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venerdì 26 novembre 2010

Mia Martini lascia la musica rock

Mia Martini, fino a pochi mesi fa unica cantante-rock italiana, è adesso stufa della cosiddetta musica d’avanguardia, stanca di quello stesso genere di cui è stata fanatica e bravissima interprete assieme al complesso “La Macchina”. Prima della recentissima ascesa della Premiata Forneria Marconi, Mia Martini e La Macchina avevano dominato l’estate rock del ’71 nel corso delle numerose serate nei locali pop italiani il pubblico giovane di preferirli nettamente ai New Trolls, alle Orme, alla Nuova Idea e agli Osanna.

Tutto quindi consigliava di continuare sulla strada del rock. Invece, ecco l’improvviso cambiamento. Perché? Evidentemente c’è stata una profonda crisi artistica, paragonabile, per importanza, a una conversione religiosa. Ma perché? Quali motivi l’hanno provocata? Giriamo la domanda all’interessata, che si è rifatta viva sul mercato discografico con una bella canzone: “Piccolo uomo”.

 “Non è stato un cambiamento improvviso. Non è che un bel giorno mi sono svegliata e abbia deciso: basta con il rock e con la musica che fa troppo rumore”, dice sorridendo Mia che fuma come una… turca! “Comunque, è stato fondamentale il mio incontro con l’organista e leader dei Trip. Praticamente devo ringraziare lui se ho potuto prendere contatto con un nuovo mondo musicale più suggestivo di quello che credevo di amare”.

 Vuoi essere più precisa, per favore? Chi è questo organista? Quale tipo di musica hai scoperto grazie a lui?”.

“Parlo di Joe Vescovi, è stato il mio ragazzo, pensavo che tu lo conoscessi. Vivevo con lui ed ero molto felice. Io e Joe stavamo molte ore a casa e naturalmente ascoltavamo tanta musica: tutti i complessi stranieri che vanno per la maggiore: Emerson, Lake.& Palmer, Pink Floyd, Grand Funk. Ero costretta anche a sentire dischi di musica classica e sinfonica : a Joe piaceva molto mentre io mi annoiavo tremendamente. Così, dopo qualche minuto, Joe per accontentarmi rimetteva quei dischi che fanno tanto casino, un rumore infernale, lo stesso che facevo io durante le serate. Poi, a poco a poco, senza nemmeno accorgermene, si è verificato il miracolo: i complessi stranieri non li reggevo più, mi veniva quasi la nausea”.

Anche con Emerson, Lake & Palmer?
“Sì, anche con loro. Cominciavo a preferire la musica classica e la preferisco ancora oggi, anche perché mi ha avvicinata a un altro tipo di musica e di interpreti”.

Appunto, sarei curioso di sapere quali sono i tuoi idoli “leggeri” di oggi, visto che ormai hai rinnegato quelli di ieri.

“Non li ho rinnegati, solo che adesso mi fanno venire il mal di testa, te l’ho detto, non li reggo più. I miei idoli? James Taylor, Carol King, Cat Stevens, Neil Diamone e a breve intervallo Elton John, Don McLean E Rod Stewart quando fa il solista, cioè staccato dai Faces. E’ strano ma è così: la musica classica mi ha allontanata dal rock elettronico facendomi scoprire la musica di questi famosi cantautori, una musica più delicata, che fa venire la pelle d’oca, che arriva al cuore”.

La tua nuova sensibilità musicale ha forse a che fare con il cambio della casa discografica (dalla RCA alla Ricordi)?

