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martedì 30 novembre 2010

Platinette intervista Mia Martini a Radio Bologna 101


Un altro atlantico - RADIO BOLOGNA 101 APRILE 1990

D- Allora Mimì le partenze e gli arrivi.
M- Le partenze e gli arrivi e già....

D- Ce ne sono tanti nella tua vita.
M- E sì, la vita è fatta di arrivi e partenze: d’altra parte se uno non arriva non può partire e se non parte non arriverà mai (risata).
D- Bello, bello
M- Come lo vedi?

D- Bello, bello filosofico.
M- Filosofico, profondo.(ride)

D- Allora io non vorrei toglierti il sorriso dalle labbra.
M- Per carità.

D- Ci sono state delle partenze bellissime e degli arrivi un po’ malinconici nella tua vita, forse non tutto ha girato, come peraltro nella vita di tutti noi, sempre bene. E ci sono, vorrei sapere, forse dentro di te dei rimpianti o dei rimorsi per quello che poteva essere e non è stato?
M- No, no, un rimpianto uno solo c’è e ci sarà sempre, ed è quello del tempo che è passato purtroppo.(ride)

D- Su quello non si può fare nulla.
M- E lo so,ma è il mio unico rimpianto: è talmente bello vivere.

D- Senti, tu un giorno parlando mi hai detto: purtroppo io non ho figli.
M- Purtroppo sì, è il mio grande rammarico.

D- E non ci possiamo mettere una pezza?
M- Eh amore, ci ho 43 anni che ci faccio la nonna del mio figlio?

D- Ma, se proprio lo desiderassi.
M- Va beh, ma prima del figlio ci vuole l’uomo, non mi parlare di provette, cose, non se ne parla di bambini,o anche adottare dei bambini, ma non esiste quando non c’è un nucleo familiare. Io credo, e sono convinta fermamente, che un bambino abbia bisogno del padre e della madre, ci vogliono tutte e due e quindi prima bisogna trovare un padre e ti sembra così facile?(risata)
D- Adesso che ti sei sposata veramente col pubblico, figuriamoci quando....
M- Quanti.(risata)

D- Allora, facciamo a proposito di quest’oggi, un figlio c’è: questo disco almeno insomma.
M- Va beh, io oggi vorrei salutare con un brano che si intitola “Un altro atlantico” che si ricollega a questi nostri arrivi e partenze, un altro atlantico, chissà forse c’è, forse esiste: il mare questa cosa meravigliosa, questo pianeta splendido, che è la fonte della nostra vita. "Un altro atlantico" di Maurizio Fabrizio e Maurizio Piccoli.
D- Gli amici sono tanti, noi abbiamo affiancato una grande interprete per questa settimana e l’abbiamo fatto con grande emozione e un po’ tenendola sotto, ma è, insomma, un po’ difficile non farla trapelare.
Vorrei chiederti se questa idea del ’90, questa apertura, questa voglia di 2000 che è un po’ in tutti, ti ha contagiata, queste aperture che ci sono state anche sul fronte del sociale, della politica, di tutto quello che è successo, in qualche modo galvanizzano un’artista gli danno più sprint, più energia.
M- Certo, certo c’è molta più possibilità di più incontri, e ancora più affascinanti, il pianeta finalmente si restringe, cioè si tolgono queste frontiere che sono così noiose, inutili, perché bisogna dividersi. Gli uomini non devono avere delle frontiere, come non devono avere delle frontiere la musica, l’arte, l’amore, il lavoro.

D-

D- La battuta finale la vogliamo e la andiamo a pescare sul fronte del successo che è tornato così prepotente e così forte, e così in qualche modo anche tiranno, ma c’è ancora qualche cosa che ancora non è arrivato e che desidereresti in fondo, qualcosa che credi di meritare, ma non è ancora arrivato?
M- Sì un padre per mio figlio(risata).
D- Ah, ma allora diventa un appello, abbiamo girato le carte in tavola.
M- E sì, mi piacerebbe tanto l’amore, però non so se sono sincera in questo momento che lo sto dicendo, perché effettivamente di amore ne ho tanto....
Va bene
M- Va bene

Radio Bologna Aprile 1990. Testo trascritto da Mila Giordani

Per leggere l'altra intervista di Platinette/Mauro Coruzzi a Mia Martini clicca qui:
http://questimieipensieri.blogspot.com/2010/12/ancora-platinette-alias-mauro-coruzzi.html

Ecco un altro articolo di Platinette su Mia Martini
http://questimieipensieri.blogspot.com/2009/03/piena-di-energia-ma-cosi-triste-e-sola.html

Il video di Un altro atlantico Nuovo Cantagiro '90
http://www.youtube.com/watch?v=G6nZPklBjlU

sabato 27 novembre 2010

Mia Martini era proprio una bella persona: Intervista ad Enrico Ruggeri





Il club Chez Mimì ha la possibilità di incontrare Enrico Ruggeri in un pub, dopo un suo concerto. Con grande disponibilità, si ferma affabilmente a chiacchierare di una sua cara compagna di viaggio....

D - E' vero che il brano Fango e stelle è nato pensando a Mia Martini?
Ruggeri: Sì, Fango e stelle è dedicata a tutte quelle persone che potevano essere valutate meglio nella loro vita e alle piccole e grandi ingiustizie che hanno dovuto subire. Questo brano è un mio personale omaggio a MIMI': una grande artista e professionista, trasparente nelle sue cose, una donna vera. Oggi, purtroppo, nel nostro ambiente ci sono artisti che sembrano dei maxi impiegati della musica.
D - In che periodo vi siete conosciuti e come è nata la vostra collaborazione?
Ruggeri: Io e Mimì ci siamo frequentati molto, soprattutto nei primi anni ’80. La nostra è stata una amicizia vera, non avevamo un secondo fine. Capita raramente nel nostro ambiente che ci siano rapporti sinceri, c'è chi va a cena per avere la possibilità di scrivere un pezzo da fare incidere, o viceversa con la speranza di farsi comporre qualcosa da cantare. In quel periodo mi incontravo spesso con lei e con Ivano Fossati, anche perchè eravamo vicini di casa. Dal punto di vista artistico, avevo inciso Polvere e iniziato una collaborazione con sua sorella Loredana, ho scritto per lei Il mare d'inverno, Non finirà che sono stati inseriti negli album Jazz del 1983 e Savoir fair del 1984. Essendo così impegnato, è chiaro che a me e Mimì non è venuto in mente di lavorare insieme. Voglio rivelare che Non finirà piaceva tanto a Ivano, a tal punto che voleva farla interpretare a Mimì, ma non è stato possibile perché lei aveva già preso la decisione di eclissarsi. La collaborazione con lei è nata molti anni dopo, grazie anche ad un nostro amico in comune che è Dodi Battaglia dei Pooh, abbiamo scritto insieme Domani più sù. Mimì si è interessata molto alla fase di realizzazione di questo pezzo, ci ha dato, infatti, delle indicazioni molto utili, si è creata una bellissima intesa.
Non c’è stato un seguito, perché nel nostro ambiente succede spesso di perdersi di vista, anche se ci si scambia la promessa di tornare a fare qualche altra cosa insieme, non abbiamo avuto purtroppo il tempo.
D - Tu hai vinto il Festival di Sanremo con Mistero nel 1983, Mimì ha partecipato alla gara canora nello stesso anno con il brano Stiamo come stiamo in coppia con sua sorella Loredana. Che ricordi hai di quall'esperienza?
Ruggeri: Secondo me, la canzone non era una delle più belle del loro repertorio, sia perchè nell'inciso ricordava molto Una notte in Italia di Fossati, sia perché la strofa non era una delle migliori. In occasione del loro riavvicinamento avrebbero fatto meglio aspettare un altro anno, perché sicuramente avrebbero avuto una grande canzone. E’ stato un peccato, perché due persone di così grande temperamento avrebbero potuto dare molto insieme. Mi ricordo una Loredana un po’ agitata…come purtroppo spesso le accade, Mimì ha tentato di tenerla a freno, ma ci è riuscita solo in parte. Mi è rimasto impresso che Loredana si è arrabbiata molto per la mia vittoria, mentre Mimì è venuta a farmi i complimenti ed era molto contenta per me. Sono sicuro che non toglieva niente a lei il fatto che io avessi vinto…Mimì non è mai stata invidiosa dei successi dei colleghi…era proprio una bella persona.
Loredana ha un carattere dificile e allo stesso tempo autolesionista. Si fa del male, infatti, si arrabbia, urla, canta stonata ecc...Mimì, pur avendo un suo carattere particolare, non era una che litigava se le davano il camerino più piccolo, si arrabbiava se non si sentiva bene nelle spie. Lo faceva, dunque, solo per scopi puramente artistici: la grande differenza tra loro due era sostanzialmente questa.

