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sabato 21 maggio 2011

Mimì Mia Martini, la dedizione fatta persona. Intervista a Ivano Fossati



Un incontro con Ivano Fossati è sempre un evento ricco di emozioni e sorprese.
Pubblichiamo un’intervista, raccolta dal Prof. Menico Caroli nel 1998, in cui il volatore Fossati si concede con straordinaria disponibilità al racconto di una delle pagine più intense del suo diario di uomo e di artista. “Quello tra me e Ivano - dichiarò una volta la Martini - è stato l’incontro tra la freccia del sud e la freccia del nord. E Dio solo sa se si sono viste le scintille!”. A rileggerlo oggi, questo incontro ci sembra soprattutto una simbiosi d’amore tra due artisti della parola cantata: “parole mie che divenivano più sue - spiega Fossati - perché rivestite di uno spessore umano tale da arricchire o completare il significato di quello che io, come autore, avevo voluto esprimere in quel momento”.

Domanda di rito: il suo primo incontro con Mia Martini.
L’anno dovrebbe essere il 1977. Eravamo alla RCA, a Roma, dove collaboravo con Antonio Coggio, grande amico di Mimì, che stava producendo il mio quarto album, “La casa del serpente”. Ci conoscemmo a casa sua. Un incontro assolutamente casuale. Probabilmente fu lui a farle ascoltare dei brani che avevo scritto in quel periodo. Il nostro primo incontro, in sala d’incisione, fu il duetto di Anna di primavera, che faceva parte de “La casa del serpente”. Io ero felicissimo: ospitarla in un mio disco equivaleva a un primo, importante riconoscimento. Vedevo questa grande artista che cantava per me e quasi non ci credevo. Certo, oggi sappiamo bene cos’è stata Mia Martini, ma devo dire che già allora lei godeva di una grande stima da parte degli addetti ai lavori e, in particolare, dei musicisti.

La prima impressione che ebbe di lei?
Fu esattamente uguale all’ultima. Rimasi conquistato dal suo entusiasmo, dalla sua forza dirompente. Colpito dalla sua semplicità e soprattutto (ma questo l’avrei capito meglio col tempo) dal fatto che Mimì era una monomaniaca della musica. Posso dire che, di tutti i musicisti e gli artisti che ho incontrato nel corso della mia vita, lei è stata una delle persone più autenticamente interessate alla musica.

La musica come unica ragione della sua vita?
Magari è riduttivo. Sarebbe come dire che non aveva altri interessi, mentre Mimì era una donna curiosa, che amava leggere, informarsi, approfondire. Direi piuttosto che aveva per la musica la stessa dedizione di un grande musicista. Sì, dedizione… Penso che sia la parola più giusta. Mi colpiva la forza e l’entusiasmo con cui entrava nelle cose. Pregi inusuali, oggi come allora. Un’impressione mai alterata dal trascorrere del tempo.

E del “prima”? Della cantante da hit parade, quella di Piccolo uomo e Minuetto, che idea s’era fatto?
Quel successo, il fatto di essere così amata dal pubblico e dalle masse, non l’aveva privata del grande merito di essere anzitutto un’artista adorata dai musicisti. Una cosa che mi ha sempre colpito di lei, già prima di conoscerla. A quei tempi credo che fosse una delle pochissime cantanti italiane di cui i musicisti comperavano i dischi. E io ero tra quelli. Mi piaceva molto. Mi ricordo che, prima ancora del ’77, ci eravamo incrociati già una volta, mi pare in radio…

Sì, per uno dei Concerti di Supersonic…
Sì, bravo. Era uno di quei concerti dal vivo, trasmessi dalla radio, senza la protezione del playback. Un disastro (ride). È vero, fu quella la prima occasione in cui ci sfiorammo.

Anche se, a voler essere pignoli, già a Viareggio, al Festival d’avanguardia e nuove tendenze del ’71, eravate entrambi iscritti alla gara: Mia Martini & La Macchina, Fossati coi Delirium.
È vero. Ma in quell’occasione i complessi si esibivano l’uno a distanza di molte ore dall’altro. E poi c’era un tale caos. Però mi ricordo bene di lei già da allora, anche perché era molto attesa dai giovani e, ripeto, dai musicisti. Come dire che, in una conversazione sui tuoi gusti musicali, potevi dire di amare i Led Zeppelin e Mia Martini e non correre il rischio di sfigurare. Era un’esponente italiana di quelle forti, amata almeno dall’80% dei giovani di allora.

