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giovedì 28 aprile 2011

Mia Martini alla Pellerina: si brinda al successo



Torino. Ricominciare a vivere a 42 anni non è facile. Rimettere insieme i pezzettini della propria esistenza, gli amori, le amicizie, le esperienze belle e brutte, non è un’impresa da poco. Eppure Mia Martini ci è riuscita.

Per dieci anni era sparita dalla circolazione, nessun disco importante, nessuna grossa partecipazione a un programma televisivo. Tanto che qualcuno pensava che avesse chiuso il pianoforte per sempre. Invece, era lì che aspettava l’occasione giusta. E meditava su se stessa: il passato, il presente e il futuro soprattutto, lontana da Ivano Fossati che per dieci lunghi anni era stato il suo compagno di vita, e nuovamente a contatto con la musica. Il pubblico, la polvere del palcoscenico.

Sono riuscita a capirmi. Ci ho messo un po’, è vero, ma alla fine ho scoperto cosa si nascondeva dentro questa testa. L’ho fatto a costo di duri sacrifici: ho trascurato la musica ma ho guadagnato me stessa.

Felice, con il sorriso stampato sulle labbra, radiosa come una stella, ieri sera alla Pellerina Mia Martini ha cantato davanti a duemila e seicento persone: un pubblico adulto l’ha accolta come si accolgono gli amici che ritornano a casa da un lungo viaggio. Con abbracci, applausi scroscianti a concerto finito, quasi a chiederle di non andare via, di rimanere ancora sul palco a cantare.

Non me ne andrò da qui fino a quando ci sarete voi ad ascoltarmi.

E per due ore filate è stato così. Non un attimo di stanchezza, non una pausa. E’ stato un abbraccio interminabile quello di ieri sera, che Mimì ha voluto estendere a chi la segue dai primi anni della carriera e ai tanti giovani, stipati sotto il palco, che ha conquistato con le canzoni più recenti. Da Guarirò guarirò a Donna, scritte da Mimmo Cavallo ed Enzo Gragnaniello, dalla bellissima Almeno tu nell’universo, cantata al Festival di Sanremo, a La donna cannone di De Gregori eseguita a pieni polmoni, con gli occhi chiusi e le mani strette in un pugno. Le ha presentate tutte Mia Martini: quelle dell’ultimo album, Martini Mia, storie di donne fatte apposta per lei, fino alle più datate, Padre davvero, Piccolo uomo, Minuetto, E non finisce mica il cielo (scritta da Ivano Fossati nel 1981), raccolte in un medley finale, forse il più atteso dal pubblico. Ma non sono mancati i brani dei ‘suoi compagni di viaggio’, colleghi italiani e stranieri, che Mia Martini ha rivisitato e cantato con la sua voce inconfondibile, dandosi completamente al pubblico. Senza mai seguire le mosse di un copione preconfezionato ma creando attimo dopo attimo un’atmosfera di complicità, brevi dialoghi, parole affettuose, piccoli sussurri: forti emozioni che non sono diminuite d’intensità neanche durante i bis. Una rentrèe così grandiosa chi se la sarebbe aspettata?

Io no di certo, risponde ancora con il fiatone.
Non sono io a essere grande. E’ il pubblico che ogni sera mi rende magica. Non avrei mai pensato di ricevere un’accoglienza del genere, eppure è vera, genuina. Incomincio ad abituarmi a questo calore, all’affetto della gente.

Per troppo tempo ne era rimasta senza :
Sì è vero. Però non è stato un esilio forzato: Ho trascorso questi anni a pensare alla mia vita. Non ho dato spazio a vittimismi e debolezze. Ho tentato di analizzare ogni minima cosa e sono arrivata a una conclusione: ognuno di noi è l’autore del proprio destino. E io del resto ho vissuto come volevo, vivendo l’amore fino in fondo. Una scelta di vita, nient’altro, come tornare a cantare.

E promette:
Dopo il tour farò quattro concerti gratis in tutta Italia, accompagnata da una vera orchestra. Chissà, forse ne faccio uscire anche un album live. Vai a vedere”. I progetti futuri non sono ancora stati bene studiati, è troppa l’euforia per il ritorno, la felicità di sentirsi come rinata. Però una cosa è certa: “Adesso che sono di nuovo qui non me ne vado via. Finchè avrò con me il pubblico, naturalmente. Se un giorno non ci sarà più anche io scomparirò, come una farfallina in mezzo a un campo di fiori”. E sorride con l’innocenza di una bambina che crede ancora nelle favole.

Noemi Romeo per Stampa Sera Martedì 25 luglio 1989

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venerdì 22 aprile 2011

"Il magone": Mimì Bertè/Mia Martini nel ricordo di un componente del gruppo La Greffa


Era l'aprile 1964, avevo fondato nella mia città un club chiamato "La Greffa"che vuol dire in dialetto sardo "clan, compagnia" e si rivolgeva a cantanti esordienti club, che godeva del patrocinio di un noto settimanale musicale milanese, ora scomparso. Conobbi attraverso contatti con varie case discografiche diversi cantanti di primo pelo. Poi il celebre autore di canzoni e discografico Carlo Alberto Rossi sottopose al giudizio del nostro club durante una festa danzante una vivace brunetta calabrese (ma che era giunta a Milano dalle Marche dove abitava con genitori e sorelle) che si chiamava Mimì Bertè. Era la classica ragazza yeye che il discografico aveva fatto affidamento e fece subito colpo con due canzoni "Il magone" oggetto di questo video e "Ora che abbiamo litigato". Un successone enorme, tanto che l'anno successivo la invitammo di nuovo assegnandole la "Greffa d'Oro" da parte del nostro club. Ebbi l'onore di accompagnare al pianoforte questa scalpitante, allora diciassettenne, ne "Il magone" una canzone firmata da Icardi per il testo e da Gianni Guarnieri per la musica. Ovviamente, mai pensavo in quei momenti di avere al mio fianco quella che sarebbe diventata anni dopo una voce stupenda, celebrata a livello internazionale. Questo succedeva oltre 45 anni fa..... Poi Mimì diventa Mia Martini discograficamente, inizia una folgorante e intensa carriera che tutti gli appassionati conoscono, una carriera peraltro molto controversa e tribolata per varie ragioni, che tuttavia mai hanno influito o scalfito lle sue prestazioni dal punto di vista artistico.

La mia testimonianza si sposta ora nel maggio del 1989, sei anni esatti, giorno più giorno meno, prima della sua tragica scomparsa avvenuta nel maggio del 1995 . Mimì si era appartata da qualche anno dalla scena per motivi personali , quando un mio collega giornalista del "Corriere dell'Umbria" fece sapere che la cantante si era ritirata a Calvi, un piccolissimo paese nell'appenino umbro marchigiano. Decisi di scrivergli qualche riga, qualche parola di saluto, e mai pensavo che si fosse ricordata di me. E invece con mia viva emozione ricevetti una bella letterona in data 8 maggio 1989, nella quale ricordava con grande tenerezza il mio nome, le vicende di molti anni prima che gli erano "rimaste scolpite nel suo cuore". Immaginarsi che magone mi venne alla lettura di questa lettera privatissima: mi annunciava che di lì a poco inziava un "tour" e mi invitava an andarla a trovare, che gli avrebbe fatto immensamente piacere rivedermi. Purtroppo per diverse avverse circostanze logistiche sopratutto, la cosa non potè mai avvenire. Poi la sua tragica morte proprio qui, a un tiro di schioppo da casa mia....I remember Mimì !