D - Tu hai già manifestato l'intenzione di partecipare ad un disco tributo, dedicato a Mia Martini. Nel caso in cui il progetto dovesse concretizzarsi, ti piacerebbe incidere il brano Domani più su?
Ruggeri: Certamente, perchè no! Avevo già pensato di inciderlo e inserirlo nell'album L'isola dei tesori, poi ho ritenuto che il momento non fosse adato. Non volevo, infatti, passare per quello che 'cavalca' i sentimenti, ma penso che sia opportuno inserirlo come un mio omaggio personale a MIMI'.
Intervista realizzata da Ciro Castaldo e pubblicata integralmente sul numero 28 della fanzine Chez Mimì e parzialmente sul libro La regina senza trono.

Mia Martini Ricordo di Enrico Ruggeri (video Racconti di vita 2000)
http://www.youtube.com/watch?v=Knz4g3fKXBU

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Mia Martini intervistata su Blu: Come in un sogno






Riapparire al festival di Sanremo dopo il lungo silenzio e arrivare alle centomila copie di un disco non era certo prevedibile, eppure Mimì ce l'ha fatta e veleggia allegramente verso un album live e uno di studio. Perchè lei è tornata per restare.


E' tradizione consolidata che dopo un concerto si vada tutti a mangiare: star, musicisti, organizzatori. E' probabilmente il momento migliore per accendere il registratore, perchè in questi momenti non esistono più le formalità e a volte gli imbarazzi di un'intervista, ma soltanto la voglia di chiacchierare. E così tra un piatto e l'altro il personaggio in questione parla di sè, del suo lavoro e di un caro amico che gli siede a fianco. La star della serata è Mia Martini, una delle poche signore della canzone che dopo vent'anni sono ancora lì, sul palco, davanti a un impressionante numero di persone, completamente ipnotizzate dalla sua voce; il caro amico è uno dei suoi autori preferiti, Enzo Gragnaniello, il quale ha scritto per lei tre canzoni: DonnaStatte vicino a me e Strade che non si inventeranno mai da sole.


Al contrario di Mia che ha molta voglia di parlare, forse ancora elettrizzata dall'esibizione dal vivo, Enzo, timido e riservato, con la faccia di chi fa il proprio mestiere con passione e modestia, è più taciturno. Per trascinarlo nella discussione mi rivolgo prima a lui.


D - Di solito scrivi i tuoi pezzi in napoletano, invece queste tre canzoni sono in italiano...
Gragnaniello: Non è un problema per me scrivere in italiano, non sono un campanilista, l'unica cosa che on mi piace è usare un linguaggio intellettuale, difficile...
Mia: Il suo in realtà è un dialetto napoletano trasformato in italiano, perchè della sua lingua conserva alcune espressioni tipiche. La sua maniera di esprimere i concetti è molto semplice, ma anche molto toccante...

D - Che cosa ti ha ispirato di Mia per la scrittura di un pezzo così femminista come Donna?
Gragnaniello: Mi ha ispirato tutto. La sua grinta, la sua impostazione vocale, il suo modo di cantare...che poi è anche il mio modo di cantare. Ho scritto questi pezzi per lei come se li avessi dovuti cantare io!
Mia: Non ho mai sentito un uomo parlare della donna con la sua sensibilità, un uomo di solito vede altre sfumature, ma non va così a fondo.

D - Questo forse dipende anche dal fatto che Enzo è napoletano e ha davanti a sè la condizione ancora più disagiata della donna del sud...
Gragnaniello: Io penso che i problemi delle donne siano gli stessi sia al nord che al sud.
Mia: Sì, però si vivono in maniera diversa, nel sud la discriminazione della donna è vissuta più fisicamente. Una donna del sud diventa madre già a quindici anni, quindi si trova di fronte alla violenza della vita molto presto. La donna del nord vie i traumi in un'altra maniera.
Gragnaniello: Io parlo soprattutto di donne di un certo ceto sociale, poichè subiscono violenza soprattutto donne che vivono in una realtà degradata, malsana...

Mentre continuiamo a parlare cerco di ricordare velocemente i pezzi che Mia ha cantato qualche ora prima, in concerto...innanzitutto le tre canzoni di Gragnaniello, doveroso omagio dal momento che l'autore era in prima fila ad ascoltarla, e poi ha privilegiato, come del resto ha fatto nel suo album ( quello del grande ritorno), soprattutto pezzi scritti da altri cantautori, i suoi preferiti, italiani e stranieri. Canzoni che hanno tutte contribuito al suo successo ritrovato.


D - Che cosa ti attira in un autore, che cosa ti fa scegliere di cantare un pezzo invece che un altro?
Mia: Mi attira la verità che c'è in ognuno di loro, l'autenticità dei loro mondi, l'uno diverso dall'altro, con le proprie radici, la propria cultura...Ognuno di loro ha un diverso modo di filtrare la vita e di esprimere le proprie emozioni. Fossati è genovese, De Gregori romano, Maurizio Fabrizio milanese....E' un giro d'Italia, dell'Italia che mi piace di più. Quando ascolto delle storie che ho vissuto o avrei potuto vivere, allora me ne approprio; in quel momento lì, in quella storia, quella canzone, diventa una cosa mia. Anche per gli autori stranieri vale lo stesso discorso, amo le diverse culture musicali di Randy Newman, Joni Mitchell, John Lennon, Paul Simon...E ce ne sono tanti altri che vorrei tradurre e cantare.

