Lo scrittore Nantas Salvalaggio, scomparso qualche anno fa, ha scritto nel 1989 uno splendido e incisivo articolo sul ritorno di Mia Martini che riportiamo.
Si sa che questa è la moda: sparlare del Festival di Sanremo. Uno scrittore non si sente appagato, realizzato se non ha prima bersagliato musicanti e cantori con le sue freccette avvelenate. Ma tutto questo è prevedibile, e anche un tantino noioso. Il pubblico sa bene che snobbare Cutugno o Anna Oxa è come sparare sulla Croce Rossa o fare lo sgambetto alle buone dame della San Vincenzo. Il coraggioso commentatore di costume avrebbe ben altri pretesti di polemica, se solo volesse: per esempio i sotterranei privilegi di cui godono i figli, i nipoti o i fratelli dei potenti. Ma questi sono ‘temi a rischio’: le castagne bruciano i polpastrelli, a cavarle dal fuoco. E allora i ‘donchisciotte da corsivo’ preferiscono cimentarsi sui campi di battaglia del varietà e della musica leggera, dove i cannoni sparano tutt’al più coriandoli.
Una buona azione
A costo di apparire nei panni del bastian contrario, dirò bene del trentanovesimo Festival. E non tanto per il livello artistico raggiunto, o l’efficacia della organizzazione, per le papere dei presentatori o le scollature delle lady in platea. Il patron della kermesse canora va lodato per un fatto minuscolo, forse sfuggito ai più: ha compiuto una buona azione. E opponendosi alla bieca rivalità, o alla superstizione ebete di alcuni lestofanti del sottobosco canoro, ha tirato fuori dall’ombra una cantante di classe: Mia Martini.
Il ritorno alla ribalta della brava cantante nell’ultimo Festival di Sanremo per molti è stato una sorpresa. Da tempo ormai mancava dalle scene. Ad allontanarla era stata una voce diffamatoria: porta iella. E il superstizioso mondo dello spettacolo aveva infierito.
Una buona azione
A costo di apparire nei panni del bastian contrario, dirò bene del trentanovesimo Festival. E non tanto per il livello artistico raggiunto, o l’efficacia della organizzazione, per le papere dei presentatori o le scollature delle lady in platea. Il patron della kermesse canora va lodato per un fatto minuscolo, forse sfuggito ai più: ha compiuto una buona azione. E opponendosi alla bieca rivalità, o alla superstizione ebete di alcuni lestofanti del sottobosco canoro, ha tirato fuori dall’ombra una cantante di classe: Mia Martini.
No, Mia Martini non si era fatta suora, non aveva preso i voti o indossato i panni delle Carmelitane scalze. Ma era come se. Una sorta di impalpabile, inspiegabile congiura le aveva scavato il vuoto intorno, E perché mai?, si chiederà l’ingenuo lettore. Cosa aveva fatto la bruna e gracile Mia? Aveva forse complottato contro lo Stato? O tramato nei ranghi occulti della P2? Oppure aveva venduto segreti militari oltre il sipario di ferro? Macchè, niente di tutto questo. La spiegazione è semplice e aberrante: alcune pie anime avevano sparso la voce che Mia Martini ‘portasse iella’. Chiunque lavorasse con lei, si malignava, era destinato a incappare in qualche guaio fisico, o catastrofe finanziaria.
Sì, lo so, sembra una cattiva favola dei fratelli Grimm. Ma questo è il motivo principale per cui Mia Martini è stata emarginata per un decennio. Però non chiedetele una conferma, si sentirebbe costretta a negare. Perché si vergogna di quello che è accaduto: se ne vergogna per conto di alcuni suoi colleghi. D’altra parte, siamo seri: che cosa potete aspettarvi da certi industriali del disco, la cui base è lo studio della Smorfia, il manuale del gioco del Lotto?
Alt. Non vi aspettate da me un panegirico sulla signora Martini. Non spingerò la difesa di una buona causa fino al punto da sostenere che la cantante, sul palcoscenico di Sanremo, fosse elegante e armoniosa come una modella di Vogue. Purtroppo era stata mal consigliata e peggio addobbata.
Ma la voce, la passione, l’arte del buon canto…ecco, in quel campo Mia Martini è bene lasciarla stare. Magra, esile, a volte spaurita, mi ha ricordato per certi aspetti una delle più grandi cantanti del dopoguerra: Edith Piaf, detta il Monello, o anche il Passerotto.