Ho voluto offrire una testimonianza capo e coda, per far risaltare una amicizia durata ben quarant'anni dall'inizio alla fine, da "Il magone" iniziale foriero di una splendente carriera al "magone" che ancora mi attanaglia all'ascolto di un suo cd.

N.B. La nota è presente su you tube canale di miextras "Il magone/Volesse il cielo"(versione strumentale).

http://www.youtube.com/watch?v=JzSL1hoaFjU

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mercoledì 20 aprile 2011

Mia Martini in concerto.Disco pop o disco jazz del mese?



Disco pop o disco jazz del mese? Non saprei rispondere, o forse neanche ha importanza: ciò su cui non si discute è che sia il disco del mese. Mia Martini incontra il jazz e il jazz incontra la canzone d’autore italiana. Maurizio Giammarco e Mia Martini avevano già collaborato in occasione della raccolta Ci ritorni in mente, un LP della Gala uscito sul finire del 1990 che raccoglieva diverse letture in chiave jazzistica, più o meno riuscite, di canzoni firmate da Lucio Battisti. In quell’ occasione avevo parlato con Mia della possibilità per lei di dedicarsi seriamente al jazz e Giammarco, presente all’incontro, l’aveva incoraggiata a provare. Evidentemente non si trattava soltanto di battute e quella che sembrava dovesse rimanere una collaborazione occasionale si è trasformata in un rapporto artistico intenso e ricco di grandi momenti musicali. Supportata dai musicisti che abitualmente accompagnano Giammarco (ma accompagnare nel jazz è parola da intendersi con elasticità, visto che i musicisti in questione sono a loro volta dei leader), Mimì si è esibita in un tour estivo in cui il repertorio era formato da standard jazz e da canzoni.

L’album che testimonia quei concerti rappresenta veramente uno dei momenti più felici della sua carriera sottolineando a un pubblico che negli ultimi anni sembra essere un po’ smemorato la grandezza di una ‘signora’ della musica italiana. Sono passati trent’anni dai tempi di I miei baci non puoi scordare, incisa col nome di Mimì Bertè, trent’anni vissuti pericolosamente, alternando grandi sucessi a periodi di totale oblìo: da Oltre la collina, il suo primo 33 giri, datato 1971, a Piccolo uomo, da Minuetto a Che vuoi che sia se t’ho aspettato tanto, da Per amarti al capitolo che contiene la collaborazione con Ivano Fossati. Poi quelle voci maligne che l’avevano tenuta lontana dalle scene perché nessuno aveva voglia di lavorare insieme a lei, considerata una ‘portasfiga’. E non finisce mica il cielo, Almeno tu nell’universo, La mia razza sono i più recenti cavalli di battaglia di un’artista che ha raccolto molto meno di quanto aveva seminato. Mia Martini non ce l’ha mai fatta completamente e forse è questo che la rende ancora più grande: si è vero, può contare su un proprio pubblico come tutti i big, ma questo non sempre basta. Ha vinto moltissimi premi (però, guarda caso, quasi tutti assegnati dalla critica) e ciò nonostante non è mai stata considerata un’intoccabile della nostra musica leggera. Eppure, forse è proprio lei il punto di più stretto contatto fra la nostra canzone d’autore e il blues, che del jazz costituisce l’archetipo. Non vorrei esagerare accostandola a Billie Holiday, perché i puristi potrebbero non perdonarmelo, ma una cosa è certa: entrambe queste signore hanno sempre cantato la loro canzone, sia quando toccavano il cielo con un dito che quando invece camminavano nel fango. E così, è emozionante la rilettura di brani come La mia razza e Pensieri e parole accanto a classici della canzone americana come Love for sale o ancora all’incontro con la premiata ditta Lennon/McCartney in Come together. Memorabili anche Va a Marechiaro di Enzo Gragnaniello e Gente distratta di Pino Daniele. Il gruppo guidato da Giammarco si muove in perfetto equilibrio tra le melodie di Mimì, alternando a questi momenti delle altrettanto felici improvvisazioni, giocando a ‘stravolgere’ tempo e armonie, ma senza mai snaturare la ‘canzone’. Quello che viene fuori è un album che, oltre a restituirci una grande interprete, si pone come il primo gradino (se si eccettua il già citato tributo al repertorio più classico di Battisti) per la costruzione di un repertorio jazz che prenda spunto dalla nostra canzone piuttosto che da quella americana, da sempre linguaggio comune dei jazzisti di tutto il mondo. E’ chiaro, all’inizio sarà un discorso limitato al nostro paese, ma varrebbe la pena provare: dopo tutto, Autumn leaves e Vedrai vedrai hanno quasi gli stessi accordi….

Articolo apparso su Velvet POP Anno 1992. Autore: Luca Bernini

Il video di "Come together" in versione jazz
http://www.youtube.com/watch?v=QwCBh1O_T08

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martedì 19 aprile 2011

Mia Martini, una che pensa. Intervista Sanremo 1982






Sanremo 1982 –

Scendo subito, cinque minuti e sono da voi.
Sono parole di Mia Martini che concede l’intervista: fa ancora impressione tanta gentilezza, anche se i tempi del divo bizzoso sembrano proprio finiti. Arriva a piccoli passi:stivali neri, calzoni neri col risbuffo, giacchetta a quadrettini bianconeri. Ha in braccio, come fosse un bambino, un cagnetto chiuhahua che guaisce.

Un momento e poi ti porto fuori sai?.
Dietro i grossi, tondi occhiali fumée, si scorgono due occhi neri e vivacissimi. Si siede, carezza di nuovo il cagnolino, ordina un caffè che poi beve con grazia, umettandosi un poco le labbra.

Non sembra avere la carica prorompente, la forza dilaniante di quando sul palcoscenico urla che non Finisce mica il cielo. Ma l’insieme dei modi la fa somigliare a una affascinante giovane zia che da tempo non si vedeva più perché lontana.

Che cosa devo dire, le cose di sempre? – sorride con simpatia -. Sono nata in Calabria 34 anni fa e mi considero un’artista atipica, nel senso che la mia pigrizia, i miei ripensamenti, le piccole crisi, mi impediscono di essere presente a tutte le manifestazioni come invece converrebbe. Che cosa volete, sono fatta così.
 Loredana è diversa da me, lei ha grinta, una volontà di ferro, dove deve riuscire si impone. Noi due ci vogliamo molto bene e dunque gli apprezzamenti sono scontati, ma è proprio brava. Ogni tanto io invece mi ritiro, non so, ad esempio sono stata ferma tre anni per pensare, per fare il punto della mia situazione, in definitiva per starmene un poco tranquilla.
Poi dobbiamo dirci la verità, siamo qui per vendere dischi, e questo dovrebbe far meditare un poco tutti. Certe reazioni alle esclusioni sono fuori luogo. Lo si sa anche prima che viviamo a Sanremo il nostro migliore momento promozionale.