D - Tu che traduci personalmente i testi dall'inglese cosa ne pensi del lavoro di traduzione?
Mia: Una volta in Italia si traduceva moltissimo, ma per convenienze editoriali, in realtà tantissime traduzioni hanno completamente rovinato brani stupendi. Ci sono naturalmente anche traduttori eccellenti come Sergio Bardotti, che per quanto riguarda la canzone brasiliana è il massimo esperto in Italia. Io personalmente sono fedelissima, non traviso neppure una virgola. Di solito si commetttono peccati di traduzione in nome delle rime, perchè c'è chi dice che la lingua italiana non è musicale. Non è assolutamente vero è una delle lingue più ritmiche e musicali del mondo.

D - Questa sera hai cantato anche Cime tempestose di Kate Bush, la traduzione è stata molto difficile?
Mia: Sì, molto, perchè la Bush usa delle scansioni metriche davvero pazzesche, io inoltre ho voluto restituire anche l'idea del fantasma...Adoro le storie fantastiche inglesi, ho letto il romanzo della Bronte quindici volte.

D - Mi sembra comunque di capire che in questo momento preferisci cantare soprattutto pezzi degli altri...
Mia: Sì, senza dubbio, preferisco cantare brani come quelli di Enzo, magari sarebbe bello scrivere un pezzo a quattro mani con lui...e cantarlo a due voci.
Gragnaniello: in questo disco che sto preparando c'è una canzone dove lei potrebbe intervenire..
Mia: (contentissima) Io sono pronta, non vedo l'ora di sentirla.

Ripensando all'improvvisa apparizione a Sanremo quest'anno, all'incredibile successo raggiunto, al trionfo della qualità in mezzo alla solita aria di tradizione e conservazione, rivedendo la grande partecipazione della gente al concerto, la sua sincera emozione, l'entusuasmo, così grande da costringere i caabinieri a scortare Mia sul palco, sono ancora stupito da come abia fatto questa 'piccola donna' a riconquistarsi con una canzone di tre minuti tutto il favore del publico; è come se non si fosse mai ritirata dal mondo della musica, o meglio è come se fosse sempre stata sicura di sè da sapere che in ogni momento il suo ritorno si sarebbe trasformato in un successo.

Mia: Maurizio (Fabrizio) ha tenuto da parte questo pezzo (Almeno tu nell'universo) per sette anni, e questa cosa mi ha commosso. Pensavo solo che avrei fatto una bella figura a Sanremo, ma non avrei mai creduto di ottenere uno spazio tanto importante. Non è stata una cosa programmata...Quella domenica pomeriggio, a Sanremo, alle prove, davanti a discografici e giornalisti, dopo la prima frase del pezzo è crollato il teatro, ho sentito un'elettricità nell'aria che mi ha buttato in una specie di frenetico samba, che ancora non è finito. E' stato stupendo questo primo impatto dal vivo, forse il fatto che mi rivedevano dopo tanti anni, c'è stato l'affetto sincero di tutti...

D - Credi la voce sia fondamentale per il tuo successo?
Mia: Non credo che si tratti di energia vocale, certo, è un fatto di grande emotività, di energia totale che parte da me ma che quando arriva al pubblico si trasforma in un'altra energia e mi ritorna addosso, mi ricarica, è un ciclo continuo. E' un po' come fare l'amore. E' un po' tutto che determina questo, la bellezza di un testo...L'importanza che dai a una parola detta in un momento piuttosto che in un altro, o in un modo piuttosto che in un altro. Lo stesso pezzo può essere cantato in maniera dolce, triste, arrabbiata, ironica, puoi mettere in risalto un angolo piuttosto che un altro....

D - Tu sei la regista di te stessa?
Mia: Dei miei sentimenti

D - Riesci a controllarli?
Mia: Riesco a localizzarli, a controllarli no, per fortuna.

D - Che cosa resterà di Almeno tu nell'universo tra vent'anni?

Mia: Ci pensavo stasera, mentre cantavo Minuetto, che ormai ha vent'anni, credo che resterà quello che è rimasto di Minuetto oggi, ma sarà qualcosa di importante, perchè Minuetto non ha avuto la partecipazione, il calore di Almeno tu nell'universo, un pezzo che è arrivato dopo un buco nero che c'è stato nella mia vita, nella mia carriera. Chi lo risentira tra vent'anni avrà qualche brivido in più, perchè si ricorderà di una emozione intensa che abbiamo vissuto insieme.

Intervista di Bruno Marino apparsa sul numero 31 di BLU 1989



venerdì 26 novembre 2010

Mia Martini lascia la musica rock

Mia Martini, fino a pochi mesi fa unica cantante-rock italiana, è adesso stufa della cosiddetta musica d’avanguardia, stanca di quello stesso genere di cui è stata fanatica e bravissima interprete assieme al complesso “La Macchina”. Prima della recentissima ascesa della Premiata Forneria Marconi, Mia Martini e La Macchina avevano dominato l’estate rock del ’71 nel corso delle numerose serate nei locali pop italiani il pubblico giovane di preferirli nettamente ai New Trolls, alle Orme, alla Nuova Idea e agli Osanna.

Tutto quindi consigliava di continuare sulla strada del rock. Invece, ecco l’improvviso cambiamento. Perché? Evidentemente c’è stata una profonda crisi artistica, paragonabile, per importanza, a una conversione religiosa. Ma perché? Quali motivi l’hanno provocata? Giriamo la domanda all’interessata, che si è rifatta viva sul mercato discografico con una bella canzone: “Piccolo uomo”.

 “Non è stato un cambiamento improvviso. Non è che un bel giorno mi sono svegliata e abbia deciso: basta con il rock e con la musica che fa troppo rumore”, dice sorridendo Mia che fuma come una… turca! “Comunque, è stato fondamentale il mio incontro con l’organista e leader dei Trip. Praticamente devo ringraziare lui se ho potuto prendere contatto con un nuovo mondo musicale più suggestivo di quello che credevo di amare”.

 Vuoi essere più precisa, per favore? Chi è questo organista? Quale tipo di musica hai scoperto grazie a lui?”.

“Parlo di Joe Vescovi, è stato il mio ragazzo, pensavo che tu lo conoscessi. Vivevo con lui ed ero molto felice. Io e Joe stavamo molte ore a casa e naturalmente ascoltavamo tanta musica: tutti i complessi stranieri che vanno per la maggiore: Emerson, Lake.& Palmer, Pink Floyd, Grand Funk. Ero costretta anche a sentire dischi di musica classica e sinfonica : a Joe piaceva molto mentre io mi annoiavo tremendamente. Così, dopo qualche minuto, Joe per accontentarmi rimetteva quei dischi che fanno tanto casino, un rumore infernale, lo stesso che facevo io durante le serate. Poi, a poco a poco, senza nemmeno accorgermene, si è verificato il miracolo: i complessi stranieri non li reggevo più, mi veniva quasi la nausea”.

Anche con Emerson, Lake & Palmer?
“Sì, anche con loro. Cominciavo a preferire la musica classica e la preferisco ancora oggi, anche perché mi ha avvicinata a un altro tipo di musica e di interpreti”.

Appunto, sarei curioso di sapere quali sono i tuoi idoli “leggeri” di oggi, visto che ormai hai rinnegato quelli di ieri.

“Non li ho rinnegati, solo che adesso mi fanno venire il mal di testa, te l’ho detto, non li reggo più. I miei idoli? James Taylor, Carol King, Cat Stevens, Neil Diamone e a breve intervallo Elton John, Don McLean E Rod Stewart quando fa il solista, cioè staccato dai Faces. E’ strano ma è così: la musica classica mi ha allontanata dal rock elettronico facendomi scoprire la musica di questi famosi cantautori, una musica più delicata, che fa venire la pelle d’oca, che arriva al cuore”.