Al 1977 risale anche la sua prima collaborazione in un album di Mimì, “Per amarti”, per un brano dei Supertramp, Give a little bit.
Sì, in effetti, fu quella la mia prima collaborazione in un suo disco. La canzone, comunque, l’aveva scelta lei. La variabile fu affidare a me la stesura del testo italiano. Non si trattava di una traduzione, ma di un adattamento, come usava in quegli anni. Quanto ai pezzi originali, scrissi per lei il testo e la musica di Sentimento, che fu incluso in quello stesso album.

Grazie a Leandro Leandri, ho potuto effettuare ricerche negli archivi della ex RCA, oggi Bmg-Ricordi, dove ho trovato due versioni inedite di questo brano: una con un testo alternativo, nota come Sotto i jeans, e una versione inglese, intitolata Listen me. Ricorda qualcosa di queste incisioni?
Non ne ho la più pallida idea, anzi lo apprendo ora. La versione inglese mi fa pensare a un probabile progetto per l’estero. La RCA era molto attenta a queste cose.

Poi, nel ’78, ci fu il passaggio di Mimì alla WEA. Che ruolo ebbe in quella decisione?
Nessun ruolo in fase contrattuale. Come autore, potei fare di più, tant’è vero che il suo primo 45 giri prodotto dalla WEA era incentrato su una mia canzone, Vola.

Si dice che fosse destinata a Patty Pravo…
No, la proposi subito a Mimì. Sennonché, a mia insaputa, la RCA la fece provinare a Nicoletta. Venne fuori una versione stranita, per giunta tagliata, che a me non piacque. Mi opposi e lì per lì non uscì. Sarebbe stata pubblicata molti anni dopo.

Anche se la Strambelli la propose una volta in Tv, a Stryx, proprio nel 1978…
Esatto (ride). Ma ribadisco che Vola era destinata a Mimì. Ricordo che ci eravamo incontrati a Genova, per puro caso. Lei cercava materiale per il nuovo disco e io le dissi che avevo composto questo pezzo quattro giorni prima. Lo ascoltò e lo incise. Ancora oggi penso a Vola come a una canzone istantanea, di quelle che ti piovono dal cielo.

Un periodo di grande ispirazione…
Sì, ma sono casi abbastanza rari. Cose che, in genere, accadono a compositori giovani. Comunque, rimane un pezzo a cui sono legatissimo. L’idea di avere un’artista del calibro e della forza di Mimì, per un brano nato così velocemente, mi affascinava. Penso che anche lei abbia amato molto questa canzone.

Infatti, è uno dei rari titoli del suo repertorio ripreso in altri dischi. Sì, ricordo la versione jazz dell’album live realizzato con Maurizio Giammarco. Io stesso l’ho ripresa in diverse occasioni.

 

Con “Danza”, Lei ha scritto il capitolo forse più importante della discografia di Mia Martini. Dalle foto di copertina emergeva l’idea del lavoro d’équipe…
Effettivamente, per la realizzazione di “Danza”, lavorammo in maniera inusuale. Ci chiudemmo in studio per due mesi, avendo a disposizione un gruppo di musicisti tutto nostro. Eliminammo i turnisti (cioè i musicisti che entrano in sala, suonano e se ne vanno) per creare una band che potesse seguire tutte le fasi della lavorazione. Le musiche e gli arrangiamenti venivano discussi insieme, perché predominava lo spirito di gruppo ed era importante che ognuno esprimesse il proprio punto di vista. Il nostro motto era “lavorare, provare e sperimentare insieme”, come se Mimì fosse la vocalist di un gruppo affiatato. E devo dire che era molto bello avere questa grande artista circondata da musicisti che suonavano per lei, che lavoravano per promuovere la sua realizzazione…

Come giudica oggi questo disco?
Ritengo che ci siano dei pezzi riusciti e altri che mi soddisfano meno. Ma, in definitiva, penso che lo spirito da cui nasceva è a tutt’oggi salvo, intatto. Le canzoni, al di là dei difetti o delle ingenuità che io, come autore, posso scorgervi, rendono bene quella che era la nostra idea di gruppo. Il sentirci tutti uniti come in una band; la voglia di ideare, inventare e dare il meglio per Mimì… Oltretutto ricordo quel periodo come uno dei più divertenti che abbia vissuto nella mia carriera. In genere, questo mi succede quando lavoro in maniera “alternativa”, inventandomi giorno per giorno qualcosa di nuovo. Ogni volta che ciò è accaduto, sono venuti fuori dischi che mi sono rimasti “dentro”, come “Ventilazione”, di cui “Danza” è per molti aspetti un prototipo. Insomma, è stato un album importante sia per me sia per Mimì. Rimanemmo molto legati a quella esperienza…

E i discografici?
Li ricordo preoccupatissimi. In verità, “Danza” non costò né una lira né una settimana di lavorazione in più rispetto a un disco tradizionale. Quanto ai risultati, ci procurò un grande star bene e anche un discreto risultato in fatto di vendite. Lo ritengo un disco destinato a lunga vita.