Chi non vuole confermare questo sbaglia. Tre minuti a Sanremo valgono quanto una settantina di apparizioni in altre televisioni. E’ qui che il mondo dello spettacolo si dà appuntamento e si concludono gli affari: la gente che ascolta è sensibilizzata, sa che cosa vuole sentire, è un pubblico preparato e poi ci sono anche delle gradevoli sorprese fra gli artisti.
L’anno scorso non ero presente e mi sono goduta lo spettacolo da casa e poi è arrivato quel De Crescenzo: mi sono detta, ma questo è una scoperta, è bravissimo con il suo modo di cantare che non si era mai sentito qui. Voglio dire che il Festival dà la possibilità della rivelazione e ciò è un fatto positivo.


 Mia Martini ammette senza giri di parole che quei tre minuti al Festival di Sanremo valgono molto.

Sua sorella invece … Ma non si riesce a terminare la domanda:

Vivo a Milano e le mie giornate passano ricolme di piccole cose che danno il senso della vita. Mi alzo presto il mattino perché credo che il mattino abbia nelle sue ore il meglio della giornata, poi leggo, guardo la tv, cucino fino a quando dovrò ancora prepararmi per partire di nuovo.
Lavoro per vivere afferma con un mesto sorriso ciò significa che non sono ricca, ma sto molto attenta a non farmi implicare più di tanto. La mia vita è dentro di me e guardo queste manifestazioni affascinanti come fossi una turista anche se ne faccio parte.
La mia fragilità non mi impedisce di essere realista -
aggiunge – quando si ha un pezzo da proporre e ci si crede, il pubblico lo sente, non ha più importanza se la giuria ti elimina: la gente non dimentica. Dunque perdere a Sanremo – conclude – non è cosa vitale. Io non avrò mai sogni infranti, almeno del tipo di quelli che alcuni possono fare a Sanremo sperando in fantastiche vittorie.
Nevio Boni per Stampa Sera 30 gennaio 1982

Il video di "E non finisce mica il cielo" a Domenica in
http://www.youtube.com/watch?v=lPDgUMy2JBo

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Quando non è coinvolta in queste Nashville, come passa il tempo?

domenica 17 aprile 2011

E’ tutta solitudine la diva Mia Martini: ritratto inedito della cantante

Tutti la chiamano Mia Martini. Solo gli amici ricordano che il vero nome della nuova diva della canzone è Domenica, ovvero Mimì Bertè, ed è importante perché il suo problema sta proprio negli amici. Che non possiede, che finge di avere, che la deludono, che la fanno sentire sola.

Uno si immagina che una cantante, quando si afferma, diventi ricca, ricercata, felice, piena di affetti e di amori. Dicono che Mimì non ha una lira, è certo che vive nella solitudine più esasperata. Ogni giorno che passa, peggiora. Lei esclude tutti senza discriminazioni e chi non è direttamente interessato al suo lavoro la evita. ‘ impossibile stabilire un dialogo con lei. Nei giorni scorsi a Venezia era straordinariamente disponibile: vinceva la “Gondola d’oro”, stupiva ancora con le nuove canzoni, era quel tipo di personaggio non ancora troppo sfruttato ch egli uffici stampa offrono su un piatto d’oro. Personalmente poi, aveva tutto il tempo che avanza da quei tre minuti e rotti della canzone: eppure non è stato possibile parlarle. Infagottata nei suoi vestiti da zingara, guarda la gente che l’avvicina con un’aria d’attesa. Subito attira i loro occhi sui quattro puntini neri che si disegna sulla fronte, proprio all’attaccatura del naso; e poi sui ciondoli e l’orologio da tasca che sferragliano nell’ampia scollatura e ancora sulle mani: un anello per ogni dito. Sembra una giovane, vecchia hippie in procinto di travolgerti con chissà quali strampalati, magari divertenti teorie sulla vita. Invece niente. Monosillabi, banalità minime, fretta di concludere, gran lavorio di dita che tormentano i bracciali, sguardo che comincia a vagare cercando qualcuno che le offra la possibilità di alzarsi e andarsene. E tornare a sedersi, e ancora il silenzio, e ancora un’altra ricerca sterile, e poi finalmente il giorno sarà finito. Viene da pensare a una macchina insensibile, buona sola per cantare. Senza interesse per nessuno.

Ma subito viene alla mente come canta, caricandosi parola per parola, riempiendo di emozioni ogni pausa, esplodendo poi in quei toni che raggiungono tutti gli ascoltatori. I suoi primi successi: "Piccolo uomo" e "Donna Sola". Ad esaminare freddamente quello che dice nel microfono, si ricorda subito Claudio Villa. In un caso: ‘Io piccola donna morirei, è l’ultima occasione per vivere, so che non la perderai’, nel secondo: ‘Io so che questo mondo ha rovinato tutti i sogni miei: se non ci fossi tu che sei innocente, giuro che me ne andrei’. E’ un linguaggio da fumetti, lo strappacuore da balera neppure tanto riveduto e corretto. Ci vuole dunque un grande temperamento, per trasformarlo in una canzone toccante e moderna. Allora Mia Martini non è una macchina, è davvero una che vive male e si sfoga nelle canzoni: proprio come dicono di altre dive le biografie. Durante il soggiorno a Venezia (dove era la numero uno malgrado Ornella Vanoni, Milva, Iva Zanicchi, Gigliola Cinquetti e tanti altri) ha quasi sempre pranzato al ristorante da sola, ascoltando nella radiolina Hit Parade o cosa capitava. Ha festeggiato i suoi 26 anni tagliando la torta con e per i fotografi; quando sono spariti, ha trovato un compagno di tavolo: il tecnico del suono addetto al suo servizio.

‘E’ Mimì Bertè che ritira il premio' – diràla ragazzina che sognava il palcoscenico di Venezia come se fosse stato il paradiso. E’ arida, potrebbe avere tutto quello che vuole. ‘Non ha niente – dice una amica che lei neppure sa di possedere - . Le portano via tutto. Chiedono, chiedono sempre. Da casa, da chi le sembrava finalmente disinteressato. Ma nessuno le chiede ciò che ha da dare. Ha trascorso un’intera giornata con la mia bambina. Era un’altra persona, l’ha presa per mano e sono corse via a guardare le vetrine, a cercare qualcuno che vendesse i palloncini. La sera ha voluto portarla a vedere i cartoni animati. E hanno parlato di Topolino e Paperino’.

Ecco dunque Mia Martini. Ecco perché, quando comincia a cantare, bastano le prime parole per credere in quello che dice: ‘Il giorno perde luce e mi sento da sola’. Uno si immagina una diva lontana, distaccata da quello che canta. Va in giro, vede tanti posti, si può comprare i vestiti che vuole, tutto il passato è cancellato. Ed è quasi sempre così. Ma non per Mia Martini. La Mimì Bertè che era, ha fatto troppa anticamera, si è sentita troppo inutile ed ha contratto una brutta malattia che non la lascia più, la solitudine. Per guarire, darebbe tutti gli applausi, ma sa che è impossibile. E allora ci canta: 'Gira la terra intorno senza far rumore'.