La tua nuova sensibilità musicale ha forse a che fare con il cambio della casa discografica (dalla RCA alla Ricordi)?

 “No, non c’entra. Con i miei ex-dirigenti ci sono state divergenze non propriamente artistiche. Però è meglio non parlarne, adesso siamo in causa: giudici e avvocati sistemeranno tutto”.
Allora torniamo al rock assordante…

“Dopo il drammatico incidente stradale di qualche mese fa in cui hanno perso la vita due elementi della Macchina, il complesso si è sciolto, e da quel giorno ho dato ufficialmente addio al rock. A questo punto, però, voglio precisare una cosa: con la Macchina facevamo del rock vero, lo sentivamo, eravamo sinceri, spontanei, non scopiazzavamo qua e la dai complessi stranieri come invece molti gruppi nostrani. Questo accadeva durante le serate. Nei dischi era diverso. Per esempio, l’album “Oltre la collina” è il mio primo tentativo di accostarmi al genere folk e a quella che io chiamo “canzone-attualità”, cioè con testi che trattano problemi reali, oppure temi immortali come la libertà, l’amore”.

Insomma come Joan Baez, Carole King.
 “No, la Joan Baez no, fa troppo politica, si occupa di argomenti troppo particolari e legati quasi esclusivamente al suo Paese. Io invece vorrei cantare l’amore, la tristezza, la solitudine, la libertà, la gioia di vivere, insomma vorrei cantare l’uomo e tutti i suoi stati d’animo”.

 Vocalmente (è anche l’opinione di parecchi critici) hai le carte in regola per interpretare le tue canzoni alla maniera e con la stessa efficacia di James Taylor e compagni. Però quei mostri sono anche cantautori e tu no. E’ un grosso handicap, perché in Italia è quasi impossibile trovare compositori bravi come Taylor.

 “E’ difficile scovarli, ma ce ne sono. A Milano ho conosciuto , parecchi giovani che come me amano le chitarre acustiche al posto di quelle elettroniche e che hanno tanta voglia di chiudersi in una cantina per mesi e mesi, lavorare in gruppo, scrivere canzoni, fare gli arrangiamenti, e tutto ciò disinteressatamente, solo perché amano la musica”.

 Vuoi farmi qualche nome?.

 “Per esempio i fratelli Michelangelo e Carmelo La Bionda: sono bravissimi, hanno entusiasmo e idee da vendere”.

 Poi anche i fratelli La Bionda diventeranno famosi e addio entusiasmo e anche voglia di lavorare.

 “Vorrà dire che scoprirò altri… fratelli. Oggi per fortuna non è più come una volta. Ci sono migliaia di giovanissimi che studiano musica, composizione e suonano diversi strumenti, quindi è più facile trovare gente nuova. Il difficile è convincere gli industriali discografici a concedere la loro fiducia agli sconosciuti. L’Italia, purtroppo, è ancora il Paese dove si diventa generali a settant’anni. I dirigenti discografici, poi, vanno sempre sul sicuro, o meglio credono di andare, e si affidano ai soliti nomi”.

 Mia, un’ultima domanda e poi ti lascio, perché di logorrea come sei mi terresti qui ancora per parecchie ore. Secondo te, i giovani preferiscono i complessi d’avanguardia che suonano il rock “da mal di testa”, tanto per usare una tua espressione, oppure i tuoi idoli, cioè cantanti come James Taylor?

 “Credo che negli Stati Uniti e in Inghilterra ci sia posto per gli uni e per gli altri, anche se i cantautori di stampo moderno, alla Taylor, hanno attualmente un successo maggiore dei complessi. In Italia i complessi stanno ritornando al boom di qualche anno fa, ma si stanno facendo largo anche la musica popolare e le canzoni-attualità, al posto delle canzoncine frivole e troppo disimpegnate. In ogni caso, complessi o cantanti che siano, ai giovani oggi interessano due cose: la sincerità dell’interprete e l’originalità del prodotto. Vorrei esprimere ancora una mia idea e poi basta, te lo giuro. Mi sembra che anche la musica (che ho definito assordante per rendere meglio l’idea) dei complessi stranieri tenda a trasformarsi. Esasperando il concetto direi che il settore leggero è sempre più influenzato dalla musica classica eseguita, però con strumenti elettronici: cioè la cosiddetta opera-rock”.

 Carlo Tamburello per Ciao 2001 Roma, giugno 1972

Mia Martini canta "Piccolo uomo" a "Senza rete" 1972:

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lunedì 22 novembre 2010

Come nasce una canzone: Mia Martini e Biagio Antonacci raccontano Il fiume dei profumi



Riportiamo le dichiarazioni e le impressioni di Mia Martini e del suo autore Biagio Antonacci sul brano "Il fiume dei profumi" contenuto nell'album "Lacrime" del 1992.

"Il fiume dei profumi" si può ricollegare in qualche modo alla canzone "Versilia", oppure si slega completamente?
 
Mia Martini
 No, non si slega, intanto qui c'è un assalto vero perché il personaggio è una donna che riceve una lettera dal suo uomo che sta al fronte, sta facendo la guerra, per cui lì ci sono purtroppo degli assalti ben più violenti, più sanguinosi. Lui, però, si estranea abbastanza da questa realtà così cruda, così violenta, è una guerra che non gli appartiene e che non ha deciso lui. La cosa geniale che mi è piaciuta di più nel testo di Biagio Antonacci è che questo soldato, invece di buttarsi nel vittimismo, come sarebbe facile, usa questa drammatica situazione che sta vivendo per cercare di capire se stesso, la sua donna e l'importanza di questo rapporto con lei. Esclude, quindi, dalla sua mente tutti i fatti violenti e sanguinosi, cerca di cogliere il lato interessante di questa terribile avventura, cioè i luoghi che sta vedendo, le realtà diverse dal suo paese, le trasmette tutte in questa lettera alla sua donna e dice : "Appena torno ti porto in Europa". Il protagonista vuole vivere insieme alla sua donna, c'è però sempre quel minimo di dubbio, di paura : "Ma ti ricorderai ancora di me? ti ricordi quando ci siamo incontrati la prima volta, quando abbiamo ballato insieme?". Qui la musica diventa una specie di valzer molto romantico, è un brano particolare e anche dal punto di vista letterario molto nuovo.

Ecco il commento di Biagio Antonacci:
Mia Martini è stata una donna eccezionale nella mia vita. Lei venne a Rozzano nella casa di mia madre che ci fece da mangiare una ‘cofanata’ di pasta con il pesce. Poi io mi misi al piano e lì cantai ‘Il fiume dei profumi’ nello studiolo di casa dove dormivo anche. Lei si mise là, umilissima, e disse ‘Questa canzone la canto io’. Poi ascoltò ‘Liberatemi’ e mi disse che sarebbe stato un successo pazzesco. E infatti accadde. Ma non accadde solo questo. Certe persone che mi dissero allora di non lavorare con lei perché portava sfortuna (e furono tanti in quel periodo) alla fine la presero sui denti perché il disco vendette moltissimo alla faccia di quelli che oggi non fanno più nemmeno i discografici.