La scelta di Danza come brano di punta e come titolo dell’album fu contrastata?
Non direi. Non avevamo dubbi, forse sbagliavamo, ma ci pareva il pezzo più adatto a rappresentare il filo conduttore dell’album.

Dunque è consona la definizione di ”Danza” come concept-album?
Sì, direi che era un disco prossimo alla formula concept. Anche perché era costituito da canzoni scritte in uno stesso periodo: lavoravo solo su quelle. Per cui è naturale che i testi parlassero, in maniera diversa, quasi della stessa cosa.

Il pezzo che mi ha colpito di più è La luce sull’insegna della sera, che mi sono permesso di riproporre in una recente compilation realizzata per la WEA. Una straordinaria descrizione del “mal di vivere” o cos’altro?
Ho voluto rappresentare il senso di un disagio, più che di una depressione. Un tema che ho posto anche al centro di altre mie canzoni, come Panama. Esprimevo il senso della difficoltà di arrivare a qualche cosa, anche se devo ammettere che La luce sull’insegna della sera dà voce a questo tema in maniera più visionaria e complessa. Ho immaginato la luce come guida e speranza contro il giorno che volge alla sera, contro il buio che sta arrivando. Anche lessicalmente, mi piaceva molto la contrapposizione tra i due termini, “luce” e “sera”, già presenti nel titolo. Un pezzo totalmente metaforico è, invece, C’è un uomo nel mare. Il testo si fonda su immagini semplici, leggibilissime: oggi lo riscriverei con maggiore profondità.

Un altro classico è La costruzione di un amore…
Una canzone che ha navigato fino ad oggi, perché possedeva una forza straordinaria, che né io né Mimì immaginavamo allora.

Si dice che il testo di Canto alla luna rifletta quella situazione di disagio, che Mimì stava vivendo in quel periodo, per via delle solite, orrende dicerie: “io che tristezza o non tristezza ho cantato/ ancora non vedo dove ho sbagliato…”.
C’erano indubbiamente delle difficoltà… Nell’interpretazione di un testo, bisogna comunque tener conto che non esiste nulla di più “spugnoso” della scrittura di un lavoro musicale. Tutto quello che c’è all’esterno filtra all’interno: ma filtrano anche le interpretazioni. Dunque, non mi stupisce che Mimì abbia dato una lettura così personale di questa canzone. È come se, tra interprete e autore, si verifichi una profonda osmosi: parole mie che diventano più sue, che acquistano maggiore significato nell’essere ritrasmesse da lei. Questo succedeva spesso con Mimì e, in generale, con gli interpreti più profondi: quelli che hanno uno spessore umano tale da arricchire o completare il significato dato alle parole degli altri.

Chiarito il mistero di Vola, le sottoporrei il caso di E non finisce mica il cielo. È vero che era stata proposta anche a Mina?
Sì, forse all’inizio c’era stato un tentativo, seppur blando, di farla ascoltare a Mina, prima che Mimì se ne innamorasse. Il buon Galanti ci fece preparare un provino. Una cosa semplicissima, per piano e voce. Capimmo subito che era una canzone più adatta a Mimì. Mi ricordo che scomodai un bravissimo arrangiatore d’orchestra, Farinatti, che ormai non lavorava più per la discografia. Ricordo che inserì nelle partiture degli archi delle citazioni di carattere romantico, riconducibili al tardo Ottocento e ai primi del Novecento. Rimasi molto soddisfatto del risultato, perché la musica riusciva a caratterizzare bene l’atmosfera del brano, rendendo l’arrangiamento una sorta di unicum in una stagione musicale già dominata dalla musica elettronica.

Per quel pezzo nacque il Premio della critica, oggi Premio Mia Martini…
E non finisce mica il cielo era una canzone che non poteva vincere Sanremo. Nessuno di noi si aspettava un risultato simile. Tuttavia ci regalò grandi soddisfazioni, perché piacque sia agli intenditori sia al grande pubblico. Fu uno degli episodi più fortunati della nostra collaborazione.

Pensaste mai di accarezzare l’idea di un duetto vero e proprio, ovvero qualcosa di più corposo delle partecipazioni vocali già note?
Pensavamo di avere chissà quanto tempo dinanzi a noi, invece… È pur vero che siamo stati frenati da alcuni aspetti inevitabili della nostra vicenda umana. Se fossimo stati solo amici, forse sarebbe stato possibile. Abbiamo sempre temuto che, per la natura del nostro rapporto, un esperimento di questo genere potesse risultare ambiguo. Un vero peccato. Sarebbe stato facilissimo…

Un brano Martini-Fossati ingiustamente sottovalutato è Vecchio sole di pietra, inciso nel 1982.
Una rarità. Una delle pochissime occasioni in cui mi sono prestato a scrivere non il testo ma la musica di una canzone. Tra l’altro, una sola parte, perché già esisteva un’idea musicale di Mimì che ho successivamente sviluppato.