Emio Donaggio per Stampa Sera 28 settembre 1973



Il video di "Bolero"
http://www.youtube.com/watch?v=kh95qwbzSr8

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giovedì 14 aprile 2011

Mia Martini. Donna sola e altre storie


Il Festival Di Musica Leggera Di Venezia è passato senza grandi sconvolgimenti nelle classifiche di dischi. E' servito perlomeno a valorizzare alcuni giovani italiani che troveranno il loro spazio nel mondo della canzone. Carla Bissi (Alice) vince la Gondola D'Argento con la canzone LA FESTA MIA, scritta da Franco Califano. Seguono il vincitore dell'ultimo Castrocaro, Franco Simone (CON GLI OCCHI CHIUSI E I PUGNI STRETTI) e Antonello Venditti (ROMA CAPOCCIA). La vera trionfatrice della manifestazione è comunque Mia Martini, che presentando il bellissimo brano DONNA SOLA ha confermato il suo stato di grazia attuale. Lei, che a 25 anni sta finalmente mettendo ordine nella sua vita, può davvero considerarsi soddisfatta: dopo aver trionfato al Festivalbar con PICCOLO UOMO ora mette a segno un altro colpaccio. L'ex ragazzina yè-yè degli esordi, quella che si baloccava con il surf di ED ORA CHE ABBIAMO LITIGATO e che si chiamava col suo vero nome Mimì (Domenica) Bertè, ora si fa chiamare Mia Martini.

Dopo parecchie vicissitudini approda al successo vero, quello con la S maiuscola, che aveva già cominciato ad intravedere un anno prima quando Alberigo Crocetta, decidendo di rilanciarla, le aveva cambiato il nome affidandola alle mani di autori giovani, come Claudio Baglioni ed altre nuove leve targate RCA. Perché Mia Martini? Perché è un nome internazionale. Mia come Mia Farrow, Martini come il celebre aperitivo italiano. Due nomi/parole comprensibili ad ogni latitudine. Il 1972 è l'anno in cui Mia lascia LA RCA. Il contratto di Crocetta è scaduto e lei non se la sente di proseguire da sola e nonostante Melis la pregasse di rimanere, lei decide di seguire il suo "creatore" alla Ricordi (non senza grane legali) casa che in lei crede molto e dove tutti sembrano darsi un gran da fare intorno alla sua persona: il personaggio in pratica, esiste di già ma bisogna perfezionarlo. Un mezzo sicuro per chiarire la sua posizione nella canzone è un pezzo adatto, un biglietto da visita. Ecco che si scatena la ricerca per trovare il brano più adatto alla nuova Mia. Si ascoltano decine e decine di provini e si discute una linea da seguire.

Quella precedente (il periodo RCA) era probabilmente troppo complicato: bello ma spettrale a partire dalla copertina, che di per sé era un plagio di una copertina dei Nirvana, la formazione psico-progressive della fine degli anni sessanta (il disco si chiamava LOCAL ANAESTHETIC). Le canzoni incise erano molto "forti", alcune anche dure ma accanto a pezzi di rilievo come PADRE DAVVERO ce n'erano altri dai toni volutamente cupi come OLTRE LA COLLINA, che sì,forse rispecchiavano sia l'anima dell'autore in quel preciso momento (un giovane Claudio Baglioni a metà tra Foscolo e Leopardi) sia quella della cantante stessa ma potevano gettare un'ombra sul personaggio che già aveva vissuto sulla sua pelle dicerie poco piacevoli. Ad esempio quando uno dei ragazzi de La Macchina, il complesso che l'accompagnava nei vari festival Pop tra il 1970 e il 1971, muore in un incidente stradale tornando proprio da uno spettacolo o quando durante una sua esibizione saltano le luci e il palco diventa un campo elettromagnetico.

Dopo innumerevoli ripensamenti si sceglie una canzone scritta dai Fratelli La Bionda, Dario Baldan Bembo e Bruno Lauzi. La canzone è PICCOLO UOMO. In realtà Dario Baldan Bembo non era affatto d'accordo sulla scelta della cantante. Era convinto che il pezzo, dato ad una cantante seppure brava ma semiconosciuta per il grosso pubblico, si sarebbe bruciato. E lui su quella canzone puntava moltissimo. La sua idea era di affidarla ai Camaleonti, che da due anni erano alla ricerca spasmodica di un brano che li riportasse sulla cresta dell'onda. Ma Giovanni Sanjust (un tempo cantante di belle speranze ed ora funzionario) non ci sta. Secondo lui quella canzone deve essere cantata da Mia Martini. Dario Baldan Bembo cede ma non senza una piccola vendetta: lo stiramento della bobinadovec'era inciso il provino di PICCOLO UOMO) sino a quasi renderla inutilizzabile. Per lui quella canzone era già morta. Un sicuro successo gettato al vento. Rifiuta perfino di suonare l'organo in sala d'incisione e al suo posto chiamano un turnista. Questa atmosfera negativa intorno al progetto viene somatizzata dalla stessa Mia Martini che comincia a trovare difetti nella canzone a partire del ritornello: secondo lei quel "piccolo" prolungato suonava male. Il disco comunque viene stampato e mandato al Festivalbar. Il successo è davvero enorme. La Rai invita la Martini a CHISSA' CHI LO SA, TUTTO E' POP, SENZA RETE, ADESSO MUSICA. La stessa Mina (per citare una collega al di sopra di ogni sospetto) durante le trasmissioni domenicali di POMERIGGIO CON MINA esalta Mia Martini e - scherzando tra il serio e il faceto - si rivolge a Lauzi sgridandolo di non aver serbato per lei la canzone. E la vuole in scaletta fino a quando non assurgerà nei magnifici dieci della Hit Parade. Come abbiamo detto PICCOLO UOMO è il successo dell'estate e la canzone vincitrice del Festivalbar (punti 123.780 contro i 120.416 di Adriano Pappalardo) e la sua "battistiana" E' ANCORA GIORNO. Una canzone facile con un testo semplice ma bello, interpretata in maniera indefinibile, sicuramente diversa. Adesso diremmo "alla Mia Martini" ma allora non c'era un'altra Mia Martini da poter prendere come pietra di paragone.

Ora però arriva il guaio di dover dare conferme e bissare il disco precedente. Di nuovo ci si getta alla ricerca di qualcosa degno del personaggio e si torna al solito team formato da Bruno Lauzi e Dario Baldan Bembo con l'aggiunta di un altro autore targato Ricordi , Luigi Albertelli. In realtà il testo viene scritto in prima battuta dal solo Albertelli ma non piace molto a Mia Martini. Allora Bruno Lauzi lo rielabora lasciando il titolo (che in origine era SOLA) e aggiungendovi la parola DONNA. Ed è così signore da dividere l'eventuale ricavo delle royalties lasciando nei crediti anche il nome di Luigi Albertelli. La canzone in realtà era già stata incisa per la PDU in versione strumentale dal sassofonista Johnny Sax. Sanjust, a cui questa canzone piaceva molto, decide di destinarla a Mia Martini. Ed è subito il bis. A Venezia mette in crisi le altre cantanti della manifestazione lagunare che si presentano con canzoni al di sotto delle aspettative. L'unica a poterle stare dietro è Ornella Vanoni che ha una canzone forse troppo debole al confronto ma di buon impatto : IO, UNA DONNA, scritta dagli stessi autori della canzone della Zanicchi dal titolo ALLA MIA GENTE: Corrado e Camillo Castellari. La Vanoni ha parole di elogio per la Martini dicendo che è la miglior cantante giovane degli ultimi anni e sicuramente la più interessante della Mostra Internazionale Di Musica Leggera. DONNA SOLA vende subito molto bene. Gli acquirenti (sarebbe forse meglio dire le acquirenti perché la maggior parte sono donne) comprano Mia Martini a scatola chiusa, come di solito succede solo con Lucio Battisti o con Mina.

