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venerdì 6 settembre 2013

Le Grandi Voci: Mia Martini (Estensione, versatilità, tecnica, interpretazione)


 
La carica emozionale caratterizza in modo molto personale i brani interpretati da Mia Martini. La critica è stata concorde nel riconoscere il talento e la grande versatilità vocale di Mia Martini, soprattutto negli ultimi anni della carriera.

 
La versatilità della voce

L’intera carriera di Mia Martini testimonia di una vocalità multiforme e capace di modificarsi con l’evolversi della tecnica e degli interessi musicali. All’inizio degli anni Sessanta, con il nome di Mimì Bertè, venne scelta da Carlo Alberto Rossi per incarnare le illusioni e la voglia di vivere della generazione di adolescenti che stava progressivamente diventando il nuovo punto di interesse dei discografici. Aveva poco più di quindici anni e la sua voce squillante, ma priva di particolari sfumature, si confrontava con motivetti di scarse pretese come “E adesso che abbiamo litigato” o “Il magone”. L’immagine era quella di una delle tante protagoniste ‘usa e getta’ di un genere, il cosiddetto yè yè, destinato a tramontare rapidamente per lasciare il posto a nuove musicalità filtrate dall’irrompere prepotente sulla scena musicale dell’esplosiva esperienza del rock. La caratteristica dei cantanti di questo genere era la loro sostanziale intercambiabilità: volto da adolescente ribelle ma non troppo, un filo di trucco, una tecnica in base ai limiti della sufficienza, il tutto accompagnato da arrangiamenti leggeri e ritmati. Non erano in molti a scommettere sul futuro di questa ragazzina, tanto che nessuno si sorprese della sua rapida scomparsa dalle scene. In realtà il silenzio nascondeva un periodo di studio destinato a determinare una vera e propria rivoluzione vocale e interpretativa. Al Festival d’Avanguardia e Nuove Tendenze di Viareggio, nel 1971, pochi riconobbero in quella Mia Martini che, accompagnata da una solida formazione rock costruita attorno al batterista inglese Gordon Faggetter, aveva entusiasmato pubblico e critica, la stessa Mimì Bertè sbarazzina e spensierata degli anni Sessanta. Dal bozzolo dell’adolescente impacciata era nata una nuova farfalla, con una gestualità provocatoria e una voce ricca di sfumature, estremamente duttile e capace di interpretare efficacemente le inquietudini delle giovani generazioni di quegli anni. L’album OLTRE LA COLLINA è ancora oggi una straordinaria testimonianza di come la sua vocalità potesse essere il punto d’incontro tra generi e tecniche diverse, portando a sintesi l’esperienza del rock, del rhythm and blues e della musica leggera italiana. I suoni sporchi e il linguaggio provocatorio di brani come “Padre davvero” o “Amore…amore…un corno!” si mescolavano con la limpida vocalità di canzoni come “Gesù è mio fratello”. Determinante in questa evoluzione fu anche la collaborazione con il quartetto nero dei Four Kents che parteciparono alla registrazione dell’album. Da quel momento iniziò un ulteriore processo di crescita, destinato a portarla rapidamente al vertice delle classifiche. Svestiti progressivamente i panni della provocazione, si trasformò in un’interprete di classe di brani sempre più impegnativi. Più del mutevole consenso del pubblico, i premi della critica, raccolti in grande quantità soprattutto negli ultimi anni della sua lunga e tormentata carriera, stanno a dimostrare il talento e la grande versatilità vocale di quest’artista cui non fecero mai difetto né il coraggio di rinnovarsi, né la caparbietà.

 L’estensione vocale

La capacità della voce di Mia Martini di misurarsi con salti di tono piuttosto impegnativi non è sorretta da una grandssima estensione naturale anche se le tre ottave sono tranquillamente alla sua portata. Essa è piuttosto da ricercarsi nell’abilità di migliorare le sue già buone doti di fondo con lo studio e l’applicazione, a dimostrazione di come lo strumento voce sia un meccanismo duttile e suscettibile di grandi progressi. L’urlo blues strozzato e angoscioso delle sue prime interpretazioni degli anni Settanta diventa, con il procedere della carriera, un acuto grintoso sostenuto da un’emissione di notevole potenza e da un eccellente vibrato.
 

 
La tecnica vocale

Trascurando per ovvie ragioni d’inconsistenza musicale, il periodo adolescenziale dei primi cimenti artistici, dal punto della tecnica vocale la carriera di Mia Martini può essere divisa in due momenti fondamentali. Il primo, rappresentato dall’album OLTRE LA COLLINA, è quello nel quale prevale la scelta di dare i colori del blues alle melodie del nascente rock italiano. In questo periodo la sua voce affronta in modo diretto, senza l’addolcimento del vibrato, le spigolosità dei brani che interpreta. Il suo rapporto con la musica e il testo delle canzoni è diretto e di grande drammatizzazione. La voce, carica d’emozione, si fa roca sulle tonalità basse e, quando l’interpretazione lo richiede, sa diventare un urlo inquietante sui toni alti. Già in “Piccolo uomo”, però, non è più così. Il vibrato inizia a sostenere la potenza dell’emissione e la voce incrementa la gamma delle proprie sfumature. Le variazioni improvvise di volume, l’uso misurato della potenza diventano, con il passare degli anni, una caratteristica costante dell’interpretazione, anche se si nota una certa riluttanza a modificarne la personalità timbrica, Mia Martini resta sempre se stessa. Come le grandi cantanti jazz, non usa la tecnica vocale per adattarsi alle esigenze dei brani interpretati, ma, al contrario, attinge al proprio patrimonio di conoscenze musicali per disarticolarli e farli diventare parte di sé. Esemplare, a questo proposito, è l’album MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO, nel quel riesce a dare una nuova e originale personalità a canzoni famosissime di grandi autori internazionali.

 


L’interpretazione

Mia Martini sembra parlare attraverso la musica. La sua intensità interpretativa dà vita alle canzoni e le fa diventare parte di una serie di messaggi lanciati al suo pubblico. Sono segnali di grande sofferenza interiore che, soprattutto negli ultimi anni, Mia non tenta di nascondere e che diventano una parte importante delle sue caratteristiche artistiche. La sua vita, segnata da tradimenti, da incredibili persecuzioni ed esclusioni, entra di prepotenza nei canoni interpretativi conferendo loro una drammaticità palpabile. La rutilante gestualità che ha supportato le interpretazioni dei primi anni della sua carriera si trasforma con gli anni in un atteggiamento più sobrio e ricco di quella eleganza e dignità che rendono grandi le persone che, pur soffrendo, non vogliono fare del proprio dolore una bandiera. Tutto ciò aggiunge intensità alla sua interpretazione che, ridotta la gestualità al minimo, trova nella voce e nell’espressione del viso un canale privilegiato di comunicazione con il pubblico.

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