Testo elaborato da Pippo Augliera per Chez Mimì.

Il video "Il fiume dei profumi"
http://www.youtube.com/watch?v=1a-Q1ihAztU

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domenica 14 novembre 2010

Come nasce una canzone: Antonello De Sanctis commenta Col tempo imparerò scritta per Mia Martini


E’ lo stesso autore Antonello De Sanctis a parlare di questo bellissimo inedito “Col tempo imparerò” di Mia Martini, pubblicato postumo nell’album “Indimenticabile Mia” del 1996

“Ci ritrovammo, dopo circa venti anni, negli uffici di Varano e Sanjust, già dirigenti della Ricordi e ora produttori autonomi, che non avevano mai smesso di credere in lei e continuavano a lavorare per reinserirla nel posto che le spettava per talento e anima.
Incontrai una donna elegantissima, in un completo giacca e pantaloni celesti, che fu molto affettuosa con me, ma non riuscii a scorgere nei suoi occhi la disponibilità e il calore del tempo passato.
Mi scrutava come volesse dirmi: ‘Dove stavi, anche tu, nel momento in cui serviva qualcuno?’
Non sono un grande consolatore di anime per mia natura, perché penso che i problemi veri siano una specie di corrosione che non è possibile sradicare da chi ne è affetto.

In quel periodo Mimì si stava districando a fatica da un momento difficile, lo avrebbe superato affidandosi alla sua arte ineguagliabile e la sua voce, resa più roca dalla sofferenza, ricominciò a scorrere nelle arterie della gente.
Ciò che qualche scriteriato aveva messo in giro a causa di una serie di incidenti che aveva subito – non provocato - era quanto di più odioso si potesse inventare in un ambiente che crede alla iattura in modo retrivo e istintuale. Ignoranza, folklore e invidia la emarginarono dal mondo della canzone e, per un periodo di tempo, nessuno volle più avere contatti con lei.
“Va tutto bene?” le chiesi cercandole gli occhi.
Si, bene” rispose ignorando i miei.
Scendemmo le scale per andare a prendere un caffè, le posai con affetto una mano sulla spalla e la sentii morbida.

Gli anni che mi hanno tolto li ho impiegati per crescere” riprese dal niente. “Non cerco vendette, spero solo che tutto questo tempo sia servito per meditare a chi ha voluto ferirmi e, anche se mi porto ancora addosso le cicatrici di una crudeltà stupida, non sento più male, credimi!”

Riflettevo, nel guardarla, su quanto fosse diversa dalla ragazza hippie che avevo conosciuto ai tempi di “Padre davvero”, dall’amica che si era confidata con me su una stradina persa nel verde ai margini della Rca, o dal mito che aveva saputo mandare il pubblico in delirio duettando con Charles Aznavour sulle assi dell’Olympia di Parigi.
Le feci leggere un mio nuovo testo che s’intitolava “Col tempo imparerò” e lei si commosse.
Tu sei una spia!” sorrise restituendomi finalmente lo sguardo.
Non ci saremmo più visti e la canzone uscì, postuma, nel ’96.
A volte penso che quest’artista immensa ha aperto e chiuso la sua carriera con due mie composizioni. Una coincidenza che mi ha sempre fatto meditare.

Testo contenuto nel libro "Non Ho mai scritto per Celentano"
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Il video di "Col tempo imparerò"

sabato 13 novembre 2010

Le ali della mente: Stefano Senesi e il suo feeling da musicista con Mia Martini


L'incontro avviene a Roma. Stefano, musicista che ha al suo attivo grandi collaborazioni come quella con Renato Zero, racconta la sua esperienza professionale con Mia Martini iniziata nel 1989, dopo il suo ritorno a Sanremo con "Almeno tu nell'universo".

Un'artista come Mia Martini ha sempre creduto profondamente nelle sue scelte artistiche, anche se purtroppo ha dovuto combattere con le esigenze delle case discografiche che magari pensano di fare una migliore promozione magari con brani scritti per una interprete da autori affermati. Lei poteva avere in partenza un suo obiettivo di lavoro, qualche volta poi doveva modificare alcune cose rispetto al suo pensiero iniziale, dovuto alle imposizioni dei discografici.

Mimì era una artista che cercava di cantare ciò che le piaceva, se ne fregava di queste imposizioni, anche se in qualche modo doveva bilanciare, come tutti gli artisti del resto. Nella vita i compromessi ci sono sempre, specialmente nel mondo musicale sono all'ordine del giorno, bisogna vedere fino a che punto possono impedire di essere te stesso, oppure accettarli senza perdere in credibilità, mi sembra che Mimì rientrasse in tutto questo.

Io credo di essere entrato in sintonia con il suo mondo perché le nostre sensibilità artistiche provenivano da culture che per certi versi sono andate parallele, a lei piacevano i Beatles e anche a me. Lei riusciva ad avere rapporti buoni con alcuni musicisti, per una questione soprattutto di affinità. Considero,infatti, un'operazione bella il disco jazz con Maurizio Giammarco perché è la prova di come si può lasciare a delle forme un po' differenti da certi canoni, cercare di interpretare con un modo diverso e competente, andando al di là di un certo standard e degli esiti commerciali. I più bistrattati, a livello di opinione comune, si rivelano quegli artisti che, come Mimì, sono degli innovatori, perché la ricerca è sempre stata osteggiata nel campo della musica. Poi, quando muoiono…

Mimì ha sempre cercato di fare un qualcosa che la potesse arricchire, che non fosse uguale al disco fatto in precedenza, lo dovrebbero fare tutti, ma non lo fa quasi nessuno.
La mia collaborazione con Mimì è stata determinata da Massimo Fumanti e Maurizio Galli che già la conoscevano. Dopo Sanremo dell'89, doveva iniziare una tournèe e loro le hanno suggerito il mio nome da inserire nel gruppo, ha dato l'okay, ci siamo conosciuti, non c'è una storia da scrivere sul nostro incontro, c'è da evidenziare il feeling che si è creato tra noi due.
Ci siamo anche detti le cose meno positive: ogni discussione con lei era molto aperta, ci sono stai, quindi, degli scontri che,sul momento, potevano risultare abbastanza duri e conflittuali, ma a distanza di tempo si sono rivelati costruttivi, per la nostra crescita professionale e personale. Se c'è un'affinità di sensazioni, c'è anche un'affinità negli scontri.

Mimì è stata veramente importante per il mio lavoro, riusciva a darti sul palco delle emozioni ad ampio spettro, che nessun'altra cantante oggi in Italia ti da, ti faceva venire la voglia di suonare, c'era una grande stima. Mimì non accettava compromessi, non aveva vie di mezzo, o tutto o niente, per chi la frequentava superficialmente, si lasciava influenzare dalle apparenze, poteva risultare non amabile e simpatica, il suo era un carattere viscerale per cui potevano sorgere dei piccoli problemi.

Io penso che Mimì era una di quelle persone che quando ci lavoravi ti potevi pure 'scazzare', amarla profondamente quando suonavi, riusciva comunque ad impressionarti, a lasciare un segno con la sua forte personalità, con il suo dire ciò che pensava. E la gente non è abituata a questo…
Mimì, pur non essendo una musicista, era in grado con la sua grande esperienza di capire chi si accostava di più alla sua sensibilità, non era tanto interessata alla bravura o alla tecnica spaventosa, le importava quanto il mondo di questo musicista fosse vicino al suo spirito e in grado di cogliere quello che lei volesse.