 “No, non c’entra. Con i miei ex-dirigenti ci sono state divergenze non propriamente artistiche. Però è meglio non parlarne, adesso siamo in causa: giudici e avvocati sistemeranno tutto”.
Allora torniamo al rock assordante…

“Dopo il drammatico incidente stradale di qualche mese fa in cui hanno perso la vita due elementi della Macchina, il complesso si è sciolto, e da quel giorno ho dato ufficialmente addio al rock. A questo punto, però, voglio precisare una cosa: con la Macchina facevamo del rock vero, lo sentivamo, eravamo sinceri, spontanei, non scopiazzavamo qua e la dai complessi stranieri come invece molti gruppi nostrani. Questo accadeva durante le serate. Nei dischi era diverso. Per esempio, l’album “Oltre la collina” è il mio primo tentativo di accostarmi al genere folk e a quella che io chiamo “canzone-attualità”, cioè con testi che trattano problemi reali, oppure temi immortali come la libertà, l’amore”.

Insomma come Joan Baez, Carole King.
 “No, la Joan Baez no, fa troppo politica, si occupa di argomenti troppo particolari e legati quasi esclusivamente al suo Paese. Io invece vorrei cantare l’amore, la tristezza, la solitudine, la libertà, la gioia di vivere, insomma vorrei cantare l’uomo e tutti i suoi stati d’animo”.

 Vocalmente (è anche l’opinione di parecchi critici) hai le carte in regola per interpretare le tue canzoni alla maniera e con la stessa efficacia di James Taylor e compagni. Però quei mostri sono anche cantautori e tu no. E’ un grosso handicap, perché in Italia è quasi impossibile trovare compositori bravi come Taylor.

 “E’ difficile scovarli, ma ce ne sono. A Milano ho conosciuto , parecchi giovani che come me amano le chitarre acustiche al posto di quelle elettroniche e che hanno tanta voglia di chiudersi in una cantina per mesi e mesi, lavorare in gruppo, scrivere canzoni, fare gli arrangiamenti, e tutto ciò disinteressatamente, solo perché amano la musica”.

 Vuoi farmi qualche nome?.

 “Per esempio i fratelli Michelangelo e Carmelo La Bionda: sono bravissimi, hanno entusiasmo e idee da vendere”.

 Poi anche i fratelli La Bionda diventeranno famosi e addio entusiasmo e anche voglia di lavorare.

 “Vorrà dire che scoprirò altri… fratelli. Oggi per fortuna non è più come una volta. Ci sono migliaia di giovanissimi che studiano musica, composizione e suonano diversi strumenti, quindi è più facile trovare gente nuova. Il difficile è convincere gli industriali discografici a concedere la loro fiducia agli sconosciuti. L’Italia, purtroppo, è ancora il Paese dove si diventa generali a settant’anni. I dirigenti discografici, poi, vanno sempre sul sicuro, o meglio credono di andare, e si affidano ai soliti nomi”.

 Mia, un’ultima domanda e poi ti lascio, perché di logorrea come sei mi terresti qui ancora per parecchie ore. Secondo te, i giovani preferiscono i complessi d’avanguardia che suonano il rock “da mal di testa”, tanto per usare una tua espressione, oppure i tuoi idoli, cioè cantanti come James Taylor?

 “Credo che negli Stati Uniti e in Inghilterra ci sia posto per gli uni e per gli altri, anche se i cantautori di stampo moderno, alla Taylor, hanno attualmente un successo maggiore dei complessi. In Italia i complessi stanno ritornando al boom di qualche anno fa, ma si stanno facendo largo anche la musica popolare e le canzoni-attualità, al posto delle canzoncine frivole e troppo disimpegnate. In ogni caso, complessi o cantanti che siano, ai giovani oggi interessano due cose: la sincerità dell’interprete e l’originalità del prodotto. Vorrei esprimere ancora una mia idea e poi basta, te lo giuro. Mi sembra che anche la musica (che ho definito assordante per rendere meglio l’idea) dei complessi stranieri tenda a trasformarsi. Esasperando il concetto direi che il settore leggero è sempre più influenzato dalla musica classica eseguita, però con strumenti elettronici: cioè la cosiddetta opera-rock”.

 Carlo Tamburello per Ciao 2001 Roma, giugno 1972

Mia Martini canta "Piccolo uomo" a "Senza rete" 1972:

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