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lunedì 16 settembre 2013

Trionfo per Mia Martini in concerto : Mimì degli eccessi in guerra con i suoi sentimenti di Marinella Venegoni


 
La saga di una donna tormentata da
Minuetto e Piccolo uomo fino a Lacrime. Calore umano totale sincerità senza rete.

Non è certo la pazienza che manca a Mia Martini. Paragonata a quella di altri interpreti di ben minore levatura, la sua carriera artistica è stata una specie di martirio lento, un saliscendi vertiginoso punteggiato di successi forti e silenzi lunghi, ripensamenti personali e stupide maldicenze. E ogni volta, per 22 anni si è dovuta tirare su le maniche e quasi ricominciare. Per fortuna, non le manca neanche l’ironia. Ed eccola, a 45 anni e con la vittoria morale di Sanremo in tasca, debuttare con uno show maiuscolo, intitolato Per aspera ad astra, più aspera ed astra di così non sarebbe umanamente possibile.

Il primo concerto del tour, l’altra sera al Palazzo dei Congressi  di Bologna, ha rivelato un allestimento finalmente degno del personaggio. Pepi Morgia (che sta preparando il tour mondiale di Elton John) le ha costruito una regia essenziale, con pochi ed elegantissimi grandi fasci di luce bianca, un leggio, una sedia dove far talvolta quietare il sentimento del canto. Alle spalle, come un sole, la grande cipolla affettata simbolo dell’ultimo album “Lacrime”. Perché di lacrime gronda non solo l’lp, qui appena accennato, ma tutto il recital che ripercorre i successi di questa faticosa carriera: quello della matura ragazza di Bagnara Calabra è un mondo esagerato ma vivo, palpitante, credibile, e ha trovato sulla su strada gli arrangiamenti di Mark Harris, eccellente tastierista americano collaboratore di De Andrè e Gaber, che ha costruito atmosfere blues, jazz e di etno musica.

La sofisticatezza di Harris placa bene gli eccessi di Mimì, vestita Armani. Smoking nero nella prima parte, smoking bianco nella seconda, corta zazzera nera. Calore umano totale, sincerità senza rete. In sala, urli e invocazioni partecipi di un pubblico misto, ragazzi, coppie eleganti e pittoreschi travestiti, gente che vive i sentimenti in modo maiuscolo, proprio come li canta lei che però sempre si concede una via di fuga con una risata amara. Stazioni di un rosario sull’universale cattiveria maschile, le canzoni cominciano con la sanremese Gli uomini non cambiano e subito si proiettano all’indietro con Padre davvero qui in un lamento blues. Mia chiede: ‘Ma sei sicuro che sia tua figlia?’, fra interrogativi devastanti a catena, un po’ confusa appare Piccolo uomo, grande successo 1972. A volte è rovinosa l’ansia di trasformare un brano troppo sentito. Un delicato tocco di cembalo elettronico ripropone Minuetto (‘Vieni sempre a casa mia/ quando vuoi/ sono sempre fatti tuoi) e Inno è un incontro elegante di basso, batteria e canto. Mia sostiene di esser senza voce, ma bisogna vedere con che classe domina le raucherie e le trasforma in sussurri dolenti.



C’è anche una piccola parentesi calabrese, con due tenere canzoni in dialetto, quasi a riposare questa guerra dei sentimenti senza risparmio. ‘Riderò per distrarti, giocherò per calmarti’ canta Mia in Per amarti. Che fatica essere donne, in quel modo lì. Mia affronta anche un discorso personale: l’incontro artistico con Ivano Fossati per l’lp Danza, diventato una lunga storia d’amore, racconta la decisione di smettere di cantare, canta Vecchio sole di pietra e spiega: ‘il pezzo dell’addio, fra me e Fossati era chiaro che sarebbe durata pochissimo. Il risultato è una contiana Spaccami il cuore che sigla la saga di una donna tormentata.

Nella seconda parte del recital, s’insinuano Enzo Gragnaniello e la sua napoletanità: fioriscono classici come Luna rossa o la nuova Scenne l’argiento, ma l’incontro fra due personalità tanto prepotenti finisce per mortificare entrambi. Mia ritorna su Fossati per La costruzione di un amore, una versione da togliere il fiato. Gran finale, naturalmente, su Lacrime: ‘Vorrei bere il detersivo’, canta lei inesausta. Poi sorride come se niente fosse. Trionfo.

Marinella Venegoni per La Stampa 1992

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