Con Mimì non potevi fare l'impiegato della musica, guadagnare dei soldi e basta, eri 'quasi costretto' a lasciarti trasportare e suonare, non per far vedere quanto sei capace ma come espressione che va al di là della propria faccia, al di là di tutto. Ricordo molti episodi belli di questo nostro sodalizio, proprio nel momento in cui suonavamo e cantavamo insieme comunicando attraverso le occhiate di complicità che davano la tessitura dello spettacolo, perché eravamo tempestivamente presenti nel trasmettere reciprocamente.

Il pubblico ha bisogno di sentire artisti veri, non è poi così deficiente come alcuni critici vogliono far intendere per i loro scopi o perché prendono le mazzette dalle case discografiche. Mimì era brava ad interpretare tutto da "Almeno tu nell'universo" ai pezzi etnici firmati da Mimmo Cavallo e probabilmente era questa sua duttilità che dava fastidio. Perché deve essere un fastidio quando l'artista parla di sé, che vogliamo la patina? Non era certo Mimì che la poteva dare, lei si era scelto un mondo suo che era fatto di essenza, di valori quali sono, di persone che vanno a ricercare e che divergeva sempre di più da un certo business del mercato discografico, da operazioni a tavolino. Lei era fatta così e non voleva cambiare, aveva deciso di percorrere una strada ben precisa, piena di ostacoli, convinta e determinata, in grado di andare incontro alla sofferenza per avere il rispetto e la stima di tutti.

Non posso essere critico nei suoi confronti perché l'ho sempre sentita vicina alle mie scelte, anche quando si è lasciata prendere dalla sua impulsività. Ha avuto nel corso degli anni tante difficoltà, proprio per questa suo essere viscerale che le ha fatto vivere situazioni di gioia, ma anche delusioni incredibili.
Continuerò a volerle bene, resta una tra le più brave, uno straordinario talento artistico.

Pippo Augliera per Chez Mimì

venerdì 5 novembre 2010

Paola Turci e Mia Martini: compagne di viaggio in giro per il mondo



Intervista a Paola Turci e il suo ricordo di Mia Martini

Paola, come ricordi Mimì?
Beh, io vorrei partire dal momento in cui dopo la morte di Mimì, era già passato del tempo, ero a casa e stavo mettendo a posto le fotografie e ne è venuta a mancare una mia e sua molto bella, in cui ci abbracciavamo ed eravamo sì in posa, ma era molto dolce e, praticamente, quell'immagine ha fermato un momento molto bello, momento che abbiamo vissuto Mimì, Dori Ghezzi ed io, passando in giro per il mondo, un po' sugli aerei e un po' da un posto all'altro: dal Brasile al Giappone, all'America, a New York, insomma è stato un giro duato quindici giorni...

Nel....
Nel 1989, è stato un viaggio di “Sanremo in the world”, una sera siamo andate a cena: Mimì, Dori, ed io praticamente abbiamo bevuto un po’, sinceramente io più di loro, mi sono un po’ ubriacata e…ci siamo divertite tantissimo, ed è stato molto dolce. C’è da dire, prima di questo, che quello era l’anno del ritorno di Mimì. Maurizio Fabrizio , infatti, che ne è l’autore, me lo aveva spedito, probabilmente per farmelo conoscere o incidere, e avevo ascoltato un pezzo bellissimo: si sentiva, si capiva che quella era una bella canzone, però non era adatta a me, aveva bisogno di una voce veramente potente e di una cantante molto più melodica di me. Io, a volte, sono un po’ troppo poco melodica e poi, per me, quello era il periodo della chitarra, delle ballate, perciò non ho sentito molto mio questo pezzo. Poi, sono andata a Sanremo e, tra l’altro, c’è da dire che quello era per me il Sanremo di “Bambini” e per lei era il Sanremo di “Almeno tu nell’universo”...

L’incontro quindi è stato…
L’incontro è stato all’Ariston e ricordo quel pomeriggio, alle prove, ero con Valentina Romano, una ragazza che lavora con me, ed eravamo entrambe incuriosite: lei era l’ex fidanzata di Maurizio Fabrizio, io perché avevo questa storia fra Mimì che mi era sempre piaciuta molto e questa canzone e…ci siamo messe a piangere tutte e due lì, al teatro Ariston. Mimì, almeno con me, che poi ero una ragazzina e cominciavo solo allora, era un po’ così: dolce ma distante. Poi, invece, si è assolutamente aperta quando siamo partite, quando siamo andate in giro, ed è stato molto bello’.

Dunque la seguivi anche prima…
Mi piaceva molto, anche prima: ho in mente dei racconti di Shel Shapiro, quando eravamo in studio, che faceva dei raffronti con le altre cantanti e diceva che sì, per quanto alcune fossero tecnicamente altrettanto meravigliose, dal lato strettamente interpretativo, però, Mimì…ti faceva venire i brividi, ti faceva proprio piangere! Successivamente, dopo quella esperienza lì, non c’è stata occasione, se non una, non troppo piacevole, purtroppo. Sai, io sono una persona molto sensibile, e registro delle piccole cose che mi hanno fatto male, magari anche un solo sguardo, ma non porto rancore. Era il 1990, quindi l’anno dopo, io partecipavo al “Cantagiro” e ci fu una serata, quella del 15 agosto, alla quale non presi parte, ero prima in classifica, c’era una situazione molto particolare, ed anche Mimì era in gara, Purtroppo, come dicevo, non andai a quella serata e, quando tornai, la settimana successiva, lei era molto arrabbiata, non mi salutò, insomma fu molto dura. Però, lei era fatta così, aveva delle reazioni un po’ sanguigne…

Quindi dal ’90 vi siete un po’ allontanate....
Sì, comunque non eravamo proprio amiche. Io per esempio, non ho mai avuto il suo numero di telefono. Tuttavia ho sempre amato Mimì e mi ricorderò per sempre che, durante quel viaggio, ovunque fossimo, una volta a Tokyo, una volta a San Paolo del Brasile, a New York, a Toronto, ogni volta che Mimì cantava quella canzone…mi apriva il proprio cuore…

