Pubblichiamo una intervista del 1984 fatta a Mia Martini da Piergiuseppe Caporale, apparsa su Ciao 2001, in occasione dell’uscita dell’album “Miei compagni di viaggio”. Anche se sono trascorsi 30 anni risulta ancora attuale…
In un paese così povero (almeno apparentemente) come il nostro, di personaggi musicali femminili, in genere utilizzati come sex-simbols o come esecutrici di canzonette per bambini dementi e minorati sessuali, fa sempre piacere ascoltare una di quelle rare eccezioni ì che hanno fatto della propria voce e della personalità, un uso ben maggiore delle colleghe. Stiamo parlando di Mia Martini, per gli amici e vecchi conoscenti Mimì, in questi giorni alla ribalta con un disco live che unisce all’originalità dell’idea un coraggio da leoni. Un coraggio non dell’incosciente che non teme rivali, ma di chi è in grado di trasformare anche il più famoso e collaudato repertorio in una cosa personale, in una zampata di professionismo unito alla passione.
“Miei compagni di viaggio”, l’ellepì in questione, vede quattordici vere e proprie pietre miliari della canzone (in parte) d’autore, spaziando da un capo all’altro dell’Atlantico, fra Brasile (Chico e Vinicius), Stati Uniti (Joni Mitchell, Randy Newman, Jimi Hendrix), Canada (Leonard Cohen), Inghilterra (Kate Bush, John Lennon), Spagna (Juan Manuel Serrat) e, naturalmente, Italia (De Gregori, De Andrè, Tenco). Da “Alice” a “Valsinha” passando per “Suzanne”, “Big yellow taxi”, “Little wing”, “Imagine”…Il tutto riconfezionato, trasformato, personalizzato non soltanto dall’interpretazione di Mimì ma anche da un’accolita vera e propria di musicisti di primissimo piano: basta citare un batterista come Giulio Capozzo, un bassista come Ares Tavolazzi, un chitarrista come Giorgio Cocilovo, un sax come Claudio Pascoli, un violino come Carlo Siliotto, un tastierista come Mark Harris (gli ultimi due coinvolti anche come arrangiatori e produttori artistici)…Ci scusino quelli che abbiamo tralasciato ma gli ospiti di questo disco sono veramente tanti. Il tutto, poi, condito dall’atmosfera del concerto dal vivo, effettuato nello storico Ciak milanese con un pubblico di amici, colleghi e…compagni di viaggio. Non vogliamo dilungarci troppo sull’analisi del disco. Trascriviamo invece parte di una lunghissima chiacchierata che non ha solamente il disco in oggetto fra gli argomenti.
° A parte le comprensibili ( e già note) passioni per gli autori brasiliani, come mai questa varietà di autori, tra l’altro differenti fra loro? A partire da “Wuthering Heights” di Kate Bush…
° Beh, di John Lennon, ad esempio, avevo già fatto qualcosa…per quanto riguarda Kate Bush (e, in parte anche per gli altri), la scelta è stata fatta più per il personaggi che per il pezzo vero e proprio. Kate Bush è nella mia valigia insieme ad altri, di lei leggo tutte le interviste, mi tengo le sue foto…è una che amo, insomma. Certo non è da tanto tempo dentro di me come Vinicius, come Cohen, ecc. anche se, comunque, la colloco fra i grandi, fra quelli che mi hanno dato in ogni caso qualcosa.
° A parte forse Jimi Hendrix, in ogni caso la scelta privilegia la canzone d’autore…
° Senz’altro: devo dire che sono le uniche cose che veramente mi colpiscono e poi, magari, mi rimangono dentro per tanto tempo. Ce ne sono tanti che mancano…avrei dovuto fare una raccolta di ventotto volumi per metterceli tutti (o quasi).
° Dovresti quindi essere d’accordo sul fatto che proprio nei momenti in cui più sembra che l’evasione a tutti i costi stia imperando, tornano alla ribalta, prepotentemente, solo le cose legate all’intelligenza ed alla sensibilità?