La versione di Vedrai, vedrai di Tenco, incisa live nell’album “Miei compagni di viaggio”, con il suo accompagnamento al pianoforte, è annoverata dalla critica fra le migliori…
Condivido per quanto concerne la parte vocale. Per la parte musicale… (ride). Ricordo che la provammo una sola volta, a casa di Mimì, su un piccolo pianoforte verticale bianco, prima di uscire per andare in teatro, al Ciak di Milano, dove registrammo l’album. Una cosa tentata all’ultimo momento, con le borse in mano. Mi ricordo che ci guardammo dicendo: “Ma ci ricorderemo?”. Insomma, meno provata di così non si poteva. Ma devo dire che con Mimì il rischio di sbagliare non si poneva: non l’ho mai vista consumarsi in mesi di prove.

Mimì ha dichiarato di essere diventata cantautrice anzitutto in risposta alle sue sollecitazioni…
Sì, è probabile, anche se non penso di essere stato il solo responsabile di questa metamorfosi. Di certo, l’ho stimolata a scrivere. Lei era consapevole di essere una grande interprete e questo l’aveva, secondo me, distolta dall’idea di potersi scoprire un giorno come autrice. Me la ricordo quando, in un paio di occasioni, provò timidamente a costruire una canzone: iniziò con pezzettini di parole, piccoli frammenti che, a poco a poco, crescevano, dando voce alla melodia. Ma, ripeto, non lo ritengo un merito esclusivamente mio. È stata una fase della sua carriera alla quale penso che sarebbe arrivata anche da sola. Era una donna di un’intelligenza talmente viva che non vedo come avrebbe potuto trattenersi dal fare una cosa del genere. Era troppo curiosa.

L’ultimo album di Mimì parla di Fossati nel titolo ufficiale (“La musica che mi gira intorno”), nel titolo alternativo (Per niente facili) e nelle tre canzoni riprese dal suo repertorio (I treni a vapore, La musica che gira intorno, La canzone popolare). Che ricordo ha di quel suo ultimo disco?
Ah, un album stupendo! Realizzato e interpretato meravigliosamente. Mi ricordo che in quel periodo mi trovavo a Modena, in uno studio di registrazione, con Fabrizio De André e Dori Ghezzi. Mimì venne a trovarci portandoci un nastro con alcuni dei pezzi che aveva già registrato. Ricordo De André commosso dopo aver ascoltato Hotel Supramonte. Fabrizio è stato un ammiratore sincero di Mimì. Un ammiratore totale, innamorato della sua arte, ma soprattutto della sua umanità.

E della rivisitazione dei suoi tre brani in quel disco cosa pensa? Le dissi che per me lei non incideva più canzoni, ma dipingeva dei quadri…


Intervista del Prof. Menico Caroli pubblicata su "L'isola che non c'era" nel 2005


Il video di "Vedrai vedrai" live Mia Martini voce-Ivano Fossati piano
http://www.youtube.com/watch?v=sfU0QBzVVIA

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martedì 17 maggio 2011

Chez Mimì incontra Mia Martini al Teatro Sistina di Roma. Maggio 1992




La incontriamo al Teatro Sistina il 16 Maggio 1992, in occasione della ultima data della tournèe, una serata il cui incasso è devoluto in beneficenza per i bambini cardiopatici, come quello tenuto il 12 aprile al Teatro Smeraldo a favore dell’Anffas. Il pubblico è caloroso, un concerto nel quale Mimì, come al suo solito, non si risparmia, al punto che ritorna sul palco per ben due volte e regala come bis una emozionante versione di Rapsodia, Lacrime, Gli uomini non cambiano e Valsinha.

Alla fine dello spettacolo, la vediamo scendere dalle scale e venirci incontro, annunciando:

Sul mio ultimo CD Rapsodia-Il meglio di Mia Martini, una antologia che raccoglie brani classici del mio repertorio rimasterizzati e le versioni dal vivo di Stelle e La costruzione di un amore, ho voluto ringraziarvi per questa vostra capacità di resistermi eroicamente e anche perché voglio, a modo mio, chiedervi scusa per avervi maltrattato con il discorso dei fans da psicanalizzare. Questo disco l’ho dedicato a Vito di Cagliari.