Silvia Tabanelli per Chez Mimì


Il video di "Almeno tu nell'universo"
http://www.youtube.com/watch?v=mb6Zp-bSHuE

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giovedì 4 novembre 2010

Mia Martini a Venezia sarà la diva dell’anno

L’ottava edizione della Mostra internazionale della musica leggera di Venezia ci ha regalato una nuova stella. Si chiama Mia Martini, dichiara 25 anni. Non è paragonabile ad alcuna voce già nota: non è la Vanoni, neanche un po’ Patty Pravo; non ha nulla da spartire con Mina o Milva. Canta caricandosi sillaba dopo sillaba, per sparare fuori la voce.
E’ venuta a Venezia dopo aver vinto il Festivalbar con Piccolo uomo; più di duecentomila dischi venduti, e di questi tempi è un’enormità. Ha interpretato Donna sola, un motivo di Bruno Lauzi che le ha reso ancor più giustizia del precedente successo. Le parole non sono un gran che, e neppure l’estemporaneo Dio, se fossi un albero riscatta il rimuginare della protagonista abbandonata. Ma vien fuori lo scatto del purosangue. Mia Martini prende quel “sola”, e lo ripete cinque, dieci volte. Mulinando le braccia, attingendo a chi sa quali energie nascoste, coprendo le pause con gemiti e mugolii gutturali, lo trasforma in cinque, dieci diverse solitudini. Il corpo esile e teso, già confuso nella camicetta zingara e la lunga gonna di velluto, non resta nella retina dello spettatore, che non si distrae neppure nel balenio degli anelli che sono forse dieci per mano. Invade tutto la voce. Ci sono due momenti capitali nella vita della nuova stella. Una la vede ancora Mimì (ovvero Domenica) Bertè, che è il suo vero nome, entrare ammanettata tra alcuni carabinieri nella stazione di Tempio Pausania. “Mi trasferivano al carcere di Cagliari – ricorda - . E passammo tra due ali di folla che non sapeva chi ero, eppure mi tirava sassi come se fossi un’assassina; e mi insultava ferocemente; e ancora sentivo le grida quando già ero nello scompartimento”. Era la fine dell’estate 1969. Ieri sera Mia Martini è passata di nuovo tra due ali di folla, con tre o quattro carabinieri che le facevano largo. Ma la gente sapeva chi era, sporgeva bimbi tenuti alzati fino a tardi per lei, e le chiedeva autografi; e un sorriso; e battevano le mani. “Tra Mimì Bertè e Mia Martini non c’è nessuna differenza – dice la cantante -. Io sono sempre la stessa, è solo venuto il momento della fortuna”. E’ un tipo dolce, si intuisce un po’ sprovveduto, almeno sentimentalmente, ma che darà del filo da torcere al pubblico spietato dei settimanali scandalistici. Quando passa un guaio; lo ammette. Ricorda l’arresto nel night-club “Petros”, il locale più alla moda della Costa Smeralda. “C’ero da turista, con un’amica che mi aveva invitato per Ferragosto. Non avevo lavoro, ero stanca e, prima di partire una sera, fumai una sigaretta di hashish. Come bere una bottiglia di liquore per dimenticare. Misi la cicca nella borsetta: grammi 0,35 di hashish che mi sono costati quattro mesi di carcere e una condanna”. Nella biografia di Mia Martini ci sono foto dove, sull’attenti in grembiulino nero da scuola, a sei anni, impugna un microfono e canta una ninna-nanna. Poi la vediamo quattordicenne cullare una coppa, sedicenne cantare in un dancing: patata coi capelli sciolti sulle spalle. Sequestrata da un discografico di buon fiuto, fu poi tenuta a "bagnomaria”, perché aveva una voce troppo strana per un pubblico che da Nilla Pizzi era passato a Gigliola Cinquetti. Qualcuno credette di risolvere il problema facendole cantare canzoni strane; assurdità tipo: Ho il magone, che non vuol dire un grosso mago. Forse la si potrebbe definire un hippie antemarcia. E’ un fatto che il suo primo successo Mia Martini l’ha ottenuto al Festival “d’avanguardia e nuove tendenze” di Viareggio con la canzone Padre davvero, che il padre della ragazza, separato dalla famiglia, prese come un affronto personale. Comunque Mia Martini non può essere giudicata hippie, che poi sarebbe anche fuori moda. E’ solo una ragazza d’oggi e la piccola stella che ha come tatuata sul naso le sta bene. Di Emio Dosaggio – Venezia, 1972


Mia Martini canta "Donna sola" 1972: http://www.youtube.com/watch?v=5fLMzvOMwI0 Post correlati Mia Martini lascia la musica rock http://questimieipensieri.blogspot.com/2010/11/mia-martini-lascia-la-musica-rock.html Mia Martini: La cantante senza maschera http://questimieipensieri.blogspot.com/2010/11/la-cantante-senza-maschera_04.html

Mia Martini: La cantante senza maschera

Mia Martini non cerca la popolarità, non punta su Sanremo, detesta tutto quanto è artificioso. Per lei conta soltanto il grande pubblico dei giovani al quale ha dedicato il suo più recente successo, “Piccolo uomo”, che si è piazzato nelle classifiche dei dischi più venduti.

Fino a cinque anni fa si chiamava Mimì Bertè, portava i capelli a bambola, ben pettinati, che incorniciavano un viso pallido appena toccato dal trucco. Adesso si fa chiamare Mia Martini e la riconosci a fatica: si veste in modo quasi monacale, si pettina quando vuole e canta pochissimi pezzi, quasi tutti scritti da lei. La Mimì di ieri puntava sul pubblico che segue i festival, la Mia di oggi (che ai festival non ci va se non sono pop) cerca soprattutto il contatto dei giovani. E c'è riuscita in pieno. Se oggi si parla di Mia Martini, 25 anni, nata a Bagnara Calabra, residente a Roma, nubile, è perché, trasformata, è diventata la cantante preferita dai giovani, quasi fosse un Lucio Battisti in gonnella. E al pari di Battisti se ne infischia di una certa vernice mondana che fa da contorno a ogni cantante tradizionale.
 Mia ha partecipato recentemente al secondo festival d'avanguardia di Roma, cioè a quella manifestazione che l'anno scorso l'aveva clamorosamente rilanciata con la canzone «Padre davvero». Nella prima edizione del festival si erano fatti conoscere assieme alla Martini i Delirium e gli Osanna. Questo per capire quale importanza hanno ormai per i giovani, che sono i principali clienti del disco, le manifestazioni pop ignorate dalla televisione e nate in contrasto con i soliti concorsi canori. Al festival d'avanguardia Mia Martini ha presentato “Karma 2426”, un pezzo dove racconta la storia della reincarnazione di una persona vissuta duemila volte, che chiede a Dio di morire. di arrivare finalmente a Lui.
 Ma la popolarità Mia la sta ottenendo con “Piccolo uomo”, un motivo in gara al Festivalbar, entrato nelle classifiche delle canzoni più vendute. Sull'onda di questo successo Mia Martini parteciperà a «Senza rete», la trasmissione televisiva presentata da Renato Rascel, dove rappresenterà la voce dei giovani e dove sarà presentata come l'erede di Patty Pravo, una volta idolo del Piper oggi passata a un genere più sofisticato.

« Questa faccenda di Patty Pravo - dice la Martini - da un certo punto di vista mi secca anche se ha un fondo di verità: Patty è stata la cantante di una generazione e io ne ho raccolto l'eredità, nel senso che credo di rispondere ai desideri dei giovani d'oggi. »

 Mia Martini vive a Roma coi genitori ma sta cercando casa:
« Un appartamentino per me e per il mio cane: sento il bisogno di stare sola ».

Tuttavia sola completamente non è:
« Ho un ragazzo che non voglio definire fidanzato, un ragazzo e basta, fuori dal mio giro di lavoro. Fatti miei ».

