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venerdì 7 gennaio 2011

Mia Martini - Charles Aznavour accoppiata vincente









SUCCESSO Al PALASPORT DI BOLOGNA
Tra i nostri post più letti risulta "Quando il canto diventa poesia", recensione del concerto Mia Martini con Charles Aznavour redatta da Mila Giordani. Sulla scia di questo gradimento, pubblichiamo un prezioso articolo su questa splendida collaborazione a cura del giornalista Giorgio Martinelli, apparso su un noto quotidiano dell'epoca.


Abbigliata con una sorta di tunica stile anni Venti, color carnicino sfatto, una rosa antica pendula sul seno, i neri capelli castamente stirati sul capo e raccolti a crocchia sulla nuca, un trucco evidente (per reagire alla lucr cruda dei riflettori) ma non volgare, un insieme da interprete pirandelliana: così Mia Martini – stravolgendo di colpo l’immagine di sé costruita attraverso gli anni – è apparsa l’altra sera ai cinque-seimila spettatori convenuti al Palazzo dello Sport di Bologna per ascoltare lei ed Aznavour.
Cambiata esteriormente (forse il passaggio dalle balere ai grandi palcoscenici, forse il cambiamento del “suo” pubblico: non più ragazzini pieni di jeans e gomma da masticare ma gente appena più su con gli anni, del resto – ammette Mia – ormai ho 29 anni, era prevedibile), la Martini ci è apparsa mutata anche come artista: nel senso che i mezzi vocali sono sempre eccellenti ma la capacità interpretativa si è ulteriormente maturata e quindi affinata. L’altra sera ha presentato tutte canzoni già note del suo repertorio e perciò è stato più facile il raffronto ed anche più probante l’esame “dal vivo”. A nostro avviso le occorrerebbe soltanto un pizzico di maggior calore (che non c’entra con la drammaticità di cui dispone ampiamente) : un maggior uso di “vibrati”, per esempio, e magari anche un tantino di quello swing che dimostrò di possedere naturalmente quando ancora si chiamava Mimì Bertè. Ma sono sottigliezze: l’importante è che possiamo registrare con soddisfazione l’ascesa “giusta” di una nuova autentica interprete di canzoni. Da notare anche l’intelligente accompagnamento (al piano e negli arrangiamenti) che le ha fornito uno dei nostri rari musicisti “leggeri” di autentico valore, Angel Pocho Gatti. E successo alle stelle, entusiasmo generale.

Entusiasmo che si è ripetuto nella seconda parte, tutta occupata da Charles Aznavour (un’eccellente ed azzeccata accoppiata del divo francese con l’astro sorgente italiano, quella tentata da Franco Fontana, un impresario che si distingue per l’intelligenza colta e critica con cui costruisce i suoi spettacoli). Non sappiamo più quante volte (cioè altrettante) ne abbiamo scritto. Anche questa volta non possiamo che ripeterci: per sottolineare la grande professionalità, la sicurezza interpretativa da genuino attore, il gusto. Un gusto che si dirama in pratica in tre tipi di canzoni: quella amoroso-melodica pura e semplice (ma sempre lirica e gradevole), quella dei quadretti di costume (tipo Buon anniversario o Ti lasci andare), quella drammatica (Morire d’amore, Quello che non si dice ecc). E, in fondo a tutte, un sentimentalismo delicato e non stucchevole che conquista l’ascoltatore: a riprova che probabilmente non è così vero che il pubblico, noi tutti, si lascia travolgere rapidamente dall’aridità, dal cinismo addirittura. Bastano cinque o seimila persone che applaudono forsennatamente Aznavour per dimostrare quanto di genuino, quanto ancora di buono vi sia nell’animo di ognuno. Basta solo saperlo tirare. E Aznavour vi riesce.
Un ultimo appunto per rammentare uno splendido duetto Mia Martini-Aznavour nel notissimo brano Dopo l’amore: così bello, così sentito, così lirico da pretendere, ed ottenere, un meritatissimo bis.

Articolo di Giorgio Martinelli Febbraio 1977

Mia Martini e Charles Aznavour in "Dopo l'amore"
http://www.youtube.com/watch?v=g45C3WJt3HQ

Ecco un altro articolo su questa collaborazione Mia Martini con Charles Aznavour. Clicca qui:
http://questimieipensieri.blogspot.com/2009/10/quando-il-canto-diventa-poesia-mia.html

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