Ecco Mimì degli eccessi:ipercritica e capace di forti slanci di tenerezza. Andiamo in camerino e, nonostante la stanchezza, continua a dare altre notizie sui suoi prossimi impegni:

E’ stata una splendida esperienza l'esibizione all’Eurofestival, quando sono stata invitata a partecipare, ho chiesto un brano su misura a Giancarlo Bigazzi, perché è ormai il mio salumiere, se ho bisogno dell’affettato vado da lui a commissionarlo ed è subito pronto. In Svezia, tra l’altro, c’era l’attenzione dei mass media su di me come cognata di Borg. Anche qui sono stata considerata la vincitrice morale.
Non dovevo effettuare la tournée, è da Sanremo che ho continuamente mal di gola e abbassamenti di voce, visto che rilasciavo interviste e parlavo per ore, poi non sono totalmente soddisfatta di alcuni musicisti che suonano con me e non mi alletta molto l’idea di proseguire il tour in estate con la stessa band. Vi prometto, comunque, che proporrò un repertorio più vivace rifacendo brani come C’è un uomo nel mare che in questo momento, visto il dramma degli albanesi, è di straordinaria attualità e aprirò tutte le sere i concerti con la bellissima Questi miei pensieri di Maurizio Fabrizio.. Sarò anche presente al Nuovo Cantagiro, ma ci vado con la clausola che la mia casa discografica mi permetta di coprire i costi realizzare il video di questo tour.
Voglio proseguire la mia collaborazione con Enzo Gragnaniello, sto andando a registrare un suo brano stupendo, si chiama Veneme (si gratta la testa) o Vieneme? Boh! (ride). Probabilmente parteciperò al Festival di Montreaux in cui dovrei esibirmi con un repertorio prevalentemente di canzoni napoletane accompagnata dalla Big Band di Renzo Arbore. 

L’incontro si chiude, suggellato da un abbraccio fortissimo con Mimì che sussurra: spero di essere ancora la tua cantante preferita.

Di questo tour ne parla Giancarlo Parisi, che è uno dei musicisti:

Con Mimì si è creato un buon feeling, a tal punto che nelle serate improvvisiamo:io suono la zampogna e lei si inserisce con una tarantella tratta dal folk calabrese e riusciamo a coinvolgere il pubblico presente. Lei è molto esigente nei confronti dei musicisti, soprattutto quando questi non la convincono, per cui spesso si creano delle tensioni che non si superano perché arriva mezz’ora prima del concerto, per cui non c’è molto tempo da stare insieme. Lei ha grande professionismo e presenza sul palco, è un personaggio di altissimo livello, non mi ricordo che abbia stonato o sbagliato qualche volta. Una stabilità artistica notevole, con questa sua capacità di cambiare in ogni suo brano i dettagli dell’interpretazione. Un’artista del suo livello, però, dovrebbe essere considerata come una Edith Piaf e un mito della musica italiana, senza essere costretta a frequentare continuamente i festival di Sanremo per confermare la sua bravura.

Viene pubblicata la raccolta Rapsodia con una copertina di Guido Harari, il grande fotografo che ha immortalato tanti artisti della musica contemporanea, e che realizza per l’occasione delle splendide foto di lei rifacendosi alla Audrey Hepburn del film ‘Sabrina’.

Per la copertina – dice – ho ricercato soprattutto alcuni primi piani su uno sfondo nero. Quello che mi interessava era dare colore e densità alla pelle.
Con
Mimì ci siamo conosciuti nel 1984, in un periodo per lei non particolarmente felice , quando ha avuto il coraggio di pubblicare un omaggio live ai suoi ‘ideali compagni di viaggio’ (Jimi Hendrix, Kate Bush, Randy Newman, John Lennon, Chico Buarque), leccandosi le ferite dell’ormai inevitabile rottura da Fossati. Da allora ci siamo persi e ritrovati più volte, ben sapendo che nulla, neppure la musica, può ricucire certe ferite, e solo silenzio e solitudine sanno accendere una luce nei momenti bui.
Con lei abbiamo ormai superato la fase prettamente personale. Quando possiamo andiamo a vedere i concerti dei nostri cantanti preferiti, proprio come fanno i buoni amici.
Gli anni novanta l’hanno colta in una travagliata maturità d’artista, divisa tra il ritrovato successo di scontate routines sanremesi e nuove voglie di sperimentazione poco assecondate dai suoi discografici. Eppure, unica in Italia insieme a Mina, ha dimostrato in ogni modo, dal vivo e in dischi sottovalutati come ‘In concerto’ con Maurizio Giammarco, di saper volare da Fossati a Cole Porter, dalla canzone popolare napoletana a Hendrix e a Tom Waits, al quale desiderava rendere omaggio con un album intero a lui dedicato.
Mimì ha stile, ma si sa, nell’Italietta pop usa-e-getta (o gratta-e-vinci, se volete), questa parola non ha mai contato nulla. Nell’anima e nella voce ha il blues, quello vero, di chi ha saputo giocarsi ogni cosa pur di vivere, e neppure questo ha mai goduto alcun credito”.

