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venerdì 17 dicembre 2010

Rossana Casale. La mia collaborazione artistica e amicizia con Mia Martini





Incontriamo Rossana Casale a Messina, prima delle prove di un concerto, dedicato alla grande Billie Holiday. E diventa lo spunto di una piacevole chiacchierata con al centro dell’argomentazione il suo rapporto professionale e amichevole con Mia Martini.
Tu hai collaborato con Mia Martini, come corista in alcuni suoi dischi, nella seconda metà degli anni ’70…
°Avevo 17 anni e lavoravo per il Clan di Adriano Celentano. Ho saputo da Maurizio Fabrizio che Mia Martini stava cercando delle coriste, sono stata quindi presentata da lui, che già scriveva e arrangiava per Mimì. Ho avuto modo di conoscere Aida e insieme abbiamo cominciato la nostra attività, siamo diventate amiche-sorelle e mi ha anche ospitato a casa sua. Da quel momento ho scoperto la vita, perché io venivo dal Conservatorio, ero, come si dice, una ‘pischelletta’.
Lavorare con Mia Martini come corista mi ha insegnato, io tantissimo, grazie a questa esperienza ho potuto fare tanto lavoro sull’interpretazione. A volte, sia io che Aida, eravamo talmente attente ad ascoltarla che ci dimenticavamo tutte e due di entrare localmente in maniera tempestiva. Come professionista, se devo parlare in verità, era una donna molto dura, tostissima, pur sapendo ridere, scherzare ed essere anche generosa. Non era facile lavorare con lei, forse stava già in un’altra dimensione, spesso si scontrava con noi che eravamo delle ragazzette pronte a far casino e a rompere le scatole, praticamente ingestibili. Come donna sicuramente soffriva, era un periodo particolare per lei, veniva fuori da un momento molto bello che stava lentamente scemando. Cominciava a subire dei torti da parte dell’ambiente, ci si rendeva conto tutte le volte che entravamo in degli studi televisivi e c’erano persone che facevano gli scongiuri o cose del genere, spesso dovevamo difenderla e ne pagavamo le conseguenze. La sua reazione di fronte a questa situazione era di grande rabbia, probabilmente dovuta anche all’infanzia che aveva vissuto, alla situazione familiare, aveva conosciuto persino la galera. La sua difesa dalla vita era questo suo camminare con i piedi duri per terra.
Forse era molto realista in maniera amplificata…
°Era una donna realista che a volte si difendeva anche quando non c’era bisogno. E questi suoi atteggiamenti lei li trasformava in una grinta d’interpretazione che nessun altro ha avuto in Italia. C’è un nesso, una condizione tra il suo carattere e il suo modo di interpretare, lei era dentro, tagliava e attraversava la vita.
Hai qualche aneddoto da raccontare?
°Ricordo un episodio buffo, eravamo sulla neve, c’era anche Aida con noi. Mimì è scivolata ed io le sono caduta addosso nel tentativo di aiutarla, ci siamo messe a ridere.
Ho dei ricordi molto belli, ma ad un certo punto tutto questo si è spezzato, perché lei è cambiata nei miei confronti, forse qualcuno, come accade spesso nel nostro ambiente, deve avere riferito qualcosa che io avrei detto o fatto.
Ho sentito questo astio anche quando ho avuto l’occasione di poterla incontrare: A Sanremo ’89, quando lei ha interpretato splendidamente “Almeno tu nell’universo”, io e mia sorella, che lei conosceva fin da piccola, le abbiamo lasciato in albergo un biglietto pieno di stima e di affetto, non c’è stata alcuna risposta. E’ stata molto dura con me, ho letto anni fa un articolo in cui lei diceva che avrei dovuto continuare a fare la corista, e sono rimasta profondamente ferita da questa sua affermazione Non ho mai parlato male di lei, sono stata tra le persone che l’hanno sempre difesa. Mi rammarico che non ci sia stato il tempo per chiarire questo malinteso e, quando ho saputo della sua morte, ho alzato commossa gli occhi al cielo, ho rivolto una preghiera e le ho detto: adesso saprai la verità su di me e magari finalmente un po’ di amore me lo rimandi, per cui oggi sono in pace.
Nel tuo album “Strani frutti” e nella tournèe dedicata alle ‘artiste maledette’, hai scelto due brani del repertorio di Mimì, secondo quale criterio?
°Sono i brani con cui apro e chiudo il disco: “Volesse il cielo” era per me la canzone magica dei suoi concerti, quando lei la interpretava era un momento incredibile, magico, emozionante. Era come se cantasse l’amore nel mondo ed esprimesse il suo dolore, nei versi ‘sarebbe bello essere se stessi e poter camminare liberi, senza avere sguardi addosso’. Un testo dalla forte valenza autobiografica, perché parla di lei, molto intensamente. Ho scelto “Notturno” perché è dedicata a una persona che non c’è più, per cui ho voluto creare un ‘contatto’ con lei, bellissima questa canzone, scritta da un grande autore che io e lei abbiamo in comune, Maurizio Fabrizio, che ha composto dei brani meravigliosi anche per Renato Zero e Ornella Vanoni.

Intervista di Pippo Augliera per Chez Mimì apparsa sulla fanzine n° 32



Il video di "Notturno"
http://www.youtube.com/watch?v=ZuOsM4VQ9X8

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