° Sono sempre convinta di ciò. E il momento attuale ce lo sta confermando: proprio quando sembrava che la parola cantautore ormai appartenesse ad un passato lontano, sono tornati al successo quegli autori che si pensava fossero sull’orlo dell’obsolescenza (tanto per fare un esempio, Guccini, De Gregori…)
° “Il pescatore” e “Alice”, in pratica la seconda e la terza rivoluzione della canzone d’autore…
°….anche se il primo rimarrà sempre, per me, Luigi Tenco. Questo lo dichiara anche De Andrè…In ogni caso è stato il precursore di tutto, è veramente il papà dei cantautori: allora era talmente all’avanguardia che nessuno l’ha mai capito. Ogni volta che ci penso mi rompe veramente i…. il fatto che sia morto. Dopo Tenco, Fabrizio De Andrè rimane per me un altro dei grandissimi.
° A proposito di De Andrè, l’arrangiamento nuovo de “Il pescatore”, mi ha lasciato senza fiato (e non in senso positivo)…
° Beh, in effetti l’abbiamo un po’ dissacrato. E’ stata un’idea mia, praticamente rubata a Randy Newman: in “Born again”, il penultimo album, c’è una canzone, “They just got married”, in cui lui racconta la storia di due suoi amici che si sono sposati, hanno avuto un bambino, poi lei, alla seconda gravidanza è morta e lui si è sposato di nuovo con una ragazza molto stupida che però aveva un sacco di soldi, ecc…Bene, Newman, in questa canzone dal teso tremendo, drammatico, ha ficcato un arrangiamento tutto jazz, swing: insomma dice delle cose terribili tutte swingate, sincopate… Allora ho pensato a questa soluzione per “Il pescatore” che è, sostanzialmente una ballata, argomento che non mi si confà. E, in ogni caso, in tutti i brani scelti per questo disco, sono molto più importanti i testi che le musiche…
CRISI & DONNE
° Saltando di palo in frasca, di questi tempi si parla molto della crisi del disco, attribuendole molteplici e svariate causali. Non ti sembra, comunque, basilare che la prima motivazione sia da ricercare nella media molto bassa del prodotto artistico attuale?
° E’ in gran parte vero: alla base c’è sicuramente la carenza del prodotto. Bada bene, però! Non è che manchino gli artisti, manca proprio il prodotto. La crisi è, poi, anche di uomini, e riguarda proprio i discografici, o i cosiddetti addetti ai lavori in genere: stanno facendo tutti una gran confusione. Ma mentre nel settore giornalistico, ad esempio, assistiamo ad una progressiva specializzazione ed alla sparizione delle perle di una volta, gli unici che sono rimasti sempre ignoranti come prima sono, paradossalmente, proprio i discografici. Non ho mai capito perché…non ho mai nemmeno capito da dove arrivino i discografici, se c’è una scuola, se c’è qualcuno che insegna loro cos’è il mercato, qual è la scuola della pubblicità, se c’è una psicologia del prodotto oppure no…loro buttano tutto negli stessi canali, inzeppano tutto nello stesso posto. E oggi non è più valido: ce lo insegna la pubblicità differenziata di cui si rende conto, oramai, anche il pubblico stesso che, fin dalle prime battute di uno spot, ad esempio, sa già di che si tratti. Insomma lo capiscono tutti…meno i discografici che continuano a fare delle confusioni tremende: le compilations dovrebbero, già da sole, essere indicative.
Io oggi ho la fortuna di stare in una casa discografica piccola e di avere come capo uno di quei pochi sensibili ed intelligenti: senza di lui questo disco non avrebbe potuto essere realizzato mai. E già così è stato difficilissimo…Penso che, ammenochè l’artista non sia uno di quelli da 200.000 copie a scatola chiusa, deve scendere a troppi compromessi per fare le sue cose: ed è per questo che i prodotti che attualmente escono sul mercato non sono buoni. Ripeto che non dipende dagli artisti.
° Ma, secondo te, è legato sempre a questo discorso il fatto che non esca un nuovo artista al femminile, neanche a cercarlo con il lanternino?
° In gran parte si. Torniamo alla media dei discografici: a parte qualche illuminato, quando prendono in considerazione una donna, cominciano dall’estetica. Se è bella si comincia col look (maledetto termine!) ed allora ecco le donne della disco-music, ad esempio, con tutte le varietà possibili di body, lamè eccetera. Non parliamo poi se l’artista è brutta: può essere brava finché ti pare…come minimo non fa cose (secondo loro) commerciali. Va da sé che quelle che vengono fuori, a parte rare eccezioni (Alice, Teresa De Sio…) sono delle semplici proposte commerciali dell’industria. Non parliamo poi dell’autrice: secondo loro soltanto gli uomini possono scrivere delle cose intelligenti. Insomma se hai le gambe storte, o un porretto sul mento, o sei strabica, puoi anche scrivere un poema che tanto nessuno ti si fila!