E questo è un buon segno. Gigi Vesigna, indimenticabile giornalista e direttore di Sorrisi & Canzoni TV (giornale che sotto la sua direzione divenne il settimanale più venduto in Italia) in quell'occasione dirà: c'è voluta tutta l'intelligenza e la caparbietà dello staff della Ricordi per riuscire togliere a Mia Martini quell'aura di donna vampiro che si portava appresso (riferito al periodo di OLTRE LA COLLINA). I critici, in generale, osannano l'esibizione della cantante e concordano unanimi nell'affermare che è la voce più moderna che abbiamo oggi in Italia. Altri, più radicali, intravedono un progresso in nome della musica, considerata più accessibile a confronto con la strada percorsa in precedenza. Non era agevole, come già detto, mettere in ombra personaggi ultranoti come la Vanoni, Milva, Iva Zanicchi e la Cinquetti. Sono quattro donne e quattro cantanti che la gente conosce a memoria e che considera ormai di casa per quante volte le ha viste in tv in tutti questi anni. Probabilmente se avessero saputo come sarebbe andata a finire, con tutta la stampa specializzata intorno alla vera trionfatrice della Mostra, molte concorrenti non sarebbero neanche andate.

Nel frattempo, la RCA "sedotta e abbandonata" cerca di sfruttare la situazione dando alle stampe un singolo: CREDO ed OSSESSIONI. CREDO era la canzone che Migliacci e Mattone avevano scritto per Mia Martini nel caso avesse accettato di andare al Sanremo 1972. Lei non andò, d'accordo con Crocetta. Una che aveva vinto al Festival Della Musica D'Avanguardia E Nuove Tendenze, cosa c'entrava con Sanremo? Anche se poi i Delirium, gruppo pop partecipante allo stesso festival, a Sanremo andarono e come. E sappiamo tutti come andò a finire con JESAHEL. Il retro del 45 giri edito dalla vecchia casa della cantante è invece tratto dall'unico ellepi inciso. La canzone scelta è OSSESSIONI. Ma il disco non ottiene grosso successo perché l'artista, contrattualmente legata alla Ricordi, non può assolutamente promozionare il singolo.

E' giunto il tempo di un nuovo album, il primo per la Ricordi. Ed è un grande album, degno di un' interprete sensibile quale è Mia Martini: NEL MONDO UNA COSA, presentato in anteprima proprio a Venezia. Bella la copertina, curatissima: l'art director è Cesare Montalbetti, fido di Battisti e fratello di Pietro dei Dik Dik. Al disco partecipa tutto lo staff che la Ricordi le ha affiancato: da Dario Baldan Bembo a Natale Massara passando per gli ottimi (e mai elogiati abbastanza) fratelli La Bionda e ai fratelli Fabrizio (Popi e Maurizio), che fino all'anno precedente avevano dato vita al duo Maurizio & Fabrizio. Ecco le canzoni inserite nell'album: DONNA SOLA : presa di coscienza di una donna che sente un bisogno di solitudine estrema per riuscire a guardarsi dall'interno. Non per stare con un altro uomo - così come assicura al suo compagno - ma per stare sola con la propria anima nel far quadrare i conti della vita e di quello che la circonda. Anzi, al suo uomo dice che se non ci fosse lui ad alleviarle un'esistenza non sempre facile, probabilmente la farebbe finita. Più che una canzone un presagio o il manifesto stesso della vita di Mia Martini. Termina in perfetto stile gospel. Struggente, non lascia spazio all'ottimismo. Grande testo, grande musica. NEVE BIANCA :in parecchi vedono un riferimento alla cocaina (ma ce lo vedete Bruno Lauzi alle prese con la cocaina?). La musica è stata già utilizzata per il secondo singolo di Ivana Spagna, ARI ARI uscito in primavera inoltrata. Il testo è ovviamente differente. Invertendo le parole del titolo si legge Biancaneve e le liriche fanno riferimento anche alla favola, presa un po' alla lontana: e dentro lo specchio non sono più io (il riferimento allo specchio di Grimilde) con sette fratelli che solo per me han rubato il tempo che non c'è (naturalmente è ovvio il riferimento ai sette nani). E continua con quella mela rossa non si mangia , quasi un ammonizione. L'incanto è finito mi sveglio con te è il principe azzurro che però svicola dal letto e se ne va via. LA NAVE (di Albertelli e Dario Baldan Bembo) tratta di due che si lasciano. La nave è più che altro un simbolo di partenza, di separazione, qualcosa più forte dell'amore e della complicità che nasce tra due persone. Un fede sola non basta per rimanere ancorati a quel molo. Ne servono almeno due. Lei sarebbe pronta a tutto se solo venisse ascoltata da colui che oramai le ha voltato le spalle e che la fa assomigliare ad una delle onde lasciate dietro il cammino dalla prua della nave. Il viaggio sarà lungo o corto, questo non si sa. Lei però sa che una parte di sé è salita su quella nave. Tipica ballata pop interpretata alla grande. Di questa canzone c'è anche una versione alternativa cantata da Caterina Caselli e che viene inclusa nell'album del 1972: MEGLIO MORIRE CHE PERDERE TE, col ridicolo testo di Giancarlo Bigazzi. Sull'interpretazione della stessa Caselli meglio sorvolare. MADRE è la trasposizione italiana di MOTHER di John Lennon. Il testo è curato dalla stessa Mia. Un blues che lei ha cantato anche in una puntata di Senza Rete, in estate. Canzone molto triste, sentita e sofferta dove c'è molto di autobiografico nel testo e si sente da come il brano viene interpretato. Una richiesta di aiuto ad una madre (e ad un padre) da parte di una ragazza andata via da casa forse anche per la poca comprensione dei genitori. Durante questo peregrinare ha fatto degli errori ma non ha mai smesso di pensare a loro, con rimpianto, nostalgia e un poca di rabbia. Come a dire: io ero lì con voi, ho parlato ma non sono stata ascoltata. Ora però sento il bisogno di tornare a casa. E un avvertimento per un ipotetico fratello: se non hai buone gambe per camminare è inutile mettersi a correre. Forse la strada che ti sembra più ostica (la famiglia) è quella più sicura. UN UOMO IN PIU'. Ancora Dario Baldan Bembo e i La Bionda per quest'altra canzone. Il testo è debole, la musica regge un po' di più. E' forse l'episodio meno riuscito del disco, che riecheggia un po' la musica dell'Elton John prima maniera. Di questa canzone c'è anche una versione dello stesso autore dal titolo MONDO NUOVO, incisa nel 1975, l'anno di ARIA. Una replica viene incisa anche da Nicola Di Bari per un 33 giri del 1976 edito su Carosello. Il titolo è uguale (MONDO NUOVO) ma il testo è diverso. VALSINHA: Il brano inedito (non uscito precedentemente su 45 giri) più bello del disco. Due minuti scarsi di vera poesia. Una traduzione eccezionale di Sergio Bardotti per una canzone firmata Vinicius e Chico Barque de Hollanda. Più che una canzone è un quadretto di vita. Come volersi bene ed inventarsi qualcosa di nuovo ogni giorno, anche dopo anni di convivenza. Dalla serie contro il logorio della vita moderna etc. etc. Una canzone che sarebbe stato più naturale fosse stata cantata da un'interprete in età più adulta di quella della Mia Martini del momento perché lei, nonostante la sua grande maturità interpretativa, ha solo 25 anni. Claudio Baglioni e la sua POSTER devono molto a questa canzone, per la parte prettamente musicale. Patty Pravo ne incide una sua personale versione nell'album del 1972 SI, INCOERENZA. Molto fredda e cerebrale, niente a che vedere con il calore, la magia del timbro e il misterioso incanto che sa trarne Mia Martini.

