di compromesso, stimolandomi a intraprendere nuove strade.

Anche questa volta, come già con Mimì, ho scritto i testi delle mie canzoni, perché solo interpretandole mi sembrava di non dare abbastanza. Tessere insieme musica e parole è un gioco stupendo.

Alcuni estratti sono inseriti nel libro Mia Martini. La voce dentro