“Miei compagni di viaggio”, l’ellepì in questione, vede quattordici vere e proprie pietre miliari della canzone (in parte) d’autore, spaziando da un capo all’altro dell’Atlantico, fra Brasile (Chico e Vinicius), Stati Uniti (Joni Mitchell, Randy Newman, Jimi Hendrix), Canada (Leonard Cohen), Inghilterra (Kate Bush, John Lennon), Spagna (Juan Manuel Serrat) e, naturalmente, Italia (De Gregori, De Andrè, Tenco). Da “Alice” a “Valsinha” passando per “Suzanne”, “Big yellow taxi”, “Little wing”, “Imagine”…Il tutto riconfezionato, trasformato, personalizzato non soltanto dall’interpretazione di Mimì ma anche da un’accolita vera e propria di musicisti di primissimo piano: basta citare un batterista come Giulio Capozzo, un bassista come Ares Tavolazzi, un chitarrista come Giorgio Cocilovo, un sax come Claudio Pascoli, un violino come Carlo Siliotto, un tastierista come Mark Harris (gli ultimi due coinvolti anche come arrangiatori e produttori artistici)…Ci scusino quelli che abbiamo tralasciato ma gli ospiti di questo disco sono veramente tanti. Il tutto, poi, condito dall’atmosfera del concerto dal vivo, effettuato nello storico Ciak milanese con un pubblico di amici, colleghi e…compagni di viaggio. Non vogliamo dilungarci troppo sull’analisi del disco. Trascriviamo invece parte di una lunghissima chiacchierata che non ha solamente il disco in oggetto fra gli argomenti.
TENCO E’ IL PADRE
° A parte le comprensibili ( e già note) passioni per gli autori brasiliani, come mai questa varietà di autori, tra l’altro differenti fra loro? A partire da “Wuthering Heights” di Kate Bush…
° Beh, di John Lennon, ad esempio, avevo già fatto qualcosa…per quanto riguarda Kate Bush (e, in parte anche per gli altri), la scelta è stata fatta più per il personaggi che per il pezzo vero e proprio. Kate Bush è nella mia valigia insieme ad altri, di lei leggo tutte le interviste, mi tengo le sue foto…è una che amo, insomma. Certo non è da tanto tempo dentro di me come Vinicius, come Cohen, ecc. anche se, comunque, la colloco fra i grandi, fra quelli che mi hanno dato in ogni caso qualcosa.
° A parte forse Jimi Hendrix, in ogni caso la scelta privilegia la canzone d’autore…
° Senz’altro: devo dire che sono le uniche cose che veramente mi colpiscono e poi, magari, mi rimangono dentro per tanto tempo. Ce ne sono tanti che mancano…avrei dovuto fare una raccolta di ventotto volumi per metterceli tutti (o quasi).
° Dovresti quindi essere d’accordo sul fatto che proprio nei momenti in cui più sembra che l’evasione a tutti i costi stia imperando, tornano alla ribalta, prepotentemente, solo le cose legate all’intelligenza ed alla sensibilità?
° Sono sempre convinta di ciò. E il momento attuale ce lo sta confermando: proprio quando sembrava che la parola cantautore ormai appartenesse ad un passato lontano, sono tornati al successo quegli autori che si pensava fossero sull’orlo dell’obsolescenza (tanto per fare un esempio, Guccini, De Gregori…)
° “Il pescatore” e “Alice”, in pratica la seconda e la terza rivoluzione della canzone d’autore…
°….anche se il primo rimarrà sempre, per me, Luigi Tenco. Questo lo dichiara anche De Andrè…In ogni caso è stato il precursore di tutto, è veramente il papà dei cantautori: allora era talmente all’avanguardia che nessuno l’ha mai capito. Ogni volta che ci penso mi rompe veramente i…. il fatto che sia morto. Dopo Tenco, Fabrizio De Andrè rimane per me un altro dei grandissimi.