Dopo queste anteprime, date nonostante la stanchezza del concerto, Mimì ci saluta e ci da appuntamento al suo prossimo tour estivo.

Intervista apparsa sul libro "Mia Martini La regina senza trono"


venerdì 13 maggio 2011

In Paradiso a Sanremo con Mia Martini. Recensione Concerto e Intervista 1994


Si dice a volte che la realtà supera la fantasia. Per uno come me che ascolta e studia la musica di Mimì da quando era ancora in fasce (tuttavia, non dubitate, sono rimasto giovane), l’incontro con lei, sublime interprete di capolavori infiniti (esagero forse?), ha sempre rappresentato un must, un obbiettivo talmente importante da pensare di non arrivare alla sua realizzazione. Forse mi bastava mantenere sempre vivo il sogno. Invece il 19 agosto scorso, ho avuto l’opportunità di conoscere Mimì in occasione di una esibizione al Roof Garden del Casinò di Sanremo, locale piuttosto chic.

PRIMA DEL CONCERTO: FASE TATTICA

Grazie ad alcuni ‘007’ da me sguinzagliati, sono riuscito a conoscere l’hotel in cui alloggiava la ‘Divina’. Così mi sono simpaticamente recato al ‘Grand Hotel Londra’, ostacolato nei movimenti da un mazzo di fiori un tantino ingombrante. Con noncuranza ho fatto chiamare Mimì in camera (in realtà dovevo apparire come un pinguino nella Foresta Amazzonica). Dopo circa cinque minuti lei ha risposto alla chiamata dicendomi, in tono tuttavia cordiale, che voleva riposare. Penso proprio che la gentilezza fosse dovuta all’assopimento del quasi- sonno. Passa un’ora quando mi reco al Casinò per lo spettacolo e lì vengo inspiegabilmente accolto come una personalità dello show-business da una avvenente ‘biondona’ che mi scorta fino al Salone dell feste. Mi fa accomodare, peraltro senza farmi pagare il biglietto d’ingresso. Va bé, sarà la mia serata. A questo punto arriva il road manager di Mimì al quale mi presento come rappresentante del Fan Club “Chez Mimì”; senza esitazioni mi ‘catapulta’ direttamente in camerino da lei che mi sussurra dolcemente: ‘ci vediamo dopo lo spettacolo’.

DURANTE LO SPETTACOLO : IN VISIBILIO

Nel corso del concerto ho fornito notizie ad un giornalista lì presente indubbiamente soddisfatto di avere accanto un informatore tanto solerte quanto ‘rompiballe’. Intanto Mimì eseguiva un gioiello dopo l’altro: “Danza pagana”, “Inno” riarrangiato in chiave swing, seguiti da tre omaggi musicali a Ivano Fossati con “Danza” e “E non finisce mica il cielo” (l’esistenza di questo brano e della sua interpretazione confermano che Dio c’è e ci premia), a Enzo Gragnaniello con “Donna”, “Cu’mme” e “Statte vicino a me” (‘fino a stanotte ‘e tre), a Francesco De Gregori e la sua “La donna cannone”. Con quest’ultima esecuzione si sfiora il pericolo d’infarto. Seguono tre pezzi sanremesi “Almeno tu nell’universo”, “La nevicata del ‘56” e “Gli uomini non cambiano”. A questo punto comunicano che il prefetto ha imposto di terminare il concerto per rispetto delle norme. Mimì allora se ne esce dicendo: ‘ se è vero che gli uomini non cambiano, allora sono i prefetti che cambiano di più’. Ancora “Minuetto” e poi stop all’idillio canoro. Da segnalare il fatto che il pubblico, tradizionalmente ‘surgelato’, si è sciolto alla prima sillaba uscita dalla bocca di Mimì. Per fortuna anche loro, ‘baccalà da freezer’, hanno capito chi avevano davanti.