IO STRANIERA è la versione italiana di BORDER SONG di Elton John. Il testo di Maurizio Piccoli e abbastanza criptico e qualche frase è sdrucciola. Comunque è molto moderno sotto tutti i punti di vista e si fa ascoltare con piacere. QUESTO AMORE VERO di Albertelli e Guantini. Classico testo alla Mia Martini che sembra anticipare le tematiche di MINUETTO. La protagonista vorrebbe aggrapparsi con tutta se stessa ad un uomo che, manco a farlo apposta, anche in questo testo le sfugge come può fare una saponetta sotto la doccia. L'amore vero del titolo sembra davvero a senso unico. AMANTI di Fabrizio ed Albertelli. Canzone già incisa da Dino (e passata sotto il più assordante silenzio) che viene qui ripresa da Mia Martini. La storia di due ex che si rincontrano casualmente dopo tanti anni e che si narrano un po' della loro vita. La nostalgia, il rimpianto e il ricordo di un amore che è stato grande (tu un amico? Ma cosa dico...in fondo sei qualcosa in più) prendono il sopravvento e li trascinano loro malgrado in un letto. Nella vita si hanno sempre troppi rimpianti, si sta sempre a rimuginare su ciò che poteva essere e non è stato. Perché non approfittare delle occasioni che talvolta si presentano? Si sono rivisti per caso, il domani non li vedrà di nuovo insieme perché le loro vite hanno preso strade diverse. Ma il domani è domani e il presente sono loro due di nuovo insieme. Per una volta, specie se con amore, perché no? Canzone bellissima. Tornando alla versione originale, Dino non l'aveva cantata male a suo tempo (qualche mese prima). Aveva messo molta delicatezza nella sua interpretazione ma come personaggio era ormai passato di moda e la canzone, poi, richiedeva un'interpretazione femminile per lasciare davvero il segno. IL TUO CUORE DI NEVE, cover di una canzone straniera di Gary Wright.(SING A SONG). Non eccezionale il testo di Maurizio Piccoli ma è plausibile credere che neanche la versione originale fosse di grande respiro (anche se non ne abbiamo prove tangibili). Di un brano cosi scialbo, anche se in confezione "lusso", in un disco del genere non se ne sentiva il bisogno. TU CHE SEI SEMPRE TU (anche questa di Maurizio Piccoli) Questa canzone, per alcuni, parrebbe affrontare un argomento scabroso: gli abusi sessuali perpetrati nel tempo da un individuo nei confronti di un soggetto in tenera età. Bambina non ero matura, era il tuo giardino una serra dove mi allevavi con cura ma la notte rubavi la terra e sentivo le guance bagnate. Ora da grande la protagonista di queste violenze fatte passare come "attenzioni premurose",non ha più paura e glielo grida in faccia: mezzo uomo non sei più nessuno...tu che non parli più...tu, che non si fa sera più. Naturalmente si avverte la ricerca di una forma letteraria dal tono elegante e scorrevole che non vuol rendere totalmente esplicito lo scabroso evento narrato. Era un po' la mania degli autori di quel periodo, intenti a trovare argomenti osè da descrivere con un certo pudore ed eleganza. E dopo il successo de IL GIGANTE E LA BAMBINA di Ron, molti si erano gettati sulla scia con testi in cui si raccontavano vicende di donne facili, di violenze domestiche e della perdita della verginità. L'autore dirà che intendeva affrontare proprio questo tema, quello della verginità perduta. Il narrato è costruito come fosse un film; le immagini si associano in modo da coinvolgere la sfera visiva come quella olfattiva. Il testo de L'AMORE RUBATO - che Luca Barbarossa presentò al Sanremo 1988 - di questa canzone è il diretto discendente. L'album termina con PICCOLO UOMO, di cui tutti conosciamo perfettamente argomento e testo. Pare che l'idea del piccolo uomo sia dovuto ad un appellativo della moglie di Lauzi al proprio marito. La canzone ha un successo internazionale. Oltre ad inciderla in varie lingue lei stessa, viene anche incisa dal complesso spagnolo dei Pop Tops in inglese col titolo di MY LITTLE WOMAN e in spagnolo come NO ME DEJAS (stesso titolo con il quale è stato inciso dalla stessa Mia). Nella scelta dei brani rimangono fuori 4 titoli: MONDO NUOVO, nella versione originale scritta da Sergio Bardotti prima che diventasse UN UOMO IN PIU' col testo di Michelangelo La Bionda. A POCO A POCO, poi edita nel cd CANZONI SEGRETE (del 2003). MARE APERTO e una versione fiume di un altro brano, KARMA 2426, scritta l'anno precedente dopo un viaggio in India. Il primo trentatré del nuovo corso inizia quindi con l'ultimo successo a 45 giri e termina con quello della passata stagione. Vince il premio come miglior album del 1972.

E sì che i concorrenti erano quanto di più temibile si potesse pensare: UMANAMENTE UOMO:IL SOGNO di Lucio Battisti, 5043 di Mina, QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE di Claudio Baglioni (che poi rientrerà nella stessa categoria anche per il 1973), UOMO DI PEZZA delle Orme, L'AMORE E' FACILE NON E' DIFFICILE di Gabriella Ferri, 'O SURDATO 'NNAMMURATO di Massimo Ranieri, UN GIOCO SENZA ETA' di Ornella Vanoni e BUON ANNIVERSARIO di Charles Aznavour. Bastano? Anche se non si capisce perché abbiano messo sullo stesso piano il 33 giri delle Orme che era di un genere completamente differente dagli altri. E allo stesso momento abbiano scelto di escludere STORIA DI UN MINUTO della Premiata Forneria Marconi.

NEL MONDO UNA COSA è anche l'ellepì più venduto della cantante (33° posto nella classifica finale annuale) anche se questo dato non significa che implicitamente debba essere anche il più bello in assoluto. Ritornando alla vittoria in quanto album dell'anno, per quanto bello sia, non penso che possa superare l'eleganza e lo stile di un 5043 di Mina dove sono racchiuse perle come SUONERANNO LE SEI, E' MIA, FIUME AZZURRO, IO TI AMAVO QUANDO (YOU'VE GOT A FRIEND di James Taylor) o l'importanza e la classe di un BUON ANNIVERSARIO di Charles Aznavour che ospita titoli come NO, NON MI SCORDERO' MAI o MORIR D'AMORE e la stessa BUON ANNIVERSARIO. E' sicuramente un disco da 8 - 8 e mezzo. Un lavoro confezionato come si deve, premiato oltre che dalla critica anche dal pubblico. Soprattutto, alla Ricordi si ha la consapevolezza di avere tra le mani un'interprete unica, a cui si può dare in pasto qualsiasi cosa. Sicuramente quello che ne uscirà fuori, male che vada non sarà mai da buttare via. La cosa migliore che la casa milanese abbia mai avuto dal tempo di Lucio Battisti.