° A proposito di De Andrè, l’arrangiamento nuovo de “Il pescatore”, mi ha lasciato senza fiato (e non in senso positivo)…
° Beh, in effetti l’abbiamo un po’ dissacrato. E’ stata un’idea mia, praticamente rubata a Randy Newman: in “Born again”, il penultimo album, c’è una canzone, “They just got married”, in cui lui racconta la storia di due suoi amici che si sono sposati, hanno avuto un bambino, poi lei, alla seconda gravidanza è morta e lui si è sposato di nuovo con una ragazza molto stupida che però aveva un sacco di soldi, ecc…Bene, Newman, in questa canzone dal teso tremendo, drammatico, ha ficcato un arrangiamento tutto jazz, swing: insomma dice delle cose terribili tutte swingate, sincopate… Allora ho pensato a questa soluzione per “Il pescatore” che è, sostanzialmente una ballata, argomento che non mi si confà. E, in ogni caso, in tutti i brani scelti per questo disco, sono molto più importanti i testi che le musiche…
CRISI & DONNE
° Saltando di palo in frasca, di questi tempi si parla molto della crisi del disco, attribuendole molteplici e svariate causali. Non ti sembra, comunque, basilare che la prima motivazione sia da ricercare nella media molto bassa del prodotto artistico attuale?
° E’ in gran parte vero: alla base c’è sicuramente la carenza del prodotto. Bada bene, però! Non è che manchino gli artisti, manca proprio il prodotto. La crisi è, poi, anche di uomini, e riguarda proprio i discografici, o i cosiddetti addetti ai lavori in genere: stanno facendo tutti una gran confusione. Ma mentre nel settore giornalistico, ad esempio, assistiamo ad una progressiva specializzazione ed alla sparizione delle perle di una volta, gli unici che sono rimasti sempre ignoranti come prima sono, paradossalmente, proprio i discografici. Non ho mai capito perché…non ho mai nemmeno capito da dove arrivino i discografici, se c’è una scuola, se c’è qualcuno che insegna loro cos’è il mercato, qual è la scuola della pubblicità, se c’è una psicologia del prodotto oppure no…loro buttano tutto negli stessi canali, inzeppano tutto nello stesso posto. E oggi non è più valido: ce lo insegna la pubblicità differenziata di cui si rende conto, oramai, anche il pubblico stesso che, fin dalle prime battute di uno spot, ad esempio, sa già di che si tratti. Insomma lo capiscono tutti…meno i discografici che continuano a fare delle confusioni tremende: le compilations dovrebbero, già da sole, essere indicative.
Io oggi ho la fortuna di stare in una casa discografica piccola e di avere come capo uno di quei pochi sensibili ed intelligenti: senza di lui questo disco non avrebbe potuto essere realizzato mai. E già così è stato difficilissimo…Penso che, ammenochè l’artista non sia uno di quelli da 200.000 copie a scatola chiusa, deve scendere a troppi compromessi per fare le sue cose: ed è per questo che i prodotti che attualmente escono sul mercato non sono buoni. Ripeto che non dipende dagli artisti.
° Ma, secondo te, è legato sempre a questo discorso il fatto che non esca un nuovo artista al femminile, neanche a cercarlo con il lanternino?
° In gran parte si. Torniamo alla media dei discografici: a parte qualche illuminato, quando prendono in considerazione una donna, cominciano dall’estetica. Se è bella si comincia col look (maledetto termine!) ed allora ecco le donne della disco-music, ad esempio, con tutte le varietà possibili di body, lamè eccetera. Non parliamo poi se l’artista è brutta: può essere brava finché ti pare…come minimo non fa cose (secondo loro) commerciali. Va da sé che quelle che vengono fuori, a parte rare eccezioni (Alice, Teresa De Sio…) sono delle semplici proposte commerciali dell’industria. Non parliamo poi dell’autrice: secondo loro soltanto gli uomini possono scrivere delle cose intelligenti. Insomma se hai le gambe storte, o un porretto sul mento, o sei strabica, puoi anche scrivere un poema che tanto nessuno ti si fila!
Autore: Piergiuseppe Caporale per Ciao 2001 1984
Il video di "Cime tempestose" da "Miei compagni di viaggio"
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