L’INCONTRO IN CAMERINO

Grazie dei magnifici fiori’,mi dice lei baciandomi ed abbracciandomi, ‘ma la prossima volta mandami un mazzo di peperoncini o di basilico, io sono una donna di campagna e amo le cose semplici!’- Nel camerini si respira un’atmosfera molto cordiale e serena. Ho potuto trattenermi con Mimì e i suoi musicisti per quasi un’ora. Dopo una serie di domande utili per l’intervista, si è scherzato molto. Nonostante non conoscessi personalmente i presenti mi sentivo uno di loro, in perfetta sintonia. Anche perché l’Adorabile è una donna estremamente esilarante. E’ arrivata una ragazza a farle i complimenti che le ha detto: ‘Mi aspettavo “Piccolo uomo” e lei le ha risposto : ‘tesoro mio, siamo rimaste tutte incinte!’. Ma il momento migliore è stato quando è entrato un addetto del Casinò che ha affermato : ‘il prefetto era in sala ed è andato via tutto incazzato per la tua battuta. Sai, perché è un mese che qui a Sanremo fanno sciopero contro di lui’!. Si sente un grio di approvazione, seguito da una risata liberatoria, da parte di Mimì che sembra voler dire: ‘vedi che l’avevo detto io’. Mimì profetica è il massimo.


L’INTERVISTA

Ecco l’intervista concessa in esclusiva al Club Chez Mimì

*Qui a Sanremo lo scorso anno hai cantato in una rassegna di jazz. Cosa ti è rimasto di quella e delle altre esperienze in quel campo musicale?
MM Ogni tanto mi torna la voglia di esibirmi con Maurizio Giammarco, anzi, sto pensando di invitarlo nel mio spettacolo invernale con la Filarmonica di Parma. Poi chissà, magari fra un paio di anni farò un’altra tournèe jazz.


*Come è nata l’idea di questo nuovo tour e come sarà strutturato?
MM Mentre stavo registrando il nuovo disco a Modena, sono venuti a trovarmi in studio Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati e ne sono stata molto colpita perché con Fossati non ci vedevamo da dieci anni. Ho già sentito i provini frutto della loro collaborazione e l’album (“Anime salve”, n.d.r.) che ne risulterà sarà un capolavoro. Da parte mia, ho cominciato ad ascoltare con criterio i pezzi del loro intero repertorio e me ne sono talmente innamorata che avrei voluto dedicare tutto lo spettacolo a loro due soltanto. Alla fine, ho deciso di cantare i loro brani per me più significativi nella prima parte del concerto. Nella seconda parte, invece, voglio riappropriarmi delle mie canzoni appartenenti al periodo Ricordi dei primi anni ’70. Mi comporto in questo modo per un desiderio di rivalsa nei confronti di quella casa discografica che sta continuando a svendermi con inutili compilation sempre uguali. Registrerò tutte le tappe della tournèe raccogliendo così il materiale per un disco live che conterrà questi pezzi riarrangiati. La messa in opera di questo progetto è già cominciata perché nel nuovo disco (“La musica che mi gira intorno”, n.d.r.) ho reinterpretato “Piccolo uomo”.

*Ci sono degli autori che non hai ancora approfondito e che ti sei ripromessa di seguire con attenzione?
MM Ce ne sono tanti, ad esempio Vasco Rossi del quale ho appena inciso “Dillo alla luna”. Ogni artista è un pianeta a sé, è già difficile conoscerne uno a fondo. Io ho approfondito De Andrè e Fossati e penso che loro abbiano scritto cose talmente belle che è impossibile staccarsene: vorrei interpretare la loro opera omnia. Insomma, loro due mi rubano tutto il tempo!

*Cosa pensi della tua nuova casa discografica, la R.T.I.?
MM Ho avuto una buonissima impressione. Si tratta di grandissimi professionisti. E poi, per la realizzazione di questo mio progetto discografico si sono molto gasati.

*Come sono andati i concerti questa estate?
MM C’è stata una grande crisi per tutti, per cui abbiamo deciso di ponderare bene le cose.

*Come puoi definire il tuo rapporto con la Liguria?
MM Viscerale. Vedi, io sono stata innamorata solo di un uomo nella vita, Fossati, che è di Genova. E’ stato il mio amore e la mia croce. Lui diceva sempre che eravamo la freccia del nord e quella del sud che si erano incrociate. E poi, non è vero che dopo ‘non finisce mica il cielo’, anzi, ti crolla tutto in testa. Questo dal punto di vista personale. Parlando sotto il profilo lavorativo, Sanremo ha rappresentato la via di uscita da un tunnel senza luce e senza aria nel quale ero stata spinta e dal quale sembrava non potessi più riaffiorare alla luce. Nell’89 sono tornata e pensavo che la gente si fosse dimenticata di me ma non è stato così. Anzi sono loro che ora devono dire a me: ma sei ancora lì che canti?

*Tornerai a Sanremo?
MM A me piacerebbe sempre partecipare. Io non nego la sua importanza per la mia carriera. Ogni sera dedico venti minuti dello spettacolo ai miei brani del festival.

*A proposito di brani festivalieri, ”La vita racconta” a cosa ti fa pensare?
MM Quel brano era orrendo, quelli della commissione mi hanno fatto un favore a scartarlo. Nella musica io avevo aggiustato un po’ l’inciso, ma il testo era tutto raffazzonato. Mi dispiace per voi che non lo sentirete.


