C.M. Questa collaborazione con Mia Martini, come è nata?
G.P. Sono stato chiamato da Mark Harris, quando il progetto era già pronto. Reduce dal successo riportato nella tournèe Le nuvole con Fabrizio De Andrè, ho accettato subito.
C.M. Il rapporto artistico tra te e Mimì.
G.P. Con lei si è creato un buon feeling, a tal punto che nei concerti estivi (nella tournèe Lacrime , n.d.r.) abbiamo improvvisato: io suonavo la zampogna, lei si inseriva con una tarantella tratta dal Folk calabrese e riuscivamo a coinvolgere il pubblico presente.
C.M. Hai qualche aneddoto da raccontare su questo tour?
G.P. Mah, Mimì era molto esigente nei confronti dei musicisti, soprattutto quando questi non la convincevano, per cui spesso si creavano delle tensioni. Aggiungi a tutto questo anche il nervosismo e lo stress accumulati strada facendo. L’ultimo concerto l’abbiamo tenuto allo Sporting di Montecarlo, anticipando la chiusura della tournèe, in quanto Mimì ha avuto problemi sia di salute sia con l’Agenzia Cose di Musica.
C.M. Sul palco come si superavano queste tensioni?
G.P. Non si superavano. Di solito, i cantanti arrivano mezz’ora prima del concerto per cui non c’era molto tempo per stare insieme.
C.M. Gli arrangiamenti di Per aspera ad astra, realizzati da Mark Harris, sono stati in parte successivamente modificati da Marco Falagiani.
G.P. Mark Harris inizialmente doveva fare di più; non essendoci stata un’intesa con l’artista, il suo ruolo è stato molto ridotto all’interno dello spettacolo. Difatti, siamo andati a provare a Firenze con le nuove partiture di Falagiani. Mimì nella sua carriera ha avuto raramente periodi di affiatamento con i suoi collaboratori, anche perché più un’artista è conosciuta, più diventa esigente. Nella tournèe successiva a quella di Lacrime, infatti, si è creato un ottimo feeling tra lei e il maestro Gilberto Martellieri, molto umano e comprensivo.
C.M. Sul palco c’era spazio per l’improvvisazione?
G.P. Solitamente si tende a rifare ciò che c’è sul disco il meglio possibile, cercando di dare l’aspetto della musica dal vivo. Con Mia Martini c’erano momenti in cui si improvvisava e ci lasciava più liberi nei suoni; in ogni caso, si parte dal repertorio già esistente o dalle esperienze fatte in tournèe con altri gruppi.
C.M. Le tue impressioni sull’artista Mia Martini nelle sua dimensione live.
G.P. Lei ha grande professionismo e presenza sul palco, è un personaggio di altissimo livello, non mi ricordo che abbia stonato o sbagliato qualche volta. Una stabilità artistica notevole, con questa sua capacità di cambiare in ogni suo brano i dettagli dell’interpretazione. Un’artista del suo livello, però, dovrebbe essere considerata come una Edith Piaf e un mito della musica italiana, senza essere costretta a frequentare continuamente i festival di Sanremo per confermare la sua bravura.
C.M. Mimì aveva qualche difficoltà a realizzare i suoi progetti.
G.P. E’ un problema legato al provincialismo esistente nell’ambiente discografico per cui si sottovalutano quelli che sono i veri artisti e si da spazio a quelli che non hanno spessore. Mimì doveva essere al di sopra di questa logica discografica, purtroppo in questo mondo il livello culturale è basso e si manda avanti gente come Laura Pausini. In iTalia, se fai delle cose mediocri, trovi il mercato fertile, quando vuoi fare il salto di qualità, sei impossibilitato per i criteri commerciali utilizzati dalle case discografiche. Mimì con le sue esigenze non poteva accontentarsi di un testo o di un musicista qualunqu, per lei avrebbe dovuto comporre un De Andrè.
Pippo Augliera Intervista apparsa sulla fanzine Chez Mimì n 20 e parzialmente nel libro La regina senza trono
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