Autore: Christian Calabrese per HITPARADEITALIA


Il video di "Donna sola"
http://www.youtube.com/watch?v=PdJxFLfkPlo

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sabato 9 aprile 2011

Mimì per noi: Una “zingara” coraggiosa. Gianni Melli intervista Mia Martini


Ecco un articolo scritto da Gianni Melli, alla fine degli anni ’70, in cui Mia Martini rivela, ancora una volta, la sua coerenza di artista e di donna.

Le è sempre stato difficile sentirsi una donna soltanto, priva di incubi e di complicazioni, uguale a qualsiasi persona normalmente inserita: Chiaro che per Mia Martini il successo, quando arriva, abbia effetti diversi da quelli che produce normalmente: è delirio di qualche giorno, ma poi può diventare persino disperazione, può risultare nauseante come certi giorni passati a cacciarlo. In queste contraddizioni Mia Martini si è dibattuta e si dibatte, anche se non le sembra possibile, anche se, in fondo, milioni di dischi venduti le sono serviti per sentirsi un po’ meno sola. C’è un esempio emblematico nella sua vita di zingara di lusso, che è un po’ la chiave per decifrarla: nel 1969 finisce in carcere, si sente una fallita, o anzi ‘meno di niente’, come più volte ha specificato lei. Nove anni dopo, voltandosi indietro, potrebbe soltanto compiacersi per i prodigi che le sono riusciti, per i traguardi che ha toccato. E invece non è così: all’Olympia di Parigi, dove da gennaio a febbraio tiene applauditissimi recital con Charles Aznavour, si ritrova, una sera qualsiasi, con la stessa angoscia, con la stessa consapevolezza di aver sbagliato tutto, scelte e amicizia, che le fu causa di tanti guai nel 1969. E allora? Allora come è veramente Mia Martini? Che cosa le serve guadagnare molto, essere rispettata dai colleghi, aver cancellato, a forza di scelte indovinate, quella brutta esperienza che neppure i giornali riuscirono a nascondere? Lei, non più con atteggiamenti fatali e nemmeno magra da far paura, vestita semplicemente come le è sempre piaciuto, prova a rispondere con la massima serenità. Dice:

Oggi, a trent’anni, confesso d’aver fatto molto per correre incontro al successo. Quand’è arrivato, mi sono resa conto che forse non ne valeva la pena, perché non si raggiunge mai la meta che ti sei prefissa. E allora debbo ammettere che per me non è mai stato importante essere anonima e conosciuta, squattrinata o piena di soldi. E’ stato invece sempre determinante trovare una nuova dimensione, lavorare tranquillamente per sentirmi utile. Come cantante, passati certi fanatismi giovanili, mi ero accorta di somigliare ad un automa, sensazione che avranno forse avvertito altri miei colleghi. Ero un prodotto di consumo: bastava pigiare un bottone di juke-box all’angolo, che uscivo, a beneficio di gente sconosciuta, come i gettoni del telefono e un pacchetto di caramelle. No, non era quello che volevo. Mi sentivo banale. A Parigi poi, m’hanno lasciata sola. Niente più dialoghi con la mia casa discografica, niente più incontri. Mi sono sentita di nuovo come in prigione, anche se cambiavano i motivi e le tinte della mia crisi. Mi sono sentita detenuta delle mie stesse ambizioni, proprio nel momento più bello della mia carriera, mentre ogni sera m’esibivo vicino al grande e favoloso Aznavour.

Sono seguiti giorni di riflessione e di ribellione. Adesso va meglio. Mia Martini ha ripreso a ritmo serrato la propria attività; televisione, serate, radio, per far conoscere una canzone, che considera anche sua in quanto ha partecipato, con Ivano Fossati, alla stesura del testo, ha collaborato agli arrangiamenti… ’Vola’ si intitola il motivo. L’avvenimento assume per lei un’importanza significativa e soprattutto si sente perfettamente coinvolta dal refrain del brano che dice ‘la gente vola, l’amore vola’, come la realtà che fugge sempre via. Confessa:

Non sono più soltanto una cantante, bensì una persona che canta per conto terzi, intervenendo in prima persona alla realizzazione dei motivi che mi vengono affidati. A che serve il successo, se non lo senti tuo, scaturito soprattutto dalla tua anima?

Lei, che sa cosa vuol dire giudicarsi un’anima persa tanto che era arrivata alla decisione di smettere, di cambiare addirittura professione e interessi, adesso, che si sente appagata dalla nuova libertà, ha ripreso a lavorare di buona lena. Per capirsi meglio, per verificare il suo mondo di cantante con quello di altri colleghi, periodicamente compie interviste per una emittente privata, ‘Radio Bologna International’. Precisa:

A volte mi critico ritenendomi una dal carattere fragile. Mi consolo però quando realizzo questi incontri con colleghi perché scopro che anche loro soffrono di precise debolezze Cosa trovo di interessante in questi incontri? Conoscere davvero i colleghi come non sono riuscita a capirli in dieci anni di professione, anche se ci siamo già incontrati, siamo stati l’una accanto all’altro partecipando a festival o rassegne, ma sono volati gli anni senza afferrare nulla di loro, niente di me….

Sembra realizzata. La libertà pare esaltarla di nuovo. Probabilmente resterà appagata pochi mesi o pochi anni, secondo il suo stile, secondo il destino che l’accompagna. In verità, Mia Martini è sempre alla ricerca di qualcosa che possa farla felice: un amico, un cane, un incontro nuovo ed eccitante che possa aprirle nuovi squarci e distoglierla dalla bolgia infernale che è la popolarità, a volte il successo.

Intervista di Gianni Melli

Il video di "Vola"
http://www.youtube.com/watch?v=A4bcI66Q2mY
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lunedì 4 aprile 2011

Come nasce una canzone. Mia Martini e Shel Shapiro commentano “Bambolina, bambolina”

Umanità, amore e … follia, sottile compagna della nostra vita, corollario naturale della fantasia, confine imprecisato tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, soprattutto quando di follia le nostre tasche sono piene. Perché allora non cantare ‘Bambolina’ una canzone nella quale sogno e realtà, passato e futuro si confondono in un presente da ridipingere con nuove colori e nuove emozioni. La musica di ‘Bambolina’ è stata scritta da Shel Shapiro e il testo è di Mia Martini, che su questa melodia sottile e interiore ha composto uno dei suoi testi più belli e inquietanti.
“Bambolina, bambolina la bambina più bella che c’è bambolina, bambolina volerà sul cavallo del re”

Quello dell’ infanzia è un mondo grande tutto da scoprire con la serena certezza che proprio lì affonda il nostro presente; anzi, l’infanzia e la follia convivono bene permettendo di rivelare i disagi dell’essere adulto ingrigito dalla ripetitività. D’altra parte è stato proprio un bambino a gridare ‘Il re è nudo’ – un grido da folle.