*Con la vecchia casa discografica come è andata?
MM Io ho abbattuto tutti i record perché ho cominciato il disco con la Polygram e l’ho finito con la R:T:I:. Loredana sta morendo d’invidia e vuole già copiarmi! Non capisco come queste grandi multinazionali non riescano a inventarsi una promozione che si discosti da Sanremo. Loro mi imponevano delle cose, per questo li ho salutati subito e me ne sono andata.

*Che ne pensi dell’evoluzione della musica italiana?
MM Secondo me, ha ragione Mogol quando dice che c’è una crisi di autori. Non c’è più nessuno capace di scrivere una canzone, esclusivamente le parole. L’unico vero genio della canzone italiana è Giancarlo Bigazzi, un autore puro che ama scrivere i testi ed è ripagato dal grande successo. Purtroppo, lui è come i ‘trulli’ di Alberobello’ , si è persa la tradizione. Insomma, è ora che qualcuno si metta a scrivere delle buone cose per mandare avanti la nostra musica leggera italiana. Datevi da fare!

Intervista di Luigi Perona per Chez Mimì apparsa sulla fanzine n°16
Video Mia Martini. Intervista a "In famiglia" e "I treni a vapore"
http://www.youtube.com/watch?v=Z0DX2HT7rAQ

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Mia Martini era innamorata della Sicilia e l'ha scelta per iniziare l'ultimo tour http://questimieipensieri.blogspot.com/2010/06/era-innamorata-della-sicilia-e-lha.html








venerdì 6 maggio 2011

Michele Zarrillo ricorda Mia Martini in “Emozioni”




Intervistato per la rivista “Emozioni”, Michele Zarrillo racconta la sua esperienza legata al memorabile duetto del 1995 con Mia Martini e Giorgia.


D. Nel ’95, durante la trasmissione televisiva Papaveri e Papere, c’è stato un momento musicale indimenticabile, che in molti ricordano ancora: la tua esibizione insieme a Mia Martini e Giorgia. Come nacque il tutto?
Premetto che ho sempre avuto un po’ paura della televisione, ho timore di essere frainteso per quello che dici, per quello che fai, in questo caso avevo paura di cantare cover di altri artisti, cosa che non avevo mai fatto prima. Quando Pippo Baudo e Michele Guardì mi proposero di fare questa cosa per la prima puntata di "Papaveri e papere", io rifiutai a priori e loro ci rimasero molto male. Dopo mi resi conto di aver detto no a due illustri personaggi dello spettacolo italiano, rischiando di mettere a repentaglio il mio rapporto professionale con loro. Non me la sentivo di fare una sorta di ‘piano bar’ televisivo. Loro però non mollarono, mi richiamarono e mi chiesero: “Chi vorresti vicino a te per sì che diventi una cosa importante?”. Io risposi: “L’unico modo è farmi cantare con Mia Martini e Giorgia, le due cantanti che al momento amo di più.


Perché proprio loro due?
Giorgia aveva appena trionfato a Sanremo con "Come saprei", anche se la conoscevo già insieme al gruppo del padre, gli "Io vorrei la pelle nera"; Mia Martini per tutto quello che si portava dietro, la sensibilità vocale che mi ha sempre emozionato. Fu pazzesco…dopo un’ora dalla mia richiesta, mi richiamarono dicendomi che loro due erano disponibili. Allora sono stato felicissimo di accettare. Il momento fu bellissimo, noi tre che cantavamo scambiandoci le canzoni. Giorgia e Mimì che duettavano tra loro quasi facendo a gara, la gente che applaudiva in piedi. Vedi, quando le cose sono belle e autentiche, vengono fatte con estrema sincerità e in maniera seria, con artisti che stimavo, rimangono nel tempo…Mi fa piacere che puntualmente ogni anno, da allora, la Rai trasmetta quel momento.

Che ricordo ti è rimasto di Mia Martini?
Di grande emozione! Ricordo che Mimì era ancora agguerrita, aveva tanta voglia di mostrarsi al pubblico, di far sentire quanto amore ci fosse dentro lei nei confronti del canto e della musica. Purtroppo il suo vissuto non andava di pari passo, si capiva che era una donna che aveva tante cose da dire, le leggevo negli occhi un po’ di rabbia per ciò che aveva sofferto. La sua scomparsa prematura ha lasciato tutti male, soprattutto perché si conosceva il suo percorso poco felice di donna e artista…


Il video di "E se domani"
http://www.youtube.com/watch?v=crfFo7BAjQc

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Autore: Andrea Direnzo per Emozioni