Su questo punto non transige. tanto più che inorridisce a sentir parlare di matrimonio. E' del tutto diversa da Mimì Bertè, non soltanto come cantante.
«Cinque anni fa - dice - mi guardai nello specchio e mi chiesi: "A che serve tutto questo?". Così, di punto in bianco, mi levai la maschera e volli essere me stessa. Per quattro anni sono rimasta nell'ombra a cantare jazz, poi il festival d'avanguardia m' ha portato alla ribalta. Non me l'aspettavo proprio. »

I suoi progetti?
 « Non ne ho, almeno di precisi: lavorare, conoscere la gente, il mondo, fare canzoni che riflettono le impressioni che ricevo da queste conoscenze. Il tutto senza una meta precisa: i programmi non servono, le mie iniziative non sono mai andate in porto, quindi meglio non averne. Comunque - riprende sorridendo - niente festival come Sanremo: odio i grandi artifici, mi piacciono le cose spontanee, non sarei capace di scrivere freddamente, a tavolino, una canzone da festival, cioè abbastanza furba da vincere una gara. Né sarei capace di cantarla perché riesco solo a interpretare i pezzi in cui credo. Quante volte vediamo certi divi che cantano storie tristissime con gli occhi ridenti? Evidentemente non sanno neppure quel che stanno dicendo. Preferisco continuare così - conclude, -riuscire sempre a dire quel che mi pare, cantare senza vincoli, incontrare i giovani nelle serate, e avere la loro amicizia. Nient'altro: altrimenti sarei rimasta Mimì Berté »

Servizio di Gigi Speroni - 1972

Il video a colori di "Piccolo uomo" del 1972
http://www.youtube.com/watch?v=W1JtkIWQ8p8

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martedì 2 novembre 2010

I Momenti sì i momenti no di Mia Martini


Milano, febbraio 1974
Cambierà genere di canzoni e farà del teatro leggero; ecco la nuova Mia Martini che ha deciso di trasformare completamente il suo personaggio. Tutto però è legato allo spettacolo col quale debutterà sulle scene a fianco di Lucio Dalla, e al suo quarto LP la cui uscita è ormai prossima, Mia, insomma, vuole rinnovarsi, anche se probabilmente la vedremo ancora ves-ita dei suoi preziosi stracci, con le sue catene, i ciondolini, le spille della nonna, le collane di cristalli colorati.

A proposito del 33 giri, Mia dichiara
:
«Sarà completamente diverso dai precedenti che ho inciso; molto ritmo, molto divertimento, Canterò tra l'altro una canzone greca e una di protesta: "Ruba", scritta da Antonello Venditti. E in ogni mia canzone ci sarà un sottofondo più o meno accentuato di musica brasiliana».

Per quanto riguarda il Festival di Sanremo, Mia non ha alcuna intenzione di parteciparvi, «Non l'ho fatto finora», dice, «e non vedo perché dovrei farlo adesso, io credo in due sole manifestazioni canore: il Festivalbar e la Gondola d'oro di Venezia. E poi devo cominciare a prepararmi per lo spettacolo teatrale con Lucio Dalla. Come attrice non avrò un ruolo troppo difficile, perché io sono completamente digiuna di teatro e preferisco procedere per gradi. Diciamo che questo spettacolo sarà per me una specie di tirocinio, di prova generale al termine della quale il pubblico deciderà se la mia strada è quella o se fuori dal mondo della canzone non valgo proprio nulla»

È difficile spiegare come mai Mia abbia deciso di fare del teatro. Ma è facile capire, invece, parlando con lei, che non è l’ambizione a spingerla, nè il desiderio di imitare le varie Vanoni, Milva, Zanicchi o addirittura sua sorella Loredana Berté, ormai affermata sulle scene. Piuttosto è un bisogno prepotente di trovare nuovi mezzi di espressione. La sua sensibilità e la sua ricchezza spirituale si notano chiaramente nel modo con cui ci parla del suoi momenti si e momenti no.

QUANDO SONO TRISTE
Mi accade raramente di essere veramente triste, mentre sono quasi sempre malinconica: è nel mio carattere; anzi la malinconia è la mia linfa vitale. Così capita per il contrario: difficilmente sono veramente felice, ma, allegra si, sempre pronta a vivere i momenti più belli della vita.

QUANDO MI SVEGLIO
E’ un dramma l’idea di alzarmi. No, è una tragedia. insomma è una cosa bruttissima che cerco di rimandare con le scuse più puerili che mi vengono in testa, magari dicendo che non ce la faccio, perché ho una gamba rotta o la febbre a quaranta. Quando invece vado a dormire, ho due stati d’animo diversi: o sogno il letto da ore, e allora mi addormento subito profondamente: o non ho sonno, e allora faccio le cose più impensate per tirar mattina.

QUANDO LAVORO
Lavoro. e basta, guai a chi mi disturba. Sul lavoro mi considero una tedesca: metodica, intransigente, non penso ad altro perché escludo dalla mia mente ogni altra cosa.

QUANDO LITIGO
E’ molto difficile che mi capiti di litigare e comunque mai sul lavoro. Al più qualche battibecco, perché il mio carattere calmo, non permaloso, mi impedisce di avere reazioni spropositate. Ma è anche vero che qualche volta sbotto in questo caso, però, si può star sicuri che mi hanno rotto le scatole almeno per un anno di seguito.

QUANDO SBAGLIO
Mi capita spesso purtroppo. Ma non me la prendo perché considero l’errore un'esperienza utile in ogni caso. E poi i casi son due: o sbaglio d’impulso, perché prendo decisioni avventate che poi mi seccano terribilmente; o sbaglio dopo aver riflettuto a lungo e considerato tutti i lati di un problema, e allora mi dico che ho fatto il possibile, pazienza...

QUANDO MI FANNO UN COMPLIMENTO
Non mi piacciono, i complimenti. Non mi piacciono perché temo nascano dall'adulazione; oppure perché sono talmente ovvi e allora mi lasciano insensibile, se non addirittura avvilita e irritata.

QUANDO PASSEGGIO TUTTA SOLA
Ora non capita più come una volta. Da piccina, invece, passavo intere giornate da sola sulla spiaggia o in campagna, a correr dietro alle lucertole. No, temo di non aver più la possibilità di fare una cosa così semplice, come passeggiare da sola. E’ una cosa che rimpiango e mi mette addosso una dolce nostalgia.
QUANDO SORRIDO
Sorrido spesso, rido poco. Sorrido quando il pubblico mi apprezza, perché mi sente vicina e io lo sento vicino. Rido al cinema o quando ascolto una barzelletta molto divertente. Ogni tanto, ma poche volte davvero, piango anche. E’ uno sfogo che non ho mai per un motivo preciso, per quanto doloroso sia: piango per tante cose insieme, per la stanchezza unita ad un malumore improvviso e a un pò di nervosismo, ad esempio.

QUANDO MI PRESENTANO DEGLI SCONOSCIUTI
Solitamente provo molto piacere, anche se resto sulle mie e per questo rischio di passare per una che si dà un sacco di arie, una ragazza che si è “montata” per il successo.

QUANDO RIMANGO SOLA CON ME STESSA
E’ la cosa più bella che mi possa capitare durante la giornata perché ho assoluto bisogno di isolarmi nel mio mondo
lasciar galoppare i pensieri a briglia sciolta, rincorrere sogni. fantasie, emozioni. Vivo un’altra vita, insomma, evadendo da un mondo reale che: in un modo o nell’altro, cerca sempre di strumentalizzarmi.

Bruno Donati per Teletutto