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venerdì 25 aprile 2014

Un caloroso successo di Mia Martini nel recital in piazza del Duomo a Parma.Estate 1992


 
Una bellissima serata rischiarata dalla luna, una voce splendida, dalle mille sfaccettature, una scenografia naturale inarrivabile (la facciata della nostra Cattedrale romanica): sono gli ingredienti di un cocktail musicale che ha decretato il pieno successo di Mia Martini, nel suo concerto di martedì sera in piazza Duomo per la rassegna estiva “Musica e stelle”.

Mia ha messo in mostra grinta, dolcezza, essenzialità nei contatti con il pubblico, e tanta classe, inanellando venti canzoni tutte di altissimo livello qualitativo, e fornendo quindi l’immagine di un’interprete giunta alla maturità assoluta e che, nonostante  il logorio di tanti impegni, stia attraversando un momento molto brillante.

Presenti circa 1200 spettatori, la serata comincia alle 21.50. Mia  Martini, larghi pantaloni neri, giacca a righe e foulard a cravatta, accolta da un lungo applauso, comincia sulle note di “Questi miei pensieri”, scandite dal chitarrista; un pezzo armonioso, coinvolgente con, unico neo, l’eccessivo volume della batteria.

Come già Anna Oxa, anche Mimì tiene prudentemente sul palco un leggio. Non è certo una cantante che ami parlare molto: ‘Questa piazza è splendida e mette anche un po’ di soggezione. Volevo vestirmi di viola – scherza – ma noi iettatori, in questo momento, ci dedichiamo a portare sfortuna all’Irpef’.

Il Protiro del Duomo e un lato del Battistero si accendono improvvisamente di luce proiettata dal palco, rendendo ancora più suggestiva “La nevicata del ‘56”. Mia dà spazio all’orchestra per almeno metà brano, quasi in una versione strumentale. ‘La zampogna che ci ricorda le nostre radici, il Natale e noi stessi introduce “Danza pagana” di Mimmo Cavallo’ – dice la Martini.

Questo motivo, tratto da “La mia razza” dl 1990, attinge anche dalle danze tribali e dalla tradizione africana.

Il successivo “Danza” di Fossati, evidenzia ancora la ricerca etnica, mentre esce il solito fumo coreografico dal sottopalco. ‘Un altro brano che ha scritto Ivano Fossati nel 1978, sempre dall’album “Danza”, è “C’è un uomo nel mare”; è vecchio ma il testo è sempre attuale’. Infatti, il rock aggressivo dell’arrangiamento ricorda la gloriosa PFM. Poi, per introdurre “Dio c’è”, Mimì dice che ‘Tutti noi ci accomuniamo negli auguri al papa, affinché guarisca presto’. Il testo di Cavallo è certo intonato con l’ambiente.

 
Un giusto tributo di applausi e Mia interpreta  per la prima volta in concerto la poetica “Mimì sarà” di Francesco De Gregori. Segue “Quante volte”, scritta da lei con Shel Shapiro, con assolo finale del batterista. E’ il momento della presentazione dei musicisti.

Subito riconosciuta dai presenti, tocca a “Gli uomini non cambiano”, classificatasi al posto d’onore al Festival di Sanremo di quest’anno: la Martini si immedesima molto bene nel testo e nell’atmosfera drammatica del pezzo, interrotta da intensi applausi. Poi inizia a cantare senza accompagnamento “Amanti”, seguita quindi dalla band nella quale domina il flauto. Dall’album omonimo del 1977,”Per amarti” sembra la continuazione della precedente, finché Mia non si scatena in alcuni acuti grintosi.

Un altro motivo sanremese, “E non finisce mica il cielo”, del 1982, affidato alle note scarne ma essenziali del pianoforte, poi ‘ un brano particolare e delicato di Maurizio Piccoli, ”Uomini Farfalla”. La Martini sistema il microfono prima di attaccare “Almeno tu nell’universo”, scritta da Maurizio Fabrizio e Bruno Lauzi appositamente per le sue capacità di cambiare ritmo. E’ la volta di “Inno”, difficilmente riconoscibile nell’arrangiamento modernizzato e improntato più al jazz: mancano i cori previsti nella versione originale anni Settanta dagli autori Baldan Bembo e Piccoli.

 Si continua con la rivisitazione dei vecchi successi: “Piccolo uomo” e “Minuetto”, con sempre il flauto protagonista. ‘Ricordi del passato – sintetizza Mia – e ora ci salutiamo con qualcosa del presente, più divertente e ironica, “Lacrime”, che dà il titolo al long playing del dopo Sanremo ’92. Presenta di nuovo i musicisti e saluta, Sollecitata al ritorno, propone due bis: la nuova “Rapsodia” di Dati-Bigazzi, lanciata in primavera all’Eurofestival (ricca di fascino, con una sorta i dialogo col pianoforte di Harris) e “Cu’mme” ( ‘ Ma manca una parte importantissima, Murolo’ – precisa la Martini) di Enzo Gragnaniello, recente e di notevole spessore musicale, vicina ai grandi classici napoletani.

Un mazzo di fiori conclude il recital, dopo un’ora e quaranta. Il pubblico continua ad applaudire, ma Mia ormai ha ‘speso’ tutto, voce, forze, partecipazione emotiva, e se ne va.

Gazzetta di Parma -  Fabrizio Marcheselli  -  estate 1992
 
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