Alt. Non vi aspettate da me un panegirico sulla signora Martini. Non spingerò la difesa di una buona causa fino al punto da sostenere che la cantante, sul palcoscenico di Sanremo, fosse elegante e armoniosa come una modella di Vogue. Purtroppo era stata mal consigliata e peggio addobbata.
Ma la voce, la passione, l’arte del buon canto…ecco, in quel campo Mia Martini è bene lasciarla stare. Magra, esile, a volte spaurita, mi ha ricordato per certi aspetti una delle più grandi cantanti del dopoguerra: Edith Piaf, detta il Monello, o anche il Passerotto.
A scanso di eventuali equivoci mi corre l’obbligo di aggiungere che non sono amico di Mia Martini, non conosco i suoi genitori, né tantomeno frequento sua sorella Loredana Bertè, o il suo futuro cognato, Bjorn Borg. L’unica volta che ho incontrato Mia è stato a Venezia, per puro caso, una decina di anni fa. Siamo andati a cena alla Taverna. Era con noi quel mago della canzone che si chiama Charles Aznavour, soprannominato l’istrione. Dico la verità, ero andato al teatro Malibran per intervistare Aznavour. Egli aveva fatto tappa a Venezia dopo un giro trionfale dei teatri italiani, al fianco di Mia Martini.
La prima cosa che ho chiesto ad Aznavour, quando a piedi ci siamo diretti verso San Marco, è stata questa: Come mai hai scelto proprio Mia per fare coppia sul palcoscenico?. Aznavour mi ha fissato con quei suoi occhi furbi e ironici.: Ma, mio caro, dica una cosa, ha sospirato: lei è del mestiere? Beh, se è del mestiere la sua domanda non sta in piedi. Mia è fra le due o tre voci di donna che mi danno un vero piacere.
Il successo si paga
Qualunque altra donna, attrice o cantante o ballerina, alle parole di Aznavour si sarebbe alzata sulle punte dei piedi, avrebbe messo su un po’ d’arie, e sculettato superbamente tra la folla. Invece, niente. E’ stata quasi sempre in silenzio, come una scolaretta affascinata, a seguire i racconti dell’istrione che parlava dei suoi giri del mondo. Mia, che succede?, ha chiesto a un certo punto Aznavour. Non sarai diventata muta tutta in un colpo?. Oh, no, sto benissimo, ha sorriso Mia, con naturalezza. Il fatto è che mi diverto così. A me piace ascoltare.
Io non so come siano andate poi le cose, ma ho il sospetto che l’eclissi di Mia Martini sia cominciata dopo la sua clamorosa tournée con Charles Aznavour. Il successo in qualche modo bisogna pagarlo. Le iene sono sempre in agguato. Non perdonano.
Mia Martini con Charles Aznavour |
Il successo si paga
Qualunque altra donna, attrice o cantante o ballerina, alle parole di Aznavour si sarebbe alzata sulle punte dei piedi, avrebbe messo su un po’ d’arie, e sculettato superbamente tra la folla. Invece, niente. E’ stata quasi sempre in silenzio, come una scolaretta affascinata, a seguire i racconti dell’istrione che parlava dei suoi giri del mondo. Mia, che succede?, ha chiesto a un certo punto Aznavour. Non sarai diventata muta tutta in un colpo?. Oh, no, sto benissimo, ha sorriso Mia, con naturalezza. Il fatto è che mi diverto così. A me piace ascoltare.
Io non so come siano andate poi le cose, ma ho il sospetto che l’eclissi di Mia Martini sia cominciata dopo la sua clamorosa tournée con Charles Aznavour. Il successo in qualche modo bisogna pagarlo. Le iene sono sempre in agguato. Non perdonano.
Note biografiche
Era anche giornalista. Aveva 85 anni. Nantas Salvalaggio, nato a Venezia il 17 settembre 1923, ha iniziato come corrispondente per "Epoca" ed il "Corriere della Sera" da New York, Parigi e Londra, da dove realizzò grandi interviste, come quella a Marylin Monroe. Poi, una volta tornata in Italia, la casa editrice Mondadori gli affida il progetto di una nuova rivista: "Panorama". Di "Panorama" Salvalaggio è il fondatore, nel 1962 e la diresse fino al 1965. Salvalaggio, che esordì come romanziere nel 1953 con "Il vestito di carta", fu anche Premio Strega nel 1986 per il romanzo “Fuga da Venezia”.
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