Mia Martini
Io questo brano l'ho scritto per mia madre. Ho avuto diverse ricerche molto difficili nella mia vita. La prima è stata quella di mio padre e la seconda, non ancora terminata, è quella di mia madre. "Bambolina, bambolina è riferita a mia madre ed è una storia di follia molto triste. Io ho immaginato questa madre, che è stata una donna di una bellezza sconvolgente, che non riesce ad accettare né il fatto di invecchiare, né il fatto di essere madre. Non ha accettato nemmeno il fatto di essere moglie nei confronti di mio padre. Però è mia madre, è la persona che mi ha dato la vita, quindi l'unica maniera per me di superare questa cosa è di immaginarla come una malattia, una follia e quindi: "Bambolina, bambolina, la bambina più bella che c'è", per me non è triste, è micidiale, un'arma terribile, un coltello che mi uccide!

Shel Shapiro
Mia aveva una sua fragilità, che non era così dichiarata secondo me. Lei cercava di non mostrarsi vulnerabile. A forza di lavorare insieme, per 14 ore al giorno in studio per molte settimane, è inevitabile che cominci a conoscere le zone in cui ognuno di noi traballa, tendenti alla insicurezza. Quelle di Mimì le ho scoperte, come lei ha scoperto quelle mie. Mimì è stata l’unica donna con cui ho lavorato che mi ha proprio affidato la vita artisticamente. Le altre si sono affidate a me per una canzone, lei mi ha affidato la vita artistica per un periodo di tempo, come ho scritto nel libro. Allora, ho avuto un peso notevole nel comprendere e percepire emotivamente una persona. Per questo, è quella che mi rimane più vicina al cuore. Non è solo un fatto di bravura in assoluto, ma l’importanza di un incontro dove abbatti dei muri e ti fai vedere ‘senza le mutande’. “Bambolina, bambolina” era già esistente, bellissima, rientra nelle canzoni che, se ti entrano nella pelle, non le lasci più stare. Devo dire che ci sono alcune mie canzoni che hanno questa caratteristica, ci vuole un po’ di tempo per arrivarti dentro, ma nel momento in cui accade ti accompagnano per tutta la vita.

Testo elaborato da Pippo Augliera

Il video di "Bambolina, bambolina" da "L'orecchiocchio" 1982
http://www.youtube.com/watch?v=y4-ygIJtjLo

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venerdì 1 aprile 2011

Mia Martini.“Finalmente ora canto me stessa”. Boy Music 1982


Mimì. Il nome le si addice: nella piega del sorriso che ancora stenta a volte ad uscire del tutto, nello sguardo che parzialmente sfugge, nella timidezza dell’approccio di chi sta ritrovando solo ora la gente e la fiducia in essa. “Ormai i miei tre anni di assenza dalla scena sono acqua passata. Dallo scorso Sanremo (con “E non finisce mica il cielo”) in poi è nata un’altra Mia Martini. Quindi, oggi, non c’è nessun rientro, semmai una prosecuzione della nuova strada intrapresa.

In Quante volte ho contato le stelle riveli situazioni vissute.
E’ stata un’esperienza emozionante.

Nuovo “45” e nuovo Lp. Curatissimo negli arrangiamenti, forte di melodia ma mai melenso, e che ti chiama in causa in prima persona…
Sì, in questo album ho scritto praticamente tutti i testi e ho, per la prima volta, interpretato me stessa.

Il che significa…
Che finora tutti consideravano la mia voce e basta. Ero un’interprete delle cose che altri scrivevano, c’era partecipazione vocale, ma non di testa, di cuore, di sangue. Oggi, affrontando appunto questa prova ho capito che essere cantanti di se stessi è un’altra cosa, molto più interessante e completa. Io ho cantato le cose che in certi momenti ho vissuto o ho creduto di vivere. Un’esperienza che è solo l’inizio del mio lavoro futuro e che mi ha fatto finalmente trovare la mia giusta dimensione d’artista.

Al tuo fianco, come gran maestro, produttore e arrangiatore, Shel Shapiro. Come mai lui e non Ivano Fossati, tuo compagno per tanti anni e che ha portato di nuovo al successo Loredana Bertè?
Proprio perché Ivano è stato per cinque anni il mio compagno nella vita. E non puoi mantenere abbastanza distacco in un rapporto di lavoro con una persona che ha condiviso per tanto tempo con te, privatamente, molte situazioni intime. Cinque anni non si possono dimenticare.

Con Shapiro come ti sei trovata?
Shel è una persona splendida: con lui prima che un feeling artistico se n’è instaurato uno umano. Continueremo a lavorare insieme.

Ma chi ha avuto interesse a mettere in giro certe voci?
Immagino qualche impresario con la voglia di vendicarsi, ma non sto a sottilizzare sulla fonte. Fortunatamente, questo non mi ha fatto perdere l’affetto del pubblico.

Loredana Bertè, tua sorella. Nata artisticamente dopo di te, ha oggi consolidato il tuo successo. Qualcuno dice, surclassandoti e rovinando i vostri rapporti…
Tutte storie. Io e Loredana siamo sempre state e siamo tuttora molto affiatate. Anzi, forse adesso ci capiamo di più e siamo più vicine. Tra l’altro, sono stata io a prendere la decisione, dopo anni di sodalizio artistico, di lasciare Lavezzi per collaborare con Fossati. Se non andava bene, si giocava la carriera. E’ quindi un po’ merito mio il suo successo di oggi.

Musicalmente parlando, il panorama donna in Italia…
Lo trovo migliore di un tempo. Una volta le donne si limitavano a cantare e in modo spesso stereotipato; oggi ricercano, si cimentano come musiciste, scrivono, partecipano in prima persona alla musica. Lo vedi con personaggi quali la Nannini, Alice, ma anche con giovanissime sconosciute: a Castrocaro, dove ho fatto da madrina tra l’altro alla vincitrice Donatella Milani .

Quando chiedo a una cantante i suoi riferimenti musicali o la collega che preferisce spesso mi si risponde Mia Martini. La cosa t’inorgoglisce?
Un po’ si. Anche se non mi voglio più considerare una cantante solamente, è bello sapere di essere gratificate di stima in un ambiente che fa più facilmente trapelare la maldicenza della generosità.

Mimì a 35 anni. Generalmente a questa età si fanno dei bilanci…
E li faccio anch’io spesso. Artisticamente, con la svolta di scrivere i pezzi, credo di essere maturata molto, è la mia vera identità.

E come donna?
Come donna, sono abbastanza serena….

Non felice?
La felicità è una cosa che ricercavo quand’ero una ragazzina incosciente. Oggi non credo più alle utopie. Quello che conta è il mio equilibrio.

A qualunque costo?
Si, anche a costo di dare un taglio a cose importanti, come un grande amore. Le vette altissime t’inebriano, ma ti fanno perdere il senso del reale e ti sprofondano con facilità. Alle cime meglio le colline: dolci, appena digradanti, intatte.

Appunto come Mimì oggi.

Intervista di Laura Reggiani per Boy Music 1982

Il video di "Bambolina, bambolina da Chianciano Terme
 http://www.youtube.com/watch?v=G6x1NMUfQ0U

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